Gli anni che verranno  parte II (1793-1794)

Parte VI

 

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Camminò verso la Senna, lungo le rive, respirando a pieni polmoni l'aria umida. Stordita, come se fosse tornata da un viaggio nel tempo, da un viaggio in sé, sentiva qualcosa di divorante farsi strada in lei. Lento e inesorabile. Guardava il mondo, la strada, con aria tramortita e meravigliata, lo sguardo, commosso, diventava deciso e triste.

Le parole di Maria Antonietta, inaspettatamente, non avevano portato pensieri di morte… e stavano rompendo una breccia, quel blocco che le soffocava le parole in gola, che le faceva rifuggire ogni sguardo sereno, che la rendeva - alle volte - davvero intrattabile. Il vento spostò una nube che coprì il sole prossimo al tramonto. Tutti i colori cambiarono tono, come per un incantesimo, divenendo più cupi e caldi.

Il vento le gonfiò i capelli, Oscar tirò indietro il cappuccio che le copriva la testa e li lasciò liberi di arruffarsi come meglio credevano. Li sentì accarezzarle il collo, le spalle e la schiena. Guardava il mutamento dei colori, della luce…

Si sentì commossa. Sia lei sia Maria Antonietta avevano toccato quella linea oscura oltre la quale c'è la morte. Solo una delle due l'aveva schivata. E aveva ancora paura della vita.

"La stanno per uccidere…" Oscar iniziò a camminare rapidamente. "… e lei mi sta aiutando a vivere…" Sentì i muscoli attivarsi, scaldarsi… Gustò quella sensazione, distinguendola dalle altre, isolando una per una le mille sensazioni che riusciva a provare in quel tragitto.

Affrettò ancora il passo, fino a correre. Perché fermarsi?

Il cielo prese i colori sfumati del tramonto. Perché risparmiarsi la felicità, averne paura? Si giustificava sempre… ma ora, ora no. Non sarebbe stato giusto. Stavano per uccidere Maria Antonietta… e non era un incubo. Era la realtà.

 

Come gli aveva chiesto, André l’aveva preceduta a casa. Aveva lo sguardo grave, teso. Temeva di vederla tornare abbattuta, di aver sbagliato tutto.

Oscar lo guardò. Sentiva dentro sé, pesante, ingombrante, l’incapacità di trovare le parole giuste. I mesi passati senza la voglia di cercarle, restando sgomenta di quel silenzio dentro di sé.

Ora, invece, le parole le zampillavano dentro, non chiare, non allegre, ma si agitavano. Lei non riusciva neppure  a riconoscerle.

Vide solo la tensione di André, perfettamente dissimulata come sempre, dal collo di lui. Non aveva mai notato quel dettaglio… quando lui era teso, il collo appariva rigido e incordato. Lo fissò con candore vuoto.

- Oscar…-

Lei non rispose, gli si avvicinò.

“Non devi preoccuparti, André… risalirò la china…piano piano… ma tu sei in pena, di nuovo tanto in pena per me… e io, invece, io ti amo…”

Posò con delicatezza, con leggerezza, le labbra sul collo di lui. Rimase immobile così, sentendo il movimento del suo respiro, l’odore della sua pelle. Si trovò a respirare all’unisono con lui. Accostando la mano al petto, poteva sentire il battito del cuore di André. Poteva accarezzare il profilo del corpo e, sotto la camicia il tepore, il calore della pelle, della vita. Il calore dell’uomo che amava. Per lunghi istanti, l’una accostata all’altro, sentirono l’emozione strana di essere vicinissimi, come non capitava da mesi… senza baci, senza parole. Per il solo respiro. Per il tepore. André non voleva spezzare quel momento sospeso, strano, restava fermo assecondando Oscar, quel percorso misterioso che si stava snodando in lei, ma che stava comprendendo, avvolgendo anche lui. Perché si riscoprivano, di nuovo e di nuovo.

Fu lei a sfiorargli la bocca, più che un bacio fu un assaggio delle sue labbra, delicato e stupito. Lui lo trasformò in un bacio. Tenero, lento, poi più appassionato.

Mentre le mani di lui scivolavano tra i capelli troppo lunghi di Oscar, lei gli cinse i fianchi, lo avvicinò di più a sé, inequivocabilmente.

Non trovava parole, discorsi, teorie: ritrovava André. L’André di sempre, eppure sempre diverso.

Il suo calore vivo, la sua pelle, il suo sguardo, le linee e le energie del suo corpo, della sua anima nuda. Nuda come l’anima di Oscar, con la sua, nella sua. Totalmente vicini, oltre le parole. Oltre le paure, il tempo, le idee. Erano solo vita e momento.

 

Con il volto contro il cuscino, Oscar cercò di soffocare le lacrime, ma non ci riuscì. Silenziosamente, pianse.

