Gli anni che verranno  parte II (1793-1794)

Parte IX

 

Warning!!! The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.

L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.

 

La vita di Oscar stava, piano, riprendendo. Non era facile, con il suo carattere, spendere le giornate in quell’attività, ma grazie a una buona dose di ironia e desiderio di rivalsa, riusciva a stemperare le crisi che, ogni tanto, si affacciavano inesorabili. I suoi allievi facevano progressi piccoli e atipici, i più grandi ogni tanto si affacciavano per chiederle il significato delle “parole difficili”, erano aumentati di numero, si erano scaglionati del corso della giornata, tanto che era difficile, per lei, trovare dei momenti liberi. Dei momenti in cui concedersi il lusso di crogiolarsi nelle preoccupazioni. Iniziavano ad entrare i primi guadagni, esigui, spesso consistenti in oggetti di pessima qualità, ma lei accettava. Aveva dato alla scelta di insegnare un significato ben diverso. Non un modo per stare chiusa in casa, né un modo per guadagnare, ma l’unico stile di combattimento rimastole. Nessuno, sotto la Bastiglia, sapeva cannoneggiare finché non era arrivata lei con i suoi uomini e non aveva preso il comando.. E se verso gli allievi più piccoli Oscar continuava a sentire una sorta di imbarazzo, di pudore, verso i più grandi stavano nascendo stima, affetto… un po’ come verso i suoi soldati. Oscar iniziava a sentirsi fiera. Ancora una volta aveva vinto la battaglia contro il passato, i condizionamenti sociali, contro il lato oscuro del suo animo. Usciva dal quel periodo combattuto con molte ferite dolenti, ma più forte era la voglia di affrontare la vita. Quel continuo contatto con la gente, quella scarsità di tempo libero, le fecero aumentare la voglia di riempire la sua vita con la vicinanza di Pierre e di André. Finché il tempo lo consentiva, all’aria aperta, per le strade di Parigi. Lontana dai malinconici cimeli di un passato ormai trascorso, fiera di avere la forza di continuare, nonostante tutto quello che stava accadendo. Alle volte, davanti la finestra, si incantava a seguire il movimento della pioggia, il velo d’acqua che scorreva sui vetri, che – rimbalzando- offuscava le luci fioche delle strade. André poteva capire i suoi pensieri, mai espressi, se non con qualche parola: Oscar pensava a come fosse solo apparentemente cambiata e quanto fosse rimasta uguale, pensava al padre, a Maria Antonietta che non c’era più e a Fersen che rimaneva a soffrire in qualche angolo d’Europa. Pensava alla necessità di dare un senso alla propria esistenza, ai propri passi: a costo di morire o, persino, a costo di vivere fino in fondo.[1] Se ripercorreva la storia dei suoi giorni, tutto le sembrava paradossale, atroce e doloroso. E incredibile. Già, incredibile le pareva la presenza di André, per la forza che – insieme- riuscivano a sprigionare. Per la loro storia, la loro capacità di andare avanti di essere diversi ma indispensabili, di cambiare restando se stessi. Di ricominciare, di amarsi veramente.

- André… potevo essere morta. Potevi essere morto. E invece siamo qui…-

 

In Francia la situazione precipitava. Dopo la morte di Maria Antonietta, la situazione era degenerata. La Francia era un caos. Gli organi che dovevano dare stabilità alla repubblica finivano per irrigidirla, mentre al loro interno si creavano scontri, fazioni, opposizioni feroci. Nel 1793 erano morte moltissime persone, nel 1794 andò ancora peggio. I contrasti interni erano esplosi con violenza. I discorsi teorici venivano macchiati da un bagno di sangue costante. Se un tempo il sangue era stato definito purificatore,[2] non si poteva più essere d’accordo. Si era arrivati ad un punto estremo di rottura, un punto nel quale nulla era chiaro: il rovesciamento non era completo, c’era piuttosto una confusione bellicosa e una commistione di bene e di male. Ineluttabile.

