Una piccola chiesa
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Nota: Questa, per me, è la realizzazione di un piccolo sogno che porto nel cuore da quando facevo le elementari. Ho cercato di metterci tutta la speranza e il dolore che si possono provare, tutta la forza che la vita stessa sa sprigionare…Perché ho sempre pensato che Oscar e André abbiano tanto da dire, forse ancora di più in un ipotetico "dopo". Ci sono tanti paesaggi, e spero che non siano di troppo perché ci tengo molto, perché la natura stessa può dire tanto.
"Fino
a ieri sera, ridevi forte, Oscar….Ridevi forte come se volessi cacciare via
quel sussurro di paura che, forse, c'è in te. No, non forse: sono sicuro…ti
conosco. Se non ti conoscessi e amassi così, ora non starei a guardare quella
piccola chiesa dove, domani, un estraneo al quale abbiamo ben poco da dire, ci
unirà in matrimonio…
Dici
che siamo già uniti di fronte a Dio, ed è vero… ma sei tesa anche tu, non lo
puoi negare…
Fisso
quella chiesa… la campana risuona armonica e la sua musica danza sui campi
umidi… tutto intorno a me è rosso d'autunno…
tutto brilla di rugiada… Anche i tuoi occhi brillano, Oscar, e le tue guance
avvampano… anche se fai finta di niente… e ridi forte…forte e dolce come
il suono di queste campane…"
Le
foglie secche solcavano l'aria rapidamente, come farfalle fiammanti…André
scosse l'umidità che gli imperlava i capelli, per poi recarsi alla locanda. Era
stato un po' imbambolato a fissare la porticina scura della chiesetta di
campagna, nei pressi di Arras. L'aveva fatto più volte negli ultimi giorni, e
sempre più di frequente. In piedi sul sentiero la guardava in silenzio. Alle
volte qualche contadino di passaggio lo vedeva lì e scherzava un po' sulla sua
aria meditabonda e seria. Lui, gentilmente, ricambiava le battute e sorrideva,
ma non perdeva il suo sottofondo di pensosità.
I sogni
che si avverano, chissà perché, non ti lasciano neppure il tempo di gioire.
Sei frastornato, ti cadono addosso come un acquazzone e t'inzuppano lo spirito.
Eppure, nella sua mente , era tutto chiaro. Logico come la vita di un chicco di
grano. Lui amava Oscar, profondamente. Non come si ama una donna qualunque, non
come ci si ama "solamente" per sposarsi. Non era un qualcosa di
separato e limitato: il suo amore era parte della sua stessa vita.
Era in
una piazza di Parigi, su un letto improvvisato, lei gli stringeva la mano
piangendo, quando gli chiese di sposarla in una piccola chiesa di campagna.
Quel
ricordo gli dette un brivido… Sentire le voci che ronzano nella mente, senza
vedere chi parla… mani che ti toccano, confusione e tanta voglia di dormire…
ma non poteva…
Si era
risvegliato il giorno successivo, nel pomeriggio. Aveva lentamente aperto, gli
occhi, sentiva qualcosa toccargli i capelli. Il sole di luglio filtrava dalle
tende pesanti di una stanza sconosciuta…che giorno era? Che ora era? Dove si
trovava? Pian piano, dalla luce calda, si materializzò una mano…la guardò
senza capire, senza pensare…sentì un singhiozzo…lentamente percepì un viso
coperto di nerofumo, rigato dai solchi chiari delle tante lacrime…
"Colpa
mia…mai più, prometto…mai più…" Era Oscar, stremata, sconvolta, in
ginocchio al suo fianco. Passava, esitante e timorosa, la mano sulle bende che
gli coprivano il petto, piene di sangue raggrumato… cercò la forza di
chiamarla, la chiamò…Era il 14 luglio 1789.
