Autore: Nazarena

Ce qu'a vu le vent d'Ouest

Warning!!!

 

The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.

L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.

 

Copyright:
The Copyright of Lady Oscar/Rose of Versailles belongs to R. Ikeda - Tms-k. All Rights Reserved Worldwide.
The Copyright to the fanfics, fanarts, essays, pictures and all original works belongs, in its entirety to each respective ff-fa author, as identified in each individual work. All Rights Reserved Worldwide.


Policy:
Any and all authors on this website have agreed to post their files on Little Corner and have granted their permission to the webmaster to edit such works as required by Little Corner's rules and policies. The author's express permission is in each case requested for use of any content, situations, characters, quotes, entire works/stories and files belonging to such author. We do not use files downloaded or copied from another website, as we respect the work and intellectual property of other webmasters and authors. Before using ANY of the content on this website, we require in all cases that you request prior written permission from us. If and when we have granted permission, you may add a link to our homepage or any other page as requested.
Additionally, solely upon prior written permission from us, you are also required to add a link to our disclaimers and another link to our email address.

The rules of copyright also apply and are enforced for the use of printed material containing works belonging to our authors, such as fanfics, fanarts, doujinshi or fanart calendars.

 

André tirò indietro i capelli per raccoglierli. Non si era ancora abituato ad averli corti e lo infastidiva trovarseli sempre davanti agli occhi, specialmente durante le esercitazioni con la spada. Oscar si accorse di quel suo gesto automatico e prese a provocarlo:

- Che c'è, Mademoiselle, vi manca la chioma? -

- A me sì -, rispose André. - Ma sono lieto che voi abbiate mantenuto la vostra, Mademoiselle. -

Oscar si sentì subito piccata e gli servì un paio di affondi vigorosi. André non si lasciò impressionare e la giocò con una finta, disarmandola.

Aveva notato che in quei giorni era più suscettibile del solito quando si faceva anche solo il minino accenno alla sua femminilità. Nell'ultima settimana aveva imposto perfino alla nonna di rivolgersi a lei chiamandola “Monsieur”, da non crederci! La nonna però era un osso duro e ogni volta fingeva di dimenticarlo, Oscar di conseguenza si inalberava e partivano interminabili discussioni che finivano sempre con lei che se ne andava sbattendo qualche porta. Lo strano comportamento sembrava essere cominciato da quando aveva partecipato a quel ballo vestita da donna, considerò André, certo che fosse accaduto qualcosa di importante e consumato dall'idea di non sapere cosa. Anche se poteva immaginarlo.

Oscar raccolse la spada in silenzio; André era diventato molto più forte nell'ultimo periodo.

Aveva una forza fisica che spesso gli bastava per prevalere su di lei, a dispetto della sua tecnica perfetta, considerò aggrottando la fronte.

- Andiamo, Oscar, hai intenzione di tenermi il broncio ancora per molto? -

- No - rispose calma. - Ho solo intenzione di farti vedere chi è la signorina, qui. -

- Quando vuoi - sorrise André rimettendosi in posizione.

 

 

Si batterono a lungo, rincorrendosi lungo le sponde del piccolo lago artificiale nel parco di palazzo Jarjayes, perdendo il conto delle vittorie e delle sconfitte e finendo seduti uno accanto all'altra, con le schiene poggiate al tronco di un grande salice, sfiniti, a osservare il sole che calava.

- Era tanto che non duellavamo così. -

- Già -, confermò Oscar, pensierosa. - Ultimamente c'è sempre qualcosa da fare... -

- O qualche palazzo da svaligiare - concluse lui. -

Oscar sorrise. Le si strinse il cuore. Ma non avrebbe saputo dire perché.

