La lettera
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L’ispirazione per questa fanfiction l’ho avuta rivedendo la 34° puntata dell’animé, dove si accenna all’esistenza di una lettera di Fersen per Oscar, ma poi se ne perdono le tracce.
Chiedo scusa a Gaia se parte della mia “Lettera” assomiglia a parte della sua “Fuga”, ma quella di cui parlo io è tutta un'altra lettera, scritta in un altro contesto e con altre intenzioni!
Quel pomeriggio Oscar era tornata a casa con André per riposarsi un po’, come ormai accadeva sempre più di rado. In piedi vicino alla finestra, guardava la pioggia battere violentemente contro i vetri. Era maggio, eppure l’atmosfera, con quell’acquazzone, era più triste che mai: Oscar aveva trascorso la mattinata con il principe Louis Joseph, l’aveva portato a cavallo con lei, gli aveva fatto assaporare quegli ultimi attimi di vita che gli restavano. “Povero bambino, pensava, è così giovane…”.
All’improvviso udì dei passi nel grande salone e una voce familiare, quella del “suo” André: “Oscar, ho saputo che il conte di Fersen è partito per la Svezia - disse tutto d’un fiato - e ti ha anche mandato una lettera, ma forse non ti è ancora stata recapitata”. La voce voleva essere incolore, eppure l’orecchio attento di Oscar vi lesse una nota d’ansia. Non rispose nulla, anzi cambiò discorso: “André, per favore, prepara i cavalli: siamo in partenza!”.
E così Fersen le aveva scritto una lettera…rimase per qualche attimo davanti alla finestra, poggiando la fronte sul vetro umido. Fersen…non lo aveva visto per mesi, forse qualche anno…da quella volta che venne a trovarla a palazzo Jarjayes, dicendole che l’aveva riconosciuta al ballo…
Oscar s’irrigidì a quel ricordo, si staccò dal finestrone e cominciò ad attraversare il salone a larghi passi. Sì, l’aveva intravisto qualche volta a Parigi, in testa al suo reggimento, ma lo aveva evitato di proposito. Poi il destino li aveva fatti rincontrare: il conte aveva salvato la vita a lei e ad André, qualche giorno prima, quando erano stati assaliti da una folla inferocita a Parigi. Mentre i suoi passi rimbombavano nel lungo corridoio, Oscar ripensava a quella sera… “Il mio André è in pericolo!” gli aveva gridato, mentre Hans, incredulo, si allontanava per salvare il suo amico. Quella sera Oscar aveva capito chiaramente di amare André, ma la scoperta era recente, ed essa stessa faticava ancora ad accettare questa nuova realtà. Per il conte svedese ormai non provava più niente, se non …un fastidioso imbarazzo che tuttora la assaliva solo a sentirlo nominare. Chissà cosa le aveva scritto?! Scendendo lo scalone di marmo, si rese conto, suo malgrado, di essere incuriosita dal contenuto di quella lettera. Ma perché, poi? Certamente non lo amava più, ormai da tempo, e si ripeteva che mai e poi mai sarebbe ritornata sui suoi passi, qualunque cosa vi avesse letto. Eppure era una lettera rivolta a lei…quante volte, in passato, aveva sognato questo evento…specie quando Hans partiva per i suoi lunghi viaggi: in Svezia, in America; invece le aveva scritto adesso, dopo che la loro amicizia era finita.
Oramai era arrivata nelle scuderie, dove il fido André la aspettava: “I cavalli sono pronti, Oscar, possiamo partire”. “Bene, andiamo”, gli rispose, e uscirono insieme alla volta di Parigi.
Oscar rimase in caserma più di una settimana, poiché erano in corso gli Stati Generali e lei doveva guidare il suo reggimento perché mantenesse l’ordine a Parigi. Appena tornata a casa, la vecchia governante le corse incontro con qualcosa in mano: “Oscar, c’è una lettera per te. Me l’ha consegnata un valletto dall’accento straniero, proprio il giorno in cui tu sei partita per Parigi. Mi ha detto di consegnarla personalmente nelle tue mani” le disse, guardandola con aria interrogativa. “Ah sì, grazie” fece Oscar, con una voce metallica volutamente indifferente, “la leggerò più tardi”.
