Gli anni che verranno  (1790-1791)

Parte I

 

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Parigi, ottobre 1790

 

Rivoletti di pioggia scendevano dai marciapiedi come piccole cascate, vorticavano portando con loro cartacce e torsoli di mela, ribollivano e ondeggiavano tra le pietre della strada e gocce acute torturavano le cupolette d’acqua che si formavano nelle pozzanghere più placide. Si respirava umidità, quell'autunno del 1790, ma due figure avanzavano rapide, con la testa china per schivare le gocce più moleste.

- Sono così felice!! - diceva un uomo, fremente.

Oscar detestava l'aria da furbo e vivace demiurgo che assumeva Bernard in certe circostanze.

- E tu? Dai, perché non rispondi?-

- Penso, Bernard…-

- A cosa? Se posso saperlo, ovviamente…-

Ci fu un attimo di silenzio - A tante cose, Bernard… tante…-

 

Ricordo d'agosto

I profumi leggiadri e fastidiosi. I colori puri e scintillanti della vallata. Le chiazze di fiori - rosse, gialle, lilla- come laghetti di colore sui prati immensi sotto ai suoi occhi. Era stata una parentesi di paradiso…

Seduta sulla collina, guardava assorta quel panorama stupendo, pochi mesi prima. André l'aveva raggiunta in silenzio, lei non si era accorta del suo arrivo o aveva preferito non accorgersene e continuare a pensare.

- Oscar…- le aveva poggiato la mano sulla schiena. Le sua mano calda e dolce. Si era abbassato verso di lei.

- Sì?- si era voltata, aveva incrociato il suo sguardo. Gli occhi non si erano accesi di passione, come le accadeva ogni volta André arrivava al suo fianco con la delicata dolcezza del vento del sud. Erano rimasti immersi nei pensieri, sempre più invischiati e indifferenti.

- E' il caso che io scriva a Bernard, Oscar. E' il momento.-

- Tu lo vuoi, André?-

- Secondo me stavi pensando a Parigi, dove piove sempre e si continua a sparare, a Maria Antonietta, alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo, a tuo padre, a te stessa… un mare in tempesta e con opposte correnti. Un tempo avevi chiesto a Maria Antonietta di mandarti addirittura in marina… Ma ora è il momento di riprendere la nostra… traversata, non credi? E lo faremo insieme. Lo dobbiamo alla sorte: con noi non è stata delicata, ma sicuramente è stata magnanima. Allora, sei pronta mio comandante?- sorrise.

Aveva capito le inquietudini di Oscar, che portavano la sua mente distante, irrequieta, incerta eppure bruciante a scontrarsi contro mille crucci, rimpianti, interrogativi, istinti… Oscar era sana, ormai. Arras non serviva più: il peggio era passato. O, forse, sarebbe ancora dovuto arrivare. Ma insieme sarebbe stato tutto più facile, questo André lo sapeva. Era il loro unico punto fermo.

Difficile, in quel momento, definire lo sguardo di Oscar. Indimenticabile. L'uomo che amava le offriva di nuovo una vita, quella vita che stava per separarli, ucciderli, annientarli. Quella vita che in lei scalpitava. Ma questa volta, insieme al suo uomo, al suo amore. Fu come se tutte le energie della terra, dei fiori, dei profumi d'estate si fossero fuse ed espresse negli occhi di Oscar, nel rossore improvviso delle sue guance, nell'espressione stupita, commossa, entusiasta, grata, impaziente, innamorata… di André, della Francia, della vita… innamorata, viva… Non riusciva a trovare parole, ma gli si gettò tra le braccia. André, che era dietro di lei, cadde sulla schiena e Oscar sopra di lui. Come nei giochi di quando erano bambini, ma con un impeto diverso… d'amore per la vita, con la sete di gioia e la sovrabbondanza d'amore che li univa, che li attraeva l'uno verso l'altra con tutta l'energia di quell'aria piena dei profumi d'agosto.

