Gli anni che verranno  parte II (1793-1794)

Parte V

 

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Tramonto

- Un atto di umanità, Rosalie, ecco come lo vedo. Sai bene che la vendetta non porta a nulla, e purtroppo neppure un gesto di umanità.- Oscar parlava con calma, appoggiata alla balaustra di un ponte, la Senna rosseggiante alle sue spalle, Pierre seduto accanto a lei. Lo circondava con un braccio, mentre con l’altra mano teneva le sue, piccole, infreddolite. - Forse si ricorderà di te… ti ha incontrato, una volta e ha un’ottima memoria per i volti. - Una pausa, meditata. -Se ti chiedesse di me, per favore, non dirle niente. Per l’incolumità di più persone, e per non dare un nuovo dolore a …-

- … A madame. - Concluse Rosalie per lei. - Mi è stato ingiunto di chiamarla così, nel caso dovessi accettare.-

- Lo farai?- I capelli di Oscar, ormai lunghissimi, le ciocche sferzate dal vento alle sue spalle le coprivano parzialmente lo sguardo, dal quale traspariva amarezza trattenuta.

- Credo che accetterò- Rosalie teneva il viso basso e le mani giunte sotto il mantello. – Anche per Bernard. E’ molto giù dimorale… –

- Non è il solo - tagliò corto Oscar -, ma non ci è dato di arrenderci. Sarebbe un peccato, non trovi? Dillo a tuo marito…-

Rosalie si asciugò la lacrime, il vento che le soffiava contro gli occhi le rendeva brucianti. In quelle frasi disincantate e un po’ rudi, ritrovava quella “madamigella Oscar” che aveva conosciuto e quasi amato, ritrovava il “comandante Oscar” che aveva cannoneggiato la Bastiglia, circondata dalla forza che aveva saputo infondere nei suoi uomini. Nel gesto di scaldare con le sue le mani del figlio, di quel bambino mai immaginato né cercato, ritrovava una Oscar più consapevole, più affettuosa nei gesti, nei fatti.

 

Rosalie non parlava mai ad Oscar del suo compito quotidiano, né Oscar chiedeva niente. Non apertamente, almeno. Lo sguardo indagava il viso di Rosalie, per cercare di avere qualche notizia. In fondo avrebbe voluto sapere qualcosa, magari vedere Maria Antonietta. Ma sapeva che il muro delle scelte era ormai invalicabile tra loro. Finché un giorno Rosalie non entrò in casa di Oscar con passo fin troppo rapido, inusualmente allegra, portando le vivande, e in quei gesti veloci, come carichi di qualcosa d'altro, Oscar intravide che qualcosa era successo.

Per qualche giorno, Rosalie non dormì. Non poteva neppure parlarne con Bernard. Forse stava facendo un torto al marito, non accordandogli quella fiducia, ma era altra la persona con cui doveva parlare.

Così, la mattina, decise di andare da André.

Lo trovò seduto, calmo e serio, come sempre. Sostanzialmente, preoccupato per Oscar. E forse si sentiva solo. Se Oscar era chiusa nel suo mondo, con chi poteva, davvero, comunicare André?

- Oscar è qui?-

- No, e non penso che verrà. Reputa opportuno evitare di farsi vedere in certe zone…-

- André…- un lungo sospiro – Volevo parlarti… potrebbe essere importante per Oscar. Vedi, tempo fa, so che la regina ha ricevuto una visita che… -

- Chi è entrato?-

- Il generale Jarjayes…- Rosalie sembrava contrita, con il viso basso e la voce accorata.

André scattò in piedi.