- Sei pronto per domani? -

- Sono nato pronto. -

- Sbruffone!- Lo apostrofò divertita dandogli una spinta. - Su, ripetiamo il piano. -

- Oscar - la implorò. - Ti prego, sono giorni che non facciamo altro. Non possiamo semplicemente goderci questo bel tramonto? -

- No, dobbiamo ripetere il piano. Domani non ce ne sarà modo e ho bisogno di essere certo che non dimentichiamo niente. -

- D'accordo -, sospirò André staccando la schiena dal tronco. - Ma una volta sola. -

 

 

La sera seguente, seguendo scrupolosamente il piano stabilito, Oscar e André si incontrarono alle scuderie tre ore dopo il tramonto. André aveva sellato i cavalli e indossava il costume da Cavaliere Nero, mentre Oscar una semplice tenuta borghese e un cappello.

Lei lo guardò ridacchiando, e si sentì stranamente imbarazzata mentre notava il corpo armonioso di lui, disegnato dallo stretto costume nero.

- Però, devo ammettere che questa mise ti dona - disse non riuscendo a trattenersi.

- Cos'era, Oscar, un complimento? - Chiese  stupito André. - In questo caso direi che il crimine paga! -

- Adesso non fare il cretino e concentriamoci. Hai preso tutto? - Glissò Oscar,  arrossendo, mentre montava a cavallo coperta da un ampio mantello. - Piuttosto, copriti anche tu. Si è alzato il vento. – Ammonì, sentendosi quasi Nanny.

André, sorpreso, sorridendo annuì, assicurando con un gancio una pesante sacca alla sella.

Partirono al galoppo nella notte diretti verso il loro obiettivo, palazzo Grabeille.

Il palazzo era la residenza dei conti de Grabeille, una famiglia ammessa a Corte, ma non autorizzata a risiedervi. Oscar evitava di derubare personaggi troppo in vista. Le dimore maggiori avevano una sorveglianza armata serrata e la loro operazione, essendo sotto copertura, praticamente non autorizzata, non poteva avvalersi di complici: il margine di rischio era troppo alto.

La frustrazione, però, iniziava a farsi sentire; fino a quel momento avevano colpito sette volte e del vero Cavaliere Nero non c'era traccia.

La scelta era ricaduta su palazzo Grabeille perché era un luogo conosciuto bene da entrambi, il generale Jarjayes era un amico di vecchia data del conte de Grabeille, pur appartenendo quest'ultimo ad una famiglia di rango inferiore. Tra gli altri considerevoli vantaggi, la residenza non aveva molti sorveglianti, non era distante da palazzo Jarjayes e, per di più, si trovava al limitare di un bosco di diversi ettari che avrebbe costituito un nascondiglio perfetto, in caso di pericolo. Come se non bastasse, quella sera era in programma un ballo a Versailles, i de Grabeille erano tra gli invitati e non sarebbero tornati fino alle prime luci dell'alba, lasciando incustoditi i monili della contessa.

Sembrava quasi troppo bello per essere vero.

 

 

Oscar e André arrivarono alla meta dopo un breve tratto percorso con i cavalli lanciati al galoppo. Lasciarono gli animali legati ad un albero al limitare del bosco e si avviarono a piedi verso l'alta cancellata che delimitava tutta la proprietà. Il vento rumoroso e forte li costrinse ad avanzare trattenendo i mantelli con le mani. Ogni cosa nella casa però sembrava immobile, pesanti tende oscuravano le vetrate e non giungevano rumori sospetti dall'interno.

Alcune lanterne fissate alla facciata illuminavano soffusamente il perimetro dell'edificio mentre il resto del grande giardino giaceva addormentato nell'ombra, attraversato solo dal sibilo del vento. Poche guardie, avvolte nei cappucci, stanziavano davanti all'entrata principale che era collocata ragionevolmente lontano dal punto dove Oscar e André avevano intenzione di introdursi. Ritrovarono una parte della cancellata, individuata ispezionando i confini qualche sera prima, su cui si allungavano i rami di una grossa quercia. André tirò fuori dalla sacca una corda, la annodò lasciando un cappio all'estremità e la lanciò in alto nella penombra, centrando in pieno la punta acuminata di una delle sbarre.

