Autore: Nazarena
Ondine
Warning!!!
The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.
L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.
Copyright:
The Copyright of Lady Oscar/Rose of Versailles belongs to R. Ikeda - Tms-k.
All Rights Reserved Worldwide.
The Copyright to the fanfics, fanarts, essays, pictures and all original works
belongs, in its entirety to each respective ff-fa author, as identified in each
individual work. All Rights Reserved Worldwide.
Policy:
Any and all authors on this website have agreed to post their files on
Little Corner and have granted their permission to the webmaster to edit such
works as required by Little Corner's rules and policies. The author's express
permission is in each case requested for use of any content, situations,
characters, quotes, entire works/stories and files belonging to such author. We
do not use files downloaded or copied from another website, as we respect the
work and intellectual property of other webmasters and authors. Before using ANY
of the content on this website, we require in all cases that you request prior
written permission from us. If and when we have granted permission, you may add
a link to our homepage or any other page as requested.
Additionally, solely upon prior written permission from us, you are also
required to add a link to our disclaimers and another link to our email address.
The rules of copyright also apply and are enforced for the use of printed
material containing works belonging to our authors, such as fanfics, fanarts,
doujinshi or fanart calendars.
I cavalli percorrevano con incedere lento l'argine
sinistro della Senna, mentre il sole si abbassava e tingeva i tetti di arancio e
porpora.
Oscar sospirò, stanca, non si ricordava neanche più da
quanto tempo non tornava a casa e quella giornata, chissà perché, sembrava
infinitamente più lunga delle altre.
Erano ormai settimane che il suo reggimento aveva il solo
compito di pattugliare le strade della capitale. “A Versailles basta la Guardia
reale”, le avevano detto, e, di colpo, si era ritrovata catapultata, con tutti i
suoi uomini, nel vetusto palazzo di rappresentanza della Guardia francese a
Parigi.
Non avrebbe mai dimenticato la confusione dei primi
giorni, tra i turni da riorganizzare, l'assegnazione delle zone della città, le
camerate da sistemare, le continue grane da risolvere, la mole impressionante di
crimini che si consumavano quotidianamente davanti ai suoi occhi e poi i
soldati, quei dementi, che ci si mettevano, anche loro, con le urla, le
lamentele, le risse, le richieste di aumento. Come se potesse darglielo lei,
poi.
Qualcuno ancora le rinfacciava di essere una donna (cosa
ridicola e a cui aveva fatto l’abitudine da lungo tempo – a iniziare da suo
padre e da Girodel – André, mai -)
e, più di una volta, si era sentita dire “Io la notte non la faccio” o “Questa
sbobba, mangiatela voi” o, peggio, bassezze del tipo “Se volete, qui ho una
spada per quelle belle manine”. Per fortuna, ora che Alain era dalla sua, ci
pensavano lui e André a rimettere a posto quelle poche - almeno questo - voci
fuori dal coro. E lei, assolutamente, benedicendoli in cuor suo, li lasciava
fare.
Un po' di tempo prima, avrebbe loro spaccato la faccia
personalmente, ma erano finiti da un pezzo i giorni in cui poteva mettersi a
duellare, per guadagnarsi il rispetto. Non che alcuni degli insulti più grevi
non meritassero soddisfazione, non che non le fosse partito l'impulso di dare
qualche calcio così forte da piegarle per sempre, certe “spade” di quelle, ma
ogni momento era prezioso, ormai. Tutto ciò che non riguardava la tragica
situazione, nelle strade di Parigi, per non dire di tutto il paese, le sembrava
un'inopportuna perdita di tempo.
Non avrebbe mai immaginato che le sarebbe mancata
Versailles, si stupì a pensare, mentre osservava il fiume, colorarsi di rosso
scuro, le increspature dell'acqua, accarezzata dal vento tiepido, che si
illuminavano di striature scintillanti.
Le fissò, rapita, mentre ondeggiavano, simili a un nugolo
di dame danzanti, vestite d'argento.
Distolse lo sguardo, tornando a guardarsi le mani,
serrate sulle briglie del cavallo.
Non aveva notato quanto fossero sudici i suoi guanti.
Ricordò con un sorriso amaro di quando non usciva di casa
se non aveva i guanti bianchi e inamidati. Una volta, quando erano ragazzi,
aveva ferocemente bacchettato André, dandogli dell'ubriacone, per una giornata
intera, perché glieli aveva sporcati di vino e, da allora, aveva preteso di
averne sempre un paio di scorta a disposizione.
Perché mai, poi, André stava bevendo del vino di prima
mattina? Si sforzò, ma non lo ricordava più.
Qualche anno prima, sarebbe stata felice di allontanarsi
dalla Corte, anche solo per pochi giorni.
Ricordava tutte le serate passate in qualche taverna di
Parigi a bere con André, le passeggiate da sbronzi sulla Senna, il pane caldo, i
bambini che giocavano a rincorrersi nelle stradine colorate dal bucato steso che
danzava spinto dal vento, sembrava tutto così diverso... eppure non lo era.