- E' successo più volte… Penso che le abbia proposto una fuga, poi, deve essere successo qualcosa… Io pensavo che… forse Oscar…-

- Sì, capisco… E’ rischioso…-

- Per questo ho voluto parlarne solo con te. Se è stato possibile per il generale, perché non per Oscar?! -

- Rosalie, forse ti sembrerò folle, ma forse l’unica via d’uscita è questa. Andiamo a parlare con Bernard. Per Oscar, già lo so, non ci sarà alcun problema.-

 

Ne parlò con Oscar la sera stessa. Non le risparmiò dettagli sui rischi e sulle condizioni, fu persino severo, preciso ed esigente. Solo una cosa non disse: che il generale aveva parlato a Maria Antonietta, in prigione. Preferì non accennare nemmeno ad Oscar di quell’ultimo tentativo del padre, segno che ormai considerava quel legame perso per sempre - temeva che la notizia avrebbe solo accresciuto la confusione di lei, la sua sofferenza.

 

Le foglie cadevano trasportate dalle raffiche di vento, sfioravano i volti e poi affogavano miseramente nelle tante pozzanghere. Lo sguardo di Oscar era fisso, apparentemente calmo e gelido. In realtà, era preoccupata e turbata. Per non farsi riconoscere aveva fatto uno strappo alla sua regola: un abito azzurro e i capelli legati. Il mantello le nascondeva in parte i lineamenti.

Rosalie era pronta. Oscar si stupiva di quanto la "piccola" Rosalie fosse cambiata, accanto a Bernard. Sapeva di correre un rischio, eppure…

- Oscar, cautela. - Si morse il labbro, pensando al generale Jarjayes -… nessuno deve capire chi sei. E' un rischio molto grande ma…-

- Sta' tranquilla. So quello che devo fare.-

 

Arrivarono alla Conciergierie e il gendarme si fece avanti, incuriosito dalla visitatrice.

- Rosalie, cosa…-

- Ho il permesso del Comitato, oggi non sto troppo bene e mi sostituirà una mia amica. Ho preferito accompagnarla di persona dato che non è facile muoversi qui…-

- Mostrerò io la strada alla tua amica. - Il gendarme si affiancò ad Oscar. – Venite con me- disse. Rosalie si accasciò su di una panca tarlata: non le era difficile fingere lo sfinimento: la tensione, la preoccupazione le toglievano ogni forza, le facevano desiderare di potersi rannicchiare in un angolo a piangere, piangere… anche perché, quella finzione le ricordava Jeanne, così brava a fingere malanni e disgrazie, Jeanne in prigione, Jeanne lontana, ormai, solo un ricordo. Come i ricordi che Oscar stava per fronteggiare…

 

- Vi avviso che lo spettacolo non è dei più adatti ad una donna- declamò il gendarme, cercando di darsi un contegno.

- ...- Oscar trattenne un moto di stizza. "Io ho fatto su e giù per le carceri militari, ragazzino! Lui crede di avere più stomaco di una donna perché… lasciamo perdere…" La decisione con cui risuonavano i suoi passi era pari al tormento del suo spirito: avrebbe rivisto forse per l'ultima volta quella che era stata la sua regina, la persona sulla quale in gioventù aveva vegliato, la donna alla quale si era sentita vicina… …e che ora stava per essere messa a morte in nome della Francia. Del popolo francese. Anche di lei. Il pensiero la faceva sta male, la lacerava, rischiava di farle tremare le mani, cosa che non doveva assolutamente accadere… Era allenata a non far trasparire alcuna debolezza, e quello era il momento per mettersi davvero alla prova. Oscar controllava i passi, ogni movimento, ogni involontario tremito, ogni segno rivelatore di tensione. L'aveva fatto per anni, ma era una sensazione tremenda: come forgiarsi un'armatura e modellarla, ancora bollente, sul proprio corpo. Costantemente, in ogni attimo, in ogni evento. Uno sforzo incredibile, sommato ad una grande pena. Alla quale non riusciva più a pensare distintamente, perché tutto si confondeva nella nebbia, si perdeva nel tempo, e, dunque, preferiva andare avanti piuttosto che porsi interrogativi, lasciando a dopo le questioni morali.