 

Oscar, per conto suo, proseguiva la sua battaglia personale. Per prudenza spesso era lei a recarsi a casa degli allievi, per non mostrare eccessivo movimento vicino alla propria abitazione. Era molto faticoso, i tragitti erano pieni di tensione… troppa la paura che il passato tornasse e le rovinasse la vita, le togliesse i suoi affetti, così combattuti, sofferti, amati.

Da parte dei sui allievi più adulti iniziavano le prime domande, spaventosamente ingenue, sulla storia recente della Francia. Come testimone delle parole, delle voci, Oscar si scopriva molto coinvolta, e faticava a razionalizzare, a spiegare… era necessario che qualcuno che avesse il coraggio di mettere nero su bianco ciò che stava accadendo e ciò che era accaduto parlasse, almeno.

 

Mentre tutto tradiva le sue aspettative, Oscar si scopriva libera dentro. Sentiva in sé la forza del gabbiano, fatta d’aria, d’azzurro e ali forti, che volano più in alto delle meschinità umane, non se ne lascia intaccare. Per quanto la situazione politica la impensierisse, la facesse soffrire, rendesse pericoloso ogni suo passo, per quanto guardasse con preoccupazione all’avvenire, soprattutto a quello di Pierre, la fiamma che sentiva in sé– una libertà matura, consapevole, presente in ogni livello di scelta – le dava il coraggio di proseguire la sua vita a testa alta, affrontare con energia e risoluzione le difficoltà.

 

Con l’esecuzione di Danton e Desmoulins, il 5 aprile 1794, la degenerazione del potere era ormai evidente.

- E noi che ci avevamo creduto… dobbiamo avere la forza di crederci ancora, di ignorare quello che vediamo sotto gli occhi. Di credere alla sostanza della libertà, e non a questa forma così soverchiante…-

- Oscar…ci vuole una forza immensa per farlo. Tu ce l’hai, Oscar? Hai questa forza?-

Lei si guardò intorno. Quella piccola casa, calda, qualche libro aperto, André con i capelli lunghi, sciolti sulla schiena, mentre lavorava per sistemare un difetto del pavimento, Pierre su una sedia, in ginocchio, che guardava fuori dalla finestra, le luci delle case che, come lucciole pigre, si accendevano l’una dopo l’altra. Il cielo lucente e diafano del crepuscolo, quella immensità che confinava con l’acqua della Senna, solo apparentemente immobile. Le proprie mani, che avevano combattuto e combattevano, che avevano amato e amavano… il proprio respiro… un magnifico senso di continuità, un flusso di freschezza le pervase l’animo.

Sorrise, guardò André con quegli occhi infervorati di energia, volitivi, brucianti. Come nel ritratto. – André… sì… ho la forza di guardare avanti. Forse nessuno di noi vedrà la libertà completa anche nella forma… ma… posso accettare ogni sofferenza, ogni tristezza, ogni errore pur di essere libera e viva.-

 

10 giugno 1794

Bastasse solo ciò che si ha dentro… il quotidiano è un costante, faticoso equilibrarsi tra ciò che vorremmo e ciò che- il mondo- impone.[3] Raramente si è artefici del proprio destino, e spesso solo nel senso che dentro di noi siamo perfettamente liberi e padroni. Ma voler realizzare la propria visione interiore è, a volte, come combattere contro i mulini a vento. Bernard era il tipo di persona che e, nonostante gli anni passati, le esperienze accumulate, non riusciva a rendersi conto della durezza della realtà. Anche questo affascinava Rosalie: se un giorno era disilluso, il giorno dopo era pronto a lanciarsi in avanti senza fare alcun calcolo. Il problema era che Bernard mancava di realismo.

E non poteva, non voleva credere che Robespierre, il suo amico Robespierre, avesse voluto una legge simile…

Con il testo in mano, lo sguardo stravolto, si recò da lui.