Stranamente agitata, si rese conto che quasi correva per le scale: era la sua lettera, non c’era dubbio! Con una grafia ampia ed elegante era scritto sulla busta “Per il Comandante dei soldati della Guardia Colonnello Oscar François de Jarjayes”. Arrivata nella sua stanza, Oscar si tolse l’uniforme e riprese un po’ di fiato: sì, era emozionata e curiosa, e questo la innervosiva, perché –si ripeteva- non aveva alcun motivo di esserlo.
Aprì la busta e ne estrasse quattro fogli, scritti con la stessa elegante grafia: la conosceva bene, dopo aver portato tante volte i messaggi del conte alla regina Maria Antonietta!
«Mia cara
Oscar,
so che
questa lettera sarà una sorpresa per voi, infatti non vi ho mai scritto in
passato, ma vi assicuro che avrei voluto farlo già tempo addietro, e me l’ha
impedito solo il rispetto del patto che ci siamo scambiati in occasione nel
nostro “addio” a palazzo Jarjayes. Vi avevo promesso che non ci saremmo più
visti, che sarei sparito dalla vostra vita, eppure il destino ha voluto che ci
incontrassimo ancora, e così ho sentito di dovervi scrivere le mie riflessioni.
Quella
famosa sera vi ho detto che siete stata per me il migliore amico che abbia mai
avuto: con questa lettera voglio solo confermare questo dato di fatto, e
assicurarvi che la mia amicizia e la mia stima per voi non verranno mai meno, e
che vi sarò grato fino alla fine dei miei giorni.
Quando vi
ho conosciuto ero poco più che diciottenne, abbagliato dalle bellezze della
Francia e dal fasto di Parigi, e sono rimasto conquistato dal fascino della
principessa Maria Antonietta. Ricordo benissimo quella sera di gennaio in cui si
è giocato il mio (triste) destino: lo splendore della principessa mi abbagliò
e da allora ho smesso di ragionare (o forse non ho mai cominciato) con la testa
e ho ascoltato solo le ragioni del cuore. Vi ho vista come l’angelo custode
della delfina, un soldato (così pensavo allora di voi) dallo sguardo fiero e
leale, al servizio fedele del suo signore. Ma ciò che mi ha colpito di più (e
per cui mi siete entrata nel cuore) è stata l’audacia e la generosità che
avete dimostrato in occasione dell’incidente occorso alla principessa quando
volle imparare ad andare a cavallo. Inginocchiato al cospetto di sua maestà
Luigi XV, pensavo: “Che giovane coraggioso! Ha rischiato la propria vita per
salvare la principessa, ed ora non esita a farlo di nuovo per salvare quella del
suo attendente!”; e così, spinto dall’ammirazione per voi, trovai anch’io
il coraggio per implorare il re che non condannasse a morte nessuno.
Ma la
sorpresa è stata grande quando, dopo che avevate perso i sensi, sono venuto a
casa vostra con André e ho scoperto che eravate…una donna! Non avrei mai
immaginato che potesse esistere una donna come voi! Le donne, erano state per
me, fino ad allora, delle graziose creature, nate per rendere piacevoli le
giornate di noi uomini: qualcuna era particolarmente bella e affascinante (come
la principessa, di cui mi ero già invaghito), ma non avevano certo le virtù
tipiche dell’uomo: il coraggio, la determinazione, soprattutto la lealtà.
Conoscendo voi, mi sono ricreduto (anche se donne simili sono più rare a
trovarsi di un tesoro!).
Ho
accettato subito, anche se malvolentieri, il vostro consiglio di partire per la
Svezia, quando ormai le voci dei cortigiani sulla simpatia della principessa per
me si facevano sempre più indiscrete: perché era dettato dal buon senso e
dalla razionalità, e perché mi era stato offerto da voi con grande
discrezione, e in virtù dell’affetto devoto che provavate per Maria
Antonietta, ma con una determinazione che non ammetteva repliche. Quella sera
ricordo di avervi chiesto se vi sentivate a vostro agio nei panni maschili, o se
invece avreste preferito conoscere le gioie di una donna: l’amore soprattutto.
Mi avete risposto che eravate perfettamente a vostro agio e che non avevate
rimpianti. Ma io a quella risposta non ho mai creduto fino in fondo, anche se
durante tutti questi anni avete fatto di tutto per convincermene».