Il gendarme cercava di essere cordiale, di parlare con quell'amica di Rosalie che non aveva nemmeno detto il proprio nome. Ma le sue parole scivolavano su Oscar, tesa in altri pensieri. Oscar provava quell'odiosa sensazione che conosceva bene: il battito del cuore, come una percussione che invade tutto il corpo, la tensione dei muscoli…

Entrare nella Conciergierie e scendere verso la cella d'isolamento era come sprofondare nell'inferno. Rumori attutiti – soffocati, più che altro,- ma diffusi, inquietanti. Avanzando, i rari lamenti sembravano gemiti di dannati, arrivando nella zona prescelta per “l’austriaca”, c’era un silenzio talmente innaturale, che pareva gridare. Le pareti erano così scure e coperte di muffa da sembrare gonfie. Il buio era opprimente.[1]

- Beh, buon lavoro!- il gendarme salutò la sua poco socievole concittadina e tornò sui suoi passi senza capire, senza pensare, senza poter immaginare che guerra si nascondesse dietro il silenzio di quella donna.

 

Oscar aprì la porta. Restò un istante immobile per abituarsi al buio. Guardando davanti a sé, intravide una figura che scattava in piedi.

Una donna smagrita, con i capelli grigi e gli occhi spaventati e curiosi. E, nonostante le condizioni, con un portamento fiero: Maria Antonietta.

- Chi siete? Non siete Rosalie…-

Quella voce iniziò a sciogliere l'autocontrollo di Oscar. Questa vita, allora era anche beffarda e ingannatrice… questa era l'altra faccia dell'affermazione dei propri diritti. Per ogni sogno che nasce, quanti ne muoiono? Non ci si pensa mai, finché non tocca a chi è vicino… Maria Antonietta, giovane e incantevole nella Sala degli specchi, un'illusione scintillante che pareva poter durare in eterno. Come tutte le cose che si vogliono immaginare eterne… invece…

Oscar fece qualche passo avanti, senza parlare. Cosa dire? Cosa mai si poteva dire? Era una situazione dolorosa, estrema.

La regina la fissava nel buio. Inclinò lentamente la testa, come se stesse pensando, cercando in sé una sensazione non nuova.

- Vi conosco… Chi siete?- tese le mani verso la donna che avanzava, con il viso basso schermato dal cappuccio del mantello.

Come reagendo ad un impulso, vedendosela così vicina e indifesa, Oscar chinò lievemente il busto, salutandola come aveva fatto tante volte, a Versailles. Non voleva farlo, fu l'istinto, la memoria…

La regina trattenne un grido di meraviglia, gli occhi sbarrati, con energia scoprì il capo della donna, proprio nel momento in cui lei stava alzando il viso. Si trovarono faccia a faccia. Momenti che durano un eternità, come se il mondo intero si fermasse, la vita stessa si fermasse, il respiro morisse in gola. Negli occhi di Oscar c'era dolore, in quelli di Antonietta stupore.

- Dio mio… non posso crederci…-

- …. -

- Oh, Oscar! Oscar! E' meraviglioso! - le strinse le mani, commossa. - Siete viva, Oscar! - scosse la testa, dolcemente, con gli occhi lucidi e un sorriso, misto di malinconia e felicità. Non sembravano nemmeno coetanee, tanto Maria Antonietta era distrutta. - E questo è splendido… E' l'ultimo dono che Dio mi manda: finisco la mia vita in Francia come la iniziai, vicino… vicino a… voi.-

- Non dite così…- in quel momento Oscar si sentiva bloccata, ma, allo stesso tempo, provava un bisogno di parlarle che travalicava l'ambito della ragione e delle remore, travolgendo la riservatezza, l'imbarazzo, il dolore.

- Oh, Oscar… anche voi lo sapete. Apprezzo la vostra forza, ma ormai tutto è deciso... lo so…- guardò il vuoto, il buio della cella. Non sapeva che giorno fosse, che ora e che stagione fosse, rinchiusa in una stanza umida, privata dello scorrere del mondo. Era tremendo. - Ma… ditemi di voi… - cercò di riscuotersi. - Credevo che foste morta. Ho chiesto anche a Rosalie… ma era evasiva… forse l'ho sempre sperato…-

- Rosalie…- Oscar sorrise - … non è capace di mentire. E' fatta così.-

- Ditemi, raccontatemi di voi!-

- Sono venuta a… volevo che sapeste… che io non ho… dimenticato l'amicizia… soffro per voi, è terribile… Nessuno poteva immaginare che sarebbe andata così… - Cercava le parole. Non voleva accusare, non voleva rimpiangere.

