Due interviste

 

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Noi sempre di più… così dice (quel fessacchione di) mio padre. Così sono riuscita ad intervistare André e Fersen, lo stesso giorno. Era dovere… Non me ne voglia l’Ugucciona, è anche un omaggio a lei e alla sua grande ironia. La mia non sarà né vuole essere al suo pari, ma fateme fa' un po’ la scemotta… vi prego… e poi chi, se non io, può maltrattare Fersen? Chi ha un rapporto perverso al punto da sfotterlo in ogni salsa e scrivergli le ff?!

A dire la verità l’organizzazione è stata un po’ complicata. Li ho convocati nel mio… ehm… ufficio, tra i magnifici pini marittimi che invadono il mio borgo selvaggio.

Ero seduta ad attenderli quando, prima, si è presentato André. Cerco di mantenermi calmissima, nonostante il tremolio delle mani mi porti alla scrittura cuneiforme. Mi dice che tarderà un po’, e abbassando il magnifico sguardo, che tanto ricorda i boschi umidi sotto il sole di maggio[1], mi dice che ha un impegno importante. I miei informatori segreti mi dicono che, in realtà, ha promesso ai suoi pargoli di giocare con loro. Uno è un adorabile angioletto biondo, con gli occhi verdi, timido e dolce[2]. L’altra ha occhi di cielo e capelli scuri, vivace e intelligente, ha una lingua che taglia come una spada, dato che la madre (core de mamma) dalla loro nascita ha una forte avversione per l’arma medesima e per l’uso che se ne fa.

Una folata di vento tiepido, romantico e malinconico, in puro stile shojo, alza polvere, petali e pollini…. Gli occhi m'iniziano a lacrimare, anche il naso fa la stessa cosa (non è molto fine, ma comunque André non mi ha visto e - furtiva – mi asciugo il gocciolio con la manica della mia felpa). E’ necessario che mi tolga le lenti a contatto.

Mentre lacrimo come una disgraziata, accorre alla mie spalle, una brutta copia di André. E’ Bernard che mi ha scambiata per la consorte, accortosi dell'errore si scusa dicendo che le somigliavo ma poi, guardandolo mi viene in mente la storia dell’idiota mascherato[3] e, sghignazzando, mi profondo in un:<<A Zorro!>> Lui si rabbuia e, seccato, dice che non somiglio affatto a sua moglie, pure se mi mettessi un collirio alla cipolla. Bernard gira sui tacchi e se ne va.

Fersen si presenta poco dopo, mentre io già indosso i miei “binocoli”. Mi fa un magnifico baciamano, più per dovere che per altro, e assicura che sarà "puntualissimo, sincero e lucidamente obiettivo". Mh, le ultime due parole mi preoccupano… speriamo bene…

 

Ore 15,00

L’attacco allergico è passato e ho potuto rimettermi le lenti a contatto, sono comodamente seduta su una poltrona sfondata dai giochi selvaggi di mio fratello, ma la cosa mi dà una postura nobiliare che mammà se mi vedesse mi bacerebbe i piedi.

Fersen appare alla soglia. Con garbo si scusa, sostenendo di aver sbagliato luogo e fa per andarsene.

“Ma no, conte, non ha fatto alcun errore: ci siamo dati appuntamento poche ore fa!”

“Veramente io ho preso un appuntamento con una donna che vi somigliava molto… bella (deglutisce per lo sforzo impostogli dall’etichetta) come lo siete voi, bionda come lo siete voi… Nasconde i suoi occhi verdi dietro pesanti occhiali… questa donna è… la mia morte!”

Sorrido benevola… povero Ottusangolino di mammà!!!

“Conte, ad essere sinceri voi avete parlato con me. Solo che adesso indosso le lenti a contatto…”

“Sonia, se solo avessi saputo che tipo di donna siete in realtà…”

Lo zittisco con garbo. Temo che attacchi con le frasi fatte per mascherare… la sua mente confusa da mille e mille pensieri…

“Conte Fersen, per prima cosa vorrei farle qualche domanda da uomo a uomo.”

“Questa l’ho già sentita…”

“Mi correggo: in effetti io sono una donna”

“Mi chiedo perché, Sonia, Dio vi abbia fatto nascere donna” (voce molto ispirata e accorata).