Oscar trasalì mentre leggeva le parole di Fersen: ma dove voleva arrivare? Non gli bastava averla umiliata in casa sua, dopo la sera del ballo? In un impeto di rabbia e di vergogna, stava per accartocciare la lettera, ma poi la curiosità fu più forte, e riprese la lettura…
«Ricordate
quando, al mio ritorno, vi ho salvato da quei malviventi che vi avevano teso un
agguato? Ero preoccupatissimo quando mi siete svenuta fra le braccia, e non mi
calmai finché non vi vidi riprendere conoscenza, a palazzo Jarjayes. Mi
chiedeste se avevo intenzione di tornare dalla regina: ma il vostro sguardo non
era più minaccioso come quattro anni prima, bensì (ma allora non me ne
accorsi) quasi malinconico. Io lo so, il vostro affetto per la sovrana è così
grande che vi siete immedesimata in lei, cercando di sentire la stessa gioia che
avrebbe provato lei nel rivedermi.
Quando vi
dissi che avevo intenzione di sposarmi…la vostra reazione mi sorprese: pensavo
sareste stata soddisfatta (così non avrei più creato problemi alla regina),
invece mi sembraste quasi dispiaciuta (pensavate sempre al dispiacere che le
avrei provocato). Ma quella volta non vi ho ascoltato: ciò che provavo per
Maria Antonietta era più forte di qualsiasi buona ragione, e così…sono
iniziate le nostre sofferenze. Non mi perdono tuttora (eppure non avrei potuto
farne a meno) di avervi coinvolto nella nostra relazione pericolosa: siete
diventata la nostra sola ancora di salvezza, permettendoci di vederci di
nascosto e di scambiarci messaggi. Lo facevate per il grande affetto che vi
legava alla regina, pur sapendo che era una cosa proibita, ma davvero non potevo
immaginare la profonda sofferenza che nascondevano i vostri occhi azzurri ogni
volta che incrociavano i miei.
Quando
decisi di partire per l’America, dopo il famoso ballo a corte in cui mi avete
impedito di commettere sciocchezze, ero veramente disperato: sapevo che era
l’unica cosa da fare, sia per il mio bene che per quello della regina, ma
avevo la morte nel cuore, e leggevo anche nei vostri occhi la tristezza e la
preoccupazione per il mio futuro. Orami vi stavate affezionando a me, come, del
resto, io a voi. Durante la mia permanenza oltreoceano ho pensato spesso a voi:
al vostro coraggio come soldato, alla vostra lealtà come servitore dei reali e
come “amico”. Sì, dico “amico” perché io un vero amico non l’ho
avuto mai: da piccolo sono stato educato da un precettore, poi ho cominciato a
viaggiare e l’unico legame stabile della mia vita è nato a Versailles. Dei
veri “amici” ne avevo solo sentito parlare; delle donne, poi, ero fermamente
convinto che non ci si potesse fidare, quindi un’amica donna era un’idea che
non mi aveva mai sfiorato. Invece l’unico riscontro reale che ho avuto siete
stata voi. Spesso mi sono chiesto “ma perché Dio non l’ha fatta nascere
uomo!”: così avrei potuto raccontarvi molte più cose, magari viaggiare
insieme. Comunque voi facevate di tutto per nascondere la vostra femminilità, e
così ho cominciato davvero a considerarvi un ”amico”. Fino a quando…
Quella sera
del ballo a Parigi non c’era la regina, ed io vi ero andato per sentirmi meno
solo. Orami avevo capito che dimenticare Maria Antonietta era una pura
illusione, non solo: non era neanche giusto, visto che in quel momento lei aveva
davvero bisogno di me. Così avevo deciso di rimanere al suo servizio per tutta
la mia vita (se adesso ho deciso di partire di nuovo è perché mi sono reso
conto che la mia presenza a corte è alquanto ingombrante, e i sovrani hanno
bisogno di stare un po’ da soli, in questo momento difficile).
Quando vidi
quella splendida dama attraversare la sala, rimasi come folgorato da tanta
bellezza: aveva un fascino insolito, un’eleganza fuori dal comune e uno
sguardo magnetico».