- Certo… capisco.- La regina la fissava, in quel triste abito nero. - Voi, Oscar... così onesta, così coerente…  state passando un momento terribile. Lo immagino… conoscendovi. E… vi ringrazio. Quello che voi fate è così… oh, Dio… c'è ancora umanità in questo mondo!- La voce le si incrinò. Quanti ricordi, quanti momenti…

- No… no… -

- Avete ragione. - Maria Antonietta si asciugò gli occhi, facendosi forza, con un debole sorriso pallido, tra quelle pareti così scure e squallide da sembrare informi. - Voglio chiedervi tante di quelle cose! - Ora appariva entusiasta. La fece sedere accanto a sé. - Come vi siete salvata? Cos'è successo? E perché questo abito così semplice, che però… vi dona molto? Oh, Oscar… avrei fatto di tutto per vedervi vestita da donna, allora, e il destino mi fa vedere voi così in questo…- con la mano indicò quel posto simile all'antro di una caverna. - … frangente…-

A Oscar tremava il cuore vedendo Maria Antonietta così, indifesa, ridotta in quello stato, quasi aggrapparsi a brandelli di vita altrui. Per quanto non volesse parlare di sé, per quanto le risultasse faticoso, quasi innaturale, decise di sforzarsi, di fare l'ultimo gesto d'umanità per quella donna che altro non chiedeva. Di donarle un po' della vita che anche lei aveva visto, tempo prima, fuggire via.

- Io… ho avuto la tisi. Mi sono curata, mi sono salvata… e poi sono venuta a Parigi. E sono qui.-

La regina rise, quel riso cristallino e fresco, straziante per il dolore che celava. - E non mi dite proprio nient'altro? Questo vestito…-

- Ah, l'ho messo solo per far tranquillizzare…- si bloccò. Pudore, paura… un insieme di remore mai superate che le stavano guastando la vita. Una vita che, invece, era un dono. Così la stava percependo da qualche istante, di fronte alla splendida, lucente Maria Antonietta in quelle condizioni.

- …un uomo?- Maria Antonietta era entusiasta, gli occhi le brillavano commossi, speranzosi, vivi per qualche istante.

- … - Silenzio imbarazzato.

- Oh, allora non può essere che André… vero? Non mi sbaglio?-

Oscar annuì, chinando il viso. Come al solito, Maria Antonietta riusciva a sorprenderla. Ma non era neppure il caso di sorridere.

- Oh, Oscar, come sono contenta! Come sono contenta!- l'entusiasmo disperato di chi si aggrappa alla vita la travolse - Non mi parlate della politica, lo so… ho capito cosa volte dirmi… Vi prego, parlatemi di voi… qui intorno c'è solo morte…- mormorò con una nota di desolazione.

- Lui… era con me, quando sono guarita. E lo è tutt'ora. Io, però, fatico molto… non so…alle volte… non è così semplice.-

- Posso capire. Voi siete cresciuta come un uomo, con l'imperativo dell'onore e con il timore del sentimento. Ma non è debolezza, è forza! Oh, Oscar... Oscar… siete felice? Io… lo spero tanto! - Poi, s'interruppe. - Il generale lo sa?-

- Purtroppo per lui, sì…-

La regina sorrise di nuovo, teneramente, come se ora i ricordi più belli sostituissero il presente. - Vi somigliate molto, alle volte. Ma se vostro padre sapesse quanto è triste l'attesa della morte, correrebbe da voi a braccia aperte. Io me ne rendo conto solo adesso. E so che la prossima volta in cui vedrò la luce sarà per andare a morire. Ma ho i miei ricordi… sembra scontato, ma solo ora la vita mi sembra splendida… Anche se… avete saputo?-

Oscar la guardava, perplessa.

