Davanti al mare
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Un
grazie speciale a Fiammetta: ricordi il discorso, sulla strada di Lucca, sulle
scene di impatto viste da una bambina troppo piccola?... Tu mi hai solo dato un
tuo parere da esperta... a me capire il perché... E se sto zitta, non rispondo
o dico cose banali o abbozzo, è perché ci penso. Questi pensieri sono datati
28/12/2001. Non uso mai la prima persona, ma i pensieri sono stati concepiti così...
mesi fa. Li ho ritrovati e... sono uguali. Sono una recidiva? ^__- Spero di
farti una sorpresa!
Chiedo scusa a Maria Luisa se la 'location' e la situazione ricordano una sua fanfic, in realtà era una cosa istintiva nata in riva al lago di Sabaudia in una giornata grigia... e il tema, comunque, è profondamente diverso... Un grazie a Laura che mi ha anche fatto passare un pomeriggio diverso, spulciando in un vecchio backup... veramente! Non me l'aspettavo... la sorpresa l'ha fatta a me...
Sono qui da tre giorni ormai. Voglio dimenticare, e forse sto dimenticando.
Foglie vinaccia, violente, arrabbiate, con le bacche scure di nero lucido, ondeggiano davanti al mio viso, chinato verso quel miscuglio strano di colori, quell’alchimia figlia del vento freddo e del sole debole di queste terre.
Un cane randagio elemosina sempre gli avanzi dalla poca servitù della mia villa. Non l’avevo mai notato prima. Ieri, al tramonto, l’ho guardato. Calma, ho provato ad avvicinarmi alla sua desolazione. Ha il pelo rado, intrecciato come le corde del relitto di un naufragio… anche quello- a modo suo, randagio- sbandato, senza nessuno che gli ridoni l’anima…
La mia mente è vuota, piena del rombo del mare, come una conchiglia abbandonata sulla spiaggia… dopo una burrasca imprevista e violenta.
I pensieri scorrono apparentemente indifferenti, distanti da me come le nuvole grigie.
Le onde accarezzano le impronte che lascio sulla sabbia bagnata, ma poi le cancellano.
Le annientano. Come ha fatto André…
Mi credevo triste e tranquilla. Guardavo il cielo monotono, ventoso e grigio, cornice perenne della villa di Normandia.
Un gabbiano volava come scorrendo tra le nuvole e la luce pallida… ma poi si è tuffato in acqua, e, per catturare la sua preda, ha spezzato improvvisamente il mosaico regolare delle onde.
Ha interrotto il volo armonioso e… si è avventato su di lei… sopra di lei…
Io ho gridato.
Sono finita in ginocchio sulla sabbia umida, con le mani al viso, lasciando uscire da me un grido che non mi aspettavo, che non volevo ammettere…
Ha distrutto l’armonia, quel gabbiano, ha spezzato la fiducia tra il cielo e il mare!
Piango, piango e grido perché è successo anche a me…
Non riesco, allora, a dimenticare?
La paura, l’offesa, ormai sono indifferenti per me. Ma non riesco a dimenticare tutto quello che è stato spezzato, tutto ciò che è perduto… rotto per sempre…
André… ormai è un nome vuoto, per questo mi fa male…
Il suo gesto lo ha svuotato di ogni senso, e ha trasformato tutte le cose belle in ricordi freddi e separati, che riguardano un’altra persona. Una persona che non esiste più.
Ora lui è una sagoma, verso la quale vorrei provare solo rabbia… invece, in me, c’è un immenso scoramento, che mi fa piangere…
Mi ha distrutta. Non il gesto in sé, ma perché quel gesto ha distrutto tutto ciò che lui era, ciò che lui era per me. Che era una parte di me…
“Cosa vuoi provare?”… è questo che ti ho detto, con la voce soffocata.
La mia mente era assente ormai. Se tu avessi continuato, l’umiliazione e l’odio ti avrebbero svilito ai miei occhi. Però tu mi avevi già annientata…
Perché tu, proprio André? Sapevi di farmi del male, e hai gettato parole di sale sulle ferite del mio cuore.
Proprio tu mi hai fatta piangere le stesse lacrime che per anni hai asciugato. Tu che le conoscevi, proprio tu…
Hai rotto un’armonia stabile… noi eravamo come quel gabbiano… senza un posto nel cielo, è vero, ma volavamo fianco a fianco.
Non sarà più così. Non voglio. E’ cambiato tutto.
Non potrò mai annullare i ricordi, certo… Anzi, voglio recuperarli uno per uno, selezionarli e ordinarli in un angolo della mia mente, perché siano asettici e indifferenti come una collezione di bottiglie, ordinate per forma e per colore, ma vuote, fredde al tatto della memoria. Da scorrere con gli occhi senza provare sentimento.
Ti sei staccato da me nel momento in cui il tuo corpo era sul mio.
Eri così vicino – troppo vicino- al punto da separarti da me, hai strappato il nostro legame insieme a quella camicia.
Perché hai voluto gridare così forte? Come se, tra noi, una camicia fosse mai bastata a creare false distinzioni… Come se, tra di noi, non avessimo saputo di essere un uomo e una donna, un plebeo e un’aristocratica… Ma non importava.
Il nostro mondo - il nostro legame- era perfetto e indifferente a tutti. Come l’aria tra il cielo grigio e il mare calmo.
Tu, invece, hai rotto quell’equilibrio.
Hai tradito la mia fiducia, il mio affetto, mi hai fatto del male. Hai rotto l’incanto vuoto della mia vita, che era anche la nostra. Ti sei separato da me…
Rabbia, rabbia e paura… sì, è vero, provo questo.
E di nuovo tanti interrogativi che squarciano la coperta pesante e comoda delle nuvole. Delle mie nuvole. Ma c’è anche tanto dolore, tristezza, per qualcosa che è cambiato e che non tornerà mai più, una condizione che abbiamo abbandonato per sempre, tutti e due…
E’ vero, non ce l’ho con te. Preferisco cancellarti, dimenticarti, annullarti.
E’ il modo più crudele di rivolgermi a te, ora… ed è il più crudele anche verso me stessa. Ti faccio del male, facendomelo a mia volta.
Ma ora non potrei affrontarti. Non potrei guardarti in faccia e ricercare l’André che conosco.
Non posso ricucire la trama che hai spezzato. Le tua parole mi feriscono gli occhi come luce cattiva.
Mi lasci un dolore a cui non so dare nome e qualcosa di informe che tu chiami amore…
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