- Però, che fortuna! - commentò Oscar. Bravo, André, disse a se stessa, come intenerita.

- Non è fortuna, si chiama classe, cara mio. -

Oscar sbuffò, schernendolo, e strattonò con forza la parte di corda pendente per assicurarsi che il nodo reggesse. Una volta sicura, la ripassò ad André che la afferrò saldamente con le mani e scalò l'inferriata, facendo leva sulle gambe. Arrivato in cima, André passò su un grosso ramo sporgente e, aggrappandosi al tronco della quercia, in un attimo fu all'interno del giardino.

Oscar, dal canto suo, superò agilmente la cancellata, ma mentre scendeva dall'albero una folata di vento le fece perdere l'equilibrio e lei scivolò, rovinando rumorosamente su André.

Caddero entrambi a terra con un tonfo.

- Ti ho fatto male? -

- N… No... - rispose André, sorpreso dal colpo e da quella inaspettata vicinanza.

Le prese delicatamente le braccia per evitare che si alzasse, per tenerla su di sé ancora un attimo.

- E tu, stai bene? -

- Sì, sono solo scivolata, ho messo un piede in fallo - rispose lei, staccandosi da lui e rompendo l'incanto.

- Tranquilla, sono errori dovuti all'inesperienza -, disse lui, dissimulando l'emozione. - L'effrazione è un'arte e tu, per tua fortuna, sei con un professionista! -

- Ma la smetti di darti arie? - Protestò Oscar. - Non mi sembra il momento di scherzare! -

No, decisamente non lo era.

Erano nel bel mezzo di un furto in cui lui era la copia di un pericoloso criminale e l'originale poteva comparire da un momento all'altro. Oscar aveva ragione, era il momento di mantenere la lucidità. Attraversarono il giardino con passo leggero e si avvicinarono al corpo laterale del palazzo.

- André... mi sembra di aver sentito delle voci -  gli sussurrò Oscar.

André tese l'orecchio, ma non udì altro che il fischio acuto della corrente.

- Sei sicura? Io sento solo il vento. -

Oscar mugugnò, forse quel colpo le sembrava così facile, che trovare qualche difficoltà era quasi un bisogno. Se ne rese conto e decise di dare ascolto ad André.

- Mi sarò sbagliata... Proseguiamo. -

 

Si avvicinarono ad un piccolo portone laterale che dava l'accesso alle cucine.

Oscar tirò fuori una punta di ferro da una tasca del mantello e si rivolse ad André: - Stiamo per entrare. L'obiettivo è di fare ogni sforzo per mantenere la copertura. In una situazione di pericolo... -

- In una situazione di pericolo -, la interruppe sottovoce - tu rivelerai la tua identità evitandomi di finire impallinato. Ho studiato, visto? -

Oscar sorrise e, invece di redarguirlo per l'ennesima battuta fatta in un momento poco opportuno, gli fu grata per quella innata capacità di smorzare la tensione in ogni occasione.

Prese ad armeggiare con il punteruolo, forzando la serratura con estrema facilità.

- André - ridacchiò a bassa voce, - questa serratura è pessima... sarà un dono di Sua Maestà? -

André trattenne a stento una risata.

- Adesso ti prego io, Oscar, sto cercando di rimanere concentrato! -

- Scusami, hai ragione  - disse lei infilandosi all'interno. - Via libera, vieni. -

André la seguì, lasciando la porta socchiusa e si ritrovò in un'anticamera completamente buia. Avrebbero dovuto attraversare le cucine, un corridoio e il salone di rappresentanza, prima di arrivare alle scale che conducevano al piano superiore.

Un buio rassicurante faceva ben sperare che tutta la servitù si fosse già ritirata.

Si avviarono con cautela, ma dovettero procedere quasi a tentoni, perché in tutto il lungo corridoio non c'erano che un paio di candele. Presto però si accorsero che dal salone proveniva una luce ben più intensa e insieme alla luce arrivarono le voci di due uomini intenti a discutere.

