Autore: Nazarena

La puerta del Vino

Warning!!!

 

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Erano poco più di due mesi che Oscar aveva preso il comando della Guardia francese.

Era stato un periodo difficile, pieno di diffidenza e astio da parte dei soldati che più volte, con modi decisamente brutali, avevano cercato di indurla a lasciare l'incarico.

Ma Oscar François de Jarjayes non era un tipo che demordeva facilmente. Se n'erano accorti i soldati, che iniziavano ad ammirare la caparbietà di quella strana donna, e lo sapeva fin troppo bene André, con cui lei si ostinava a non parlare più dello stretto necessario da quella sera in cui le aveva dichiarato il suo amore.

Non gli perdonava di averle tenuto nascosti i suoi sentimenti tanto a lungo e soprattutto la violenza con cui glieli aveva dimostrati, togliendole di fatto l'unica cosa di cui era stata certa da sempre; la loro amicizia.

Non riusciva a perdonarlo neanche di averla seguita, arruolandosi tra i soldati della guardia, quando lei gli aveva categoricamente imposto di allontanarsi.

Nonostante ritenesse di avere tutte le ragioni per tenerlo a distanza non poteva evitare di riconoscere che quando se lo era ritrovato davanti il primo giorno di servizio, schierato tra gli altri soldati, vedere il suo volto le aveva procurato una fitta al cuore e un autentico sollievo.

Oscar però non era abituata a farsi troppe domande, aveva ignorato quelle sensazioni e aveva continuato a dedicarsi anima e corpo al suo incarico che le portava non pochi problemi.

L'ultima novità in ordine di tempo era che gli uomini perdessero sistematicamente le armi, qualche volta addirittura le uniformi, sostenendo sempre di essere stati derubati. Dopo i primi episodi si era convinta che dovesse esserci sotto qualcosa ed aveva tutte le intenzioni di scoprire cosa.

Erano già diverse sere che si metteva in borghese e passava la serata nei bassifondi di Parigi. Indossava un vecchio ed ampio mantello scuro, per celare bene la spada, un cappello a tesa larga e un nastro per raccogliere i capelli. Più di una volta in passato il suo aspetto efebico aveva attirato l'attenzione e lei ed André avevano dovuto lanciarsi in parecchie risse.

Resistette con fermezza all'impulso improvviso di chiedergli di accompagnarla ed uscì silenziosamente dalla caserma.

 

 

Erano ormai ore che Oscar girovagava a vuoto per i vicoli, camminando con le briglie del cavallo strette in una mano. Cominciava a sentirsi inquieta. Notava occhi che la seguivano dalle finestre quando ripercorreva qualche tratto e le stradine erano ormai buie e quasi deserte. Si sentivano solo roche voci di uomini provenire da qualche taverna di terz'ordine. Oscar aveva appena deciso di rientrare. Si accingeva a montare a cavallo, quando una voce alle sue spalle ruppe il silenzio.

- Al ladro! Al ladro! -

Oscar non ebbe neanche il tempo di voltarsi che venne spintonata a terra da un individuo che fuggiva, inseguito a molta distanza dall'uomo che aveva gridato.

Si alzò di scatto, valutò in un attimo che il ladro era già troppo lontano per rincorrerlo, sguainò la spada e la scagliò con forza verso di lui.

La spada volò fischiando e si conficcò nel terreno vicinissima al bersaglio, non riuscendo però a colpirlo.

Il ladro si dileguò nel buio di una strada laterale e la povera vittima dovette rinunciare all'inseguimento e tornare sui suoi passi.

Oscar si avviò per recuperare la spada, andando incontro all'uomo, un paffuto signore di mezza età, che la estrasse dal terreno e gliela porse.

- Grazie per l'intervento, giovanotto. -

Oscar annuì e prese la spada.

- Mi dispiace, non sono riuscito a fermarlo... -

- Non preoccuparti, non è riuscito a rubare niente - la rassicurò l'uomo. - Si era introdotto in casa ma l'ho scoperto. Lo rincorrevo per dargli una lezione. -

- Meglio così - disse Oscar dissimulando la propria delusione, - ma se avessi avuto una pistola lo avrei fermato di sicuro, meritava una punizione. -

- Una pistola, già -, considerò l'uomo. - Ho cercato di procurarmela anch'io, ci sono furti di continuo, ma di questi tempi è impossibile... -

- A proposito di furti e armi, ho sentito che anche parecchi soldati della guardia sono stati derubati - la buttò lì Oscar usando il tono più disinvolto possibile.