Fu
l'inizio di un nuovo capitolo, una vita in più…Sconvolti dalla felicità, non
riuscivano che a parlare di "miracolo"…una vita in più donata a
loro, anime perse in un mondo che grida… Non potevano negarlo, non riuscivano
a comprendere pienamente, a razionalizzare ciò che era accaduto…Non
pensavano: vivevano. Bernard li aveva presi a cuore, faceva di tutto per loro
con il suo altruismo sperticato e irriflessivo, ripetendo spesso, con un
umorismo discutibile che urtava Oscar, di avere "un occhio di
riguardo" nei confronti di André. Quando Rosalie l'aveva vista reagire -
con uno sguardo capace di incenerirlo - alla battuta involontaria del marito,
aveva capito che la tisi non avrebbe ucciso Oscar…
Perché
Oscar aveva scelto la via più dura e coraggiosa: quella della vita…perché
voleva vivere, lo desiderava con tutte le contraddizioni e gli slanci che sono
propri degli esseri umani…
Era
Oscar a dare le cure migliori ad André, sapendo più o meno far fronte alle
ferite. E gli ripeteva spesso, nei momenti di maggior dolore, che voleva
mantenere la sua promessa…sposarlo nella piccola chiesa di campagna. Un posto
sospeso nel tempo, o forse così appariva ai loro occhi…
Erano
passati tre mesi, le ferite del corpo si stavano rimarginando…e quelle della
mente iniziavano a farsi sentire.
Non per
lui, a parte quel dolore dannatissimo che ogni tanto gli prendeva al petto e gli
tendeva i nervi della spalla. Era felice, tranquillo. Tutto era come prima della
Bastiglia. Oscar aveva protestato vivacemente quando il medico le aveva
consigliato di stare a letto, e infatti ci era stata ben poco…Sempre lei, la
sua amata Oscar, che con un sorriso tanto spavaldo quanto spaventato gli diceva
"Non morirò affatto: sono cinica, non egoista!"
André
non le aveva mai parlato della chiesetta, d'altronde gli importava così
poco…Loro erano più che sposati, erano l'uno per l'altra, due forme della
stessa anima…ma quando camminavano insieme e passavano di lì, lei diventava
taciturna.
Stava
finendo, agosto, quando Oscar gli aveva accennato alla sua promessa.
"Vale
ancora, anche se mi sono fatto impallinare come un tordo?" aveva scherzato
lui, vedendola esitante a parlare di argomenti così sentiti, ma così nuovi per
lei…
Povera
Oscar, gli faceva una tenerezza… Doveva - e voleva- imparare un nuovo
linguaggio, quello dell'amore quotidiano, vero, che ti accompagna cingendoti
come i tralci della vite, che ti fa crescere, cambiare, andare avanti e tornare
indietro…mutevole e perenne come il mare e il suo moto…Quel linguaggio lei
non lo conosceva. Forse non lo aveva mai neppure immaginato, neppure prima di
danzare con Fersen. André riusciva a leggere nei silenzi di Oscar, nelle sue
dolcezze ruvide e impetuose, nei suoi sorrisi ironici e tristi…Quando, ad
occhi chiusi, pareva ascoltare di nuovo il rombo dei cannoni e le sorgevano le
lacrime sulle ciglia, stillavano piano, quasi vergognose e schive di sé
stesse… A lui, Oscar, andava bene così. L'amava per ciò che era e sarebbe
sempre stata.
La
loro, lo sapeva, non era una fiaba con carrozze e cavalli bianchi, veli da sposa
e danze…era una storia vera, loro, fatta di scoramenti e struggenti gioie…
Non voleva nulla di diverso.
Ma sin
da bambina Oscar era puntigliosa nel mantenere la parola data. Lei voleva
sposarlo, lo aveva detto e lo avrebbe fatto. Aveva chiamato lei il parroco del
paese, un ometto rubicondo che aveva in testa solo il vin santo, dotato - per di
più- di un nome terribilmente evocativo per un militare: César. Gli occhi di
Oscar iniziarono a luccicare in modo tanto eloquente quanto
pericoloso…sicuramente pensava ad un "ave
Caesare". "Oscar,
controllati…sennò questo invece di sposarci ci scomunica…" le
aveva detto André, con le mani nei capelli. Ma il prete se la rideva beato.