Oscar si immobilizzò e trattenne per un braccio André, cercando di capire di chi si trattasse.

- … vi farò assaggiare un Bordeaux del '70, vi assicuro che non vi pentirete di essere rimasto a farmi compagnia. -

Era il conte de Grabeille, senza alcun dubbio! Dunque non era andato al ballo, dannazione.

Ma chi c'era con lui? Di sicuro non la contessa. L'ospite parlò ed Oscar ne riconobbe la voce dalla prima sillaba che pronunciò. Le si gelò il sangue.

- Vi ringrazio conte, mi state deliziando con delle vere rarità. -

Fersen! Maledizione, era Fersen... Oscar avvampò, non lo vedeva dalla sera del ballo... Quando accidenti era diventato così intimo di de Grabeille? Senza rendersene conto, serrò la stretta al braccio di André.

Anche lui aveva subito riconosciuto la voce del conte e la morsa della mano di Oscar, la prova del suo turbamento, diventò insopportabilmente bruciante.

André si liberò con decisione dalla stretta e fece un passo indietro ma, nell'indietreggiare, urtò un tavolino che era poggiato alla parete, facendo cadere un vaso che si frantumò sul pavimento con un fragore che sferzò, come uno sparo nella notte.

Oscar restò pietrificata, mentre Fersen e de Grabeille saltarono dalle poltrone.

- Cos'è stato? - chiese allarmato il padrone di casa.

- Non preoccupatevi conte, lo scopriremo immediatamente - rispose Fersen avviandosi velocemente verso il corridoio. - Chi è là? C'è qualcuno? -

Oscar non rispose e, forse per la prima volta nella sua vita, non seppe cosa fare.

Poteva uscire dall'ombra, palesare a Fersen la sua presenza e dire la verità, che sarebbe stata la cosa più giusta, oppure semplicemente fuggire. Ma le era orribile l'idea di un confronto, al pensiero del suo sguardo su di lei, al ricordo della sua voce che le parlava e sentì che affrontarlo sarebbe stato troppo.

In un lampo ritrovò la lucidità, fece un cenno ad un André ancora attonito ed entrambi cominciarono a correre a rotta di collo verso l'uscita.

Il rimbombo dei passi sul pavimento di marmo confermò a Fersen che qualcuno si era introdotto in casa. Cominciò anche lui a correre.

Oscar sapeva che per il momento erano inseguiti solo da Fersen, sentiva la voce del vecchio de Grabeille riecheggiare dalla sala, mentre chiamava a raccolta la servitù.

Considerò che avevano qualche secondo di vantaggio. Se fossero riusciti ad arrivare in giardino, il buio e il vento li avrebbero aiutati a far perdere le loro tracce. All'ingresso delle cucine, però, quando l'uscita era ormai prossima, Oscar sentì André gridare e lo vide accasciarsi. Nella penombra si accorse inorridendo che aveva qualcosa conficcato in una gamba, sembrava l'impugnatura di uno stiletto.

Fersen aveva tirato quasi alla cieca quella piccola arma che teneva sempre con sé, ed esultò quando si accorse che il colpo era andato a segno.

- L'ho colpito! E' il Cavaliere Nero! -

Era vicinissimo, ma mentre si lanciava su André, Oscar si interpose di scatto tra i due e lo spinse con tutte le sue forze. Sbilanciato da quell'attacco, così inaspettatamente fisico, Fersen perse l'equilibrio, finendo contro una massiccia credenza.

Nei brevi istanti in cui il conte rimase a terra a riaversi dal colpo, Oscar si piegò su André gridando: - Cosa ti ha fatto? Cosa ti ha fatto?! -

- Sto bene, corri! Corri! -

Sentire quella voce, così salda e decisa, la rincuorò. Si alzò, mentre André si strappava il pugnale dalla ferita, in un gemito soffocato, ed entrambi ripresero la fuga.

