Alain

parte III

 

Warning!!! The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.

L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.

 

Scena 3

Nelle camerate si chiacchierava fitto, ci si scaldava come per una scommessa, si inseguivano voci febbrili, arrabbiate ed eccitate. Alain era seduto sul suo letto, un soldato esponeva con foga i suoi pensieri.

- Alain, noi ti consideriamo il nostro capo: dicci cosa dobbiamo pensare! Pare che il nuovo comandante sia una donna… Io non prendo ordini neppure da mia madre… Ci ha sconfitti in duello e non ci ha neppure punito! Non ci capiamo più nulla!-

- Se è una donna o meno, a me non interessa.- Alain teneva gli occhi socchiusi, con aria furbescamente disinteressata. – Se bisogna spogliare il comandante, invece che obbedirgli, allora mi pongo il problema. Ma visto che gli ordini li dà vestito, per me è irrilevante cosa sia. Mi basta non sia un somaro. Finché sa fare il suo mestiere, finché merita la divisa, a noi sta bene… Se sbaglierà, allora ci preoccuperemo di farlo, o farla, andare via... –

- Ma c’è di peggio, Alain… Dicono che abbia una spia… Ecco…- il soldato si guardò intorno. La potenziale spia non c’era e bisbigliò tutto ciò che sapeva all’orecchio di Alain.

Lui, sfacciatamente, si pulì l’orecchio. – Un soldato non alita nelle orecchie dei commilitoni più anziani! Che sei? Una donzelletta, per bisbigliarmi nell’orecchio?-

- Scusa capo…-

- Aver paura di certe cose!… Sciocco, me ne occuperò io. Ci manca solo la spia…- Scosse la testa con disapprovazione. - Tranquillo…-

- Ti ringrazio!- il soldato più giovane se ne andò.

Alain si coricò, il suo sguardo era preoccupato. Ma, provvidenzialmente, quella notte aveva il turno di guardia proprio con il soldato sospetto. Con il suo amico André.

 

Notte fonda

- Vieni qui, siediti, tanto non succederà nulla. – Alain invitò André a sedersi.

- E se invece succedesse qualcosa?-

- Ah, al massimo qualche lite per un po’ di vino. Siediti tranquillo, figlio di un falegname…- Alain pronunciò in tono sprezzante quelle parole con aria volutamente provocatoria, sguardo furbescamente sornione e indagatore. – Senti un po’, dato che sei un mezzo falegname, andrai d’accordo pure con Testa di legno?[1] Con D’Agout, intendo… sembri fatto apposta per andare d’accordo con le teste dure e ricche.-

- Eh?!- André scattò indietro, colpito da quella frase così improvvisa e allusiva.

- Ti fanno impressione queste osservazioni? Strano, per essere un uomo del popolo allora sei vissuto sotto una campana di vetro fino ad oggi…-

- Alain… il fatto è che io…-

- Ascolta, André…- Alain chiuse gli occhi e si stiracchiò. – Non mi piace chi si fa i fatti degli altri. E te lo dico sinceramente, perché detesto chi si vuol fare i fatti miei… però stai attento. C’è chi ti crede una spia. A me non sembri una spia: ti ho tenuto sott’occhio. Voglio fidarmi, anche se tu non vuoi dirmi la verità. Però sta’ attento, molto attento. - Alain riaprì gli occhi e guardò il cielo nero della notte, punto dalle luci fredde e tremanti delle stelle lontane. Sospirò.

- Io non ho niente da nascondere, Alain. - Replicò André, imponendosi di restare calmo e sedendosi anche lui. Ci fu un lungo silenzio. André pensava alla sua situazione, pensava alle parole di Alain, così dure, ma in fondo così schiette. Disinteressate.

- … senti, André, la pianteresti di guardarmi? Piuttosto che essere guardato così, meglio essere nudo come un verme! - esplose, all’improvviso, Alain.

- Ma che dici? Come vuoi che ti stia guardando?-

- Come?! Tu… sei inquietante! Sembra che tu mi stia guardando dentro. E a me non piace.-

- Scusa. - André chinò il capo.- Non lo faccio apposta. Non era mia intenzione darti questa impressione…-

Non era certo il linguaggio di un popolano qualunque, pensò Alain. Non il comportamento, non la sensibilità.

- A proposito di sguardi… ho visto, sai, come ti ha guardato il comandante quando è arrivato…-

André non rispose, ma continuò a fissare Alain. Ad apprezzarne la spudorata, a tratti disperata, sincerità.

