Una piccola chiesa

 

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Nota: Questa, per me, è la realizzazione di un piccolo sogno che porto nel cuore da quando facevo le elementari. Ho cercato di metterci tutta la speranza e il dolore che si possono provare, tutta la forza che la vita stessa sa sprigionare…Perché ho sempre pensato che Oscar e André abbiano tanto da dire, forse ancora di più in un ipotetico "dopo". Ci sono tanti paesaggi, e spero che non siano di troppo perché ci tengo molto, perché la natura stessa può dire tanto.

 

"Fino a ieri sera, ridevi forte, Oscar….Ridevi forte come se volessi cacciare via quel sussurro di paura che, forse, c'è in te. No, non forse: sono sicuro…ti conosco. Se non ti conoscessi e amassi così, ora non starei a guardare quella piccola chiesa dove, domani, un estraneo al quale abbiamo ben poco da dire, ci unirà in matrimonio…

Dici che siamo già uniti di fronte a Dio, ed è vero… ma sei tesa anche tu, non lo puoi negare…

Fisso quella chiesa… la campana risuona armonica e la sua musica danza sui campi umidi… tutto intorno a me è rosso  d'autunno… tutto brilla di rugiada… Anche i tuoi occhi brillano, Oscar, e le tue guance avvampano… anche se fai finta di niente… e ridi forte…forte e dolce come il suono di queste campane…"

Le foglie secche solcavano l'aria rapidamente, come farfalle fiammanti…André scosse l'umidità che gli imperlava i capelli, per poi recarsi alla locanda. Era stato un po' imbambolato a fissare la porticina scura della chiesetta di campagna, nei pressi di Arras. L'aveva fatto più volte negli ultimi giorni, e sempre più di frequente. In piedi sul sentiero la guardava in silenzio. Alle volte qualche contadino di passaggio lo vedeva lì e scherzava un po' sulla sua aria meditabonda e seria. Lui, gentilmente, ricambiava le battute e sorrideva, ma non perdeva il suo sottofondo di pensosità.

I sogni che si avverano, chissà perché, non ti lasciano neppure il tempo di gioire. Sei frastornato, ti cadono addosso come un acquazzone e t'inzuppano lo spirito. Eppure, nella sua mente , era tutto chiaro. Logico come la vita di un chicco di grano. Lui amava Oscar, profondamente. Non come si ama una donna qualunque, non come ci si ama "solamente" per sposarsi. Non era un qualcosa di separato e limitato: il suo amore era parte della sua stessa vita.

Era in una piazza di Parigi, su un letto improvvisato, lei gli stringeva la mano piangendo, quando gli chiese di sposarla in una piccola chiesa di campagna.

Quel ricordo gli dette un brivido… Sentire le voci che ronzano nella mente, senza vedere chi parla… mani che ti toccano, confusione e tanta voglia di dormire… ma non poteva…

Si era risvegliato il giorno successivo, nel pomeriggio. Aveva lentamente aperto, gli occhi, sentiva qualcosa toccargli i capelli. Il sole di luglio filtrava dalle tende pesanti di una stanza sconosciuta…che giorno era? Che ora era? Dove si trovava? Pian piano, dalla luce calda, si materializzò una mano…la guardò senza capire, senza pensare…sentì un singhiozzo…lentamente percepì un viso coperto di nerofumo, rigato dai solchi chiari delle tante lacrime…

"Colpa mia…mai più, prometto…mai più…" Era Oscar, stremata, sconvolta, in ginocchio al suo fianco. Passava, esitante e timorosa, la mano sulle bende che gli coprivano il petto, piene di sangue raggrumato… cercò la forza di chiamarla, la chiamò…Era il 14 luglio 1789.

Fu l'inizio di un nuovo capitolo, una vita in più…Sconvolti dalla felicità, non riuscivano che a parlare di "miracolo"…una vita in più donata a loro, anime perse in un mondo che grida… Non potevano negarlo, non riuscivano a comprendere pienamente, a razionalizzare ciò che era accaduto…Non pensavano: vivevano. Bernard li aveva presi a cuore, faceva di tutto per loro con il suo altruismo sperticato e irriflessivo, ripetendo spesso, con un umorismo discutibile che urtava Oscar, di avere "un occhio di riguardo" nei confronti di André. Quando Rosalie l'aveva vista reagire - con uno sguardo capace di incenerirlo - alla battuta involontaria del marito, aveva capito che la tisi non avrebbe ucciso Oscar…

Perché Oscar aveva scelto la via più dura e coraggiosa: quella della vita…perché voleva vivere, lo desiderava con tutte le contraddizioni e gli slanci che sono propri degli esseri umani…

Era Oscar a dare le cure migliori ad André, sapendo più o meno far fronte alle ferite. E gli ripeteva spesso, nei momenti di maggior dolore, che voleva mantenere la sua promessa…sposarlo nella piccola chiesa di campagna. Un posto sospeso nel tempo, o forse così appariva ai loro occhi…

Erano passati tre mesi, le ferite del corpo si stavano rimarginando…e quelle della mente iniziavano a farsi sentire.