Penso: “Ao’, a cachino, nun sarò Antonietta ma mica so’ così cozza. C’hai un tatto che Bud Spencer in confronto lavora alla Swarowski!!!” Ma mi limito a dire, con sorriso cortese e radioso: “Parliamo da donna a uomo, preferisce così?” (In realtà penso anche che, forse, il conte tutti i torti non li ha…)

“Sì”

Si porta le mani sotto il mento e prima di socchiudere le lunghe ciglia lancia uno sguardo un po’ gigione: credo sia un suo istinto... perché l’ho letto anche io su Focus che… o forse ho letto troppi Focus?! Vabbè, li legge anche Sergio l’Ottusangolo!

“Conte, lei ha fatto una scelta davvero nobile partendo per la guerra in America. Si è fatto notare per il coraggio, tuttavia ha scelto di servire la Corona di Francia e vivere come ‘l’ultimo dei monarchici’. A prescindere dall’amore per una donna, non le pare un scelta contraddittoria sul piano ideale, politico e sociale?”

“Come, scusi?”

Sudore che cola… “Dicevo: in America lei ha combattuto per una democrazia nascente, poi – invece - ha fatto di tutto per salvare un sistema legato ai privilegi della monarchia. A prescindere dal fatto che lei amava fortemente la regina Maria Antonietta, non le sembra una contraddizione sul piano degli ideali?”

“Ma anche Marco Antonio, per amore di Cleopatra, abbandonò la Roma per la quale aveva combattuto al fianco di Cesare…”

Penso: ”Mmmh, vo’ fa’ lo struttoSe para il cu** con i precedenti storici…” Mi guarda con gli occhi dal colore indefinibile e cangiante: castano, con sfumature viola. Molto belli, come i suoi capelli serici color biondo cenere: la Ikeda è una hair stylist migliore di Shingo Araki, almeno nel caso di Fersen.[4]

“Capisco cosa intende. Ma parliamo delle sue scelte in campo sentimentale, se non le spiace.”

“Un po’ mi spiace: un cavaliere rispetta sempre i segreti delle dame, ma per una dama come voi questo e altro.” Sorriso gigione e un po’ smarrito.

Trattengo una risata. Povero Ottusangolo de mammà, lui è in buona fede, è un conte e parlare così gli è naturale, anche se io porto i pantaloni della tuta.

“Oscar, Antonietta… lei è stato affascinato da entrambe le figure, pur tanto diverse… per quali motivi?”

“Beh…” fissa il vuoto, mani bloccate  a mezz’aria: è l’attacco di ottusangolite… povera stella! “Ah…” si riscuote. “Oscar ha qualcosa che io non ho… il coraggio di prendere le decisioni a viso aperto, con impeto, di dominarsi e di essere sincera fino al dolore… Antonietta…anche lei ha qualcosa che io non ho… ma cosa? Ah, sì… eh… beh… ehm… Insomma: se in due facessero una sola con me, io sarei tutto!”

Istintivamente comprendo il significato della frase in ottusangolese: Oscar ha un carattere che lui vorrebbe, Antonietta ha la femminilità che lui – ovviamente – non ha… Unendo le due cose si formerebbe la donna ideale, naturale completamento del conte.

“Lei ha studiato anche in Italia… Cosa ne pensa degli italiani?”

“Che ce frega der cileno noi c’avemo Batigol, Batigoool”…[5]

Io, pur soddisfatta, resto un po’ basita.

“Questa”, mi spiega, ”me l’hanno insegnata in una locanda. Mi hanno detto che è la chiusa della Divina Commedia.”

“A me… emh… risulta sia invece l’amor che move il sole e l’altre stelle…

“Anche a me… però mi suonava così bene quella del locandiere… certo, l’arte italiana…“ Lo sguardo, bellissimo, sofferente quanto basta per dare un’idea di romanticismo e di forte sentire, vaga nel vuoto… Riprende a parlare, estasiato. O svanito? ”Ah… Firenze… la hulla del Rinascimento… Roma nun fa' la stupida stasera… Torino gianduia!, Venezia e il Ponte dei aaaaah  Sospiri, Napoli o’ sole mio…”

Capisco che, per l’innata educazione aristocratica, non vuole scontentare nessuno. Fosse per lui aggiungerebbe Sabaudia, Giarre, Chieti, Ancona…[6]

“… Comunque pensavo… sì cioè… mi fa pensare… all’infelice amore di Francesca da Rimini e Paolo Malatesta, cantato da Dante nell’Inferno…”

Ah, si sta riprendendo dall’attacco di ottusangolite…!