- Oscar… amore mio…- André le sfiorò la schiena, poi quelle spalle così apparentemente fragili, le fu vicino, col calore, sussurrandole ciò che poteva dirle. –Amore mio… Perché piangi?-

Lei lo guardò, si voltò, gli prese le mani e le strinse nelle sue, portandole vicino alle sue labbra. André poteva sentire il respiro di lei.

- Perché André?… Perché sono rimasta in silenzio? Perché ero lontana?- quasi si stava accusando dei giorni perduti nel freddo della tristezza, del ripiegamento interiore.

-      Il silenzio capita, può essere necessario… Tu non eri lontana, Oscar. Io ti seguivo… - gli occhi, però, si svelavano consapevoli della verità che Oscar diceva.

 

C’era stato silenzio, distanza tra loro. Era un momento triste che avevano dovuto attraversare e che, forse, era finito. Lo capiva, perché non avevano fatto solo l’amore. Si erano scambiati l’anima. Si erano detti, senza parole, tutti i sentimenti dolorosi e forti che avevano provato, se li erano scambiati, si erano capiti e si erano riabbracciati, col corpo e con l’anima. Totalmente.

Non sarebbe stato facile tutto ciò che li aspettava. La risalita sarebbe iniziata, concretamente, nel momento in cui Oscar si sarebbe allontanata da quel letto. Andando di nuovo incontro alla vita concreta, esterna, sorda alla voce e cieca agli sguardi. Ma Oscar aveva la forza per farcela. E lui per starle vicino. E gli venne da piangere – la tensione, la tristezza, l’amore e la felicità insieme - ma non lo fece, perché era pienamente consapevole e partecipe di ciò che Oscar aveva provato. Era troppo con lei e in lei, per poter piangere allora.

E quella nuova battaglia iniziò qualche minuto dopo. Oscar si sedette, posò i piedi a terra. Il suolo, il mondo…. tutto da affrontare per l’ennesima volta.

- Si è fatto freddo. Prendo questa. – Il buio avevo reso l’aria di un’umidità gelida e notturna. Oscar prese la giacca di André, che per lei era grande e comoda, la indossò con lentezza e abbandono. E un filo di tristezza per quei giorni in cui lei l’aveva fatto soffrire della sua sofferenza. Guardò André, che la fissava in silenzio mentre con le braccia conserte si stringeva addosso la giacca. Uno sguardo, in quel momento, pulitissimo e profondo... - Non riesco, ma dovrei chiederti scusa André…- la voce bassa, gli occhi sempre fissi su di lui, le mani strette sulla giacca.

- Di avermi sottratto la giacca?- André scherzò, ma i sensi di colpa – o meglio, di responsabilità- che gravavano su Oscar gli erano ben noti. – Dove vai? E’ tardi…-

-      Torno subito.-

 

Pierre dormiva su un cuscino, vicino al fuoco. Quanto doveva aver galoppato con la fantasia: quel cuscino era il suo destriero, la sua nuvola. Perché Pierre era un bambino. Oscar sentì tutto il peso e la forza di quella parola, spesso schivata a furia di sinonimi. Lui non doveva vivere di doveri, di imposizioni. Non doveva essere schiavo di educazioni fredde o faziose. Doveva sentirsi amato, come non lo era stata lei. Non doveva soffrire, mai. O, almeno, così scoprì di volere lei. Quasi con stupore, come davanti ad una novità, gli si chinò accanto e lo accarezzò. Lui aprì gli occhi assonnati, interrogativi. Lo prese in braccio. Invece di un dolce, ironico, abituale “Ti pare il posto di addormentarti?” disse semplicemente – Ti porto a dormire.- Lo prese contro di sé. Non aveva le guance paffute dei figli di Maria Antonietta, ma erano tiepide e lisce. André si era alzato e la aspettava. Oscar lo guardò, paragonò rapidamente il viso asciutto, forte di uomo e quello del bambino, che poteva suggerire quello di un uomo, ma ne era diverso. Le venne da ridere. Anche lei, anche lui avevano avuto quella fisionomia, ma non ricordavano… perché allora erano già degli uomini in miniatura.[1]

 

Riprendere a vivere pienamente, come aveva detto Maria Antonietta, non sarebbe stato semplice. Se così fosse avvenuto, sarebbe stata una fiaba inverosimile. Lasciarsi andare era stato più semplice. Ma qualcosa stava lavorando in Oscar. Qualcosa che le ridava la voglia di sorridere, anche quando vedeva solo buio.

 

A ridosso dell’esecuzione dell’austriaca, dell’affamatrice, Parigi si era riempita, le vie affollate di gente rumorosa. Oscar sedeva al suo tavolo cercando di scrivere qualche riga, che cancellava regolarmente prima che fossero altri a farlo. Pensava a mille istanti, persone… non si può dimenticare… non si finisce mai di convivere col ricordo. Tra pochi giorni Maria Antonietta non ci sarebbe stata più. Oscar non sentiva dolore, ma confusione, sospensione. Un vuoto in cui roteavano tante immagini.