Da quel momento, ad Oscar sembrò di essere in una sorta di sogno confuso, con la mente divisa tra lo sfuggire a Fersen e l'idea della lama nel corpo di André.

Sentì le voci dei servi che si radunavano nel salone ma lei e André ormai erano fuori. Corsero a perdifiato fino alla grande quercia, con i mantelli spalancati dalle sferzate impietose del vento, mentre le guardie al cancello principale, allertate dal trambusto, liberarono dei cani che scattarono in direzione dei fuggitivi. Oscar e André riuscirono ad arrampicarsi sul tronco, giusto un attimo prima che le bestie arrivassero e scavalcarono la cancellata aiutandosi con la corda che avevano lasciato in precedenza. I cani rimasero gabbati, abbaiando e saltando impotenti davanti alle sbarre della cancellata. In pochi minuti il giardino si era riempito di persone, chi accendeva una torcia, chi gridava, altri correvano verso le stalle, anche Fersen era uscito e chiedeva a gran voce il suo cavallo.

Oscar e André continuarono a correre senza voltarsi fino al limitare del bosco. Non avrebbero potuto fermarsi in nessun caso, ora che i cani avevano rivelato il punto da cui erano fuggiti. Slegarono concitati i cavalli e si immersero nella macchia. Dovevano fare presto, i primi inseguitori uscivano al galoppo dal cancello di palazzo de Grabeille.

Nonostante l'affanno, seguirono le tracce di un sentiero per qualche centinaio di metri senza rallentare il passo, poi deviarono bruscamente, scomparendo tra i fitti arbusti.

Quando le parve che si fossero addentrati abbastanza e i cespugli divennero così alti da impedire il passaggio, sia con  i cavalli che a piedi, Oscar si fermò e fece un lungo sospiro.

- Fermiamoci qui.  È  impossibile proseguire. -

André legò alla meglio i cavalli al tronco di un albero, poi si girò a cercare Oscar e distinse la sua figura disegnata nella penombra dalla luce della luna.

André si sedette sull'erba e le prese la mano. Lei si lasciò guidare dalla sua stretta e si mise accanto a lui. Entrambi tacevano ansimanti e increduli per quanto era appena successo.

Fu Oscar a riscuotersi e a rompere il silenzio.

- André... la tua ferita! – Esclamò, accorata. - Come facciamo con questo buio? Non possiamo medicarla… -

- Non preoccuparti -, la rassicurò - non dev'essere niente di che. Sento solo un po' di bruciore. –

- Lascia almeno che metta una fasciatura… -

Prima che André potesse obiettare, Oscar strappò un lungo lembo del suo mantello.

- Dov'è la ferita? -

Senza parlare André cercò la sua mano e la guidò. Oscar sentì le dita bagnarsi di sangue e le si strinse il cuore. La ferita era sotto al ginocchio destro, poco sopra il gambale dello stivale.

Oscar avvolse delicatamente la striscia di stoffa intorno alla gamba e la fermò con un nodo, mentre André, turbato dal tocco delle sue mani, si sforzò come sempre di mantenere la calma.

- Credo che così possa andare... -

- Bene -, disse lei ragionando a voce alta - perché credo che dovremo aspettare l'alba. Se siamo fortunati attraverseranno il bosco dal sentiero e non libereranno i cani di notte con questo vento. Qualcun altro ci cercherà sulla strada maestra e dopo un po' penseranno che li abbiamo seminati. Sicuramente verranno anche con delle torce, ma escludo riescano a spingersi fin qui - Oscar fece una pausa e riprese, dicendo l'unica cosa che in realtà le premeva -  André, mi dispiace che sia stato ferito... -

- Già - assentì lui con un tono lontano. Non era di quello che voleva parlare. Pensò di trattenersi, ma poi decise di approfittare dell'ombra che celava l'espressione del suo viso e pregò che lo aiutasse a non tradirsi.