Istintivamente Oscar chiuse gli occhi e si lasciò andare al ricordo di quella sera: lui la teneva fra le braccia, la guardava ammaliato…”Ma che stupida che sono!” – pensò all’improvviso – “è stato uno dei più grossi errori della mia vita!” Riprese subito a leggere. Tutto si era fermato attorno a lei: era talmente concentrata che non sentiva più le consuete voci e i rumori della sua casa.
«Come ho
fatto, però, a non riconoscervi! Eravate a viso scoperto…Ma l’abito,
l’acconciatura e le circostanze erano così lontane da voi che mi fu
impossibile pensarci, anche per un attimo. Accettaste subito di ballare con me
(solo poi ho capito: eravate lì per questo!). Non riuscivo a togliervi gli
occhi di dosso; vi dissi che assomigliavate incredibilmente ad una persona a cui
tenevo molto, e vi spiegai anche i motivi della mia stima. E infine vi dissi
cosa provavo realmente per voi: vi consideravo “il mio migliore amico”.
A quel
punto la vostra reazione inaspettata mi fece realizzare la verità: eravate voi!
Rimasi talmente stordito da questa rivelazione, che non ebbi il coraggio di
seguirvi fuori dal salone. Cosa avrei dovuto dirvi? Ero talmente imbarazzato!
Inutile dirvi che la mia serata finì lì: corsi a casa e mi rinchiusi in camera
mia a pensare, a ricordare, a piangere. Sì, ho pianto, perché ho capito tutto
il vostro dramma, non solo di amante non corrisposta, ma di donna costretta a
vivere come un uomo.
Da quella
sera ho cominciato a considerarvi in maniera diversa, a pensare a voi come una
donna: bellissima e passionale, ma che io non avrei mai potuto amare.
Sono venuto
a farvi visita appositamente, quella sera di ottobre, perché volevo dirvi ciò
che sentivo, ma che in realtà non sono riuscito ad esprimere, e che cerco ora
di spiegarvi con questa lettera. Ora lo so, ho sbagliato tutto rivelandovi che
vi avevo riconosciuto: non ho riflettuto a sufficienza sulla vostra sensibilità
che avrei potuto offendere, ma mi sono fatto prendere da un impeto di
“affetto” per voi, e perché no, anche da un pizzico di orgoglio maschile».
Ancora una volta Oscar fu sul punto di strappare la lettera, che stava riportando alla luce una ferita profonda, non ancora del tutto guarita. Le tornò di prepotenza in mente quella scena: Fersen che le afferrava il polso, lei che fuggiva rovesciando il tavolo…Già, l’”orgoglio maschile”. Di cui Hans parlava, le era costata un’umiliazione mai subita prima: vedersi scoperta, sentirsi colpevole di essersi innamorata di un uomo irraggiungibile, di uno che la considerava il suo migliore amico, dell’amante della sua regina. “Perché avete voluto dirmelo, Hans, perché?…” Cominciò a singhiozzare mentre a stento riusciva a distinguere, tra le lacrime, le righe seguenti…
«Sì,
volevo dirvi che per me siete una donna meravigliosa,
completa, dotata di tutte le qualità che le donne dovrebbero avere (dolcezza,
onestà, affabilità) ma anche delle più nobili qualità maschili (coraggio,
lealtà, fedeltà). La vostra femminilità, così abilmente nascosta, che avete
voluto rivelare solo a me, è così affascinante che sicuramente mi avrebbe
conquistato, se il mio cuore non fosse già di un’altra. La mia intenzione era
questa: di farvi un complimento e di invitarvi ad essere voi stessa, cioè una
splendida donna.
Invece ho
ottenuto un effetto del tutto contrario alle mie aspettative: avete pensato che
volessi prendermi gioco di voi, o peggio ancora, approfittare dei vostri
sentimenti nei miei confronti. L’errore è stato mio, e non potrò mai
perdonarmelo, perché mi è costato la vostra amicizia, a cui tenevo tantissimo.
È giusto che abbiate deciso di non volermi più vedere, e sono sicuro che
questa è stata una delle cause che vi ha spinto ad abbandonare la Guardia
Reale.
Ma io non
vi ho dimenticata: e come potrei? Ve l’ho anche promesso!
