Lontano, nelle Americhe
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Nota:
Il
Fersen - personaggio, come sappiamo tutti, appartiene a Riyoko Ikeda. Ma c’è
anche un Fersen - persona, che appartiene alla storia . Un uomo
che ha vissuto e sofferto. Soverchiata dalla meraviglia delle immagini e
di una storia che amo, la mia mente ha riservato per il Fersen - personaggio
sentimenti opposti rispetto a quelli nutriti verso Oscar e André. Non certo
molto positivi…Tuttavia, leggendo delle pagine della biografia di Maria
Antonietta scritta da Zweig mi sono dovuta ricredere. Rimanendo, naturalmente,
con lo sguardo fisso all’opera della Ikeda ho cercato , nelle mie limitate
capacità, di ascoltare il cuore di un uomo, i suoi possibili pensieri, non
sempre condivisibili, ma spero attinenti al personaggio
Un
soldato nella tenda, una notte di tempesta in una terra lontana. Il sonno che
non viene, i ricordi che si accalcano…
Fuori
è buio , il vento corre per il campo e noi soldati siamo rientrati nelle tende
piegati come canne. Il cielo è nerissimo.
“La
prima cosa che mi ha colpito dell’America sono stati gli spazi. Non ho mai
visto un posto così grande, nonostante io abbia viaggiato moltissimo. La costa
ci è apparsa occupando tutto l’orizzonte, come fosse un filo nero che fa da
recinzione ai confini del mare. Poi la costa ha mostrato la vita, le rocce, le
spiagge, i porti e i paesi… E’ tutto così grande qui… Siamo qui da dieci
giorni, ormai, e al campo c’è un’atmosfera allegra. Sembriamo bambini
stupiti ed ignari, come se non sapessimo cosa ci aspetta, ignorando volutamente
che ciò che accadrà ci occuperà la mente fino a soffocare ogni altro
pensiero.
Ma è
per questo che sono in America.
La
Fayette non ha l’aria intelligente, almeno per me, ma so che è in gamba.
L’apparenza non conta, lo dicono tutti, ma alle volte un viso vale più di
mille parole. Ci si sbaglia spesso, alle volte si travisa tutto, ma io resto
della mia opinione.
E’
anche per questo che sono in America, ora…
Le
donne guardano un uomo nel suo insieme, per questo non si accorgono di difetti
che noi giudichiamo imperdonabili nelle nostre compagne.
Cosa mi
colpì di Antonietta? Indubbiamente gli occhi: mobili, tremuli, volubili e
adorabili.
Non so
perché, ma mi viene spontaneo, sempre, paragonarla confrontandola ad Oscar…
Forse perché lei ha sempre vegliato su noi come un angelo guerriero… Michele,
l’arcangelo Michele… Giusto e inflessibile. Limpido. Gli occhi di Oscar
invece mi ricordano i laghi delle Alpi, perché ne hanno il colore e la
profondità.
A
ripensarci non ho mai chiesto ad Antonietta cosa l’abbia colpita di me, che
effetto le abbia fatto vedermi la prima volta.
So solo
che l’attrazione fisica si è andata trasformando in un legame più profondo,
in un amore dettato dal destino.
Come
sia potuto avvenire, non lo so proprio. E’ per questo che mi trovo qui, in
America… per capirlo.
La
risata di Antonietta… Vorrei sentirla, adesso, in questa notte di pioggia.
Scalda il cuore, tanto è spontanea e allegra. No… non mi basterebbe sentirla,
perché poi vorrei baciarla, tenerle le mani e fissarle il viso e poi… Alto
tradimento. Morte.
E’
innaturale, tutto questo. Siamo un uomo e una donna, ci amiamo! Cosa c’entra
lo Stato con noi?
Già,
lo Stato c’entra… Lei è la Regina… la Regina di Francia… Stupido io,
che annego in questo amore. Io, che non riesco a farne a meno.
Per
questo sono in America.
Un
giorno chiesi ad Oscar se era felice di vivere come un uomo. Mi rispose con la
sua solita franchezza: è la vita che mi hanno dato, sono stata educata così
dunque non lo trovo innaturale.
Anche
io sono stato educato alle armi. Sono un militare. Allora perché qui sto male,
e sono così inquieto?
Mi
chiedo, ma solo ora, se Oscar sia stata completamente sincera con me e, per
quanto possa sembrare strano, io credo di sì…Non l’ho mai vista cedere,
sembra sempre così completa al
comando….
O forse
non ho guardato abbastanza bene.
Ma se
la vita è simile ad un cielo, come si possono guardare le nubi, i colori
dell'orizzonte, quando uno splendido sole ti abbaglia gli occhi?
