Un giorno nuovo
Warning!!! The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.
L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.
Questo racconto vuole essere il seguito di "Le
cose che non ti ho detto".
Il
canto discreto e musicale dei grilli, ogni tanto il fruscio di qualche foglia
mossa da un venticello leggero, lo scorrere tranquillo delle acque del canale...
e poi un rumore ritmico, sordo, vicinissimo: erano i battiti del suo cuore, che
pulsava come impazzito e non accennava a volersi calmare. Oscar era sdraiata
sull'erba, supina. Guardava il cielo costellato di stelle luminosissime, come
non le aveva mai viste. Era immobile. Aveva paura di muoversi, anche di
respirare, come se ciò avesse potuto all'improvviso sciogliere
quell'incantesimo o farla risvegliare da un sogno. No, non era un sogno. Tutti i
suoi sensi erano vivissimi come mai, tesi a cogliere ogni suono, ogni immagine,
ogni profumo di quella meravigliosa notte. Avvertiva il braccio di André che le
circondava la vita. Sentiva il contatto della sua pelle calda, e perfino
l'impercettibile movimento provocato dal respiro profondo, regolare del suo
uomo. André dormiva. Oscar cercava di sbirciare il suo volto muovendosi il meno
possibile, per non svegliarlo. Aveva diritto di riposare, il suo André. Si era
addormentato da poco. I lunghi capelli neri gli ricadevano scomposti sulla
fronte e sulla guancia, a pochi centimetri dal volto di Oscar. Aveva
un'espressione beata, sognante. "Finalmente dormi tranquillo, amore!"
pensò lei. Chissà da quanto tempo i suoi sonni erano agitati e amari, da
quando si era arruolato tra i soldati della Guardia. Chissà quante notti
insonni aveva trascorso, sulla branda non proprio comoda della sua camerata.
Quanti turni di guardia al freddo aveva fatto; quante notti magari aveva finto
di dormire stando all'erta perché si sentiva odiato dai suoi commilitoni! E
tutto questo solo per lei, per vivere accanto a lei. Oscar provò ad immaginare
cosa avesse provato quella notte André. Veder realizzato il sogno di una vita,
non era cosa da poco. "Sicuramente assomiglia molto a quello che provo
io”, pensò, “solo che a me non riesce proprio di dormire!".
No, le era davvero impossibile. I suoi occhi restavano
ostinatamente aperti, il suo cuore batteva così rumorosamente che temeva di
svegliare il suo amato. L'emozione che provava era troppo forte. "Quando
sono con te sento di vivere!" aveva detto poco prima ad André, ed era
proprio così. Si sentiva viva, diversa, leggera, piena di una gioia
indescrivibile. Non aveva mai sentito nulla di simile nella sua vita. "Le
altre donne", pensava, "queste cose non le provano certo alla mia età,
ma molto prima!". Aveva tentato qualche volta, da ragazza, di immaginare le
sensazioni prodotte da un bacio, da una carezza, da un abbraccio. Aveva anche
immaginato una voce maschile che le sussurrava parole dolci... Pensieri subito
troncati dal suo Io razionale che le tuonava "Tu sei un uomo!". Poi,
non molto tempo prima, aveva cominciato a fantasticare su Fersen... Ma com'era
tutto diverso, adesso! Le sue (poche) fantasticherie erano scialbe e
insignificanti rispetto a ciò che stava vivendo ora.
André l'aveva riempita di gesti di tale tenerezza da
andare ben oltre la sua immaginazione. Solo il suo sguardo... bastava a
provocarle un'emozione così grande da avvertire una fitta al cuore. Perché lui
non era un uomo qualsiasi. Era il suo André. Era il bambino con cui aveva
condiviso i suoi giochi. Era il ragazzo cresciuto al suo fianco. Era il fedele
attendente che l'aveva accompagnata nel lavoro quotidiano e nelle imprese più
difficili. Era l'amico con il quale si confidava nei momenti di tristezza. Era
il suo angelo custode. Era colui che le aveva dedicato tutta la vita.
Silenziosamente, Oscar cominciò a piangere. Di gioia, di
gratitudine, non lo sapeva neanche lei. Solo che non poteva farne a meno.
"Signore, ti ringrazio per l'uomo meraviglioso che mi hai messo
accanto", si ritrovò a pensare. "E dire che sono stata sul punto di
perderlo!". Provò a immaginare come sarebbe stata la sua vita se André le
avesse obbedito e non si fosse arruolato tra i soldati della Guardia. Forse
sarebbe andato a vivere lontano, forse avrebbe sposato una donna... che non era
lei. "No, non può essere", si disse, scuotendo decisamente il capo.
