Alain
parte I
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Nota:
L'Alain
di questa storia è un ibrido tra quello del manga e quello dell'anime. Mi sono
permessa la libertà di andare a immaginare da dove nasce il carattere di Alain,
le sue luci e –soprattutto- le sue ombre. L’idea è nata mentre pedalavo in
bicicletta. Oscar e André non sono molto presenti, per ovvi motivi, e non c’è
neppure tanta speranza tra queste righe.
Scena
1
Era
un uomo molto alto, con le sopracciglia scure e gli occhi buoni. Questo, più o
meno, Alain avrebbe sempre ricordato di suo padre.
Quando
era piccolo abitava in un palazzo grazioso, in una zona bene di Parigi. La sua
famiglia era decaduta da tempo, ma con qualche sacrificio il padre era riuscito
a mantenere la terra che avevano in riva al mare e l'appartamento. Quando era
nato Alain, il padre aveva diviso la casa, per affittarne la metà ad un lontano
conoscente. Un uomo il cui nome non significava nulla per Alain e per il padre,
ma i reciproci antenati avevano una lunga contesa alle spalle. Questioni banali,
legate ai campi, ai confini.[1]
Così, all’inizio del secolo corrente, era nata quella disputa tra le
famiglie. E al padre di Alain quell'affitto sembrava una buona occasione per
fare pace, per troncare quella storia di paese che continuava a suon di dispetti
e pettegolezzi. Dicevano sempre che i de Soisson erano egoisti ed avidi, e per
questo vivevano in ristrettezza. Ovviamente non era vero, ma la gente di paese
riempiva le serate con le chiacchiere.
Tornando
al tempo recente, il padre di Alain affittò metà casa proprio all'erede della
famiglia "avversaria".
Lui
continuava a guardarlo con il fumo negli occhi, anche quando gli sorrideva con
cortesia.
Alain
amava molto il padre. Perché lo portava a fare lunghe passeggiate, gli
raccontava della loro casata, della loro discesa "giù, sempre più giù… ma così siamo più vicini ai
fiori." E poi gli parlava dei fiori selvatici che crescono vicino al
mare, degli alberi da frutto, del ciclo della natura di cui anche loro erano
parte. "Un giorno, Alain, prenderai
il mio posto. Ma devi sempre ricordare che noi dobbiamo esser umili e forti come
i fiori che crescono sulle dune."
Alain adorava ascoltarlo, e più gli anni passavano e più gli somigliava fisicamente. Faceva fatica a trovare vestiti smessi adatti alla sua età, perché era più alto della media. Era socievole, allegro, un po' scavezzacollo. Si dimenticava sempre di premettere il "de" al suo cognome, tanto gli pareva poco importante.
L'appartamento
in cui vivevano era ancora piuttosto ampio, elegante, ma mostrava i segni
implacabili della decadenza. Come i fiori al morire dell'estate. Le tende erano
ricucite, la paglia delle sedie era macchiata e qualche crepa si apriva sui
soffitti, che un tempo dovevano essere decorati, perché nella sua stanza Alain
vedeva come un'ombra d'azzurro, quasi cancellato, scalfito…
Poi
nacque Diane. Quando il padre di Alain la vide, prese il figlio per mano e
gliela mostrò "Vedi, questa è la
tua sorellina. Avete lo stesso sangue perché siete due fiori sbocciati dalla
stessa radice. Ma tu devi proteggerla, perché sei spuntato prima e quindi sei
un fiore più forte"
Fu
allora che il padre di Alain decise di vendere tutto l'appartamento al vicino.
Quello, però, era ancora pieno di rancore, invidioso, pensava chissà che
ricchezze nascondessero i Soisson, con la loro aria felice. Le trattative
andarono avanti, ma il padre di Alain odiava parlare di soldi. Non gli sembrava
di essere esoso e non tollerava che il vicino lo trattasse male. Soprattutto che
dicesse male dei suoi figli.
Alain
non dimenticò mai quel giorno: la madre gli aveva chiesto di andare a chiamare
il padre, che era stato fermato sotto al portone con il vicino. Si sentivano le
urla dalla finestra. Alain corse per le scale, precipitandosi come riescono solo
i bambini o le persone spaventate.
Il
vicino faceva la voce grossa. Cosa dicesse, Alain non lo sapeva. O meglio, non
lo capiva. Erano parole senza un senso, per lui. Si attaccò ai pantaloni del
padre, li tirò lievemente per richiamare la sua attenzione, ma il padre era
furioso, adirato in un modo che lui non aveva mai visto. Il vicino gli tirò un
pugno. Alain vide il padre cadere. Si rialzò subito, grande di mole com'era
sembrava capace di mangiare il nemico, di ruggire. Alain guardava, paralizzato,
la scena, mentre gli inquilini scendevano e assistevano senza intervenire.
