Vicini

parte III

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Oscar le lanciò uno sguardo che avrebbe congelato chiunque ma lei era andata troppo avanti ed era decisa a non farsi scoraggiare.

“Scusatemi vi prego”, continuò più calma. “So che non sono fatti miei ma è così evidente, io non so cosa vi tenga lontani... anche se posso immaginarlo, voglio dire: perché siete nobile...” Si interruppe. “Comunque sia, io non voglio che ci siano malintesi a causa mia, non posso permetterlo, gli devo tanto...”

Oscar era davvero a disagio, certo che avrebbe voluto ascoltare tutto quello che Diane aveva da dirle ma le sembrava umiliante.

“Cercate voi di capire me”, esclamò con calore. “Io non voglio sapere qualcosa che lui vuole tenermi nascosto...”

“Ma non vuole nascondervi nulla”, ribatté Diane senza farle terminare la frase. ”Sono certa che vi spiegherebbe ogni cosa se potesse farlo. Ma metterebbe in cattiva luce me e non lo farebbe mai, neanche per difendersi. E’ solo questo che glielo impedisce. E’ la persona più leale che io conosca. Per questo è mio dovere dirvi tutto. Cercate di capire, io gli devo la vita.”

Oscar rimase senza parole e Diane l’interpretò come un segno di resa. Iniziò a parlare.

“Ecco, è tutto molto semplice” disse, ma evidentemente non era così semplice perché era chiaramente molto a disagio, tuttavia si fece forza e continuò. ”Qualche tempo fa ho conosciuto un giovane. Era molto gentile con me. Diceva che mi amava e che mi avrebbe sposata anche se sono povera. E io gli ho creduto, ho creduto a tutto quello che mi ha detto. E, in breve, sono stata con lui, voglio dire... io...”

“Ho capito”, l’interruppe Oscar imbarazzata quasi quanto lei.

Diane sembrò respirare meglio e poté continuare: “Lo so che avrei dovuto stare attenta, ma io avevo fiducia in lui... Comunque, non ha più importanza, perché dopo qualche tempo ho scoperto che si era sposato con una ragazza molto ricca. Quel giorno mi è sembrato di impazzire. Avevo una gran paura di essere incinta e riuscivo solo a pensare che nessuno più mi avrebbe voluta e sarei rimasta sola per sempre. Lo so che vi sembrerò davvero sciocca. Mi vergogno molto adesso ma ero davvero disperata e così ho cercato di uccidermi. Mi sono buttata nel fiume e André, per fortuna, era lì vicino e mi ha salvata.”

“Sono caduto nel fiume.” Oscar ricordò le parole di André. Era tutto vero, in un certo senso.

“E dopo non mi ha abbandonata. Veniva a trovarmi tutti i giorni. Forse temeva che io ci riprovassi, anche se, in realtà, a me era passata la voglia di morire. Poi ho scoperto di non essere incinta. Fu quel giorno, quando ci incontrammo a Parigi, ricordate? So che vi disturbai, ma ero così felice e dovevo dirlo a qualcuno. È tutto qui, davvero. Non c’è nient’altro. Non è successo niente.”

“Ma perché non l’avete detto a vostro fratello?” Esclamò Oscar. “Lui vi avrebbe difesa, avrebbe punito quell’uomo...”

“Sì, lo so. Ma io non voglio che sia punito. Credo che lui non volesse... che i suoi lo abbiano costretto. E, poi, è tutta colpa mia, perché sono povera e perché non dovevo... ecco. Non riuscirei mai a dirlo ad Alain. Lui sarebbe così deluso di me che io non riuscirei più a guardarlo negli occhi. Capite?”

“Siete troppo severa con voi stessa”, Rispose Oscar con calore. “Voi non avete nessuna colpa. Lui si è comportato da vigliacco. È lui che deve vergognarsi.”

