Senza Ricordi
Parte I
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Quella
mattina André si era alzato con un mal di testa tremendo; sicuramente la
conseguenza della memorabile sbronza che aveva preso la sera precedente assieme
ad Alain, in una taverna di Parigi. Non ricordava nemmeno come fosse riuscito a
giungere nella sua stanza, lì a Palazzo Jarjayes. Quella precedente era stata
la prima serata di libera uscita per i soldati della Guardia, dopo moltissimo
tempo: la situazione a Parigi, ma anche in tutto il resto della Francia, si
stava facendo sempre più difficile. La convocazione degli Stati generali aveva
solo momentaneamente calmato la rabbia del popolo francese: esso era arrivato
ormai al limite estremo della sopportazione, pronto ad esplodere con violenza.
Aprì le tende della finestra: la sua vista andava peggiorando, l’occhio
destro era destinato a spegnersi inesorabilmente, il medico non gli aveva
lasciato alcuna speranza: “Sono addolorato, ma si tratta solo di una questione
di tempo”. Questo era stato il suo terribile responso. Il tarlo della cecità
completa gli rodeva l’animo, ed era stato del tutto inutile cercare di
dimenticare rifugiandosi nell’alcool: ma forse non era solo quello il
pensiero, se pur terribile, che lo tormentava.
Guardò
fuori della finestra con quel poco di vista che ancora gli restava e vide (o
meglio intravide) la causa di tutta la sua sofferenza: Oscar. Quasi si fosse
accorta di essere osservata, lei si fermò e alzò lo sguardo verso di lui
Strano, pensò, che André non si fosse ancora alzato, lui che era sempre così
mattiniero: ultimamente si era fatto un po’ strano. Forse era la situazione
venutasi a creare tra loro dopo quella sciagurata sera in cui André,
solitamente così controllato, le aveva violentemente ed inaspettatamente
rivelato i suoi sentimenti. Alzò una mano in un gesto amichevole di saluto.
“Ehi
pigrone”, lo chiamò.
André
aprì la finestra a quel richiamo.
“Se
hai finito di poltrire, vieni a fare una cavalcata? In caserma ci aspettano solo
nel pomeriggio.”
Certo
non si sentiva nelle migliori condizioni fisiche per fare una cavalcata: la
testa gli scoppiava, la vista lo stava tradendo e l’ultima cosa al mondo che
avrebbe voluto era che lei se n’accorgesse.
“Dammi
il tempo di cambiarmi e ti raggiungo alle stalle”.
“Va
bene.”
Oscar
arrivò alle scuderie di Palazzo Jarjayes: amava quel posto. Le ricordava i
momenti felici della sua infanzia, quando lei ed André erano due ragazzini
spensierati ed incoscienti. Ma il tempo era passato inesorabile e molte delle
loro speranze ed aspirazioni per il futuro non si erano avverate, ed ora erano
due persone adulte, disincantate della vita e prigioniere del loro destino.
Oscar terminò di sellare i cavalli e tenendoli per le briglie, uscì al passo
dalla stalla: André le stava venendo incontro, con quel suo passo appena
incerto, che lo caratterizzava da qualche tempo. Cercò di soffocare quella
strana sensazione d’angoscia, mista ad un senso di colpa e preoccupazione per
la sorte che era toccata al suo migliore amico. Migliore amico? Ma era davvero
così che lo considerava ora? La scoperta dei suoi sentimenti per lei l’aveva
costretta ad una riflessione più attenta e profonda sui propri: era una cosa
che non le riusciva facile, abituata com’era a reprimerli, a nasconderli
dietro l’uniforme. Doveva parlare con lui, spiegarsi e chiarire le cose tra
loro. Questo sentiva di doverlo ad André.
“Come
mai quell’aria corrucciata?” gli chiese.
Avrebbe
voluto avere un tono più allegro. André rimase un attimo perplesso: Oscar che
si preoccupava del suo stato d’animo? Forse si era tradito in qualche modo e
lei si era accorta dei suoi problemi con la vista. Doveva cercare di trovare una
scusa plausibile, ma mentire non gli era mai riuscito bene.
“No,
è solo che mi sono alzato con un terribile mal di testa e…” Che scusa
puerile (anche se in gran parte vera)! Oscar però sembrò prenderla per buona.
“Se
è così potevi dirmelo anche prima: possiamo lasciar perdere la cavalcata.”
André
rimase un attimo a riflettere, ma poi cercò di sdrammatizzare.
“Ma
neanche per idea: e poi sai che ho la testa dura, mi passerà.”
Avrebbe
potuto essere una delle sue ultime cavalcate con lei e non voleva perdere per
nessuna ragione al mondo il piacere di passare un po’ di tempo insieme,
ammirare il suoi viso ed i suoi occhi, finché il buon Dio gli concedeva ancora
abbastanza luce per vederli. E poi era da moltissimo tempo che Oscar non aveva
con lui un atteggiamento così disponibile e cordiale.