Evidentemente, lui serviva solo per la forma, altrimenti Oscar non avrebbe
fustigato con arguzia la piccolezza dell'ometto…
E poi,
in fondo, se faceva così era perché era spaventata. Da cosa? Troppo facile: da
se stessa. E da tutta quella vita che, inaspettata, improvvisa, insperata, era
caduta loro addosso.
Lo
ribadiva spesso, Oscar, tra il serio e il faceto: "Sai a cosa vai incontro,
vero? Lo sai che non farò mai gli occhi da triglia e la calzetta? Lo sai che
sono una persona conflittuale…che tante volte non mi capisco e sono dura per
non mostrarlo…"
Ma si
che lo sapeva… adorava quella Oscar così dubbiosa e, nel contempo,
coraggiosa.
Quel
giorno di fine ottobre era seduta vicino al camino della locanda, leggendo
avidamente dei fogli
-
Guarda che pena questi giornali!- gli disse, alzando gli occhi accesi - Ad Arras
le notizie arrivano già vecchie!-
André
si sedette accanto a lei. Un attimo di silenzio, di sospensione, di vuoto
riempito dal crepitio del fuoco e dagli sguardi che si cercavano per dirsi
qualcosa che le parole non potevano esprimere…
- …Ma
non si libereranno mai di me… Parigi brucia nelle fiamme dell'inferno…-
- ...e
tu non vedi l'ora di bruciare di nuovo in quel fuoco…-
-
Qualcosa in contrario?-
- No,
mi preoccuperei se tu non avessi queste idee… non saresti più Oscar… e io
amo Oscar…-
Lei
sorrise, distolse lo sguardo
-
Bernard ha sempre detto di volere il mio cervello, credo che un posticino dietro
le quinte sia adatto... Posso
fare molto comunque, dare molto...voglio...-
-
Certo, Oscar… Lo so… Tu lo dici in continuazione, per riconfermarlo a te
stessa, ma io lo so benissimo. E sono sereno…-
Lo
scrutò con quello sguardo assassino dal quale non si scampa, con aria
interrogativa e tagliente.
-
Sereno? Non mi sembri… vuoi darmela a bere? Hai il viso contratto!-
Colpito…
Si passò una mano dietro la nuca
- Beh,
effettivamente… Oscar, sono un essere umano: è normale un po' di tensione,
pensando a domani… Anche se noi siamo sposati…-
-
Questi discorsi!! - esplose lei, colpita sul vivo. - Proprio perché siamo
sposati dovresti essere tranquillo come un veterano in libera uscita/Alain che
gioca a carte/ Tranquillo e basta
- Io
non ci riesco…Non sono come te, che hai pensato di non invitare nessuno…di
andare così... Non che me ne importi qualcosa… però… ma come dici tu, ci
sposiamo noi, non gli altri…1.-
si scusò. Smorzò la frase. In fondo, cosa voleva in più dalla vita? Era
Oscar, la sua Oscar…
Lei
rise, intenerita… André, la sua spontanea dolcezza, l'umanissima capacità di
avere il coraggio della riservatezza, del pudore…
- André,
sarò forse cinica…ma non egoista…ti fidi di me, no?-
Annuì.
Che poteva replicare, mentre lei si alzava e andava a sedersi allo scordatissimo
piano della locanda per suonare un po'? La prima volta che vi aveva posato le
mani, Oscar faticava ad alzarsi dal letto, ma mettersi a suonare qualcosa di
energico era un punto d'orgoglio, un riaffermare la propria voglia di vivere, di
superare remore e dolori…
Come
cani neri apparivano nella notte, nel suo silenzio, latravano riempiendo quei
momenti… erano i ricordi di una vita che pareva altra , ma era la sua. Era il
freddo delle caserme e l'amaro delle lacrime ingoiate, era il sangue, l'urlo di
un uomo che le stringeva forte i polsi, gridandole che era una rosa, qualunque
cosa volesse.