André era molto preoccupato per lei, per la sua effettiva reazione all’esecuzione, al momento concreto.

Si era accorto che la vista gli era migliorata, anche solo di poco, ma doveva scostare un po’ il libro dal volto.[2] Era molto tempo che non provava il piacere di leggere. E dato che faceva molto freddo per essere l'undici ottobre, dopo cena gli piaceva sedersi vicino al piccolo camino, a leggere. Attività da lui tanto amata, nonostante lo sforzo fisico che gli richiedeva. Bussarono alla porta.

Oscar si alzò svogliatamente accartocciando un foglio che teneva tra le mani e, con un gesto tanto rapido quanto brusco, spalancò la porta.

Entrò l’aria umida, ma non un suono, almeno per un attimo.

- Comandante! –

- Alain!-

André scattò in piedi.

Alain aveva aperto tanto di braccia, che Oscar scompariva nell’affetto della stretta, come fosse una creatura esile, un tesoro delicato, ritrovato, da proteggere.

- Comandante, non ci posso credere!-

- Alain, smettila di chiamarmi comandante… io non…-

- Mi chiedete l’impossibile, per me siete sempre com…-

- Alain! –

- André! – entrò rumorosamente in casa, abbracciando l’amico. – Che razza di tipo sei… Perché non ti sei fatto sentire prima? André !-

André sorrise, enigmatico… ragioni ce ne erano, per quel lungo silenzio… ma anche Alain ci aveva messo mesi a decidere di raggiungerli…

- Forse è meglio che entri, che ti sieda….- Oscar era visibilmente felice. Aveva sempre provato stima e affetto per Alain, ma l’etichetta militare impediva dimostrazioni che non fossero fredde medaglie.

- Certamente… oh, comandante… André… certo che vedervi qui fa uno strano effetto!-

- Anche vedere te, dopo tanto tempo… Per come ci siamo lasciati…- le immagini che corsero nelle loro menti, li portarono ad abbassare lo sguardo. Erano momenti troppo dolorosi, troppo duri, estremi. Li avevano uniti, affratellati, e non potevano più nascondersi dietro alle parole, ai discorsi d’occasione. Trovare quelle vere, quelle sincere, era spinoso…

- Già. Mi sono informato, venendo qui a Parigi. Della nostra brigata siamo rimasti solo noi tre. Siamo i soli sopravvissuti. Forse perché siamo stat…- Alain stava per dire una frase importante, Oscar sentiva che sarebbe stata tale. Ma lui si interruppe, guardandosi i piedi. Qualcosa lo stava toccando… anzi, qualcuno…

- Ciao, chi sei?-

L’espressione di Alain rimase sospesa in un buffo stupore, mentre Oscar voltava lievemente il viso e André si portava le mani alla faccia…

- … Incredibile!- la sua voce era estasiata. Gli occhi, segnati dalle rughe di chi guarda spesso il mare, increduli. - Posso tenerlo in braccio? Beh, sì, fatti vedere…- goffamente calò le mani ruvide verso Pierre, lo sollevò con timore e una grazia tutta sua. Non sapeva bene che dire, ma si sentiva come se l’avessero buttato giù dal letto nel pieno di un sonno. – E’…è bellissimo…- si riprese piano. Pronto a colpire. – Ma, se posso dirlo… - era imbarazzato. - Non vengono sempre così bene! Alle volte somigliano solo a un genitore. - Pensava a Diane, che aveva la grazia di sua madre, a lui, che aveva la rudezza del padre… Ormai riusciva a ripensare a loro senza alcun turbamento. – Invece lui è venuto benissimo, perfetto, - approvò. - Il mio comandante sa fare tutto bene!-

- Oddio, Alain, con questa frase rischi la vita…- sussurrò André, con un filo di voce.

Invece Oscar scoppiò a ridere. – Bene, facciamo le presentazioni - tagliò corto. - Lui si chiama Pierre. Ed è ora che vada a giocare, così noi possiamo parlare un po’.- Oscar aveva assunto un atteggiamento diverso da quello che André temeva. Invece di allontanarsi, di coprirsi con un muro di tacito imbarazzo, rideva. D’altronde era una dote di Alain – probabilmente contagiosa- dare il giusto peso ai momenti, sdrammatizzare ciò che si tende ad enfatizzare.

 

 

Continua...

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[1] “Colpa”, se così si può dire, di Fiammetta. Che con una sola frase di “Una farsa inutile” riesce a dare l’idea di un mondo diverso. Anche la parte in cui MA parla dei figli è strettamente collegata a questo.

[2] Fucilazione immediata della scemeggiatrice… facciamo i conti… Siamo alla fine del 1793, quindi… ^^;;