Neppure quando il vicino tirò fuori un coltello e colpì. -
Avete visto quel gigante!? Mi si stava avventando contro!- urlava, mentre,
lento, ritraeva l'arma, grondante di sangue - lento come la reazione del padre
di Alain-. Che barcollò, avanzò per qualche passo, come se fosse confuso, come
chiedendosi cosa fare. Poi cadde a terra, scivolando piano sulle ginocchia, e
non si rialzò.
Alain
aveva dieci anni, si divertiva a leggere e scrivere un po'.
Da
quel giorno la sua vita cambiò. Davanti alle lacrime della madre,
all'indifferenza degli inquilini del palazzo, lui divenne taciturno. Poi iniziò
a tirare calci alle sedie. I Soisson se ne andarono dall'appartamento,
vendettero anche i mobili, e si trasferirono in una zona povera di Parigi.
La
madre di Alain non stava bene. Per quanto si sforzasse di fare fronte alla sua
tragedia, ogni tanto sembrava perdere la ragione, si sedeva dove capitava e
piangeva, piangeva… Alle volte non aveva la forza di andare a lavorare. Poi la
licenziarono. " Ha qualcosa che non va" dissero. Per la madre il colpo
fu ancora più duro.
Alain
ripensava al suo compito, ora il fiore più forte era lui… Doveva trovare il
modo per sopravvivere, e doveva proteggere Diane. Perché avevano lo stesso
sangue, erano due fiori nati dalla stessa radice.
Nel
quartiere dove vivevano c'erano sempre sporco e puzza, i monelli correvano
scalmanati per le strade. Adoravano Alain, perché era il più robusto di tutti.
E, ben presto, divenne il più selvaggio. Poteva permetterselo, era un gioco per
lui correre e scavalcare muretti, rotolarsi a terra per fuggire e svanire nei
vicoli. Non si potevano rubare solo le caramelle, in quel modo. Anche le oche,
ad esempio… la madre scuoteva il capo. Diceva "Così non va, Alain…
figliolo mio, così non va…" e gli medicava i tagli, le escoriazioni che
si procurava sempre.
Ma
Alain amava molto la piccola Diane, con lei diventava tenerissimo, quasi
innamorato e le raccontava la storia della famiglia "de" Soisson, come
se fosse la storia di un fiore, anche se lui iniziava a non crederci più… Però,
per vedere i begli occhi della sorella brillare, aggiungeva un finale inventato
da lui. "Ora i fiori devono sbocciare
di nuovo, e stare nell'aria buona. Quando ti sposerai, io riparerò per te quel
che resta della nostra casa sul mare, e ci vivrai con tuo marito, in mezzo a
tanti fiori!" Diane cresceva felice, e dava una mano come poteva.
La
madre non aveva la forza di insegnarle a leggere - piangeva, piangeva sempre…
il suo sguardo toglieva la voglia di vivere…- e Alain le spiegò quel poco che
era riuscito ad imparare.
E ripeteva sempre a Diane di non farsi mai maltrattare, che lui l'avrebbe protetta da ogni male, che doveva cercare la felicità perché loro due erano due fiori nati dalla stessa radice.
Alain
non ci stava a farsi definire delinquente, allora riprese a leggere un po', ma
doveva anche lavorare. La madre, rinfrancata, riusciva a cucire. Diane, seduta
accanto a lei.
Alain
iniziò ad andare a bottega dai fabbri, che lo prendevano volentieri e
volentieri lo licenziavano. Dicevano che era un attaccabrighe. Lui, in realtà,
non amava molto parlare. Soprattutto, non amava si parlasse della sorella. Diane
doveva vedere solo fiori e mare, non le bettole in cui Alain riusciva a
guadagnare di più, scommettendo davanti un bersaglio per il lancio dei
coltelli.
Poi
gli successe una cosa pazzesca:
fastidio alla gola, e per qualche notte, un prurito fastidioso sul petto. Una
mattina - quando quella tortura sembrava finita - notò alcune bollicine
traslucide da cui stavano per spuntare piccoli peli. Anche la sua voce stava
cambiando… Prese a sentirsi smarrito, confuso. Evitava di parlare e si
abbottonava la camicia fino al collo anche quando faceva caldo, ma poi la madre
se ne accorse e gli fece notare che, semplicemente, stava diventando un uomo,
come il padre. Gli dette un fazzoletto rosso da tenere intorno al collo, se
proprio aveva bisogno di una rassicurazione, per proteggere quella nuova voce
tanto simile a quella del padre. Lui ne fu fiero. Sarebbe diventato più forte e
avrebbe potuto aiutare meglio la madre e la sorella, avere il rispetto per sé e
per loro.
Smise
di abbottonarsi la camicia, e iniziò a fare lavori ancora più pesanti.
Scaricava merci che arrivavano tramite barche dalla Senna. Le ragazze lo
guardavano con le guance pudicamente rosse e gli occhi sfacciatamente espliciti.
Alain era l'idolo dei suoi amici, per il suo modo di fare rumoroso, per la sua
sfacciataggine, ma anche per la sua lealtà. Non sopportava che le persone
dall’animo buono soffrissero, che qualcuno ne parlasse male. Perché, come suo
padre, era di animo buono. Così facendo, si fece dei nemici, e le zuffe si
fecero frequenti.