Partirono
al trotto in silenzio: il sole era ormai alto sull’orizzonte e la giornata si
annunciava calda in quell’anticipo d’estate. Cavalcarono così per un po’,
in silenzio fino a che non raggiunsero l’argine della Senna. Oscar per la
prima volta nella sua vita non sapeva come comportarsi: era strano per una
persona come lei abituata ad affrontare le più difficili e pericolose
situazioni, non riuscire a gestire quella. Ad un tratto giunsero in un punto
dove il fiume piegava il suo corso in una piccola ansa, e la foresta si diradava
in una radura.
“Fermiamoci
un poco qui: fa troppo caldo per proseguire”, disse ad André mentre smontava
da cavallo.
“Come
vuoi.”
André
fu felice di quella sosta, perché il dolore alla testa si stava facendo
insopportabile e un po’ di calma gli avrebbe fatto bene. Lasciò i cavalli ad
abbeverarsi, si sedette ai piedi di un albero appoggiandovi la schiena. Aveva
gli occhi chiusi. Oscar rimase un attimo ad osservarlo: era chiaro che non stava
bene, ed era venuto a cavalcare solo per farle piacere. Era tutta la vita che
André faceva quello che lei gli chiedeva, donandole tutto di sé (forse anche
la vita) senza mai lamentarsi. E l’unica volta in cui le aveva chiesto
qualcosa per se stesso, il suo amore, lei non era stata capace di darglielo, di
ripagare tutta quella dedizione, anzi. Lo aveva trattato come e peggio di un
estraneo, ferendolo nell’anima più che nel corpo, consapevole di farlo.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per non averlo mai fatto. Si avvicinò piano e gli
si sedette accanto: ripensava a tutto quello che avevano passato assieme; la sua
stessa esistenza era inscindibile da quella di André. Non ricordava un attimo
della sua vita che fosse stato felice o doloroso, in cui al suo fianco non
avesse trovato lui: sempre lì silenzioso e fedele. Ed in quel preciso momento,
come folgorata da quella rivelazione, Oscar comprese ed ebbe finalmente una
visione precisa dei suoi sentimenti, come se il cristallo di ghiaccio che
racchiudeva il suo cuore si fosse frantumato in mille e mille pezzi, dissolto
dal calore di quell’amore così grande: amava André, amava quell’uomo dolce
e gentile, quell’ombra silenziosa che aveva sempre vegliato su di lei. Non
poteva esistere Oscar senza André. Potrà mai perdonarmi per il male che gli ho
fatto, affinché anche noi si possa avere un po’ di felicità? Lo guardò come
se fosse la prima volta, con gli occhi di una donna innamorata: i capelli scuri
che gli incorniciavano il volto abbronzato ed era certa di non aver mai visto
uomo più bello del suo André.
Quel
“suo” la fece intimamente sorridere: gli prese una mano tra le sue. Lui aprì
gli occhi e la osservò, lo sguardo triste velato dal dolore e dalla stanchezza.
Aveva notato lo stano comportamento di Oscar, quasi timorosa di qualcosa che
voleva dirgli.
“Ti
conosco troppo bene, Oscar, forse meglio di quanto tu stessa ti conosca e so che
hai da dirmi qualcosa. Sputa il rospo, saprò sopportare il colpo, lo sai ho
imparato ad incassare piuttosto bene.”
Il
tono di voce era insolitamente triste e rassegnato e ad Oscar si strinse il
cuore all’idea che lui fosse ormai abituato a soffrire per causa sua.
“André
io… io…”
Sembrava
tutto difficile e complicato, eppure doveva pronunciare solo quattro semplici
parole.
“André
io ti amo!”
Ecco,
finalmente ce l’aveva fatta. André credette per un attimo che anche il suo
udito cominciasse a fargli difetto. Ma stranamente, contrariamente a quanto
Oscar si aspettava, non disse assolutamente nulla. Lei cominciò ad avere un
certo timore, assalita dai dubbi: che quella sua dichiarazione fosse giunta
troppo tardi? Che ormai André avesse definitivamente rinunciato ad amarla ed
alla speranza di essere, un giorno finalmente ricambiato? Voleva forse far
provare a lei tutto il dolore, la rabbia e la delusione di un rifiuto? No, non
lo credeva possibile. André era troppo corretto, responsabile e saggio per
comportarsi così, per covare un qualsiasi tipo di risentimento, specialmente
verso di lei. Nemmeno nei confronti del Cavaliere Nero (alias Bernard Châtelet)
che lo aveva privato di un occhio, si era dimostrato vendicativo, tutt’altro.
“Ti
prego di' qualcosa!” La voce era incrinata.
Per
un attimo lui piegò la testa di lato e la guardò fisso negli occhi ,
terribilmente serio. Oscar sostenne il suo sguardo, in attesa di una risposta:
era arrivata fino a quel punto, ormai non le restava più nulla da perdere.
L’espressione degli occhi di Oscar, insolitamente dolce, confermò ad André
che le parole che aveva udito erano vere e, soprattutto, sincere. Per lui erano
un dono atteso da tanto tempo ed era stato colto così di sorpresa che aveva
fatto indubbiamente la figura dello stupido.
Tese
le braccia verso di lei.
“Amore
mio!”