- Beh, se è vero ben gli sta - affermò l'altro con tono improvvisamente stizzito. - Con quello che chiedono per una pistola sgangherata! -

Oscar sbarrò gli occhi e si irrigidì.

- Come avete detto? I soldati...? -

- Sì, i soldati della guardia - confermò. - Per la peggiore pistola chiedono... -

L'uomo si interruppe notando l'espressione di sgomento negli occhi di Oscar.

- Ehi, giovanotto, cos'è questa faccia? -

- Oh, perdonatemi! - si riscosse, - è che sono a Parigi da poco e anch'io non sapevo come procurarmi un'arma quindi l'informazione mi interessa. Ho la spada, si, ma come avete visto è di ben poca utilità. -

Oscar osservò l'uomo che la fissava dubbioso strizzando i piccoli occhi dietro i vetri spessi degli occhiali e sperò di essere stata abbastanza convincente.

- Mmm - le mugugnò dopo qualche istante di riflessione. - In questo caso prova a chiedere alla taverna “La Bonne Table”, in Rue de la Vierge. Ho sentito dire che ci bazzicano parecchi soldati. -

- Grazie Monsieur, chiederò - disse Oscar, sollevata per essersela cavata ma consapevole di aver ormai scoperchiato un vaso di Pandora.

Fece per girarsi ma l'uomo la trattenne per un braccio.

- Giovanotto, dimmi almeno il tuo nome, lascia che ti ringrazi per bene! -

Oscar tentennò, poi disse l'unico nome che le venne naturale pronunciare.

- Mi chiamo André Grandier. -

 

 

Rue de la Vierge era  abbastanza distante da lì, e la taverna indicata dall'uomo era effettivamente frequentata con assiduità dai suoi uomini che spesso erano stati beccati a bivaccare lì anche durante i turni di servizio.

Ovviamente Oscar non poteva entrare e cercare di comprare un fucile da uno dei suoi ma, se era fortunata e riusciva a non farsi notare, poteva mettersi in un angolo e osservare la situazione.

Arrivò alla taverna dopo un po' di strada a cavallo, lasciò l'animale a un garzone, sistemò qualche ciocca di capelli che era uscita dal cappello ed entrò scendendo i pochi gradini che la separavano dall'ingresso.

L'ambiente era un ampio seminterrato con soffitti bassissimi e candelieri incrostati di cera gialla fissati lungo le pareti di pietra. Molti erano i tavoli occupati, la taverna era sorprendentemente affollata per l'ora, difatti le cameriere erano tutte affaccendate, mentre l'oste spillava birra senza sosta, sepolto dietro un alto e lercio bancone.

Oscar  fu sommersa da un acre odore di alcool e dalle risate smodate di un folto gruppo di avventori. Erano tutti popolani, di soldati per il momento non c'era traccia. Considerò che era meglio così, avrebbe avuto il tempo di sistemarsi in un posto riparato. Notò che c'era un piccolo divisorio di legno in fondo alla sala che separava  due gruppi di tavoli e davanti ad uno di essi capitava un grande pilastro di pietra. Non avrebbe potuto sperare di trovare un posto migliore e si accomodò al tavolo dando le spalle al divisorio e  rimanendo in parte celata dal pilastro; da lì sarebbe riuscita ad ascoltare un po' di discorsi e a sbirciare non vista.

Ordinò del vino ad una procace cameriera che si era avvicinata e si mise pazientemente in attesa, cercando di decifrare alla meglio le frasi smozzicate di alcuni clienti.

Dopo pochi minuti accadde qualcosa che la lasciò senza parole.

All'ingresso della locanda vide André, in borghese e mezzo ubriaco, sorretto da un sorridente Alain in uniforme, quindi chiaramente in servizio. Non seppe se era più il cuore che, inspiegabilmente, le balzava in petto, o una fitta di gelosia. Una fitta di dolore e di lesa maestà. 

Perché diamine André non era tornato a casa, invece di bivaccare in quei postacci? Perchè era con lui (e non con lei, ma questo lo sapeva bene). E cosa ci trovava Alain di tanto divertente?