“… Insieme per sempre, volare avvinti nel vento dell’Inferno… per sempre… noi che ci amammo senza esser uniti in matrimonio… per l'eternità insieme, nel vento che ci trascina costante, come la fu la nostra passione…” sguardo perso, infinitamente romantico “… Lo vuoi vede’ che tutto quel vento mi fa venire le doppie punte?!” si controlla un setoso ciuffetto di svedesissimi capelli.

“Cheeee?!”

“Ao’, l’ho letto su Focus! Come il mio Grande Cugino, Sergio Volpini. E’ lui che mi ha consigliato Focus… sono un conte, sa, io mi documento… sono il conte Hans Axel von Fersen…”

Si alza, mi fa un baciamano e si allontana. E’ proprio un Ottusangolo senza speranza…

 

Dopo una dose di Nutella ( Sì, mi faccio di Nutella, arf arf! Dopo aver parlato con un bellone perso nei meandri del suo cervello perso da qualche altra parte, ne ho bisogno…) una contrazione anomala del muscolo cardiaco mi ricorda chi sarà il prossimo ad essere intervistato.

Non sono mica sciolta e brillante come l’Ugucciona, io… mi autopunisco con pizzicotti e morsi sulla lingua, perché non si pensa ai pettorali dell’uomo della propria migliore amica. No, non si fa!

Quando entra André, con il sorriso appagato di chi ha fatto la cosa più bella della propria vita (a scanso di equivoci, s’è spupazzato i pargoli) sembra un dio greco.

Risultati sull’intervistatrice: paralisi linguale (meglio conosciuta come “lingua felpata”), mani sudanti (“mi si intrecciano i ditiiii” nd Fantozzi), aria più ebete del solito e rallentamento neurale (leggi rinco****mento.). L’Ottusangolo sembro io. Ma, suvvia, bisogna essere professionali… Infatti ho l’istinto di buttarmi a terra e dire “Domine, non sum digna!!!”, ma riesco a fare un saluto formale, accompagnato da un sorriso a tutto denti che non se ne vuole andare (Se la vita ti sorride ha una paresi, oppure ha appena visto André…[7])

“Bene, signor Grandier, vogliamo darci del tu?” (Non ci sto a prova’, non lo farei mai, ma siamo tutte e due “cittadini”, quindi…)

“Certo, preferisco così.”

“Ah, è di tutt’altra pasta ‘st’omo…” penso. “Bene, André, sei già stato intervistato una volta, quindi cercherò di non ripetermi, anche se è difficile non parlare della tua bellezza interiore ed esteriore…”

Lui arrossisce e abbassa lo sguardo (“se fai così mi stimoli l’istinto materno” vedi Lelou de Laurence, nel manga. E pensare che è l’unico istinto che non ho…).

“Ti sei fatta la domanda e ti sei risposta da sola” mi dice, con la sua impagabile, carezzevole ugola virile.

“Sì, alle volte sono marzulliana. A proposito, qual era il vero sogno della tua vita?”

“Non mi reputo un sognatore, eppure all’apparenza ne ho tanti. Credo che tutti si possano ricondurre a quello di un’esistenza degna di essere chiamata umana, con l’amore che dà un senso alla libertà e l’uguaglianza… Io, i miei sogni, li ho realizzati in vie… contorte – certo – ma multiformi…”

“Ad esempio…”

“Non mi piace molto parlare della mia vita sentimentale, al mio amico Alain servivano le tenaglie per cavarmi mezza parola di bocca. Tuttavia per te farò un'eccezione... Nei cartoni di solito i cattivi hanno gli occhi verdi, ma io non sono cattivo... e nemmeno tu, che hai gli occhi verdi..."

”O – O – O – Oh…” la paralisi linguale rischia di farmi somigliare a Ryo Saeba, quando dimentica di deglutire. Hey, quello è l’uomo della tua migliore amica!!!