Diane la guardò a lungo, poi, accennando un sorriso, disse: “Lui mi ha detto le stesse cose... Ma non importa più, non voglio più pensarci, voglio guardare al futuro, ora.”

“Ma voi l’avete dimenticato? Voglio dire: siete tranquilla, ora?” C’era partecipazione nella voce di Oscar.

“Sì”, rispose Diane, “sto bene, mi sento più forte adesso. Sapete, André ha detto che un giorno troverò sicuramente qualcuno che mi ami e quel qualcuno amerà solo me e non gli importerà niente del passato. Ha detto che anche lui mi amerebbe se il suo cuore gli appartenesse” e la guardò dritta negli occhi. Poi continuò “So che l’ha detto per consolarmi, ma mi ha fatto molto piacere. Però, non so come spiegarmi, ma io non ho più paura di restare da sola. Penso di potere, di dover essere felice anche così. Lo devo alle persone che mi vogliono bene. Quel giorno André mi disse che Alain sarebbe morto di dolore se davvero fossi riuscita ad uccidermi. E io nel mio egoismo non ci avevo neanche pensato. Non voglio più essere così. Vorrei essere come lui. Io non so come faccia. Si vede che soffre ma non fa niente per rendersi le cose più facili. Lui non scappa, non cerca scuse, non si stordisce. Soffre e basta. Penso di essere diventata più forte solo a guardarlo.” Di nuovo Diane si interruppe “Ho divagato di nuovo, scusatemi, e vi ho fatto perdere molto tempo. È meglio che vada, ora.”

Fece per allontanarsi, ma Oscar la fermò “Aspettate... io vi ringrazio.” Esitava. “Siete stata davvero gentile. Vi auguro tutta la felicità che meritate.”

Diane ricambiò le sue parole con un sorriso e disse “Sapete, non capivo perché vi amasse. Ma ora lo so: siete come lui. Pura come lui. Sono felice di aver parlato con voi. Addio.”

Se ne andò lasciando Oscar in uno stato di gioia indescrivibile. Non poteva che essere così, lui non poteva che essere così: meraviglioso e innamorato di lei e di lei sola. Si avviò verso la caserma sperando di non incontrarlo perché difficilmente si sarebbe trattenuta dal buttargli le braccia al collo. Ma girato l’angolo trovò Alain, stravolto. Aveva saputo che Diane era stata in caserma e aveva deciso di raggiungerla.

“Alain, hai ascoltato tutto?”

“Perché non me l’ha detto?” Chiese lui con la disperazione nella voce.

“Cerca di capire, non è facile dire certe cose a un fratello...”

“Certo è più facile dirlo a voi”, sbottò lui che non voleva sentire ragioni.

“Ma io...”

“Certo“, la interruppe lui, ”voi siete una donna. Ma io non l’avrei rimproverata. Le sarei stato vicino.”

“Lo so”, disse Oscar dolcemente “ e lo sa anche lei. Ma non voleva deluderti. Tu pensi ancora che sia una bambina da proteggere e lei non lo è. È una donna e molto più forte di quel che sembra.”

Alain rimase in silenzio e parve riflettere, poi annuì lentamente col capo. Passò del tempo prima che riprendesse a parlare: “Devo chiedere scusa ad André. Mi sono comportato molto male con lui.”

“Non preoccuparti”, disse lei, “lui non ce l’ha con te”

“Lo conoscete bene... Sapete, avevo riflettuto molto sulle vostre parole. Avete ragione. Lui renderebbe felice Diane se la sposasse, anche se non può amare nessun altra che voi. E io avevo pensato che avrei potuto accettarlo se il suo amore fosse stato impossibile, ma vedete, non credo che lo sia.” La guardò dritto negli occhi e lei arrossì. Sorrise e aggiunse “Siete due persone eccezionali e le persone che vi vogliono bene vorrebbero vedervi felici assieme.” Lei non sapeva cosa dire ma lui la liberò dall’imbarazzo. “E’ meglio che vada da Diane ora”, disse e se ne andò.