Oscar fu tentata di saltare su, riempirli di pugni e rispedirli in caserma con una punizione esemplare ma si trattenne, non voleva far saltare la copertura proprio adesso che sembrava approssimarsi a una qualche informazione.

Si ripromise di rimandare la ramanzina all'indomani e sperò che se ne andassero in fretta.

La sua preghiera non fu esaudita, anzi si accorse con disappunto che si avvicinavano al suo tavolo. Abbassò la testa per celare il volto e sentì che prendevano posto alle sue spalle, dall'altro lato del divisorio.

André si accasciò pesantemente su una sedia mentre Alain continuava a ridere.

- Andiamo amico, tirati su, non vorrai mollarmi proprio adesso? Ehi, Flora, ehi! - Chiamo' Alain. - Portaci da bere: la roba migliore che hai! -

- Basta Alain - biascicò André. - Credo di aver dato per oggi... -

- Non dire idiozie André! - lo redarguì Alain. -  Abbiamo appena iniziato! -

- Non dovresti essere in servizio, tu? -

- Difatti lo sono, non vedi? Sto controllando la taverna -, disse scoppiando di nuovo a ridere.

- Sei un cretino Alain -, rise André. - Se ti becca Dagôut ti mette di guardia per tre notti di fila. -

- Cretino sarai tu, che ti riduci in questo stato. Tirati su ho detto, che mi spaventi Flora! -

La giovane cameriera si era avvicinata al tavolo lasciando una brocca di vino e due boccali.

- Se vi occorre altro sono a vostra disposizione -, disse e si allontanò.

- Guarda guarda - disse Alain quando la ragazza fu lontana. - Se non sapessi che sei un caso perso sarei quasi geloso. -

Senza quasi rendersene conto, Oscar trasalì a quella frase, perdendosi l'esclamazione stupita di André.

- Hai visto come ti guardava la mia bella Florina? - 

André rise: - Secondo me hai le allucinazioni. E poi sarei io quello ubriaco! -

- Ma tu sei veramente una bestia! Non hai visto che ti mangiava con gli occhi? Ah, altro che geloso, se non sapessi che sei un caso perso, direi che sei un brocco! Io non dico che devi andarci, ma almeno guardale le altre donne! -

- Alain - lo interruppe stancamente André, - ti ho già detto e ripetuto... -

- Sì, sì, lo so. Fino alla morte. Tu e il tuo prezioso voto di castità. Finirai davvero col morire casto se perdi ancora tempo dietro a quella. -

Dunque anche Alain sapeva, considerò Oscar, punta sul vivo.

- Chi ti dice che lo sia? -

Oscar ebbe un tonfo al petto. Cosa aveva detto?

Dall'altro lato ci fu un attimo di assoluto silenzio, poi Alain esplose: - Ma piantala! Se mi guardi di nuovo con quell'aria da verginella potrei anche svenire! -

André rise e Oscar si portò una mano alla fronte tirando un inspiegabile sospiro di sollievo.

Sperò che Alain si fosse divertito abbastanza e avrebbe cambiato argomento ma le cose erano destinate a precipitare.

- Vedo che ti sei ripreso -, constatò Alain. - Dunque, è giunto il momento di farti inebriare con un po' di  pura essenza femminile. Flora! Vieni qui, Flora bella! – Chiamò, sbracciandosi.

Oscar sentì André ridacchiare e vide la ragazza avvicinarsi al tavolo.

Cosa aveva in mente quello sconsiderato?

- Flora, vedi il mio amico qui? Sai, al momento non si sente troppo bene, ma mi ha confidato che starebbe molto meglio se tu gli dessi un bacio... -

- Alain... - protestò debolmente André.

- Ma cosa dite, Monsieur?! - Chiese la ragazza ritraendosi. – Non sono… -

Oscar fremette di rabbia. Che pezzo di deficiente. Avrebbe voluto sporgersi a guardare. Le espressioni, almeno. Ma come si era ridotta, si chiese.

- Dico solo la verità -, continuò accorato Alain. - Quando ti ha visto è rimasto folgorato, non dice altro da quando siamo entrati! -

Se Oscar avesse potuto, avrebbe visto che Alain recitava quella ridicola pantomima con tanto di occhi sbarrati e mano sul cuore.