“No, non è possibile… è inconcepibile… non puoi farlo!“

Camminava affannato, la pioggia era innaturalmente tiepida sulla sue spalle, rendeva l’aria afosa… Bernard sembrava tutto fuorché una persona di questo mondo, nel quale pareva essere precipitato, come in un incubo. Si sentiva male, il respiro corto… Quella legge toccava non solo il suo lavoro, ma la sua stessa vita… non solo quel momento, quel periodo, ma tutto, tutto ciò che era suo, tutto Bernard Chatelet: la soddisfazione, l’appagamento, il benessere, il senso d’utilità, le amicizie, i sodalizi, gli entusiasmi, l’amore, la stima in sé e negli altri…

 

- Legge dei sospetti… è uno scherzo o un provvedimento temporaneo? Oppure ti hanno costretto a caldeggiarla? Ti hanno minacciato? Perché io non posso…-

- No, Bernard. E’ una legge a tutti gli effetti, ed è necessaria. L’ho voluta io: troppi attacchi rischiano di sviare la Francia dalla sua meta.- Robespierre rimase calmo, a giocherellare con i lembi della camicia, gesto antipatico che aveva mutuato da Saint Just a furia di vicinanza, ma su di lui stonava molto.

- Sei consapevole di cosa ti rendi responsabile?!- lo incalzò Bernard, il viso contratto. – …quelli che hanno cercato di inspirare lo scoraggiamento… - Prese a declamare. -Quelli che hanno diffuso notizie false…” ma questa, poi! “…quelli che hanno cercato di traviare l’opinione… depravare i costumi e corrompere la coscienza pubblica e la purezza dei principi rivoluzionari… Pena, articolo 7, la morte”!!!- [4] Urlò le ultime parole, sventolando i fogli sotto gli occhi di Robespierre. Lui distoglieva lo sguardo, imbarazzato.

- Ce n’è abbastanza per inquisirti anche ora.-

- Io ti sto solo chiedendo spiegazioni!!- Si stupì Bernard. -Ogni cittadino deve poter ottenere spiegazioni! Cosa può fare di male una critica?! E' l'essenza stessa della libertà! Noi… noi eravamo partiti così…criticavamo, ragionavamo…! Non ci credevi anche tu??-

- Ci… credevo...- lo corresse.

- E allora, in nome di cosa vorresti inquisirmi?-

- Niente. Sei un mio… amico.-

Bernard lo guardò come se avesse detto un'eresia. Amico? Non lo inquisiva perché era suo amico? Non poteva crederci…

- Ma non voglio che vengano scritte certe cose. Neppure da te. Noi abbiamo dei fini, degli obiettivi. Non ci possiamo permettere di…- non terminò la frase. Sentì l’assurdo della sua situazione e, ancora di più, l’assurdo di non averne alcun rimorso. Era entrato in un’altra logica, opposta a quella che l’aveva condotto fino a quel giorno di pioggia - afoso e deprimente- con Bernard che, pallidissimo, gli sezionava la coscienza con la sua voce fatta apposta per i comizi.

- … applicare la legge…- la voce di Bernard divenne un gemito sommesso, lasciò scivolare i fogli a terra. Erano tutti spiegazzati, per quanto li aveva tenuti stretti.[5] - Non dovreste permettervi di applicare la vostra legge- continuò per lui. E se ne andò.

Non pensava a nessuno. Non c’erano più Rosalie, François, Robespierre… non c’era più nulla, per lui, in quel momento, se non la pioggia di giugno ad inzuppargli la giacca. Alcuni, i tanti che si recavano da Robespierre per un motivo o per un altro,[6] avevano sentito, si passavano la voce. Forse sarebbero intervenuti, contro di lui. Ma a Bernard non importava: avrebbe dato la sua vita per un sogno, per il suo sogno… e ora gli dicevano che non era possibile, perché forze superiori, che un tempo erano come lui, non lo ritenevano opportuno… e gli toglievano tutto ciò che l’aveva tenuto in vita, che gli aveva fatto risalire la china tante volte, che l’aveva fatto soffrire e sperare, che aveva riempito le sue giorni, le sue notti, i suoi progetti…

La pioggia lo lasciava indifferente, il pericolo anche… si sentiva frastornato, la testa vuota, le lacrime che scorrevano senza più pudore né pensiero. Solo lacrime e pioggia tiepida. Null’altro per Bernard.