 

Con le prime piogge di ottobre erano arrivati a Parigi. Oscar, silenziosissima, guardava dalla carrozza quelle strade note e, pur cercando di mantenersi calma, riviveva sulla pelle, nel contempo, gioia e dolore, perché ad ogni angolo era legato un ricordo, di felicità o disperazione, di amici o di nemici, di vittime o carnefici, gesti nobili o abominevoli... O, forse, di entrambe le cose insieme, perché lei aveva conosciuto due mondi e questo la confondeva non poco. La riempiva di interrogativi, voglia di fare, spinte contrastanti… Aveva, per natura, bisogno di punti fermi. Il suo punto fermo, il solo, era André. Mai avrebbe confessato la sua incertezza, la sua preoccupazione e la sua voglia di riprendere quella vita nuova, iniziata la notte del 12 luglio di ormai un anno prima, ma sapeva bene che André conosceva i suoi pensieri, che li capiva dai suoi sguardi e dalle sue frasi laconiche e dure oppure improvvisamente passionali o dolci e malinconiche..

"Parigi. La nostra città… Così cambiata… così cambiati anche noi… seguirò la libertà, lotterò per lei con nuove armi, con la mia vita quotidiana, ma quando ripenserò a Maria Antonietta, ai giorni spensierati passati a Versailles… cosa proverò? Come affronterò quelle sensazioni? La coerenza, l'onestà… fanno soffrire, a volte! Io voglio ancora bene alla Regina per la donna che è, ma non posso più servire la Corona… quindi, in un certo senso, sono tra coloro che vogliono distruggere Maria Antonietta… ma non è così… la Corona di Francia… e mio padre… Lui, ad un tratto così vicino e ora… chissà quanto lontano da me… Padre…Mi avete cresciuto come un uomo, per servire l'aristocrazia. Ho scelto di vivere al fianco dell'uomo che amo, come sua moglie, e tra la gente del popolo. Vicina, a modo mio, alle persone più attive del popolo… padre, chissà cosa penserete, dove sarete…? Credete che sia morta… forse è meglio così, per voi… o forse… André, amatissimo André… come sarò io, per te, al tuo fianco? Riuscirò a farti felice, ad essere felice? Perché non riesco a dirti le parole d'amore che vorrei? Perché riesco solo, adesso, a cercare la tua  mano? Parigi… che strano gioco: si torna indietro per andare avanti… cambiati, per tornare noi stessi…"

Non disse parola, pose la sua mano su quella di André. Non si chiese a cosa lui pensasse. Si limitò a sfioragli fugacemente la mano. André gliela fermò, la strinse forte e le infuse un calore energico, le donò un sorriso pieno di profonda sicurezza e dolce consapevolezza.

Lei sorrise: - Forse dovrei chiederti a cosa pensi…-

- E io dovrei risponderti, Oscar, più o meno a ciò che pensi tu, ma sotto un altro punto di vista…-

- E quale?-

- Per ora, meglio tenerlo per me…-

- Mh, va bene.- Tornò a guardare fuori dal finestrino.

 

Bernard li aveva accolti con tutta l'impulsiva, vivace generosità che aveva rapito il cuore della piccola Rosalie.

Quando erano scesi dalla carrozza, era arrivato eccitatissimo dall'idea di rivedere i suoi amici, avvolgendoli con un fiume di parole entusiaste…

- Ah, la casa… figuratevi se non la trovavo! Ho qualche conoscenza e, soprattutto, non ho perso l'istinto sottile del giornalista, del segugio… sapeste quante ne hanno lasciate vuote… Ci ho lavorato un po', c'è chi mi ha aiutato… tutto a titolo personale… Oscar!! André!! Oh, gran Dio, non ci posso credere!! Sapeste che progetti ho per voi!! Uh, ma Rosalie… beh… è a casa… ma prima che io parta con la mia crociata verbale, è bene che mi ricordi di dire la cosa più importante: Oscar, devo parlare di te ad una persona. Riservatissima, sta’ tranquilla!! Oh, ma vedrai… vedrai… Io sono fiducioso, Oscar!-

Tante parole affettuose, un cielo grigio e il cuore martellante, era ripresa la loro vita a Parigi, in una mattina d'autunno.