“… e poi sei cecata peggio di me, somigli al mio primogenito nei colori… solo che lui è bellissimo… quindi, per solidarietà tra miopi e verdi d’occhi… parlerò con te anche della mia vita privata.[8]

“Ah…” La paralisi mi lascia circa tre secondi con la bocca aperta, in un’espressione degna di Anna Marchesini. “Emh… allora, i primi tempi al fianco di Oscar sono stati difficili?”

“Sì, lei aveva molta paura. Di perdere se stessa, di aver sbagliato nello scegliere una nuova vita, ma aveva anche tanta voglia di vivere e di rincominciare. Certo, ci sono state anche difficoltà più banali…” Si volta e alza un attimo la camicia per mostrare un livido (che vi credete?!).

“… sai, i letti singoli dei nobili sono più grandi dei comuni letti matrimoniali... e lei ancora non si è abituata…” sul livido si distingue chiaramente l’impronta di un ginocchio impietoso…

“Beh, il letto è una patria fatta su misura per noi. E’ duro cambiarla…”

“Sì, ma lei è de coccio in tutto, eh! Nelle cose buone e pure in quelle strane!! A me il livido fa male!”

(passa il jingle del Lasonil)

“Va bene, credo che comunque il vostro amore tanto grande renda relativa ogni difficoltà…”

“Sì. Le difficoltà sono state tante e sempre lo saranno, con i cambiamenti politici poi: la morte di Maria Antonietta, il cambiamento di Robespierre, poi… ma l'amore ci rende forti... Non mi chiedo se Dio esista o meno, sono domande che lascio a chi di dovere, ma se esiste Lui ci ha creato l’uno per l’altra, perché potessimo amarci…"

“In quale maniera si è sviluppato il vostro amore quotidiano?”

“Oscar non poteva certo fare la vita da casalinga, né io l’avrei voluta vedere così. Voleva fortemente guarire, e tornare a Parigi. Cosa che, con l’aiuto di Bernard, abbiamo fatto. Lei collabora come “mente esterna”: nessuno ha dimenticato la sua prova sotto la Bastiglia, ma preferisce non esporsi, sia perché alcuni la odiano per il suo passato, sia per coerenza - le spiacerebbe agire direttamente contro le persone che ha amato e stimato -. A volte soffre, ma sappiamo di fare la cosa più giusta. Se non condividiamo gli eccessi, esprimiamo un dissenso motivato e lasciamo che chi comanda faccia la sua strada. Oscar è una mente che collabora, che spiega cose che troppi uomini del popolo non sanno. Alle volte la vedo scalpitare, vorrebbe fare a pugni con certe teste calde, ma si contiene… perché di cervelli ce ne sarebbero pure tanti ma – anche se non lo dice apertamente – di mamma ce n’è una sola…”

“Ecco un altro difficile capitolo…”

“Preferisco non dire parola. Vogliamo tutelare le nostre creature, che sono il frutto di un amore grande e difficile… E anche la mia incolumità… Posso solo dire che non le aspettavamo, perché Oscar era così debilitata… E poi Oscar è sempre così atipica, così strana… così meravigliosa…!!! (sospiro)” Lo sguardo luccica come… come… zitta! Non esagerare! E’ l’uomo della tua migliore amica! Contegno e disciplina!

“Immagino le battute di Alain…”

André arrossisce “Oh, con me… io sono la sua vittima predestinata, l’agnello sacrificale delle sue battute da caserma… rumorose, ma mai cattive. Con Oscar, invece, sono stile ‘vecchi compagni di bevute’… la chiama ancora “comandante” e la stima ancora di più. Dice sempre <<Il mio comandante sa fare bene tutto, anche i pupi!>> e se la brindano, ridendo. Manca solo la divisa…”

“Toglimi una curiosità, da miope a miope, André: tu che lavoro fai?”

Il suo rossore è diverso, è quasi paonazzo, mi sembra di udire un recondito grugnito. Gli tremano le mani, e dalla tasca sfila un monocolo con la montatura in oro.

“Lo vedi questo?! Bernard ha detto: lo usi e lavori in ufficio, altrimenti ti porto con me ad arringare la folla. E siccome io non so parlare in pubblico, non ho la smania di protagonismo, io… io… devo usare QUESTOOOO!!!!”