Non per lui, a parte quel dolore dannatissimo che ogni tanto gli prendeva al petto e gli tendeva i nervi della spalla. Era felice, tranquillo. Tutto era come prima della Bastiglia. Oscar aveva protestato vivacemente quando il medico le aveva consigliato di stare a letto, e infatti ci era stata ben poco…Sempre lei, la sua amata Oscar, che con un sorriso tanto spavaldo quanto spaventato gli diceva "Non morirò affatto: sono cinica, non egoista!"

André non le aveva mai parlato della chiesetta, d'altronde gli importava così poco…Loro erano più che sposati, erano l'uno per l'altra, due forme della stessa anima…ma quando camminavano insieme e passavano di lì, lei diventava taciturna.

Stava finendo, agosto, quando Oscar gli aveva accennato alla sua promessa.

"Vale ancora, anche se mi sono fatto impallinare come un tordo?" aveva scherzato lui, vedendola esitante a parlare di argomenti così sentiti, ma così nuovi per lei…

Povera Oscar, gli faceva una tenerezza… Doveva - e voleva- imparare un nuovo linguaggio, quello dell'amore quotidiano, vero, che ti accompagna cingendoti come i tralci della vite, che ti fa crescere, cambiare, andare avanti e tornare indietro…mutevole e perenne come il mare e il suo moto…Quel linguaggio lei non lo conosceva. Forse non lo aveva mai neppure immaginato, neppure prima di danzare con Fersen. André riusciva a leggere nei silenzi di Oscar, nelle sue dolcezze ruvide e impetuose, nei suoi sorrisi ironici e tristi…Quando, ad occhi chiusi, pareva ascoltare di nuovo il rombo dei cannoni e le sorgevano le lacrime sulle ciglia, stillavano piano, quasi vergognose e schive di sé stesse… A lui, Oscar, andava bene così. L'amava per ciò che era e sarebbe sempre stata.

La loro, lo sapeva, non era una fiaba con carrozze e cavalli bianchi, veli da sposa e danze…era una storia vera, loro, fatta di scoramenti e struggenti gioie… Non voleva nulla di diverso.

Ma sin da bambina Oscar era puntigliosa nel mantenere la parola data. Lei voleva sposarlo, lo aveva detto e lo avrebbe fatto. Aveva chiamato lei il parroco del paese, un ometto rubicondo che aveva in testa solo il vin santo, dotato - per di più- di un nome terribilmente evocativo per un militare: César. Gli occhi di Oscar iniziarono a luccicare in modo tanto eloquente quanto pericoloso…sicuramente pensava ad un  "ave Caesare". "Oscar, controllati…sennò questo invece di sposarci ci scomunica…" le aveva detto André, con le mani nei capelli. Ma il prete se la rideva beato. Evidentemente, lui serviva solo per la forma, altrimenti Oscar non avrebbe fustigato con arguzia la piccolezza dell'ometto…

E poi, in fondo, se faceva così era perché era spaventata. Da cosa? Troppo facile: da se stessa. E da tutta quella vita che, inaspettata, improvvisa, insperata, era caduta loro addosso.

Lo ribadiva spesso, Oscar, tra il serio e il faceto: "Sai a cosa vai incontro, vero? Lo sai che non farò mai gli occhi da triglia e la calzetta? Lo sai che sono una persona conflittuale…che tante volte non mi capisco e sono dura per non mostrarlo…"

Ma si che lo sapeva… adorava quella Oscar così dubbiosa e, nel contempo, coraggiosa.