 

Robespierre[1]

 

Bernard si  avvicinò ad un piccolo spiazzo nato all'incrocio di tre vicoletti. Come se non bastasse la pioggia, una fontanella gettava più acqua di quanto lo scolo potesse raccoglierne e al centro della pozza c'era una chiazza di fango che pareva muoversi, infastidito e sfrattato da tutta quell'acqua aggiuntiva che il cielo gettava copiosamente. Un palazzetto con la parete slavata e scrostata, imposte di legno scuro accostate e un portoncino che - anni prima- doveva esser stato verde. "Certo che solo Robespierre poteva scegliere un posto simile…" pensava Bernard. "Meno male che Charlotte[2] insiste per farlo trasferire…"

Visto da vicino, Robespierre sembrava un furetto taciturno. Gli occhi castani e rotondi ebbero un guizzo, il naso dolcemente avvallato caratterizzava il suo volto niente affatto bello, ma ben riconoscibile.

Enigmatico, in quel momento, ma disarmante.

- Allora, Bernard, sei venuto a torturarmi con il tuo entusiasmo?-

- Certo, Robespierre. Ma non è a vuoto. Oscar è tornata, sai? Ascolta, io le ho sempre detto che la vorrei tra i nostri cervelli. Lei ragiona bene, anche troppo! Potrebbe esserci davvero utile, vista la sua conoscenza del mondo dei nobili. E poi è una persona molto onesta.-

- Non lo metto in dubbio, Bernard… ma proprio per questo non mi fido. Se da una parte mi piacerebbe conoscerla, capire cosa l'ha portata a certe scelte… dall'altra non posso proprio fidarmi. Proprio perché è onesta, non sarà rimasta in contatto con i suoi vecchi amici aristocratici? E poi… tu sai cosa penso delle donne. Ora ci serve l'apporto di tutti, ma quando bisognerà dare una forma allo Stato, che faremo? Tutti a discutere e nessuno a badare alla nostra educazione?-

- Ma Robespierre!! Non puoi usare i classici schemi per catalogare Oscar…-

Seccato, Robespierre tirò indietro la sedia. - Ascolta, io mi fido di te. So che la libertà e la volontà fanno miracoli, ma non posso quantificarne l'efficienza. Da’ un po' di miei discorsi a Oscar, faglieli leggere, commentare… vedi tu. Insomma, pensa tu a tutto. Sono amici tuoi, d'altronde. Fai, fai… hai la mia piena fiducia, Bernard. In fondo non posso dimenticare ciò che ho visto durante gli Stati generali…-

 

Pioveva, ancora, e Bernard espose con accortezza, smussando certi passaggi, le idee di Robespierre. Praticamente disse solo che Robespierre affidava ad Oscar qualche discorso da analizzare, revisionare, tacendo sulle perplessità che lui aveva esposto.

- Avevo paura che te la prendessi…- mormorò Bernard

- Anche io temevo di dovermela prendere con te, Bernard… Per un attimo mi sono tornate in mente tante cose, ma la logica ha avuto la meglio… Robespierre è un alfiere della libertà…-

- Questo non è del tutto vero…-

- Cioè?-

- I veri alfieri della libertà, Oscar, siete voi… la libertà non è una parola. È un modo di vivere.-

- Lo so. Perché sentenzi? Ti manca il lavoro al giornale?- scherzò, perché era fiera di vivere nella libertà, ma nello steso tempo sentiva una punta di colpa nella propria felicità.

 

Rosalie era molto cambiata. Ora che Bernard era collaboratore di Robespierre, Rosalie doveva curare più il proprio aspetto ed era diventata  una donna affascinante, semplice e accorta. Aveva imparato a controllare le lacrime e, pur di aiutare Bernard, ad usarle. Gli era sempre accanto, presente come moglie, come collaboratrice, come amica.

Quando, però, aveva visto arrivare Oscar era scoppiata a piangere. Oscar e André si erano guardati, lui si s'era stretto nelle spalle come per dirle "che ti aspettavi?"

In realtà, tra Rosalie e Oscar era calato un velo palpabile di imbarazzo. Per Oscar era normale rivolgersi in maniera "paterna" alla sua "piccola Rosalie", mentre Rosalie faticava a non chiamarla "madamigella"… e come dimenticare ciò che Oscar era stata per lei? Le loro situazioni si erano capovolte… l'androgina Oscar sposata con André, la sua madamigella, il suo principe azzurro era come lei, cittadina come lei… era veramente un qualcosa di rivoluzionario, ma anche di così… imbarazzante!