Era la
sua voglia di vivere a testa alta, verso i colori del tramonto, "come
figlia di Marte, dio della guerra!" Aveva detto più o meno quelle
parole, al padre…Amato padre, prima così lontano dal suo cuore, e ora chissà…
Voleva ancora vivere così, sì… combattere, essere una guerriera della
vita… ma con altra strada… Niente è più facile di morire. Risolve tutto.
Voleva vivere, combattere… ma non solo. Che misera combattente sarebbe stata,
senza André al suo fianco, a dare un senso alla sua vita , alla sua storia
strana, al suo essere com'era… Come poteva stare senza di lui? Non ci riusciva
più… Questa carenza la spaventava e la meravigliava. L'amore vero è una
forza che penetra in ogni meandro di noi, s'integra in ciò che siamo…ma
quella carenza, quel dolore, quel timore…Come avrebbe affrontato una vita con
lui? Da liberi e uguali? Erano sempre loro, come prima del 14, luglio ma c'erano
molte cose diverse…Questioni interiori, consapevolezze che si andavano
chiarendo, evidenziando in entrambi. Tutto molto bello, ma così…
rivoluzionario. La rivoluzione è
una cosa dalla quale non si torna indietro.
"Il
popolo farà una rivolta?" aveva chiesto ad Alain "No,
farà una rivoluzione"… La rivolta si seda, si doma… Ora in lei era
avvenuta una rivoluzione, stava avvenendo ogni giorno… Anche a non volerlo
ammettere, era sempre sé stessa, ma cambiata dentro… Si intrecciava, la sua
vita e il suo respiro, con André. In modo diverso, più profondo e consapevole,
voluto e capito… maturo, indispensabile… e questo la spaventava un po'. André
la capiva, con i suoi silenzi e le sue parole sussurrate solo quando i cani neri
del passato mordevano meno forte…
La
notte era diventata uno strazio, per lei. Aprire gli occhi e sentire nel buio
gli spari, le grida…"Non posso
morire proprio adesso"
"No,
non sei morto… siamo qui e dobbiamo ringraziare Dio con la nostra stessa vita.
Riuscirci dipende da me. E' per questo che, domani, ti sposerò. Perché voglio
gridarlo a me stessa, in modo inequivocabile. Perché, in fondo, tu lo desideri
e lo meriti… Perché la morte che si è mostrata, che ci ha sfiorato, mi ha
dato un senso dell'effimero, della precarietà…e tanta voglia di darti- semmai
sarà possibile- tutto ciò che hai sempre meritato, e anche di più. Non so se
ci riuscirò…Non sono come le altre
donne, anche se tu mi ami così…Ma l'unica cosa che posso fare come tutte le altre donne, è entrare con te in quella
piccola chiesa…."
C'era
la luna piena. Il cielo era di velluto… Oscar si affacciò alla finestra della
sua stanza, la luce la inondò, dette forma ai muri e agli oggetti… I colori
erano fatati e sospesi: i tronchi degli alberi, i ciottoli del sentiero
brillavano per la luna, mentre le foglie e l'erba- in contrasto - sembravano
nere.