Oscar
volò fra quelle braccia e si perse nella dolcezza e nel calore di
quell’abbraccio, in quell’unico luogo dove si sentiva finalmente felice.
Poggiò il capo sul suo petto.
“Amore,
amore mio, quanto ti ho aspettata! Sei la mia unica ragione di vita…”
Oscar
singhiozzava silenziosamente ascoltando i battiti del suo cuore fondersi con
quelli di André.
Le
prese il viso tra le mani: “Non piangere: non voglio che questo amore ti
faccia soffrire. Morirei piuttosto che farti ancora del male.”
“Sono
io che ti ho fatto del male: non riuscivo a capire cosa provassi per te e questo
sentimento mi spaventava. Avevo troppa paura di soffrire ancora e…”
André
posò un dito sulla bocca. “Non dire più niente”, le sussurrò e la baciò
con tutta la passione ed il desiderio che aveva provato in tutti quegli anni.
Oscar
provò una sensazione dolcissima: le labbra di André erano morbide e calde,
avevano il sapore della primavera ad Arras, il sapore della loro gioventù
passata. Fu come se un caldo soffio di vento l’attraversasse, portandosi via
tutti i suoi timore e tutte le sue incertezze. André affondò il viso tra i
capelli di lei, baciandoli lievemente, mentre le mani erano attorno alla vita e
la stringevano a sé. Oscar sentì il corpo di André aderire al suo e fu scossa
dalle mille sensazioni che questo suscitava in lei: il desiderio di
appartenergli fisicamente, il bisogno che provava del suo corpo, l’ebbrezza
per un piacere fino allora mai provato, la sensazione di sentirsi finalmente,
totalmente donna. Ma per la prima volta provò la paura di non essere come lui
la desiderava, di non riuscire ad essere per lui un’amante appassionata.
Chiuse gli occhi e cercò di scacciare tutte quelle paure dalla sua mente.
Fu
in quel preciso istante che si sentì afferrare alle spalle da qualcuno che la
strappava via dalle braccia di André.
Due
uomini sembravano essersi materializzati dal nulla: uno teneva lei per le spalle
e l’altro aveva aggredito André. Oscar non riusciva a capire, l’unica cosa
certa era che braccia forti la tenevano prigioniera, tirandole i capelli e
costringendola a reclinare i capo all’indietro. Ma riuscì lo stesso a vedere
l’uomo che avevano preso André, costringendolo ad alzarsi sotto la minaccia
di un coltello puntato alla gola.
“Ma
guarda un po’ questi due piccioncini!”
Oscar,
ancora immobilizzata, fissava sbalordita l’uomo con la barba lunga e gli occhi
stralunati che stava immobile, vicino a loro, quasi apparso dal nulla. Alto, la
corporatura massiccia, i capelli neri scarmigliati, gli abiti consunti e
sporchi. E una pistola con il cane alzato nella mano destra.
“Ehi,Lucien”,
disse l’uomo che aveva catturato André. “Ma questi qui sono due uomini!”
L’uomo
chiamato Lucien ebbe un ghigno. “Sei proprio uno stupido!” E, con un
movimento inaspettatamente veloce, per la sua mole, allungò una mano verso
Oscar strappandole la camicia di seta bianca e lasciando scoperto una parte del
seno.
“Ma
guarda che bella sorpresa! Una donna e pure di sangue nobile"” Prese il
viso di Oscar con una mano e lo girò verso di sé.
“Toglile
le mani di dosso!!!” La voce di André risuonò forte e sicura.
“Il
nostro cavaliere accorre in aiuto della sua bella!!!” L’uomo scoppiò in una
risata sguaiata. “Non mi sembri in grado di proferire minacce amico!”
“Cosa
volete da noi?” Oscar cercò di apparire calma, ma temeva per la sua vita e,
soprattutto, per quella di André.
“Niente
di particolare: solo divertirci un po’, naturalmente dopo avervi ripuliti del
denaro che avete…”
Oscar
non aveva nulla con sé e così pure André: ma temette di dirlo ai loro
aggressori, nel timore che questo potesse peggiorare la loro situazione.
André,
nel frattempo, era stato spinto contro l’albero ed il suo aggressore si
apprestava a legarlo, ma sottovalutando quella che avrebbe potuto essere la sua
reazione, non gli prestò particolare attenzione, finendo così per non
stringere eccessivamente la corda. André sentì il sangue gelarsi nelle vene:
quegli uomini non solo li avrebbero certamente uccisi, ma prima volevano
divertirsi con Oscar. Non poteva assolutamente permetterlo. Quei maledetti non
avrebbero toccato la sua Oscar! Oscar sarebbe morta piuttosto che subire una
tale umiliazione, lui lo sapeva bene e doveva fare di tutto per impedirlo,
quindi decise di prendere lui l’iniziativa.
“Non
abbiamo nulla con noi: quando siamo usciti non pensavamo certo di avere bisogno
di denaro.”
“So
io cosa pensavate di fare!”
Gli uomini risero, ma André cercò di rimanere concentrato, perché aveva bisogno di tutte le sue forze per mettere in atto un piano che gli permettesse almeno di salvare Oscar. Questa era l’unica cosa importante.
Continua...
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