- Allora…- Bernard si sedette a tavola, una tavola che Rosalie, pensosa e silenziosa, aveva apparecchiato con piatti caldi e fumanti.

- … allora, Bernard, vogliamo essere un po' più concreti?- Oscar inclinò la testa verso André, che pur restando in silenzio, aveva un 'aria più risoluta del solito. Oscar capì che in lui qualcosa stava cambiando, che una parte nascosta, sopita di lui stava crescendo… ma quanti volti ha un uomo? Quante cose di André non aveva mai considerato?

- Allora, amici, a poche centinaia di metri da qui troverete una casa. E, se vorrete, un lavoro. La casa fu abbandonata durante un cannoneggiamento e io mi sono permesso di contattare qualche soldato della Guardia per sistemarla. Dato che molta servitù è scappata, si è unita a noi, ho potuto prelevare qualcosa degli effetti personali di Oscar. Poca roba, ma meglio di niente. Non sarò delicato, ma mi sembra giusto dirlo: il generale non ha più aperto la tua stanza, è sicuro che tu sia morta, Oscar…-

Oscar sospirò, ma non volle fermarsi a pensare. Non in quel momento. In compenso posò la forchetta nel piatto e non mangiò nulla.

André, invece, picchiettava nervosamente le dita su un tovagliolo. Rosalie lo squadrava di sottecchi: aveva mai fatto quel gesto? Oh, l'aveva visto picchiare il muro di nascosto, per la rabbia… ma sempre in modo che nessuno se ne accorgesse.

- Bernard, come credi che abbiamo vissuto ad Arras? Tu ci hai voluto trovare una casa, un lavoro, ma come credi che abbiamo vissuto? Io ho lavorato alla locanda. Me la cavo. A causa della vista, invece, le riparazioni non le posso fare più. Ma sono molto bravo a tenere i bambini, ad insegnare, come anche lei.- accennò ad Oscar. - E Oscar sa fare fronte a ogni tipo di piccola ferita, perché una steccatura alla gamba le sembra nulla in confronto alle ferite da cannone…-

- Insomma, noi sappiamo cavarcela perfettamente da soli.- aggiunse Oscar, laconicamente.

Rosalie guardò Oscar, le scrutò gli occhi. Cosa le passava per la mente, in quel momento? Era disorientata, molto. Aveva dei desideri che confliggevano con i suoi principi. Avrebbe voluto aiutare lo Stato come un tempo, ma non poteva più farlo, doveva trovare un'altra via. E poi aveva notato un’ombra nei suoi occhi, quando Bernard aveva accennato al padre. In quegli anni Rosalie aveva imparato ad usare il suo silenzio, a scrutare le reazioni degli interlocutori di Bernard: aveva avuto per commensali fin troppi ragazzi infatuati della Rivoluzione: ogni gesto, smorfia, frase che captava , tra una portata e un convenevole, erano importanti. Ormai non le sfuggiva nulla.

- Oscar, André… forse non mi sono spiegato bene. Rosalie ed io siamo in debito con voi. Abbiamo un debito di vita… Nessuno vi obbligherà a nulla, nessuno vi bollerà in alcuna maniera… ma voi avete aiutato entrambi. Nel mio caso - e forse nel caso di Rosalie - ci avete salvato la vita. Permettete che ora cerchiamo noi di darvi una mano… Voi… - Bernard non sapeva più che dire. Più cercava di spiegare razionalmente le sue idee, più affondava nella palude dei pensieri poco chiari.

André mangiava indisturbato, come se sapesse bene cosa desiderare, come se - in fondo - avesse già preso le decisioni più importanti.

Rosalie ruppe il suo mutismo, anche se la commozione di rivedere dopo tanto tempo i suoi amatissimi amici le torturava gli occhi: avrebbe tanto voluto piangere di felicità.