 

La sera di quello stesso giorno Oscar stava lasciando la caserma quando André si avvicinò: “Oscar, mi aspetti? Torno a casa con te stasera.”

“Certo”, rispose lei con un sorriso. Che fortuna, pensava. Avrebbe potuto parlargli, dirgli tante cose. Ma non riusciva a dire niente. Era emozionata come una ragazzina. Lo guardava di sottecchi: quant’era bello in uniforme! Era assurdo provare simili sensazioni per qualcuno che aveva vicino da una vita, ma non poteva farci proprio niente.

Fu lui a interrompere il silenzio: ”Che bello tornare a casa! Non vedo l’ora di mangiare le cose buone che prepara la nonna. Ehi, Comandante, lo sai che si mangia proprio male in caserma?”

“Cosa? Ma non è colpa mia!” esclamò lei, poi aggiunse, docile ”Però vedrò di fare qualcosa”.

Lui fu colpito da tanta remissività e continuò: “Davvero? Allora puoi evitarmi tutte quelle guardie di notte, che ne dici?”

“Come sarebbe?” Sbottò lei. Non c’era mai stato neanche bisogno di dirlo, perché nessuno dei due avrebbe accettato il contrario, che André non avrebbe avuto vantaggi per il fatto di essere suo amico.

E, infatti, lui se la rideva. “Allora sei viva! Iniziavo a preoccuparmi! Dai, scherzavo. Eri così silenziosa. C’è qualcosa che ti preoccupa?”

Lei si trovò in difficoltà. “No, no, io... pensavo che è una serata così limpida e dolce! Volevo godermi questa tranquillità.”

Mentiva, perché quello che avrebbe voluto dire era “E’ così bello stare vicino a te in una serata così.” Ma le parole non le uscivano.

“E da quando sei così sentimentale?” Scherzò lui. “Dai facciamo una corsa fino a casa!”

Spronò il cavallo e si allontanò. Lei con un sorriso lo seguì ma per nulla al mondo l’avrebbe superato.

 

Più tardi Oscar era seduta accanto al fuoco. I suoi pensieri erano occupati da André. Temeva che quella sera lui non venisse a farle compagnia, come invece accadeva sempre. E lei voleva ancora stare con lui.

E infatti lui arrivò e le si sedette vicino.

Di nuovo il cuore prese a batterle forte al solo guardarlo: era bello anche senza uniforme, e aveva un volto sereno.

Lui si sentiva sereno, infatti. Forse iniziava a perdonarsi. In realtà gli sguardi carezzevoli di lei gli riscaldavano il cuore senza che se ne rendesse conto.

Pensò che forse fra loro era tutto perfetto già così. Quando erano vicini il mondo scompariva e non c’erano bisogno di parole. L’amore ha tante forme e chi può dire quale sia quella giusta? Questo era l’affetto che lei poteva dargli ed era solo una inutile sofferenza pretendere di più.

Fu lei a interrompere il silenzio: ”Sai che oggi Diane ha voluto parlare con me?” E, di fronte al suo sguardo stupito, continuò: ”Mi ha detto tutto, tutto quello che hai fatto per lei. Sei stato...” meraviglioso avrebbe voluto dire, ma disse solo “davvero gentile con lei.”

“L’avrebbe fatto chiunque”, rispose lui scrollando le spalle.

Lei abbassò il volto per nascondere un sorriso: era vero, forse chiunque l’avrebbe fatto, ma pochi non l’avrebbero considerato un merito come invece faceva lui. Per André semplicemente non esistevano alternative.

“Perché ha voluto dirtelo…” gli sfuggì, quasi pensasse ad alta voce.

“Ha detto che non voleva che io pensassi delle cose non vere.” Era arrossita mentre rispondeva.