"Non sarebbe l'André che conosco!"
Eppure, in tempi non lontani, l'aveva quasi desiderato.
Quasi. Infatti ricordava bene la sensazione provata nello scorgere il suo volto
familiare fra i soldati il giorno del suo arrivo: apparentemente di stizza, ma
dentro, nelle profondità dell'inconscio, qualcosa le aveva dato una sensazione
di tranquillità, di sicurezza, di benessere. Ma non se n'era voluta chiedere il
perché.
Adesso capiva tutto. Loro due non avrebbero potuto stare
divisi. Erano nati per stare insieme. Oscar avvertiva il profumo della sua
pelle... lo conosceva bene, dopo anni di duelli, di cavalcate, anche di lotte
corpo a corpo, ma adesso lo trovava irresistibile... Conosceva bene quella mano
grande, affusolata, che adesso era appoggiata sul suo fianco. Conosceva
benissimo quelle spalle larghe, quelle braccia muscolose che tante volte
l'avevano tratta in salvo dai pericoli... Conosceva ogni minimo particolare di
quel volto perfetto, ogni espressione di quello sguardo aperto e leale, ogni
tonalità di quella voce calda... Ma tutto ciò che prima le era sembrato
scontato, adesso diventava fonte di immensa meraviglia, degno di essere
contemplato. Ed era lì per lei. Apparteneva a lei. Anzi, era parte di lei, era
una cosa sola con lei. Lo sentiva scorrere nelle vene come il suo sangue.
La sera dell'addio a Fersen aveva detto al conte svedese
che l'amore poteva portare alla felicità completa... ma cosa ne sapeva allora
della felicità completa? L'aveva solo sentita nominare, l'aveva letta nei
libri, l'aveva intravista negli occhi delle sue sorelle, ma non l'aveva mai
incontrata di persona, mai prima di adesso. Era questa la felicità completa.
Per questo momento valeva la pena di vivere.
Si asciugò le lacrime e guardò il cielo stellato... E
adesso, come sarebbe cambiata la sua vita? Non sarebbe più stata comandante dei
suoi soldati. Da oggi in poi Oscar François sarebbe stata una donna. La donna
di André Grandier. "Non darò più ordini. Decideremo ogni cosa insieme.
Quando sposarci. Dove andare a vivere". I suoi pensieri volavano ormai
liberi nel futuro... Aveva rinnegato la sua famiglia, aveva rinunciato al suo
titolo nobiliare. Come avrebbero vissuto? Avrebbero lavorato, entrambi.
Avrebbero diviso tutti i compiti…"Povero André, non sai cosa ti
aspetta!" Sorrise tra sé, ripensando alla sua educazione, alle faccende
quotidiane –cose da donne!- che non era mai stata abituata a fare! Avrebbe
dovuto reinventare la sua vita, imparare a comportarsi come una moglie, una
padrona di casa e forse… una mamma! Quante esperienze, quante emozioni aveva
da vivere ancora, accanto a lui! “Ehi, fermati, Oscar, stai viaggiando troppo
lontano! Torniamo alla realtà”, si disse. "Innanzitutto... bisogna
decidere come comportarsi domani mattina a Parigi". Ormai tutto si stava già
delineando nella sua mente: voleva stare dalla parte del popolo. Era stanca di
combattere per un’idea che non condivideva più da tempo. E sapeva che André
la pensava alla stessa maniera. Erano uniti anche in questo. Ma, come al solito,
lui aveva capito tutto molto tempo prima. Aveva sempre avuto uno sguardo più
lungimirante del suo. Ma aveva messo da parte anche le sue idee politiche per
starle accanto. Sempre per lei. Tutto per lei.
Oscar si rabbuiò in volto pensando agli scontri armati
che già si svolgevano in città, ai rischi che loro due avrebbero dovuto
affrontare. André, soprattutto: ormai non poteva più difendersi perché vedeva
solo ombre. E, poi, lei era malata. L'invito fattole dal dottore quella stessa
mattina, di abbandonare la carriera militare, l'aveva lasciata del tutto
indifferente, perché sentiva che "doveva" continuare a combattere, e
in fondo, non aveva molto da perdere.