 

Era sera. Vedendo che il marito non tornava, sentendo voci strane, Rosalie era corsa a casa di Oscar. Piangeva spaventata, e François tremava, vedendo lei in quello stato.

- Non so dove sia. Ho paura…-

Oscar si sedette un istante, coprì il mento con le mani. "Di solito, nei momenti in cui si perde tutto, si cerca di ritornare da dove si è partiti…" pensò. Rimase qualche minuto a pensare, con gli occhi chiusi, poi balzò dalla sedia.

- Forse ho un'idea… André, pensi tu a loro?-

Lui annuì, aggiungendo François alla sua piccola corte di bambini adoranti.

- Rosalie, andiamo.-

 

Bernard gironzolava per Parigi con le mani in tasca, lo sguardo smarrito, tra la gente che lo urtava, dalla quale si lasciava trascinare. Poi giunse su un ponte, su quel ponte. Dal quale, tanti, troppi anni prima si era gettata sua madre. Era avvenuto in un tempo così lontano che quel luogo gli era indifferente. Si fermò, fissando l'acqua della Senna scorrere implacabile e veloce, come ipnotizzato dalle striature della corrente, dai piccoli mulinelli che risalivano.

Ne era passato di tempo… Poteva ricordare solo il freddo dell'acqua, e qualche voce, ma non sapeva quanta fosse la realtà e quanta la fantasia. La madre morta affogata e lui salvo, bagnato, tremante, confuso. La madre livida, immobile. Il volo con lei, nel suo abbraccio, da quel ponte. Allora aveva perso tutto. Ed era rimasto solo, con gli abiti zuppi, a guardare la Senna. Come in quel momento. "Il cerchio pare chiudersi…" pensò.

Dal giorno della morte della madre, da quando aveva imparato a scrivere, girava sempre con qualche foglio in tasca. Davanti ad un paesaggio, ad una persona, ad un'espressione, si fermava - qualunque cosa stesse facendo- e la descriveva. Aveva riempito la solitudine con un mondo di parole. "Cosa credi, Robespierre, di essere l'unico ad aver avuto un'infanzia dolorosa?" ironizzò. Poi quelle parole l'avevano fatto notare, era stato apprezzato. Ma solo per le parole, non per se stesso.

Finché non era arrivata Rosalie, che lo aveva apprezzato per quello che era. Un po' Rosalie gli ricordava la madre. Una sera l'aveva portata a vedere quel ponte, cingendole le spalle con un braccio, le aveva raccontato la sua storia, indicandone i luoghi esatti. Il cerchio si era chiuso e aveva creato uno spazio in cui le parole volavano libere: non erano, per lui, solo lavoro, ma anche ragione di vita.

"Non ditemi di non scrivere. Altrimenti, sono già morto."

La Senna, il suo scorrere placido lo attraeva in maniera morbosa, come se lo stesse chiamando a sé. Lentamente i muscoli del viso si contrassero in un sorriso indifferente, malato, come lo sguardo ormai vuoto, riempito dai movimenti del fiume, che parevano invitarlo a tornare da dove era sfuggito, tanti anni prima.

 

 

Continua...

Mail to sonia_78@virgilio.it

Back to the Mainpage

Back to the Fanfic's Mainpage

[1] Che è  difficile…

[2] da Marat- draculino.

[3] Amara riflessone telefonica di una sera di settembre…

[4] Il testo della legge dei sospetti è riportato nel mio libro del liceo- il citato Brancati- e devo dire che rileggendola a distanza di anni mi ha colpito davvero.

[5] Tipo i polli di Renzo ne “I promessi sposi” O erano tacchini?

[6] Non so se è vero… ma la lunga, amara strada che dai clientes romani porta ai lecchini nostrani, difficilmente ha avuto una pausa millenaria…