Quel giorno di fine ottobre era seduta vicino al camino della locanda, leggendo avidamente dei fogli

- Guarda che pena questi giornali!- gli disse, alzando gli occhi accesi - Ad Arras le notizie arrivano già vecchie!-

André si sedette accanto a lei. Un attimo di silenzio, di sospensione, di vuoto riempito dal crepitio del fuoco e dagli sguardi che si cercavano per dirsi qualcosa che le parole non potevano esprimere…

- …Ma non si libereranno mai di me… Parigi brucia nelle fiamme dell'inferno…-

- ...e tu non vedi l'ora di bruciare di nuovo in quel fuoco…-

- Qualcosa in contrario?-

- No, mi preoccuperei se tu non avessi queste idee… non saresti più Oscar… e io amo Oscar…-

Lei sorrise, distolse lo sguardo

- Bernard ha sempre detto di volere il mio cervello, credo che un posticino dietro le quinte sia adatto... Posso fare molto comunque, dare molto...voglio...-

- Certo, Oscar… Lo so… Tu lo dici in continuazione, per riconfermarlo a te stessa, ma io lo so benissimo. E sono sereno…-

Lo scrutò con quello sguardo assassino dal quale non si scampa, con aria interrogativa e tagliente.

- Sereno? Non mi sembri… vuoi darmela a bere? Hai il viso contratto!-

Colpito… Si passò una mano dietro la nuca

- Beh, effettivamente… Oscar, sono un essere umano: è normale un po' di tensione, pensando a domani… Anche se noi siamo sposati…-

- Questi discorsi!! - esplose lei, colpita sul vivo. - Proprio perché siamo sposati dovresti essere tranquillo come un veterano in libera uscita/Alain che gioca a carte/ Tranquillo e basta 

- Io non ci riesco…Non sono come te, che hai pensato di non invitare nessuno…di andare così... Non che me ne importi qualcosa… però… ma come dici tu, ci sposiamo noi, non gli altri1.- si scusò. Smorzò la frase. In fondo, cosa voleva in più dalla vita? Era Oscar, la sua Oscar…

Lei rise, intenerita… André, la sua spontanea dolcezza, l'umanissima capacità di avere il coraggio della riservatezza, del pudore…

- André, sarò forse cinica…ma non egoista…ti fidi di me, no?-

Annuì. Che poteva replicare, mentre lei si alzava e andava a sedersi allo scordatissimo piano della locanda per suonare un po'? La prima volta che vi aveva posato le mani, Oscar faticava ad alzarsi dal letto, ma mettersi a suonare qualcosa di energico era un punto d'orgoglio, un riaffermare la propria voglia di vivere, di superare remore e dolori…

Come cani neri apparivano nella notte, nel suo silenzio, latravano riempiendo quei momenti… erano i ricordi di una vita che pareva altra , ma era la sua. Era il freddo delle caserme e l'amaro delle lacrime ingoiate, era il sangue, l'urlo di un uomo che le stringeva forte i polsi, gridandole che era una rosa, qualunque cosa volesse.

Era la sua voglia di vivere a testa alta, verso i colori del tramonto, "come figlia di Marte, dio della guerra!" Aveva detto più o meno quelle parole, al padre…Amato padre, prima così lontano dal suo cuore, e ora chissà… Voleva ancora vivere così, sì… combattere, essere una guerriera della vita… ma con altra strada… Niente è più facile di morire. Risolve tutto. Voleva vivere, combattere… ma non solo. Che misera combattente sarebbe stata, senza André al suo fianco, a dare un senso alla sua vita , alla sua storia strana, al suo essere com'era… Come poteva stare senza di lui? Non ci riusciva più… Questa carenza la spaventava e la meravigliava. L'amore vero è una forza che penetra in ogni meandro di noi, s'integra in ciò che siamo…ma quella carenza, quel dolore, quel timore…Come avrebbe affrontato una vita con lui? Da liberi e uguali? Erano sempre loro, come prima del 14, luglio ma c'erano molte cose diverse…Questioni interiori, consapevolezze che si andavano chiarendo, evidenziando in entrambi. Tutto molto bello, ma così… rivoluzionario. La rivoluzione è una cosa dalla quale non si torna indietro.