“Capisco”, disse lui freddamente. La serafica calma di poco prima svanì di colpo. Che grossa idiozia. Durante tutto quel periodo aveva visto a volte in lei una strana freddezza e per un attimo gli era venuto in mente che potesse essere dovuta a gelosia, ma aveva abbandonato subito l’idea. Quella povera ragazza si era sottoposta a una umiliazione inutile. Non era evidente per tutti, come era evidente per lui, che la sua vita privata era l’ultima cosa che interessasse Oscar? Certo, sapeva che lei gli voleva bene ma era un affetto del tutto fraterno. Lui avrebbe dovuto accontentarsi, ma non ci riusciva proprio. La desiderava. Da sempre. Eppure gli sembrava che il desiderio fosse più sopportabile prima di quella notte. Adesso era una tortura. Adesso che conosceva il sapore della sua bocca, l’odore della sua pelle, il candore del suo seno. Il ricordo bastava per fargli perdere la ragione. Anche questo faceva parte della sua punizione, pensava.

“E’ meglio che vada, devo alzarmi presto domani. Buonanotte Oscar”, disse alzandosi. Era pericoloso starle così vicino.

“Buonanotte”, ripeté lei meccanicamente e rimase lì, triste, delusa e sconfortata.

Non sarebbe mai riuscita ad esprimere i suoi sentimenti. Era troppo tardi. Era troppo vecchia. Non conosceva i gesti e le parole dell’amore. Il suo cuore era stato seppellito per troppo tempo.

 

Nei giorni successivi fu molto impegnata e non rimase più da sola con lui. Ma una sera dovette andare a Parigi e chiese a lui di accompagnarla. St. Antoine. Una folla inferocita assalì la loro carrozza. Furono separati, Oscar svenne e quando, dopo un po’, riprese i sensi si ritrovò in un vicolo buio e Fersen era davanti a lei e diceva qualcosa ma lei non capiva cosa. Capiva solo che André non c’era. La folla l’aveva preso.

Iniziò a gridare: “Lasciatemi, il mio André è in pericolo! Lasciatemi!”

Fersen la guardava come se fosse pazza: “Cosa dite? Volete che vi sentano? E’ troppo pericoloso!”

Poi sentirono una voce: “Oscar”. Era André. Lo videro che scendeva le scale con passo incerto.

Lei fu veloce come il vento. Gli corse incontro e lo abbracciò con tanta foga che lui dovette appoggiarsi al muro per non cadere. Poi scoppiò in lacrime, senza alcun ritegno, come mai in vita sua.

André ne fu molto colpito: “Oscar, è tutto finito”, iniziò a dirle esitando. Gli sembrava tutto così strano: di brutti momenti ne avevano passati ma, non aveva mai visto Oscar in quelle condizioni.

Per un attimo gli balenò l’idea che fosse accaduto qualcosa fra lei e Fersen.

Lei non si calmava ma, fra le lacrime, riuscì a dire: “Credevo che fossi morto.”

Lo sguardo di André si addolcì. Prese ad accarezzarle i capelli, mentre mormorava “Ma dai, sto bene, vedi?”

Ma le sue parole non sembravano aiutarla. La sua pena era ben più grande. Aveva immaginato la vita senza André, il mondo senza André e le era sembrato un solo baratro spaventoso.

E quel che davvero era insopportabile era che le sembrava di avere tante colpe verso di lui e tanta felicità da dargli ancora. Si può lasciare andare una persona che si ama, quando arriva il momento, se tutto l’amore è stato dato, altrimenti è come non aver mai vissuto.

“Tu non capisci…” continuò lei. “Credevo che fossi morto… e io non ti ho mai detto che ti amo...”

La sorpresa di André fu tale che, senza rendersene conto, rivolse a Fersen uno sguardo decisamente interrogativo.

Fersen, sorpreso quanto lui, si riprese molto prima. Gli sorrise, poi abbassò lo sguardo con discrezione.

E André poté affondare il viso nei capelli di Oscar e stringersela contro.

Rumori dalla strada.