D'un tratto, presero forma, davanti ai suoi occhi,
dettagli che, fino a quel momento, erano coperti di grigio, come le parti in
ombra di un disegno. Le taverne le tornarono in mente gremite di poveracci, le
rive della Senna, come pure le botteghe dei fornai, erano popolate di mendicanti
e prostitute, i bambini correvano scalzi sulle strade pietrose con i piccoli
piedi sporchi di terra e sangue e non c'era uno degli indumenti, stesi ad
asciugare, che non fosse liso e rattoppato...
Perché solo adesso vedeva con chiarezza?
Come era riuscita a sfuggire alla realtà, persino nei
ricordi?
Forse aveva così paura di affrontarla, che aveva
preferito rifugiarsi nel suo mondo.
Un mondo fittizio ma rassicurante, perché era il solo che
avesse mai conosciuto.
Un mondo barricato dietro una facciata di cocciuta
frivolezza, che non le era mai appartenuto, ma al quale, suo malgrado,
apparteneva.
Un mondo al quale era legata a filo doppio, per nascita e
per il ruolo, che aveva rivestito per anni.
Era stata il difensore della Regina per la maggior parte
della sua vita, armata di una devozione cieca, che le aveva fatto chiudere gli
occhi, davanti agli errori, che la sua fragilità la portava a commettere.
Le sovvenne lo sguardo, rassegnato, con cui André la
guardava, quando si chiudeva nel silenzio di chi vede un'ingiustizia, senza
potersi ribellare, uno sguardo, senza ombra di rimprovero e compassionevole,
nella sua comprensione.
E la regina Antonietta?
Da quando aveva memoria e, fino all'arrivo dei figli, Sua
Maestà aveva vissuto di ombrellini al sole, promenade e gazebi di rose, di
intrighi, gioielli, di panier e tessuti pastello, di pomeriggi languidi, oziosi,
trascorsi, in una noia assordante, ad osservare l'avvicendarsi di questa o
quella dama alla spinetta, senza che ad Oscar fosse mai passato per la mente di
redarguirla.
Con la nascita dei principi e il trasferimento al Petit
Trianon, la situazione era precipitata.
Oscar rivide le occhiate indignate, percepì nelle
orecchie i ricordi sia dei commenti maligni, ovattati dalle piume dei ventagli,
sia delle offensive proteste, espresse apertamente. Risentì la semplice frase di
André, pronunciata con la disarmante naturalezza di chi conosce la verità e non
ha paura di ammetterla.
“Invece di criticarla, dovrebbero compatirla”, aveva
detto, e lei si era inalberata. Un fiotto di sangue le aveva colorato le guance.
Lo aveva rimproverato con durezza, gli aveva detto di smetterla, che un monarca
non va mai compatito, in nessun caso. E lui aveva smesso e l'aveva guardata con
quegli occhi, che conosceva così bene, e con così tanta intensità, che Oscar
aveva temuto potessero piegarla.
La verità era che anche lei provava compassione. Lui, in
fondo, era la sua voce. Quella non esprimibile.
Vedeva la profonda infelicità di una natura semplice,
costretta in un ruolo, che il destino le aveva imposto, come pure vedeva la
profondità vibrante di quell'animo gentile.
Sua Maestà non aveva mai preso una sola decisione con
l'intento di nuocere a qualcuno, di questo era certa, nondimeno, la sua
superficialità stava contribuendo a portare la Francia sull'orlo del baratro. Il
nome esposto era il suo.
L'infelicità poteva essere l'unico alibi di una regina
che non si era mai interessata alle condizioni del suo popolo?
Il solo fatto di non aver mai fatto un passo per uscire
dalla propria inconsapevolezza, non costituiva di per sé una colpa?
Non aveva una risposta.
E che dire di lei, l'integerrimo ufficiale, che si era
ostinata a difendere un regime di cui aveva sempre aborrito le contraddizioni,
senza, però, avere mai il coraggio necessario per staccarsene?
Lei, la cui massima preoccupazione era stata, per anni,
un amore non corrisposto, considerò amaramente. Questo non la rendeva ugualmente
colpevole?
Neanche per questo aveva una risposta.
No.
Non era vero. La risposta c'era, a tutto, ed era chiara
come il sole. Solo che faceva paura.
André avrebbe detto che non si può avere paura di ciò che
si conosce e neanche di ciò che non si conosce, perché ci impedirebbe di
affrontarlo. Proprio un vecchio gufo saggio, pensò, abbozzando un sorriso.
La faceva facile, il suo André... per lei era impossibile
non temere una realtà che, come una marea aveva sommerso ogni sua certezza, e
che incombeva su di lei, fragile come un vetro scheggiato, inesorabile, come una
sentenza di morte.
Cercò di ribellarsi al senso di pesantezza che la
attanagliava.
Ma perché mai, proprio oggi, tutta quella tristezza, quei
pensieri opprimenti?
Si sforzò di trovarne la causa, frugando ad occhi chiusi
nei ricordi, e finalmente seppe.