- Oscar, André… Bernard è un po' sciocco! Sta tentando di esprimere in modo logico delle idee, delle decisioni che invece sono nate illogiche. Ci sono nate dal cuore… perché vi vogliamo bene, perché siamo esseri umani liberi e uguali… Oh, io posso solo pallidamente immaginare cosa pensate, ma so per certo alcune cose… tornare di nuovo a Parigi è stata un scelta coraggiosa, sofferta ma desiderata. Poche persone l'avrebbero fatto: chi può scappa. Voi amate la Francia, ma siete anche a rischio… lo sapete che clima d'odio c'è contro i nobili? A poco conta la rinuncia al titolo, ma… Oscar! Io li vedo tutti i giorni, mangiano alla mia tavola... ci sono giovani feroci, che di tutto ciò che noi provammo il 14 luglio ricordano solo l'odio. Sono focosi, impulsivi, sicuri… ora contano poco, perché un ordinamento c'è ancora, ma se un giorno la rivoluzione dovesse toccare il suo massimo… io sento che faranno carriera! Però non voglio privare le persone che più amo della possibilità di lottare per la Francia. Noi abbiamo pensato che voi vogliate servirla, ma senza fucili, in maniera utile. E senza quella vena di esibizionismo che tanto colleghi di Bernard hanno… e che mi spaventa tanto…. Uno Stato nascente ha bisogno di tutto e di tutti. Ci sono tante cose da organizzare. Bernard è il tipo da prima linea, ma cambierà… Si dice sempre che non c'è stato senza cittadini, ed è vero… insomma, ci sarebbe un ufficio vuoto, che deve essere attivato. Potreste iniziare da lì: sarebbe una buona copertura, una prima fonte di reddito e… ogni piccolo gesto fa la differenza, per la Francia. Credetemi, Oscar, è importante per il bene dello Stato, ma nello stesso tempo vi eviterà di scontrarvi troppo presto col passato… Io sono certa - ma non lo dirò più, per la vostra incolumità - che voi ricordate ancora con affetto la… tante persone del vostro passato… So che non volete tradire i vostri sentimenti, il vostro passato, ma che provate altrettanto amore per la patria e per And… Ecco, così avreste salva la vita, l'indipendenza, e potreste lottare con la Francia senza tradire i vostri sentimenti più  profondi… Oh, scusatemi se ho parlato tanto…- Rosalie scoppiò a piangere.

Oscar sorrise.

- Bernard, dovresti imparare da tua moglie ogni tanto. Se togli le esclamazioni e le lacrime, lei è una giornalista molto più chiara di te…-

- In effetti, Bernard-, fu André a parlare, - avevo intuito quello a cui pensavi. Ma preferivo aspettare. Io credo che in un esercito, se tutti comandano, non c'è chi combatte. Senza i soldati, l'esercito non marcia anche se ha i migliori comandanti. Io, per natura, non mi sono mai sentito un comandante. Preferisco i piccoli fatti quotidiani alle chiacchiere. Sono un uomo del popolo, e voglio la concretezza. Ma su questa mia metafora militare, bisogna vedere cosa ne pensa Oscar…-

- Io…-, sospirò lei, tra l 'angosciato e il sollevato, - io penso di essere d'accordo. Di accettare. Penso che… no, penso troppe cose. E' inutile dirle tutte. Ho bisogno di dormire. Buio… riposo…ma solo fino a domani…ho bisogno di…- del suo unico punto fermo, del solo sentimento che, in quei mesi, si era chiarito nella sua vita. - André, andiamo a casa…-

- Va bene, Oscar. Ci vediamo domani, Bernard, Rosalie…- uscirono.

Bernard, un po' scornato, restò seduto al tavolo con i pugni puntati sugli zigomi.

- Amore, che cos'hai?-

- Rosalie! "Bernard è un po' sciocco"… "le persone che più amo"…. ma Rosalie?? Alle volte… mi stupisci!-

 

Finalmente soli

 

- Le stelle… Sono più fioche, qui a Parigi… E' colpa dell'umidità della Senna.-

- Beata te che le vedi…- disse André, mettendole una mano sulla spalla e pensando che, in fondo, tutte le stelle dell'universo lui le poteva vedere negli occhi di Oscar.