Se adesso ho deciso di rivelarvi tutto ciò, è perché dal nostro ultimo incontro ho capito molte altre cose importanti di cui voglio parlarvi.
Quando,
qualche sera fa, vi ho salvata da una folla impazzita che voleva linciarvi, nei
pressi di Saint Antoine, mi è sembrato che sia stato il destino a farci
incontrare. È stato un bene per voi, perché grazie al mio intervento siete
scampata da chissà quale pestaggio (il povero André avrebbe certamente trovato
la morte!), e per me perché avevo desiderio di rincontrarvi e di sapere che non
pensavate più a me.
Siete
rimasta sbalordita nel vedermi di fronte a voi, ma tale reazione è durata pochi
attimi, perché subito avete pensato, angosciata, ad André. Già, al “vostro
André”.
Da quando
lo amate?»
“Già, da quanto tempo lo amo?” – pensò Oscar – “Non lo so neanch’io. Da poco, da quando ho capito che Hans non era per me? Da quando André mi ha confessato il suo amore?” Mentre era intenta a queste riflessioni, Oscar sentì dei passi per le scale, e la voce di André che la chiamava: “Oscar, dove sei? La cena è in tavola!”. Si stava dirigendo verso la sua stanza. Oscar avrebbe voluto nascondere la lettera e andargli incontro, ma era come paralizzata dall’emozione. André bussò. “Sei qui?”. Non ottenendo risposta, aprì la porta, e la vide seduta alla scrivania, con la lettera fra le mani, il volto pallido e un espressione quasi spaventata. Capì subito che era la lettera di Fersen, e nelle macchie irregolari che ne sbiadivano la grafia riconobbe delle lacrime. “Scusami, Oscar, non pensavo… Volevo dirti che la cena è pronta, ti aspettiamo”, e si affrettò ad uscire.
“Ecco” – pensò Oscar fra sé – “adesso André penserà che sono ancora innamorata di Fersen! Ma che mi è preso?”. Si alzò per avvicinarsi alla finestra. Si avvicinava il tramonto, e il giardino dei Jarjayes era avvolto da una dolcissima luce rosata, che rendeva caldo anche il grigio marmoreo delle fontane. “Da quando lo amo?” Pensò ancora una volta, tornando alla sua scrivania…
«Forse da
sempre, ma non l’avete mai voluto riconoscere. Magari non lo avreste neanche
voi saputo chiaramente, se non ci fossimo trovati in quella situazione. Avete
gridato che era in pericolo, che dovevate salvarlo, e questa sembrava essere la
vostra unica preoccupazione. Quando io ho sottolineato le vostre parole…siete
rimasta immobile, attonita, colpita come da una freccia al cuore, da quella
rivelazione che avevate appena fatto a voi stessa.
Anch’io
sono rimasto sorpreso, ma ho dovuto correre in suo aiuto, preoccupato quanto voi
per la sua sorte. Non ci ho parlato, con André, perché ho dovuto attirare la
folla in un altro quartiere. Ma avrei voluto dirgli: “Corri da lei, perché
non pensa che a te!”.
André, a
sua volta, è innamorato di voi da una vita. So di non dirvi cose nuove,
immagino che lo sappiate meglio di me. Ma ve lo dico per togliervi da ogni
dubbio e indugio (se ne avete ancora qualcuno). Vi ama da sempre, sicuramente da
prima che ci conoscessimo. Il giorno dell’incidente di Maria Antonietta, in
cui anche voi perdeste conoscenza, sembrava impazzito per il dolore e per il
senso di colpa che lo attanagliava. Mi rivelò che eravate una donna, e che
avevate rinunciato alla vostra femminilità per accontentare i desideri di
vostro padre; nel suo sguardo lessi tutto l’amore che provava per voi, e la
sofferenza nel vedervi costretta a vivere una vita che non vi apparteneva.
Conosco da
allora i suoi sentimenti, e ne ho avuto conferma in ognuno dei nostri incontri.
Ho indovinato anche che lui sapesse cosa provavate per me, dal modo in cui mi ha
accolto quando sono tornato dall’America: rimase di sasso, mentre voi
correvate felice verso di me sulla collina, salvo poi dimostrarsi di
un’accoglienza impeccabile, superato lo sgomento iniziale.