"Il popolo farà una rivolta?" aveva chiesto ad Alain "No, farà una rivoluzione"… La rivolta si seda, si doma… Ora in lei era avvenuta una rivoluzione, stava avvenendo ogni giorno… Anche a non volerlo ammettere, era sempre sé stessa, ma cambiata dentro… Si intrecciava, la sua vita e il suo respiro, con André. In modo diverso, più profondo e consapevole, voluto e capito… maturo, indispensabile… e questo la spaventava un po'. André la capiva, con i suoi silenzi e le sue parole sussurrate solo quando i cani neri del passato mordevano meno forte…

La notte era diventata uno strazio, per lei. Aprire gli occhi e sentire nel buio gli spari, le grida…"Non posso morire proprio adesso"

"No, non sei morto… siamo qui e dobbiamo ringraziare Dio con la nostra stessa vita. Riuscirci dipende da me. E' per questo che, domani, ti sposerò. Perché voglio gridarlo a me stessa, in modo inequivocabile. Perché, in fondo, tu lo desideri e lo meriti… Perché la morte che si è mostrata, che ci ha sfiorato, mi ha dato un senso dell'effimero, della precarietà…e tanta voglia di darti- semmai sarà possibile- tutto ciò che hai sempre meritato, e anche di più. Non so se ci riuscirò…Non sono come le altre donne, anche se tu mi ami così…Ma l'unica cosa che posso fare come tutte le altre donne, è entrare con te in quella piccola chiesa…."

C'era la luna piena. Il cielo era di velluto… Oscar si affacciò alla finestra della sua stanza, la luce la inondò, dette forma ai muri e agli oggetti… I colori erano fatati e sospesi: i tronchi degli alberi, i ciottoli del sentiero brillavano per la luna, mentre le foglie e l'erba- in contrasto - sembravano nere.

Un paesaggio dolce e placido, che terminava, in fondo al sentiero, con quella piccola chiesa. Al buio non si riconoscevano i rampicanti rosso fiamma, le rughe polverose e sagge delle pietre… Il campanile si stagliava come un tronco chiaro… Quella piccola chiesa, che non avrebbe dovuto significare nulla, ma che invece significava tanto…. Dormire? Non ci riusciva finché non sentiva i passi di André per le scale. Allora, e solo allora, trovava la serenità necessaria per cercare il riposo. Ma lui non lo sapeva, lei non glielo aveva detto, pur volendo confidarglielo. Trovare le parole non era facile per lei, e ciò la faceva sentire in colpa…. E si sentiva in colpa anche di porsi quel problema, visto che a Parigi si moriva sulle barricate… Il tempo avrebbe giocato a suo favore, ma detestava attendere… ancora…

Com'era difficile dirgli le parole apparentemente più logiche e chiare "Io ti amo, voglio stare sempre con te"… Si sentiva sciocca ad avere tali remore, poi si perdonava e dopo un attimo si rimproverava  di nuovo…

Quella piccola chiesa di campagna non avrebbe cambiato le cose, potere che era solo in loro, ma era l'unico tributo che poteva dare ad André.  Non c'era nessun bisogno, ma lei voleva farlo. Doveva. L'aveva promesso e ne era più che convinta… Ma come al solito, si interrogava su tante cose, troppe cose…

"Comandante, vi preoccupate troppo!" avrebbe detto Alain.

Le sfuggì un sorriso… Alain… l'unica persona che avrebbe davvero voluto vedere in chiesa, il giorno seguente. Anche se poi avrebbe iniziato a dire che, dopo un ingresso in chiesa, gli serviva un bel bagno per pulirsi di dosso quella che,  suo dire, era la puzza di santità…

La piccola chiesa era in fondo al sentiero, silenziosa e tranquilla. Non diceva né chiedeva nulla, aspettava solo di essere riempita dalle loro parole, dal loro amore. Non era stata la piccola chiesa a chiamarli, ma loro a chiamare lei.

Quando, il 13, luglio lei ne aveva parlato l'aveva immaginata circondata di rose bianche imperlate di rugiada. E nell'afa di quel giorno, tra il puzzo del sangue e della polvere da sparo, le era sembrato di sentire intorno a sé il profumo delle rose e il candore dei petali.

A fine ottobre, invece, non c'era alcun fiore, ma la natura era superbamente bella… Il cielo limpido e timido, adagiato sulle chiome ramate degli alberi… la chiesetta con le pietre grigie, grandi, che sembravano decorate a festa dai rampicanti che ne abbracciavano i muri, seguendo con la loro grazia immediata la linea della porta, le foglie sempre più piccole e scure, salendo verso l'alto, disegnavano fiamme filiformi.

C'era silenzio, intorno.