- S… sul serio? In verità anch'io quando siete entrato... - ammise timida la ragazza.

- Certo -, insistette Alain. – Dice che sei un vero fiore! – E strizzò l’occhio al malcapitato.

- Certo, un vero fiore… - fece André, sconsolato, la testa incassata tra le spalle. Meno male che Oscar non c’è…

- Signore… - arrossì Flora, - certo voi siete molto bello… -

André arrossì. Ma era una ragazzina, quella! Che cavolo! Oscar avvampò: come si permetteva, quella… quella… cos’era, una… ragazzina? Ossignore… quanto tempo ho perso, realizzò, all’improvviso.

- Su, avanti, di’ qualcosa, amico… - lo incoraggiò Alain, mentre gli assestava un calcio sotto il tavolo.

- Scusatemi -, disse André, riscuotendosi dolorosamente, - voi siete davvero molto graziosa, Mademoiselle -, sospirò, a corto d’ispirazione, - un vero fiore, come suggeriva il mio… - mio cosa, si domandò? ‘Sto pezzo di… - amico. Solo che... – Mentre sconsolatamente si interrogava su quanto fosse abusato, il termine amico.

- Avanti amico, non essere timido! Vedi che avevo ragione? - Intervenne Alain. - Solo un innocente bacetto sulla guancia, così non ti dimenticherà! Aspetta ancora un attimo, Flora, non andare! -

- Alain - si arrese André -  se questa gentile fanciulla acconsentirà la smetterai con questa storia? –

Mentre Oscar inorridiva. Non lo fare!!!

- Sicuro! – promise, il disgraziato.

- Mademoiselle - fece André, tra l’accorato e il disperato, - effettivamente starei molto meglio se potessi darvi un bacio sulla guancia. Me lo concedete? –

Stronzo! Pensò Oscar. Si sentiva malissimo.

Flora annuì in silenzio. Oscar sentì il rumore di una sedia che strusciava sulle assi del pavimento e un fruscio di stoffa a cui seguì un risolino sommesso della ragazza che subito dopo scappò via. Ma… ma…

Trangugiò un bicchiere di vino in un solo sorso. Era finita la sceneggiata? E che dire poi di quel cretino di André, che si era lasciato convincere in meno di cinque minuti.

Non riusciva a capire perché si sentisse tanto infastidita, perché non riuscisse più a concentrarsi sull'indagine, e, soprattutto, detestava la sensazione di sentirsi bloccata lì. Per quella sera riteneva di aver visto e sentito abbastanza.

Suo malgrado, però, tese di nuovo l'orecchio; André e Alain avevano ripreso a parlottare.

Oscar captò una frase monca di Alain.

- … al massimo sedici, diciassette anni. Con una così potresti farti una vita, ricominciare! Allontanati da quella donna, lascia l'esercito! Pensa a te stesso, amico mio. -

André rise, una risata calda e triste.

- È proprio questo il punto: non potrei pensare a me stesso più di così. Se fosse per Oscar, sarei da tutt'altra parte. Sono io che ho scelto di restarle vicino... per me... perché non riesco a vivere lontano da lei. –

Io… io… Dall'altro lato del divisorio, Oscar si prese la testa fra le mani. Cosa gli stava facendo?

- E all'occhio destro, non ci pensi? -

Oscar si agitò. Si sentì gelare. Cosa diavolo c'entrava l'occhio?

- È messo male - continuò Alain, - me ne sono accorto subito. Vuoi finire cieco per lei? -

- Alain - disse dolcemente André - non dire assurdità. Ho perso un occhio, è vero. Ma per lei non esiterei a dare anche l'altro. -

Per Oscar quelle parole furono il colpo al cuore definitivo. Non poteva far altro che capitolare.

- Sei proprio un maledetto caso disperato, André. Beh, almeno vedo che ti ubriachi come uno normale, altrimenti saresti stato definitivamente da internare. -

- Sei un coglione, Alain. -

- Anche tu. -

I due ripresero a bere in silenzio, mentre Oscar, attonita, arrabbiata, lottava con se stessa per non sfasciare la sottile parete che la separava da André. Cosa significava che l'occhio destro stava male? Possibile che non se ne fosse accorta? Possibile che André non avesse nemmeno un briciolo di risentimento nei suoi confronti, nonostante la freddezza che gli aveva riservato? Possibile che fosse così pazzo da fingere di vedere bene pur di restare nell'esercito, dov'era anche lei?