- Oscar... perché siamo scappati? -

Lei trasalì. - Perché me lo chiedi? - domandò lei a sua volta. - Il piano era di salvare la copertura, no? -

- No -, la corresse. - Il piano era di rivelare la nostra identità in caso di pericolo... ma non credo che occorra ricordartelo. -

- Non occorre, infatti - disse gelida mettendosi sulla difensiva. - Non ho ritenuto che corressimo un pericolo tale da mandare a monte il piano. -

- Dici davvero? - Chiese sarcastico. - Tanto per cominciare, mi sono preso una pugnalata. -

- Per questo sono mortificata, André, e te l'ho appena detto. Avrei preferito capitasse a me - lo interruppe lei sinceramente dispiaciuta.

- Oscar... - insisté lui ostinato - Oscar, hai aggredito il conte di Fersen... e non provare a dirmi che non sapevi fosse lui. -

- E con questo? - Obiettò lei, riprendendo il tono freddo di poco prima.

- E con questo?! - Si animò André, facendole eco - Oscar, hai per caso perso il senno? Poteva ferirti, poteva riconoscerti! -

Oscar si alzò di scatto e, del tutto inaspettatamente, cominciò a ridere.

Una risata bassa, lenta, quasi beffarda.

- Se è questo il tuo timore, non c'è da preoccuparsi. Ultimamente ha l'abitudine di non riconoscermi.- 

André percepì tutta la sofferenza di lei e ne fu sopraffatto. Non ne poteva più di fingere, di tacere, di arrovellarsi nel dubbio. Si alzò piantandosi a un passo da lei e la afferrò per le spalle.

- Che cosa intendi dire? Che cosa è successo? - Le chiese duro, sforzandosi di non alzare la voce.

- Lasciami - gli intimò lei.

- No Oscar, non ti lascio. Che cosa è successo? Riguarda la sera del ballo, non è vero? -

A quella domanda Oscar sentì sgretolarsi le sue difese. Ormai non c'era motivo di negare quello che André aveva già capito.

- Lasciami -, ripeté stancamente lei. - Te lo dirò. -

André allentò la presa, lasciando scorrere le mani sulle braccia di lei, le sentiva, sotto le sue mani, coperte dal mantello.

- Quella sera abbiamo danzato... ma lui non si è accorto che ero io. Parlava a me... di me... come del suo migliore amico, credendo di rivolgersi ad un'altra persona. Non lo vedevo da allora. -

Oscar chinò il capo e calde lacrime iniziarono a sgorgarle dagli occhi. Per André ascoltare quella confessione fu come ricevere un'altra pugnalata, questa volta al petto.

Il sentimento di Oscar verso Fersen era sempre stato evidente, ma ora che lei lo stava finalmente ammettendo, ora che lo sentiva dalla sua voce, che vedeva le sue lacrime, diventava così tremendamente reale e doloroso. Le cose che avrebbe voluto dirle, le parole che, fino a un attimo prima, sembravano bruciargli nel petto come una fiamma impetuosa, improvvisamente si spensero e tornarono a nascondersi nel dolore di un silenzio che durava da vent'anni. Con un nodo alla gola si impose di trattenersi e lasciò che Oscar continuasse il suo sfogo.

- È per questo che siamo scappati, perché non ho voluto affrontarlo, non ci sono riuscita... e tu sei stato ferito per colpa mia, perché sono una persona debole... perché sono una donna. -

Era una donna, sì, e lo ammetteva grazie a Fersen, anelando a lui. Con uno sforzo atroce André ricacciò indietro la rabbia che sentiva montare dentro e pensò al fatto che lei stava provando il suo stesso patimento. Era consapevole che avrebbe potuto umiliarla con una sola frase, calpestando quella femminilità sbocciata per un altro uomo, ma la sentì così indifesa, così fragile, che d'un tratto dimenticò Fersen. Desiderava soltanto non vederla più in quello stato.