Un
paesaggio dolce e placido, che terminava, in fondo al sentiero, con quella
piccola chiesa. Al buio non si riconoscevano i rampicanti rosso fiamma, le rughe
polverose e sagge delle pietre… Il campanile si stagliava come un tronco
chiaro… Quella piccola chiesa, che non avrebbe dovuto significare nulla, ma
che invece significava tanto…. Dormire? Non ci riusciva finché non sentiva i
passi di André per le scale. Allora, e solo allora, trovava la serenità
necessaria per cercare il riposo. Ma lui non lo sapeva, lei non glielo aveva
detto, pur volendo confidarglielo. Trovare le parole non era facile per lei, e
ciò la faceva sentire in colpa…. E si sentiva in colpa anche di porsi quel
problema, visto che a Parigi si moriva sulle barricate… Il tempo avrebbe
giocato a suo favore, ma detestava attendere… ancora…
Com'era
difficile dirgli le parole apparentemente più logiche e chiare "Io ti amo,
voglio stare sempre con te"… Si sentiva sciocca ad avere tali remore, poi
si perdonava e dopo un attimo si rimproverava
di nuovo…
Quella
piccola chiesa di campagna non avrebbe cambiato le cose, potere che era solo in
loro, ma era l'unico tributo che poteva dare ad André.
Non c'era nessun bisogno, ma lei voleva farlo. Doveva. L'aveva promesso e
ne era più che convinta… Ma come al solito, si interrogava su tante cose,
troppe cose…
"Comandante,
vi preoccupate troppo!" avrebbe detto Alain.
Le
sfuggì un sorriso… Alain… l'unica persona che avrebbe davvero voluto vedere
in chiesa, il giorno seguente. Anche se poi avrebbe iniziato a dire che, dopo un
ingresso in chiesa, gli serviva un bel bagno per pulirsi di dosso quella che,
suo dire, era la puzza di santità…
La
piccola chiesa era in fondo al sentiero, silenziosa e tranquilla. Non diceva né
chiedeva nulla, aspettava solo di essere riempita dalle loro parole, dal loro
amore. Non era stata la piccola chiesa a chiamarli, ma loro a chiamare lei.
Quando,
il 13, luglio lei ne aveva parlato l'aveva immaginata circondata di rose bianche
imperlate di rugiada. E nell'afa di quel giorno, tra il puzzo del sangue e della
polvere da sparo, le era sembrato di sentire intorno a sé il profumo delle rose
e il candore dei petali.
A fine
ottobre, invece, non c'era alcun fiore, ma la natura era superbamente bella…
Il cielo limpido e timido, adagiato sulle chiome ramate degli alberi… la
chiesetta con le pietre grigie, grandi, che sembravano decorate a festa dai
rampicanti che ne abbracciavano i muri, seguendo con la loro grazia immediata la
linea della porta, le foglie sempre più piccole e scure, salendo verso l'alto,
disegnavano fiamme filiformi.
C'era
silenzio, intorno.
Nonostante
la sorpresa avuta, André non riusciva a sorridere, era concentrato sulla
piccola porta nera…
Non gli
importava nulla della forma, ma quando aveva visto Oscar scendere dalle scale
con un vestito di disarmante semplicità, cucito con la complicità- e,
indubbiamente, la mano d'opera, perché finché si tratta di spade va bene, ma
Oscar con gli aghi non va proprio d'accordo- della nipote della locandiera, era
rimasto senza fiato. Fino al giorno prima, lei aveva proclamato che si sarebbe
presentata in pantaloni, perché tanto erano già sposati e poi era lei a
sposarsi, non le stoffe… Poi, invece… esattamente come al ballo dato dal generale
Bouillé, ma in senso contrario. Allora aveva lasciato tutti a bocca aperta,
presentandosi in divisa. Ora con quel vestito senza tempo né pretese, ma al suo
sguardo bellissimo e significativo più di mille parole, Oscar voleva dirgli
qualcosa, e quello era il modo più chiaro per farlo.
-
Cos'hai?-
-
Questo silenzio… Avrei voluto poter raccontare ai miei genitori come sono
felice…-
- Anche
io lo vorrei, ma… credo sia meglio di no ! - Oscar rise. Chissà se il padre
si era rimangiato i suoi buoni propositi verso André, dopo la Bastiglia. …
- E poi
tutto non mi sembra vero…-
-
L'avevi mai immaginato?-
- No.
In certi frangenti i sogni sono dolorosissimi… si evitano come la peste… e
tu?-
- Io?