In effetti l’aggeggio su André stona proprio. Per consolarlo gli mostro i miei prodigiosi occhiali da otto diottrie e lui, da spirito dolce qual è, trattiene gentilmente le risate in cuor suo. [9]

“Voi francesi siete così galanti… li chiamate lunettes! Anche se i vostri appellativi familiari sono… originali… Ho letto che si usa spesso chou, cavolo… riferito alla forma del bignè, ovviamente… Ma per noi italiani suona così strano…”

“… Non proferisco parola, sono sufficienti quelli che si sentono in caserma… ho un tirocinio in materia che non ti dico…”

“André, immagino tu abbia degli impegni. Ma una sola domanda devo farti ancora: cosa ne pensi dell’affetto che tutti portano verso di te, delle mille scialuppe che ti lanciano per ricostruire una tua vita… dei fazzoletti che hai fatto inondare a tante fanciulle…?”

“Beh… che dire?… I LOVE YOU!(un sorriso che Tom Cruise se lo sogna...)

"PURE NOI!! PURE NOI!!" voci di fan scalmanate si levano all’unisono… Ora divento rossa io, che tanto faccio per essere leale e professionale… grido… “Ao’, ma chi è che grida, che semo allo stadio?!...Quando Fersen se n’è uscito co’ Batigol tutte zitte e mo’?! Mo’ li fate, i coretti!!… Ma io ve cionco… è l’uomo della vostra migliore amica!… A belve?!?!?!”

André mi saluta con un sorriso dolcissimo, mentre dal coro si leva una voce più tenue, stremata dalle acclamazioni fatte ad André, dolcemente bolognese: “Ispanico! Ispanico!”[10]

 

- Hansino, Hansuccio di mammà….Che ti sei offeso?

- Cioè… (pausa di 30 secondi con lo sguardo smarrito)… No, per niente.

- Ah, meno male Otty. E ora su, va' a cuccia Hans… e pettinati i capelli come vuole mamma Ikeda, almeno    facciamo finta di non vedere quello che tieni sotto l'acconciatura…"

 

Spero che il mio umorismo di patata non funesti troppo le vostre giornate, ma sul test di Focus ( un paio di numeri fa) è uscito fuori che io sono del genere "farsesco". Uè, io Focus lo leggo davvero, dal numero 1!

 

 

Mail to flydreamer150178@yahoo.it

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[1] Spudorata autocitazione da “Annie, la primavera di novembre”. La ff più azzardata: eliminare Rosalie e inventare una sorella per André è stata pura follia…

[2] Spudorata autocitazione, da “Una piccola Chiesa”, folle anch’essa per le ipotesi personalissime che vi espongo. L’angioletto che ha spedito Cathy è un’ottima idea grafica.

[3] Volontaria citazione omaggio alle infinite risorse del cervello di Laura… prestami una fettina di cervello, una sola, ti prego…;_;

[4] Non me ne vogliate, ma per André alle volte, nel manga, all’effetto “abete” non si sfugge. Ricordate quegli alberelli a spuntoni che ci facevano ritagliare le maestre…?

[5] Fiammy, non ho potuto mettere le magnifiche strofe che mi hai mandato per scaramanzia… sai….Comunque ti ringrazio: le ho salvate e stampate! AUUUU!

[6] Con benestare mio, di Cetty, del mio parentado dal piccolo cervello, Roby e Anna

[7] La prima parte della frase è presa da "Anche le formiche". La seconda m'è uscita dal cuore…

[8] Ok, quello che gli faccio dire non è molto comico, ma è una sorta di anticipazione di quello che è il seguito della storia presente nella mia testa, che in parte è finito in “Insieme verso la vita” e “Una piccola chiesa”. Diciamo che il seguito è tutto presente nel mio cervello, opinabile come la mia mente contorta. Siccome se vinco al Super Enalotto lo scrivo, mi limito ad accenni… Se poi qualcuno mi d+ la sestina vincente… gita di gruppo a Parigi?

[9] Citazione (e NON omaggio) da una lezione del prof. Paolozzi, Procedura penale.

[10] Omaggio ad Alex. Miii, mentre sto scrivendo è il natale di Roma, a 120 Km di distanza, il Gruppo storico romano fa il picchetto d’onore alla statua di Cesare… ti immagini, Alex, se ero lì davanti?! Iniziavo a levitare da terra di 10 cm!