Mentre era in preda ad un turbine di pensieri, Oscar riuscì ad udire una voce levarsi, troppo forte e chiara, sopra gli schiamazzi della sala.

- C'è qualcuno che si chiama André Grandier? -

Oscar sbiancò. Appoggiato al bancone, a parlare concitatamente con l'oste, c'era l'uomo che aveva incontrato meno di un'ora prima per strada. L'uomo a cui aveva dato il nome falso. Perché l'aveva seguita? Si appiattì contro il pilastro, mentre la voce di André venne fuori dal brusio generale.

- Sono io, chi mi cerca? -

André si alzò in piedi, l'uomo lo guardò e si girò verso l'oste scuotendo la testa.

Oscar calò  la tesa sulla fronte più che poté, l'oste e l'uomo si stavano avvicinando.

- Siete sicuro, Benoit? – si accertò l'oste.

- Sicurissimo, non è lui. Però è davvero molto strano, è con un soldato della guardia... Non ho grande simpatia per i soldati, però detesto i bugiardi e i ficcanaso. Mentre parlavamo ha iniziato ad accampare delle scuse e, sapete come si dice, excusatio non petita, accusatio manifesta. -

- Excu... che? - fece l'oste con una smorfia.

Benoit sollevò un sopracciglio con aria saccente e riprese: - Insomma, ho fiutato odore di imbroglio, l'ho mandato qui e l'ho seguito per coglierlo con le mani nel sacco. È  un biondino alto, secco come un giunco, con un cavallo bianco. -

- Un ragazzo biondo con un cavallo bianco che va in giro a fare domande sui soldati della guardia dicendo di chiamarsi André Grandier -, rimuginò ad alta voce Alain. - Non dirmi che non ti viene in mente nessuno - fece rivolgendosi ad André.

Oscar non fece in tempo a sentire la risposta, perché il buon Benoit fece un paio di passi indietro, inforcò gli occhiali, la fissò basito e gridò:

- Ma è lui! -

Immediatamente Oscar fu circondata da uno stuolo di persone, primi tra tutti l'oste, Benoit e gli increduli André e Alain.

Alain non si perse d'animo e prese subito il controllo della situazione.

- Bene bene, un impostore. Se permettete, dato che sono in servizio, questo qui lo prendo in consegna io. -

-  Andiamo ad interrogarlo - gli diede manforte André, riscuotendosi.

- Sarete curioso di sapere cos'ha da dire il vostro alter ego! - fece Benoit.

- Per l'amor del cielo, Benoit - imprecò l'oste, -  parlate in francese!

Di nuovo Benoit lo ignorò, tornando a rivolgersi ad Alain: - Al momento, pare che abbia perso la lingua -, disse ridendo. - Ti suggerisco di legarlo, soldato, ha una spada. -

- Ma è naturale! - esclamò Alain trattenendo una risata. - Avanti bello, posa l'arma a terra. -

Fu proprio in quel preciso momento che Oscar, non sostenendo l'immagine di se stessa legata e arrestata da Alain e André, esplose, mandando a monte l'assurdo tentativo di salvataggio dei due soldati.

Si alzò in piedi scattando e sguainò la spada, facendo indietreggiare tutti con un balzo.

- Il mio nome è Oscar François de Jarjayes e sono il Comandante della Guardia francese! State indietro! -

- Figurarsi se restava zitta per una volta... - mugugnò André.

Oscar aveva immaginato che, rivelando la sua identità, la questione si sarebbe esaurita, invece nella sala piombò uno strano silenzio. Diversi uomini si raggrupparono intorno al suo tavolo mentre Benoit, le cameriere e gli altri clienti, intuendo il pericolo, lasciarono la taverna di corsa.

Un ragazzo corpulento sbucò alle spalle dell'oste.

- Il Comandante della Guardia francese - disse. - Quindi è un nobile. -

- A me non piacciono i nobili - disse qualcun altro.

- Neanche a me. Forse dovremmo fargli capire quanto non ci piacciono - gli fece eco un terzo.