Finché
le ragazze rivolgevano a lui quegli sguardi ambigui tutto andava bene, ma poi
notò che anche Diane aveva un problema. La vide controllarsi, infastidita, il
petto… Anche lei stava diventando adulta. In breve tempo le sbocciò il seno.
I fianchi le divennero tondi. La magrissima Diane divenne una splendida ragazza
e Alain si scoprì geloso. Guai a chi faceva commenti, guai chi le mancava di
rispetto. E, per questo motivo, faceva a botte sempre più spesso.
-
Sei troppo impulsivo, Alain, e incostante. Agisci a fin di bene, ma con
modi sbagliati. Per questo litighi spesso, e spesso ti licenziano. Avresti
bisogno di disciplina…- gli disse Diane, davanti al fuoco. Quelle parole lo
infastidirono, perché Diane aveva ragione.
Tirava
sassi all'acqua della Senna, e rideva dei soldati che passavano in fila,
silenziosi. Però, intanto, pensava. Forse Diane aveva ragione, aveva bisogno di
disciplina, di una guida forte. Da quando aveva sei anni, la guida era stato
lui. E aveva bisogno anche di soldi. Decise di arruolarsi. I suoi amici risero,
perché come soldato non ce lo vedevano proprio.
E
Alain li sfidò - Scommettete che faccio strada? Vi concedo uno sguardo a Diane
ciascuno, sotto la mia supervisione, se non faccio strada…-
Strada
ne fece perché era pieno di energia e di forza fisica, ma la disciplina e una
guida, quelli non li trovava. I suoi capi erano uno più ipocrita dell'altro,
pronti solo a dare comandi e a infischiarsene dei soldati semplici. Che Alain,
invece, cercava di proteggere: erano ragazzi come lui, con storie simili o ben
peggiori della sua. Loro lo adoravano.
Spesso
Diane veniva a portargli le maglie pulite, qualche dolce, a parlare con lui che
le mancava tanto. Era sempre più bella, e i soldati le indirizzavano parole
ammirate, esclamazioni. Lei scappava via, timida e sorridente. Come un fiore. Un
giorno il comandante la bloccò per un polso, la spinse contro il muro e iniziò
ad alzarle le vesti. Alain si trovò sulla porta, come se avesse presentito che
qualcosa non andava… d'altronde lui e Diane erano due fiori di una sola
radice.
Si
scagliò sul comandante, lo gettò a terra e lo prese a pugni. Quanti gliene
diede non avrebbe saputo dirlo. Seppe solo che gli aveva rotto la mascella, che
rischiava l'esecuzione perché il comandante era un nobile potente. Poi, se la
cavò: pur di non ammettere ciò che aveva fatto, il comandante aveva inventato
una scusa e si era limitato a degradare Alain a soldato semplice.
-
Meglio per me, almeno sto tra la gente che mi è simpatica…- disse a
Diane - Ma per un po' di tempo, non venire qui. Alla licenza, tornerò io a
casa, va bene?-
E
così fu, per un anno, un anno e mezzo. Alain era considerato il capo indiscusso
di un bel gruppo di soldati, le sue maniere si erano ancor più irruvidite, ma
spesso si sentiva spaesato, solo, come un fiore stremato dal vento. Si sarebbe
voluto piegare. Per far fronte a quei momenti, cantava. Beveva e cantava, con
gli amici. La cosa migliore per non pensare… Però continuava sentire, in sé,
come il bisogno di proteggere gli altri di fronte al dolore, alla fragilità…
c'erano persone che gli sembrava di capire con uno sguardo. In fondo lui stesso
aveva bisogno di essere capito, di essere - ogni tanto – consigliato.
Finché,
una sera, gli capitò di incrociare lo sguardo triste di un giovane, vestito
modestamente, ma dignitoso. Si sentì incuriosito, attratto… come se in quello
sguardo ci fosse un mondo, un mondo che lui poteva capire. Così, sul momento.
Non gli chiese perché avesse perduto un occhio, anche se lo notò subito, né
perché si ubriacasse tanto, cosa che il giovane faceva.
Iniziarono
a parlare. Poco, ma bastava per capirsi, per avvertirsi. Fino ad un punto, in
cui Alain incontrò una forte censura, un muro innalzato da André stesso. Un
dolore troppo forte, un segreto folle…
Proprio
in quel periodo accaddero due eventi concatenati: André si volle arruolare -
con una foga sospetta- e cambiarono comandante.
Oscar
François de Jarjayes. Un aristocratico di un casato fedele alla corona. Anzi, ancora peggio,
qualcuno diceva fosse perfino una
donna! Alain la odiò per il solo fatto che respirasse, ma nello stesso tempo ne
fu attratto ed incuriosito.
Continua...
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sonia_78@virgilio.it
[1] Idea venuta in bicicletta , pensando a “La chimera” di S. Vassalli.