Io se dico qualcosa vuol dire che la penso, e poi la porto a compimento! Io dico
sempre ciò che penso, e faccio ciò che dico, André… lo sai…-
- Sì,
lo so…-
- Sta
crescendo qualcosa di nuovo in noi, di diverso… di più…- restò un attimo
in silenzio, guardando i propri passi in quel momento che pareva durare una vita
intera.
I
passerotti scuri, appollaiati sul campanile, saltarono su. Segno che stavano per
suonare le campane…
Oscar
si fermò un attimo, senza guardarlo gli prese la mano
- André,
da domani cosa cambia?-
- Tutto
e niente, amore mio… tutto e niente…-
Rise, tra il nervoso e il felice.
- Ah,
meno male… meno male... perché io non riesco a dirlo come meriteresti… non
riesco ad essere festante come ogni donna, a scodinzolare
senza pensieri… ma io sono felice, felicissima… anche se non sarò mai
come non posso, né voglio diventare… Vorrei riuscire a dirti quanto sono felice di
esistere, di vivere… Adesso, se fossi una donna come tutte le altre, dovrei
inondarti la giacca di lacrime…-
- Oh, a
quello ci penserà Rosalie, quando torneremo a Parigi…- scherzò André.
Oscar
rise, al ricordo della dolce, cara Rosalie, dalla lacrima fin troppo facile.
"…Io
immagino, Oscar, quali pensieri si accalcano adesso nella tua mente, posso
capire... ti capisco, e ti amo… Tutto, per noi, avrà il sapore della
sorpresa, perché tutto è una nostra conquista… sapessi che tenerezza provo
ora, che momento emozionante percorrere quel sentiero con la te… così forte,
e nello stesso tempo così improvvisamente, umanamente nervosa. Vorrei prenderti
in braccio, alzarti verso il cielo, ma la ferita si fa ancora sentire…".
Improvviso, le diede un bacio sulla guancia. Lei, smarrita per un attimo da quel
gesto così imprevisto e dolce, lo fissò.
-
Tenerezza per tenerezza…Lo giudichi sorprendente, questo?- le disse
-
Insufficiente, semmai! - rise lei, che aveva ripreso spirito.
La
reazione di André fu quel suo tipico, amabile smarrimento di fronte a quegli
slanci di Oscar, sempre così spontanei e spiazzanti.
- Ma...
Oscar… è vero che non può sentirci nessuno, perché ci sposiamo noi, non gli altri...-
- E tu,
che ne sai? Io amo il rischio… e odio le sorprese… Ma ho scoperto di essere
bravissima a farle, specie ad una persona come te, che le merita… e tutte le
più belle… Certo, Alain sarebbe stato meglio… ma… -
La
porticina scura della chiesa si aprì, ma non per mano del piccolo padre César…
Allora nella chiesetta c'era qualcuno.
-
Diciamo che non mi sembrava carino non dividere la felicità che abbiamo, anche
se… lo sai… io sono riservata come nessuna donna... e mi basti tu…-
- Oh Oscar! Oscar! Oscar! -
Va
bene, erano due sposi atipici, ma in fondo non importava a nessuno. Men che meno
a loro. Altra era la loro strada, altra era la loro vita. Ma soprattutto era
loro.
Dov'è
Dio? Non è inchiodato ad una croce, nascosto da un portone… Era nelle grida
speranzose dei parigini, nei cuori dei giovani infiammati di speranza… sotto
un albero d'autunno, nella lacrima di un uomo, che scivola sul volto per finire
nel sorriso… nelle parole emozionate di una donna che, per dovere, aveva
dimenticato l'emozione…
Seduti
sulle radici scure di un albero, su un tappeto di foglie rosse, parlavano
guardandosi negli occhi, emozionati e increduli .
-
L'unico vantaggio che ne trarrai, sarà che nessuno busserà più alla tua porta
in piena notte, facendoti spaventare…- Oscar ironizzava.