- Andiamo, signori, possiamo risolverla pacificamente - tentò di mediare André.

- E voi due cercavate di portarlo via. Cosa siete, i suoi galoppini? -

- Chiedilo a tua madre chi sono! - Inveì Alain. - Mi conosce molto bene! -

- Ma senti ‘sto… sistemiamoli tutti e tre! - gridò il ragazzo corpulento.

- Bene! - Esclamò Oscar avanzando. - Basta così, lasciate stare i miei uomini. Se siete intenzionati a battervi con me, sono a vostra disposizione. -

Grasse risate si levarono dal gruppo di uomini. Qualcuno lanciò una bottiglia colpendo il polso di Oscar, che mollò la presa dell'elsa. Quattro energumeni immobilizzarono André e Alain, mentre un altro afferrò la spada di Oscar e la lanciò lontano.

- Forse non hai afferrato bene, biondo. Qui nessuno vuole battersi. Vogliamo solo sgranchirci un po' le mani. -

Le arrivò un pugno nello stomaco.

- Così voi sporchi nobili andrete a fare i vostri giochetti da qualche altra parte! - Gridòe un altro, mentre, strappandole il cappello, l’afferrava per i capelli.

- Mettete giù le mani! - Gridò André tentando di liberarsi dalla morsa.

- Non preoccuparti, orbo, ce ne sono anche per te! - Disse uno di loro colpendolo alla mascella.

- No! Lasciatelo!! André! – Urlò, inutilmente, Oscar.

- Pensa per te, damerino! -

Erano in dieci contro tre, una lotta impari e dal risultato già segnato. Nonostante questo, nessuno dei tre si arrese. Oscar si divincolò più volte tirando calci alle parti basse, André riuscì a mettere fuori gioco tre ragazzoni e Alain sembrava addirittura divertirsi mentre spaccava sedie sulla schiena di chiunque gli capitasse a tiro. L'oste si era rifugiato dietro al bancone, piagnucolando e chiedendosi chi mai gli avrebbe ripagato tutti i danni, mentre qualcuno degli assalitori si era seduto continuando a bere e gridando sguaiatamente:

- Ma è bello come un serafino! Non rovinategli quel bel faccino! -

 

 

Oscar non riusciva a quantificare quanto tempo fosse passato. Sapeva solo che, ad un certo punto, si erano stancati di picchiarli e li avevano lasciati, lividi e doloranti, sul pavimento.

Forse era svenuta... sicuramente era svenuta. Volse lo sguardo, cercando André. Lo trovò riverso accanto a lei. Allungò la mano, la mise su quella di lui e la strinse.

A lei si strinse il cuore. Di calore. Di sollievo. - André... - mormorò. - Rispondi André, ti prego... -

Lo vide cercare di metterla a fuoco, a fatica, l’occhio destro completamente tumefatto.

- O... Oscar – balbettò. - Stai bene?

Ancora una volta si preoccupava per lei. Ma grazie a Dio aveva risposto.

- Credo di si... e tu? Dimmi che riesci a muoverti. -

- Si... credo anch'io di si... -

Sentirono la voce di Alain provenire dalle loro spalle.

- Mi raccomando, fate come se io fossi morto. -

- Alain, stai bene? -

- Benissimo, pronto per tre settimane di infermeria. -

Oscar soffocò una risata.

- Se non ti fossi messo a bere in servizio... -

- Quand'è così, ricordatemi di non cercare di salvarvi, la prossima volta che giocate ai travestimenti. -

- Non potevo certo farmi arrestare, ti pare che... André, che c'è da ridere? -

- Niente -, disse André ridendo e tossendo. - Immaginavo la scena... -

Alain iniziò a ridere di rimando e un attimo dopo rideva anche Oscar.

Rise a lungo, stesa sul pavimento della taverna deserta, con la mano nella stretta salda di André.

C'erano così tante cose da chiarire, spiegazioni da dare, domande da fare, ma, per quello, forse, ci sarebbe stato tempo.

In quel momento l'unica cosa che desiderava era restare lì, nonostante il dolore, con le dita intrecciate a quelle di André e il suono della sua risata nell'aria, come se tutto il resto non esistesse.

 

Pubblicazione del sito Little corner maggio 2020

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