- Oscar - le disse prendendole le mani, - sei una donna, è vero, ma sei anche il miglior ufficiale che io conosca. La debolezza davanti ai sentimenti è comune sia agli uomini che alle donne, non fa differenze e non risparmia nessuno. -

- Oh, André... -

- Adesso asciugati quelle lacrime, oppure piangi ancora, se vuoi. -

Oscar scossa la testa, si asciugò le guance con la manica della giacca e si sedette di nuovo sull'erba, accanto a lui, in silenzio. Dopo poco sentirono le voci degli inseguitori e le loro fiaccole che si avvicinavano, accompagnate dagli ululati del vento.

Le udirono andare e venire più volte per poi spegnersi nella notte.

André diede voce al pensiero di entrambi.

- Credo che se ne siano andati. Ce l'abbiamo fatta. -

- Lo penso anch'io - confermò lei, - ma dobbiamo comunque aspettare, non riusciremmo ad uscire da qui con questo buio e non possiamo rischiare di accendere una torcia. -

- Certo che no. Ci aspetta una lunga notte. -

- E fa anche freddo... maledetto vento - constatò Oscar, stringendosi nel suo mantello.

- Aspetta -, disse André aprendo il suo e passando il braccio attorno alle spalle di lei. - Dividiamo il mio. -

Oscar si rannicchiò, raccolse le ginocchia tra le braccia e poggiò la testa sulla spalla di André. In tutta la follia di quell'assurda situazione l'unica cosa che vedeva con chiarezza era proprio André, sempre presente e pronto a sostenerla. Avvolta nel suo abbraccio caldo, sentì una profonda gratitudine mista, a un sottile turbamento che non riuscì a definire. Eluse la strana domanda che le ronzava per la testa e prese a ripensare agli avvenimenti di quella sera.

- André... -

- Dimmi. -

- Stavo pensando che ho sbattuto Fersen contro una credenza - disse ridendo sommessamente.

Già -, rispose lui unendosi alla risata. - Probabilmente il Bordeaux del '70 lo ha preso in testa... –

Risero a lungo, e quando la risata si fu esaurita Oscar si sentì tranquilla, abbandonò completamente la testa sulla spalla di André e si addormentò.

 

 

Aprirono entrambi gli occhi alle prime luci di un'alba senza vento, ancora avvolti nel mantello di André.

Il primo pensiero di Oscar fu di controllare la ferita di lui, che fortunatamente si rivelò davvero poco seria.

Si alzarono doloranti dal terreno e si accinsero a slegare i cavalli. Ripercorsero con difficoltà i loro passi fino a raggiungere il sentiero e, una volta imboccato, lanciarono i cavalli al galoppo.

Attraversarono il bosco, sbucarono sulla strada maestra e continuarono a galoppare verso casa.

Quando furono davanti al cancello di palazzo Jarjayes, Oscar rallentò di colpo l'andatura fino a fermarsi.

André, stupito, la seguì, fermando il proprio cavallo dietro quello di lei, che gli parlò senza voltarsi.

- André, vorrei che non facessimo più cenno a quanto ti ho raccontato stanotte. -

Era ritornata in sé, riecco la solita cortina di freddezza.

- D'accordo Oscar, come vuoi - si arrese.

Oscar si girò.

- Inoltre... mi hai detto che sono un buon ufficiale, ma per dimostrare di essere tale devo evitare di esporre al pericolo chi mi segue. Questa notte, sei stato ferito a causa della mia irresponsabilità e non permetterò che la cosa si ripeta. Faremo solo un altro tentativo. Se falliremo, sarà l'ultima volta che indosserai quel costume. -

Oscar si voltò nuovamente e, senza dargli modo di rispondere, spronò il cavallo e varcò il cancello, colorando di polvere il mattino.

 

Pubblicazione del sito Little corner maggio 2020

vietati pubblicazione e uso senza il consenso dell'autore

Mail to nazarena.opera@gmail.com

Back to the Mainpage

Back to the Fanfic's Mainpage