Nonostante la sorpresa avuta, André non riusciva a sorridere, era concentrato sulla piccola porta nera…

Non gli importava nulla della forma, ma quando aveva visto Oscar scendere dalle scale con un vestito di disarmante semplicità, cucito con la complicità- e, indubbiamente, la mano d'opera, perché finché si tratta di spade va bene, ma Oscar con gli aghi non va proprio d'accordo- della nipote della locandiera, era rimasto senza fiato. Fino al giorno prima, lei aveva proclamato che si sarebbe presentata in pantaloni, perché tanto erano già sposati e poi era lei a sposarsi, non le stoffe… Poi, invece… esattamente come al ballo dato dal generale Bouillé, ma in senso contrario. Allora aveva lasciato tutti a bocca aperta, presentandosi in divisa. Ora con quel vestito senza tempo né pretese, ma al suo sguardo bellissimo e significativo più di mille parole, Oscar voleva dirgli qualcosa, e quello era il modo più chiaro per farlo.

- Cos'hai?-

- Questo silenzio… Avrei voluto poter raccontare ai miei genitori come sono felice…-

- Anche io lo vorrei, ma… credo sia meglio di no ! - Oscar rise. Chissà se il padre si era rimangiato i suoi buoni propositi verso André, dopo la Bastiglia. …

- E poi tutto non mi sembra vero…-

- L'avevi mai immaginato?-

- No. In certi frangenti i sogni sono dolorosissimi… si evitano come la peste… e tu?-

- Io? Io se dico qualcosa vuol dire che la penso, e poi la porto a compimento! Io dico sempre ciò che penso, e faccio ciò che dico, André… lo sai…-

- Sì, lo so…-

- Sta crescendo qualcosa di nuovo in noi, di diverso… di più…- restò un attimo in silenzio, guardando i propri passi in quel momento che pareva durare una vita intera.

I passerotti scuri, appollaiati sul campanile, saltarono su. Segno che stavano per suonare le campane…

Oscar si fermò un attimo, senza guardarlo gli prese la mano

- André, da domani cosa cambia?-

- Tutto e niente, amore mio… tutto e niente…-

Rise, tra il nervoso e il felice.

- Ah, meno male… meno male... perché io non riesco a dirlo come meriteresti… non riesco ad essere festante come ogni donna, a scodinzolare senza pensieri… ma io sono felice, felicissima… anche se non sarò mai come non posso, né voglio diventare… Vorrei riuscire a dirti quanto  sono felice di esistere, di vivere… Adesso, se fossi una donna come tutte le altre, dovrei inondarti la giacca di lacrime…-

- Oh, a quello ci penserà Rosalie, quando torneremo a Parigi…- scherzò André.

Oscar rise, al ricordo della dolce, cara Rosalie, dalla lacrima fin troppo facile.

"…Io immagino, Oscar, quali pensieri si accalcano adesso nella tua mente, posso capire... ti capisco, e ti amo… Tutto, per noi, avrà il sapore della sorpresa, perché tutto è una nostra conquista… sapessi che tenerezza provo ora, che momento emozionante percorrere quel sentiero con la te… così forte, e nello stesso tempo così improvvisamente, umanamente nervosa. Vorrei prenderti in braccio, alzarti verso il cielo, ma la ferita si fa ancora sentire…". Improvviso, le diede un bacio sulla guancia. Lei, smarrita per un attimo da quel gesto così imprevisto e dolce, lo fissò.

- Tenerezza per tenerezza…Lo giudichi sorprendente, questo?- le disse

- Insufficiente, semmai! - rise lei, che aveva ripreso spirito.

La reazione di André fu quel suo tipico, amabile smarrimento di fronte a quegli slanci di Oscar, sempre così spontanei e spiazzanti.

- Ma... Oscar… è vero che non può sentirci nessuno, perché ci sposiamo noi, non gli altri...-

- E tu, che ne sai? Io amo il rischio… e odio le sorprese… Ma ho scoperto di essere bravissima a farle, specie ad una persona come te, che le merita… e tutte le più belle… Certo, Alain sarebbe stato meglio… ma… -

La porticina scura della chiesa si aprì, ma non per mano del piccolo padre César… Allora nella chiesetta c'era qualcuno.

- Diciamo che non mi sembrava carino non dividere la felicità che abbiamo, anche se… lo sai… io sono riservata come nessuna donna... e mi basti tu…-

- Oh Oscar! Oscar! Oscar! -

Va bene, erano due sposi atipici, ma in fondo non importava a nessuno. Men che meno a loro. Altra era la loro strada, altra era la loro vita. Ma soprattutto era loro.