Fu Fersen ad interrompere quel breve momento. “Arriva qualcuno”, disse. “Dobbiamo andarcene, presto!” E scomparve dietro l’angolo.

Lei non aveva alcuna voglia di separarsi da André. Si staccò da lui ma rimase a guardarlo.

Lui era ipnotizzato, avrebbe voluto baciarla. Si costrinse a ragionare. ”Andiamo” disse.

Fersen aveva trovato una carrozza per loro. “Andate”, disse.

“Venite con noi“, lo chiamò Oscar.

Lui rifiutò: “I miei uomini mi aspettano qui vicino. Non preoccupatevi per me.” E scomparve.

La carrozza partì e loro rimasero seduti l’uno accanto all’altra in silenzio.

André era frastornato. Gli sembrava di non essere nel mondo reale, quasi fosse vittima di un incantesimo. Aveva la sensazione che presto la magia sarebbe finita e tutto sarebbe tornato come prima.

Lei, invece, era serena, come mai nella sua vita e non pensava a nulla. Si godeva la semplice sensazione di averlo accanto.

 

La carrozza li riportò a casa. Non si erano ancora detti una parola, ma quando lei vide che lui aveva intenzione di andarsene in camera sua lo chiamò.

“André!”Poi, con la voce che tremava aggiunse: “Hai sentito quello che ho detto prima?”

“Sì” rispose lui con un filo di voce.

“Non ti importa niente?” Chiese lei con il timore negli occhi “Non mi ami più?”

Lui si avvicinò, fece per sfiorarle la guancia con le dita ma si fermò. “Oscar, il mio amore per te finirà con la mia vita.”

Lei si strinse a lui e mormorò: “Anch’io, anch’io ti amo. Non sai che paura ho avuto. Ma ho avuto un’altra possibilità e non voglio sprecarla.”

André era paralizzato, esitava. “Oscar, ascolta ti prego, è una notte strana, hai avuto paura e sei confusa...”

Lei si staccò da lui ma rimase con i pugni chiusi sul suo petto. “Non sono confusa, non è mai stato tutto chiaro come adesso. Ho capito tante cose negli ultimi giorni. Tu sei tutta la mia forza. Tutto quello che ho fatto nella mia vita l’ho fatto perché c’eri tu che mi proteggevi. Non avrei mai saputo come si comporta un vero uomo se non avessi avuto te vicino. Mi hai insegnato il coraggio e l’onore...”

Lui fece un passo indietro. “Non è vero. E comunque non mi importa”, aveva uno sguardo severo. “Non è questo che mi importa di te, non mi importa di che perfetto soldato puoi essere col mio aiuto. Non è questo che voglio.” Esitava, era difficile per lui dire certe cose, ma lei lo guardava sperduta. “Io voglio il tuo cuore. C’è una piccola Oscar prigioniera di quell’uniforme. Ed è bellissima e dolce e ha un cuore purissimo, incanterebbe qualunque uomo, ma si mostra solo a me. Ho sempre pensato che il mio compito era proteggere quella Oscar. Avrei voluto darle la forza di liberarsi. E invece l’ho solo spaventata. Non voglio più vedere la paura nei tuoi occhi. Non voglio più farti del male.”

Lei lo abbracciò, gli occhi pieni di lacrime. “André, tu puoi farmi tutto il male che vuoi. Perché i nostri cuori sono così vicini che io non riesco più a distinguerli. E non so se soffro più per me che per te. So solo che non voglio passare neanche un altro minuto lontano da te.”

“Oscar...” Se la strinse contro.

“Sta’ zitto, non parlare, non ti lascerò andare.” Si alzò sulla punta dei piedi e lo baciò.

Fu un bacio lentissimo, timido, breve, troppo breve. Lui la lasciò per guardarla negli occhi. Lei gli sorrise, dolcissima, e tutti i suoi timori svanirono. Riprese a baciarla e rimasero vicini fino alla fine del mondo, come era da sempre.

 

Fine

mail to: bassura25@hotmail.com

 

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