-… volevo dire: ti ha guardato come se volesse prenderti per il collo. Chissà per fare cosa, poi. L’ipotesi migliore sarebbe per baciarti. – Alain strappò un filo delle erba che cresceva tra i le pietre scure della pavimentazione, iniziò a mordicchiarla.

Ad André venne da ridere. – Credo che sia proprio l’ipotesi da scartare…-

Alain assentì, come se intuisse qualcosa. – Comunque il tuo sguardo continua a non piacermi, per due motivi. Il primo è che pare tu veda dentro le persone. Il secondo è… ma come diamine ti sei procurato quella ferita?-

- Quale?- André rimase un attimo perplesso. – Alludi all’occhio?- Non ci pensava quasi più, eccetto quando aveva fastidi forti, perché quando bisogna convivere ogni giorno, ogni ora, con una menomazione, ci si fa l’abitudine e istintivamente nascono mille maniere per compensarla.

- Già… gran brutta ferita. Sta’ attento, amico.-

André preferì non rispondere, stese la schiena contro il muro e iniziò a fischiettare. Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalla melodia che gli era venuta in mente, che modulava con il respiro e che era, per lui, carica di ricordi. Gli sembrava, in quel momento, di rivedere Oscar tanti anni prima. Più felice lei, più felice lui. Forse anche più incoscienti, più ingenui… Ora, invece… E poi ripensava alle melodie suadenti, allegramente ingannatrici che aveva udito a Versailles, riascoltate – più sofferte, più profonde- dal pianoforte di Oscar… d’istinto, sopraffatto dai ricordi, gli scese una lacrima. Fu il sentire quella goccia cadere, pesante, a troncargli il respiro, ad interrompere la sua musica. André si guardò intorno allarmato.

Alain, silenziosissimo, lo fissava stupito e pareva trattenere il respiro.

- Scusa…- disse André. – Dammi qualcosa da bere. Di forte, se ce l’hai. -

- Io ho sempre tutto. - replicò Alain con voce diversa. Gli porse una borraccia.

André bevve mentre Alain lo scrutava. Certe musiche un uomo del popolo non le conosce. La musica non commuove chi consce solo la fame. Non aveva mai creduto che André fosse davvero un qualunque popolano, ma chi fosse davvero non gli interessava più. Doveva avere un peso immenso nel cuore, e la forza per accettarlo e sopportarlo, per conviverci senza fuggirne… la forza di andare avanti e non concedersi più che una lacrima. Una lacrima del cuore. Era anche sensibile, quel figlio di un falegname.

- Caspita, te la cavi con la musica, André. Mi hai colpito. Davvero. Tuo, quindi, padre è un pifferaio? Semmai usi la musica per trasmettere messaggi segreti, da perfetta spia…- Alain rise, rise anche André, ma in maniera più raccolta, più rilassata. Aveva avuto paura di esser stato scoperto e, invece, Alain doveva aver intuito, ma non ce l’aveva con lui. Poteva stare più tranquillo.

- Non ho mai suonato uno strumento,- disse André, – ma conosco le musiche che…-

- … sentivi? Sarà il caso che ti insegni io qualche canzone degna del nostro reggimento! - scherzò Alain. – Sai, mica tutti sono come me! C’è chi al solo nome di Bach ti romperebbe le ossa…-

“Bach?“ Pensò André. “Come ha fatto a capire che quella storpiatissima melodia era Bach? La partitura preferita di Oscar… Allora, lui…”

“Quando ero piccolo, in casa c’era sempre chi fischiettava Bach… credevo di non ricordarmelo più. Invece, quando l’ho sentito… E comunque il figlio di un falegname non conosce Bach!” Anche Alain lo scrutava, lo esaminava. Ne registrava ogni minuscolo cambiamento d’espressione: aveva imparato a fare così quando scommetteva soldi giocando a carte, ma anche André- che non gli sembrava il tipo adatto a certi giochi- aveva un dono simile. Alain non lo sapeva, ma passare anni a Versailles, in silenzio, guardando la vita scorrere sotto i propri occhi senza avere il diritto di viverla, era come studiare, assistere mille volte ad una rappresentazione teatrale: ogni espressione, ogni tono di voce poteva essere analizzato, sezionato, interpretato.

- Resta il fatto che non sono una spia, Alain. E che tu conosci Bach. – replicò, infine, André.

- Non sarai una spia, ma Bach lo conosci anche tu!- Alain chiuse la partita, si calò il cappello sugli occhi e si sforzò di fare un breve sonno.

 

 

Continua...

Mail to sonia_78@virgilio.it

Back to the Mainpage

Back to the Fanfic's Mainpage

[1] Nell’anime Alain lo chiama così. Però non nel manga, dal quale ho tratto il nome del colonnello, che nell’anime è diverso.