- André - chiamò a voce bassa.
- Oscar. -
Aveva risposto subito, come sempre. Ma sapeva che lo
avrebbe fatto, sentiva che era dietro di lei, riusciva a percepire quando era
vicino, anche senza vederlo. Come fosse stata cieca. Un'altra cosa che si era
ostinata a trascurare in tutti quegli anni.
- Vieni più vicino. -
André accelerò il passo e la affiancò.
- Stanotte ho fatto un sogno - gli disse.
- Ed era un brutto sogno? -
- Era triste. -
- Vuoi raccontarmelo? -
- Non lo so. -
Tacque, sentendosi piccola e sciocca, poi si sforzò di
parlare, arrendendosi al bisogno di farsi rassicurare dalla sua voce calma.
- Ho sognato una sirena. -
- Tu? Una sirena? -
- Sì. Una sirena sulla Senna. -
- E cantava? -
- Come? -
- Le sirene cantano per attirare i marinai. -
- No, la mia piangeva. -,
- È per questo che ti senti triste? È da stamani che,
quasi, non parli. -
- Sarà sciocco, ma credo di sì. -
- Una sirena che piange sulla Senna - rimuginò lui. -
Non mi sembra niente di grave. -
- Trovi? -
- Sì. Le sirene sono pericolose quando cantano. Se la tua
non cantava, puoi stare tranquilla. – Cercò di sdrammatizzare. Frugando nei
ricordi di letteratura greca, mitologia, favole varie.
- Non tutte le sirene cantano. –
- Ah, no? - Gli sembrava accorata. Preoccupata. Voleva
tranquillizzarla.
- No. Alcune portano presagi. Non ti ricordi? Ce lo
raccontò una volta il nostro precettore. Mi ricordo che non riuscivo a
capacitarmi di come un uomo potesse essere tanto sciocco da farsi uccidere dal
canto di una donna. Protestai talmente che dovette parlarmi di queste altre
sirene. -
- Accidenti che memoria! - Ammise lui, facendo un fischio
ammirato.
- Già. Io prestavo attenzione, a differenza tua. –
Ma io, che
c’entro?
- Non è proprio giornata, eh? - Commentò, decidendo
immediatamente che non era il caso di provocarla. -
E, quindi, parli di un presagio... -
- Un presagio funesto, che annuncia qualcosa che non si
può evitare. -
- Ehi, Oscar, come sei lugubre! -
- Dici che esagero? -
- Beh, spero proprio di sì -
rispose.
André si picchiettò la fronte con la punta delle dita.
- Niente da fare, queste sirene che non cantano proprio
non me le ricordo. E, comunque, una sirena che piange sulla Senna secondo me lo
fa solo per quanto è diventata sporca. Ci lanciano dentro di tutto! -
Oscar non poté fare a meno di lasciarsi andare ad un
sorriso.
- Come darti torto... -
- E poi possiamo fare una cosa - continuò lui, - se
vediamo una sirena che piange vado a dirle gentilmente di cambiare fiume. Tanto,
se non canta, non credo che morirò, dico bene? -
- Sì, potremmo fare così. -
André le fece un sorriso dolce, di quelli che si
farebbero ad un bambino spaventato e continuò ad avanzare al suo stesso passo.
Si immersero fianco a fianco nel buio del piazzale d'armi
della caserma.
Il sole era ormai calato, nel cielo coperto si
distingueva, tenue, una falce di luna e la Senna continuava a scorrere placida
alle loro spalle, scura e silenziosa
Le foglie volavano, spazzando vorticose lo spazio
lastricato, di un bianco abbacinante.
Si sentiva la febbre. Si sentiva male.
“Maestà, vi prego di ritirare le truppe…”
“Non posso farlo, mi dispiace…”
Sentì le lacrime gelarle le guance. Sentì che era troppo
tardi.
Neanch’io posso
farlo, mi dispiace…
La pioggia batteva, scrosciante, ingrossando la piena
minacciosa della Senna in quella notte estiva.
Oscar giaceva, immobile, accasciata lungo l'argine, le
guance rigate dalla pioggia, solcate dalle lacrime, e le due cose si
mescolavano, mentre lei non capiva, e cadevano nelle acque del fiume nero, le
narici piene di un odore di incenso e sangue, che neanche la notte e l'acqua
lavavano via.
Un ricordo, d'un tratto, nel dolore.
Un'immagine lontana, una suggestione, così vicina, eppure
figlia di un tempo ormai remoto.
La sirena.
Non esisteva nessuna sirena.
Quella che piangeva sulla Senna, era lei.
Lei, alla fine di tutto.
Oscar si girò supina, abbandonata, lasciando che la
pioggia la colpisse, sperando che, pietosa, la annegasse nel fiume.
Parlami, André. Dimmi che anche questo è solo un
sogno.
Pubblicazione del sito Little Corner giugno 2020
vietati pubblicazione e uso senza il consenso dell'autore
Mail to nazarena.opera@gmail.com