È una
persona straordinaria, André: mi ha voluto bene perché voi me ne volevate, mi
è stato amico per amor vostro, e questo è veramente insolito (per non dire
impensabile) per un “rivale in amore”. Forse sapeva di non avere speranze
(eppure continuava a dedicarvi tutta la sua vita), oppure – lo credo più
probabile – ha deciso di aspettare in silenzio e di rispettare le vostre
scelte? O forse sapeva che io non ero la persona giusta per voi, e che prima o
poi vi sareste accorta di amarlo?
In tutti i
casi, lo ripeto, egli è una persona eccezionale, e come tale è l’unico uomo
che potrebbe dividere la sua vita con voi. Sì, Oscar, voi meritate ben altro
che me: io non sono che un codardo e uno sconsiderato, mentre lui è l’uomo più
maturo e generoso che abbia mai conosciuto. L’unico problema (perché ho
imparato che i nostri amori non possono essere senza problemi!) è che André
non è un nobile: dovrete chiedere il permesso del re per sposarvi. Scusate se
parlo già di matrimonio, mentre forse voi vi state ancora interrogando sulla
profondità dei vostri sentimenti!».
Oscar sorrise al pensiero di un matrimonio con André…era una prospettiva che non l’aveva mai sfiorata, e al momento le sembrava l’ultima cosa a cui pensare. Però…ne era certa: voleva continuare a dividere la sua vita con lui, ma in maniera molto più completa di quanto non avesse fatto finora…
«Scusatemi
ancora, Oscar, se mi permetto di intromettermi nella vostra vita privata, ma ho
sentito in me fortissimo il bisogno di dirvi queste cose. Siate felice, Oscar!
Non rinunciate più ai vostri diritti! Vivete come una donna, vivete l’amore
che avete a portata di mano! Non lasciatevi sfuggire quest’occasione! Me
l’avete detto anche voi: “l’amore può portare alla felicità completa o a
una lenta e triste agonia”: la felicità è davanti a voi, nella persona di
André! Se il problema è vostro padre, state sicura che dopo qualche
resistenza, sarà felice anche lui, perché un padre vuole solo il bene dei
propri figli; inoltre so che lui vi ha già proposto il matrimonio. Vi prego,
Oscar, non deludetemi. Siete sempre stata così coraggiosa: adesso è arrivato
il momento di sfoderare tutto il coraggio che avete, per cambiare radicalmente
la vostra vita. Dovevo dirvelo, perché mi sento anch’io responsabile della
vostra infelicità.
Quando
leggerete questa lettera io sarò già in Svezia, e non so se ci rivedremo mai
più. Non vi lascio il mio indirizzo perché voglio rispettare il nostro patto.
Non voglio che mi rispondiate (anche perché sono quasi sicuro che non
lo fareste); mi basta sapere che avete letto i miei pensieri e che avete
deciso di essere finalmente voi stessa: una donna magnifica!
Un’ultima
raccomandazione: anche se avete lasciato la Guardia Reale, siate vicina a Maria
Antonietta nei momenti difficili che quasi certamente i sovrani dovranno
affrontare. Fatelo anche per me.
E
ricordatevi che sarete per sempre LA MIA MIGLIORE AMICA, e che ho voluto bene a
voi e ad André come a dei fratelli.
Con affetto
e gratitudine infiniti,
vostro
Hans Axel di Fersen»
Il sole era ormai quasi tramontato, quando Oscar terminò di leggere. Si alzò lentamente dall’ampia poltrona e si avviò verso la porta. Esitò ancora un attimo, ripensando a tutto quello che Fersen le aveva scritto. Lo aveva quasi odiato, in questi mesi, ma ora improvvisamente sentiva verso di lui un affetto disinteressato, mai provato prima. Le sue scuse erano servite a qualcosa, come anche il tono accorato con cui le aveva comunicato i suoi pensieri, da cui si deduceva un sincero interesse per la sua vita e il suo futuro. “Va bene, Hans, seguirò i consigli del mio migliore amico!” – si disse -. Sì, doveva ammetterlo, il conte rimaneva il suo migliore amico. “Dopo il mio André!” pensò, poi con un gesto deciso girò la maniglia e uscì sul pianerottolo.
Fine
Mail to mariaoscar@libero.it