Il mio
sole è Maria Antonietta…è la luce che mi acceca, è il viso di una donna cui
è stata imposta una pesante corona….
Anche
Versailles, in verità, è sfilata superficialmente davanti ai miei occhi.
Tutto
era in funzione di lei.
All’esterno non davo segno.
Mi
reputano riservato, sereno, equilibrato.
Sapessero invece come sono logorato dentro… sono fuggito per questo. Mi insultino pure, ma amino Antonietta!
Ero qui
per dimenticarla, ma sto ottenendo l'effetto contrario. Lei mi appare, sempre
nelle attività quotidiane, nelle esercitazioni… Dovrò attendere il fuoco
della battaglia, per dimenticare Antonietta? E basterà? Mi stanco, cerco lo
sfinimento…Mi dicono: "Hans, complimenti! Di conti ne abbiamo tanti, di
uomini veri no…ci vuol gente così, in guerra!"…Invece io non sono come
loro credono. Non mi stremo per un'ideale o per una carriera…cerco solo quello
stato di prostrazione che porta ad un sonno profondo, per non sognarla…per non
pensarla…Tutto inutile, lei torna nella mia mente…
Non è
un sogno. Antonietta è una visione costante, mi appare come un demone di notte
e di giorno…
E’
per questo, che sono in America. Per dimenticare, o almeno per dominare il
ricordo.
Forse
dovrei parlarne con un amico, come si fa tra uomini.
Ma il
mio unico amico uomo, ironia della sorte, è una donna.
Potrei
mai chiedere ad Oscar “sei mai stata innamorata di una donna con tutto il
cuore?”
Mi
tirerebbe un amichevole schiaffone e mi inviterebbe a duellare con lei.
Sì, mi
servirebbe un amico uomo, per il cameratismo che ci legherebbe.
Paradossalmente,
per le bizzarrie che rendono interessante la vita, un cameratismo maschile mi
lega ad Oscar - che pure è una donna - mentre non sono riuscito a cucire un
rapporto più che civile con André.
C’è
come un muro evanescente tra noi, di cui non capisco la natura.
Non
credo siano le classi sociali: è l’attendente di Oscar, è vero, ma è stato
educato con lei come se ne fosse il fratello.
E’ un
qualcosa di diverso, che mi sfugge.
O,
forse, non mi sono mai interrogato abbastanza al riguardo. Su alcune cose io
sorvolo, su altre vado a fondo. Credo sia naturale, fare così.
Il
vento scuote la tenda, e mi ricorda la mano di Antonietta, aggrappata alla
manica della mia divisa, prima che io partissi…
Il
vento ha l’impeto disperato di quelle dita bianche, e il suo soffio ricorda il
pianto di una donna…”
Non
sono riuscito a legare con nessuno dei mie colleghi, se non superficialmente.
Con
Antonietta potevo parlare le ore, ore intere…Di danza, della Svezia e
dell’Austria, del colore del cielo…
Era una
schermaglia, un minuetto di frasi create apposta per schivare e per sfiorare ciò
che veramente volevamo dirci.
“Ti
amo”, sì ti amo, Maria Antonietta…
Molti
penseranno che io sia talmente abituato ad avere tutto, che non ho imparato ad
accontentarmi, che ho perso il senso della realtà… Che potrei scegliere una
donna mille volte migliore di Antonietta, e anche innamorata, devota a me…E
potrei fare una sfolgorante carriera alla corte di Re Gustavo.
E’
vero, ma non sono più un giovanotto viziato…
Conoscere
Antonietta ha aperto in me una falla, un vuoto… Una mancanza che non posso
riempire in alcun modo…
Diranno
che sono una pazzo, o peggio un vile che sceglie di vivere un amore impossibile
invece della realtà.
Diranno,
forse, che sono superbo e accecato.
Dicano
pure.
Non
potranno mai le convenzioni sociali, le becere morali, le religioni impedire al
sole di sorgere1.
E’ qualcosa di più forte di noi uomini.
Un
misero scoglio non può arginare il mare2.
Nulla
può impedirmi di dire che amo e amerò sempre Maria Antonietta….
Ho
fatto chiarezza nei miei pensieri, il vento si è calmato e ora piove forte.
Forse riuscirò a dormire…”
1 Omaggio ad Emanuela Pica (la romanticona) che da brava amica non si fa sentire da mesi…. Come vorrei che tu leggessi ciò che scrive la tua “Calpurnia”, cara “Terenzia”… Se ti metto alle strette sul web ti farai viva?
2 La frase è di Lucio Battisti (“Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi”)
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