Dov'è Dio? Non è inchiodato ad una croce, nascosto da un portone… Era nelle grida speranzose dei parigini, nei cuori dei giovani infiammati di speranza… sotto un albero d'autunno, nella lacrima di un uomo, che scivola sul volto per finire nel sorriso… nelle parole emozionate di una donna che, per dovere, aveva dimenticato l'emozione…

Seduti sulle radici scure di un albero, su un tappeto di foglie rosse, parlavano guardandosi negli occhi, emozionati e increduli .

- L'unico vantaggio che ne trarrai, sarà che nessuno busserà più alla tua porta in piena notte, facendoti spaventare…- Oscar ironizzava.

- Eh, tu ci ridi, ma  non puoi capire cosa si prova, quando si dorme fondo e qualcuno bussa!-

Lo scherzo, poi il silenzio… .troppe cose da dire… domande da fare…

- Alle volte, mi chiedo se ho sbagliato… se non era meglio stare lì, comandando… a morire, certo… se io possa essere considerata vigliacca… Ma poi io… io André ti guardo e… vorrei prenderti… e metterti dentro al mio cuore… non so spiegartelo… maledizione, le parole… i pensieri…-

Le passò una mano nei capelli, che il vento sollevava dolcemente.

- Sei coraggiosissima, perché affronti la vita… non temi mai di rimetterti in gioco…-

- Invece io, tante volte, lo temo…-

- Ma questo non ti ferma-

- No, mai… io sono viva... e felice di esserlo… E ti dirò di più: la mia battaglia non finisce… la nostra battaglia non finisce… Bernard ha bisogno di me, di noi…-

- A me basta che non mi mostra fucili, poi si può parlare di tutto…- scherzò André , passandosi una mano sul petto.

Con dolcezza, tenendo lo sguardo basso, Oscar pose la sua mano su quella di André - …ecco... io, pensavo…- parlava con gli occhi umidi, la voce bassa

-  …volevo dirti che, se dovessi guarire bene… ma dico bene veramente… Ecco, mi è difficile dirlo, sai… Ci sono delle cose che in astratto non prendo assolutamente in considerazione… ma in concreto, quando le situazioni si verificano… Ad esempio: io a tutto pensavo, in astratto, meno che di sposarmi. E invece ora siamo qui… Ma c'è un'altra cosa che, ancora di più, mi è indifferente… molesta, in un certo senso… ma se dovessi guarire davvero bene… Ricordi Pierre? Quel ragazzino che  fu ucciso dal Duca di Germain?…- la mano di Oscar tremava piano.

- E chi se lo scorda? A parte l'orrore, il duca ti avrebbe uccisa…e mia nonna avrebbe ucciso me…- il pensiero della nonna lontana lo fece sospirare, ma la sua mano, coperta da quella di Oscar, non si spostò dal cuore.

- …Ecco…Pierre2 è un bel nome, evocativo… per un bambino… nel senso, come ti ho detto sono concetti che non mi attirano in astratto… Ma in concreto… tu essendo tu… proprio tu… per i tuoi occhi, per come sai guardare  la gente… -

Non alzava lo sguardo, non muoveva la sua mano… ma poteva sentire il cuore di André che, all'improvviso, aveva iniziato a battere più forte.

- Ti prego, alza lo sguardo Oscar…-

Quell'immagine che lui aveva sempre scacciato, per dovere, per necessità, per obiettività, per sopravvivere al dolore… ora era sospesa tra loro, impalpabile ma vera, come le parole esitanti e delicate di Oscar.

Le prese il viso tra le mani.

- André... non sai che faccia hai in questo momento… Vorrei avere uno specchio…-

- Tanto sconvolta?-

- Mi fai sentire sempre in colpa per il  mio carattere, tu così…-

- Shh, basta…-, le disse piano. "Il vento sfiora le parole… noi dobbiamo sfiorare la vita, correrci su, come il vento", pensava André mente la contemplava… "Vivremo Oscar…" - Ora non parlare più… resta qui,… così…-

Mail to sonia_78@virgilio.it

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1 la frase, che può suonare acida, è in realtà un modo di essere schivi senza volerlo dar a vedere. Ci sono dei momenti in cui si ha voglia di vivere le sensazioni a contatto con sé stessi, senza chiassosi contorni…E' una frase mia, che ripeto spesso. Basta cambiare il verbo ed è riciclabile in ogni circostanza.

 

2  Questa è una mia fissa che mi porto dietro da un bel po' d'anni, quindi oltre ad essere opinabile è pure datata.