- Eh,
tu ci ridi, ma non puoi capire cosa
si prova, quando si dorme fondo e qualcuno bussa!-
Lo
scherzo, poi il silenzio… .troppe cose da dire… domande da fare…
- Alle
volte, mi chiedo se ho sbagliato… se non era meglio stare lì, comandando… a
morire, certo… se io possa essere considerata vigliacca… Ma poi io… io
André ti guardo e… vorrei prenderti… e metterti dentro al mio cuore… non
so spiegartelo… maledizione, le parole… i pensieri…-
Le passò
una mano nei capelli, che il vento sollevava dolcemente.
- Sei
coraggiosissima, perché affronti la vita… non temi mai di rimetterti in
gioco…-
-
Invece io, tante volte, lo temo…-
- Ma
questo non ti ferma-
- No,
mai… io sono viva... e felice di esserlo… E ti dirò di più: la mia
battaglia non finisce… la nostra
battaglia non finisce… Bernard ha bisogno di me, di noi…-
- A me
basta che non mi mostra fucili, poi si può parlare di tutto…- scherzò André
, passandosi una mano sul petto.
Con
dolcezza, tenendo lo sguardo basso, Oscar pose la sua mano su quella di André -
…ecco... io, pensavo…- parlava con gli occhi umidi, la voce bassa
-
…volevo dirti che, se dovessi guarire bene… ma dico bene veramente…
Ecco, mi è difficile dirlo, sai… Ci sono delle cose che in astratto non
prendo assolutamente in considerazione… ma in concreto, quando le situazioni
si verificano… Ad esempio: io a tutto pensavo, in astratto, meno che di
sposarmi. E invece ora siamo qui… Ma c'è un'altra cosa che, ancora di più,
mi è indifferente… molesta, in un certo senso… ma se dovessi guarire
davvero bene… Ricordi Pierre? Quel ragazzino che fu ucciso dal Duca di Germain?…- la mano di Oscar tremava
piano.
- E chi
se lo scorda? A parte l'orrore, il duca ti avrebbe uccisa…e mia nonna avrebbe
ucciso me…- il pensiero della nonna lontana lo fece sospirare, ma la sua mano,
coperta da quella di Oscar, non si spostò dal cuore.
-
…Ecco…Pierre2
è un bel nome, evocativo… per un bambino…
nel senso, come ti ho detto sono concetti che non mi attirano in astratto… Ma
in concreto… tu essendo tu… proprio tu… per i tuoi occhi, per come sai
guardare la gente… -
Non
alzava lo sguardo, non muoveva la sua mano… ma poteva sentire il cuore di André
che, all'improvviso, aveva iniziato a battere più forte.
- Ti
prego, alza lo sguardo Oscar…-
Quell'immagine
che lui aveva sempre scacciato, per dovere, per necessità, per obiettività,
per sopravvivere al dolore… ora era sospesa tra loro, impalpabile ma vera,
come le parole esitanti e delicate di Oscar.
Le
prese il viso tra le mani.
- André...
non sai che faccia hai in questo momento… Vorrei avere uno specchio…-
- Tanto
sconvolta?-
- Mi
fai sentire sempre in colpa per il mio carattere, tu così…-
-
Shh, basta…-, le disse piano. "Il vento sfiora le parole… noi dobbiamo
sfiorare la vita, correrci su, come il vento", pensava André mente la
contemplava… "Vivremo Oscar…" - Ora non parlare più… resta
qui,… così…-
Mail
to
sonia_78@virgilio.it
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la frase, che può suonare acida, è in realtà un modo di essere schivi
senza volerlo dar a vedere. Ci sono dei momenti in cui si ha voglia di
vivere le sensazioni a contatto con sé stessi, senza chiassosi
contorni…E' una frase mia, che ripeto spesso. Basta cambiare il verbo ed
è riciclabile in ogni circostanza.
2 Questa è una mia fissa che mi porto dietro da un bel po' d'anni, quindi oltre ad essere opinabile è pure datata.