- Mi hanno allontanato dai miei figli… -[2]

Oscar sentì una fitta al cuore. Qualcosa nel suo sguardo mostrò una pena infinita. Maria Antonietta se ne accorse.

- Vi capisco…- Il suo tono era immensamente triste. E immensamente pieno di comprensione.

La regina la guardò. - Oscar, voi… -

Oscar temeva di sapere quale sarebbe stata la domanda. E la temeva.

- … voi avete, ora, dei bambini?-

Non rispose subito. Non c’era solo il suo solito imbarazzo, ma anche un tremendo nodo alla gola, un succedersi ininterrotti di pensieri

- Sì…- articolò. - Uno…-

La regina s'illuminò. Quante sorprese le aveva portato, Oscar…

- Come… come si chiama?- Maria Antonietta sorrise di nuovo.

- Pierre - disse lei, semplicemente.

- Sono certa che gli volete un gran bene. Un bene immenso.-

- … Sì.- sussurrò.

-… Oh, Oscar… dategli una carezza… da parte mia… Dio, quanto vorrei conoscerlo…-Le lacrime ripresero a rigarle le guance.

- Madame…-

La regina si strinse ad Oscar. Il calore di quelle lacrime fu la prima sensazione di tepore, vitale e crudele, che avvertì in quel gelo umido.

Il gendarme si affacciò. - Il tempo…- disse, seccato.

La regina si staccò da Oscar.

- Io… devo dirvi una cosa…- Era tempo di andare. Che crudeltà. Voleva, prima di allontanarsi, che lei sapesse. - Io… ho fatto delle scelte… - era difficile parlare. - ma questo non tocca i miei sentimenti… - doveva dirglielo. - La mia amicizia per voi è quella di allora. - La guardò dritta negli occhi. - Qualsiasi sia la motivazione, nessuna persona dovrebbe essere trattata come stanno trattando voi. E' terribile… ed è triste…-

La regina le prese la mano. - Oscar, voi dovete vivere. Senza sprecare più nessuna occasione. Almeno voi, dovete farlo! - le strinse forte la mano. - Addio, addio, Oscar! Voi oggi mi avete resa felice! - La abbracciò ancora. - Dovete vivere… fatelo per me! -

- Addio… - Non avrebbe mai voluto lasciarla andare. - Io…- Invece si staccò da lei. - … avrei voluto… - le mani si strinsero fra loro, si intrecciarono dolorosamente, tutto un mondo corse in quel gesto.

 

Uscire dalla Conciergierie era come tornare di nuovo alla vita.

Oscar, silenziosissima, ripercorse i suoi passi con un fermento nuovo nel cuore. Quelle parole l'aveva scossa più della visita. L'avevano portata a pensieri che mai si sarebbe immaginata, a considerazioni distanti dalla morte come la terra lo è dalla luna. Camminava meccanicamente. Gettò uno sguardo alla panca vuota. Rosalie era tornata a casa. Lei rimase disorientata, avvolta dal chiarore caldo di un pomeriggio d'inizio autunno.

Si schermò gli occhi con una mano. Si sarebbe fermata lì, in piedi, per ore.

- Oscar…-

Si voltò.

- Oscar… sono qui…- dapprima focalizzò la vista su una mano tesa, poi sull'intera figura che la chiamava. Era André.

Aveva lo sguardo pieno di rispetto e comprensione.

- Hai bisogno di qualcosa?- sussurrò, come per non disturbarla.

Lei accennò un sorriso debole. André…

- Dammi la mano. Per un attimo. E poi… precedimi a casa. Devo stare un po' sola.-

 

 

Continua...

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[1] Io non ho visto il posto né trovato immagini, quindi la scena è pura fantasia… però dal poco che so ho cercato di immaginarmelo tra la Torre della Muda che Dante descrive nel canto del Conte Ugolino e la Torre della Condanna di Berserk. Quindi, molto di fantasia…

[2] Dai disegni suppongo che la Ikeda stessa godendo come un riccio…