- Parigi, André… Parigi…-

- Sì, Oscar…-

- Non ti ho chiesto che cosa pensavi, mentre venivamo qui. O meglio, tu non hai voluto dirmelo…-

- E scommetto che lo vuoi sapere…-

- Se non ti secca…-

- Mh, in realtà sei pronta ad ordinarmelo. Ma io non ti farò raggiungere quel punto, Oscar… Io pensavo alla vita che riprende. Arras è stata una parentesi di paradiso, ma è stata anche una parentesi illusoria, capisci? Pensavo che… noi… ad Arras era diverso, Oscar. Eravamo due amanti sfortunati e coraggiosi. Ora siamo una coppia che si ama, in un mondo concreto, fatto di meschinità e conquiste quotidiane. Io so che tu, ormai, ti sei abituata a stare con me… ma voglio cambiare un po'. Ne sento il bisogno… Non voglio essere solo la tua ombra: finirei per essere il tuo attendente in forma diversa. Un prolungamento di te: e così in realtà saresti da sola. E così non saremmo una coppia, l'unione di due spiriti diversi… Io voglio essere qualcosa di più, voglio essere tuo marito, il tuo compagno…-

- Ma lo sei, André…-

- Anche quando la vita ci metterà alla prova, ti toglierà dei diritti, un cognome? Quando mi farò avanti io a gridare le nostre ragioni, per proteggere te, che come ex-nobile sei più a rischio di me? Allora con chi te la prenderai, Oscar? Penserai che sto prevaricando la tua personalità o che la vita di Parigi, la vita di questa città di matti che tanto amiamo , è diversa da quella di Arras?-

Oscar rimase un attimo in silenzio. André aveva una scomoda ragione: molte cose sarebbero cambiate intorno a loro, a Parigi. Il rischio di venire riconosciuti, di andare contro ai propri principi, le difficoltà quotidiane in una città sempre pronta ad una guerra, capace di alzare la testa con fierezza quando meno te lo aspetti… le scelte concrete, importanti, da fare in due… l'aiuto reciproco, nelle situazioni più drammatiche e ridicole.

Ad Arras si combatteva per la vita, era una battaglia quasi eroica, pura, totalizzante e incosciente. E solo ora si rendevano conto di quanto avessero rischiato. Di cosa, realmente, avessero vissuto.

- André, André… tu dici sempre cose molto sagge. Anzi, mi fa piacere che tu abbia iniziato a dirle con aria più ferma. Insomma, il contatto con la caserma ti ha fatto bene! Ha tirato fuori una parte di te che non conoscevo con questa chiarezza.-

- Ti piace o la detesti?- André si era quasi preoccupato.

- Mah- Oscar ci pensò un attimo. Poi, con un sorriso tagliente - Mi piace. Mi piace sentire parole virili dalla bocca di un uomo e non dalla mia!-

- E' una stoccata?-

- Quella? No…- gli dette un bacio, parandoglisi davanti al punto di intralciargli il cammino. - Questa sì…-

André non riuscì, quella volta, a dire parole. Il vento umido aveva squarciato le nuvole e quelle tante stelle che Oscar decantava, accompagnate dalla luce fioca e delicata di un quarto di luna, illuminavano con una nebbiolina vacua e argentea la strada.

- Sai, André… noi Jarjayes… che sciocchi che siamo! Sono cresciuta con le gesta eroiche di grandi guerrieri, partendo dal pelide Achille per arrivare a Scipione e poi a Carlo Magno e Carlo V… e poi gli avi dei Jarjayes: tutti guerrieri senza macchia, tutti presi dalla loro missione sacra… Eppure, André, ho l'impressione che i veri guerrieri siamo noi!-

- In guardia, allora. Siamo arrivati!-

 

 

Continua...

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[1] Del Robespierre di queste pagine sono grata ad Alessandra, che ne ha detto - in pratica- peste e corna, equilibrando una mia precedente visione, troppo da studentessa…. Hai capito, ora, a cosa mi serviva la cartina? Mii, so tenere i segreti!

[2] Charlotte era la sorella minore di Robespierre, solitamente presentata come una sorta di Santippe rompiscatole. (Non c'è mai rispetto per noi sorelle, si spara sempre sulla croce rossa.) Secondo un testo fece trasferire il fratello in Rue Saint Florentin, secondo un altro in Rue Saint Honorè. Siccome la verità (è là fuori?) sta nel mezzo, ho evitato di indicarla…