Ma adesso... era tutto diverso. Adesso non voleva più
lasciarsi andare, voleva curarsi, voleva vivere! "Sì, dopo che sarà
finita questa... <<rivoluzione>> come la chiama Alain, mi prenderò
un bel periodo di vacanza e cercherò di guarire. Ho voglia di guarire, ho
voglia di vivere! Di ricominciare la mia vita con te, André…”
Oscar cominciava a sentire un po’ di freddo, adesso. Era
notte inoltrata, le stelle avevano percorso buona parte del loro cammino. In
fondo loro due erano coperti solo in parte dalla giacca dell’uniforme di
Oscar, mentre quella di André fungeva da tappeto. Fra poco sarebbero dovuti
partire per Parigi: c’era ancora qualche miglio da percorrere. Ma le
dispiaceva interrompere quella magia.
Respirò ancora profondamente, a lungo, per assaporare
ancora per qualche attimo l’atmosfera così speciale di quella notte
indimenticabile. Ma doveva farlo. Con lo sguardo cercò André, che dormiva. Gli
sfiorò il viso con una carezza, sussurrandogli:
“André… André, svegliati… Dobbiamo ripartire…”
Dopo un attimo lui socchiuse gli occhi, la guardò con
un’espressione indecifrabile, poi si voltò dall’altra parte borbottando,
con la voce ancora impastata dal sonno, qualcosa del tipo “Dai, nonna, è
ancora buio….”
Oscar rimase interdetta per qualche secondo: eppure era
convinta che si fosse svegliato e l’avesse guardata negli occhi! Ma mentre
stava per scoppiare a ridere, André con uno scatto
felino si girò verso di lei, stavolta
con gli occhi ben spalancati, e con il volto sorridente le rispose:
“Accidenti, nonna, come sei bella stamattina!”
Esplosero in una sonora e lunga risata, poi lui
l’abbracciò stretta e le sussurrò fra i capelli:
“Buongiorno, amore! Come stai?”
“Meravigliosamente! Ma è ora di andare, André.”
“Sì, ma prima… perché non completiamo quel
discorso… dove eravamo rimasti?” Le disse, baciandola sul collo.
Oscar sorrise al pensiero…
”Dai, amore, lo completiamo in un altro momento. Ne
avremo di tempo, potremo fare tutti i discorsi che vorrai!”
Si alzò e cominciò a raccogliere i vestiti sparsi
sull’erba, poi si soffermò qualche istante ancora a guardarlo: era supino,
con le braccia dietro la testa, guardava il cielo con un’espressione molto
seria.
“Oscar”, le disse, “cosa hai deciso di fare appena
arriviamo in caserma?”
“Non ci ho ancora pensato, veramente. Sentiamo anche
Alain e gli altri”. Esitò qualche attimo prima di continuare... “E
comunque… da oggi non sono più il tuo comandante. Basta a dare ordini! Sono
solo Oscar. La tua donna”.
Molto sorpreso da quella risposta, André rimase in
silenzio. Indossò velocemente la sua uniforme, le si avvicinò e le prese le
mani. Nella penombra non poteva distinguere bene i suoi occhi lucidi, ma
avvertiva a fior di pelle il turbamento e l’emozione che quelle sue stesse
parole le avevano provocato. Oscar stava dando una svolta alla sua vita. La sua
Oscar. Così fragile, così tenera. Così coraggiosa.
“Allora da oggi… si cambia?”
“No, André. Da oggi SI RICOMINCIA. Tutto daccapo. E
stavolta sarò io a decidere della mia vita.”
Lasciò la stretta delle sue mani e si avvicinò a César.
Montò in sella, afferrò le redini e lo guardò sorridendo:
“…insieme a te!”
André ebbe appena il tempo di montare sul suo cavallo,
che già Oscar era lontana. Spronò il cavallo al galoppo e partì anche lui.
“Come corre veloce, oggi, il mio comandante!” pensò
mentre la inseguiva, “Aspettami, Oscar, anch’io ho fretta di ricominciare a
vivere…”
Di fronte a loro le stelle cominciavano a scomparire nel
cielo sempre più azzurro. Era l’alba di un giorno nuovo.
Ricominciare è come rinascere.
è rivedere il sole
in un mondo di libertà,
è credere che la vita
si rianima davanti agli occhi
tuoi
senza oscurità;
è sapere che ancora tutto
puoi sperare.
Ricominciare è come rinascere
dall'ombra di un passato
che ormai non conta più.
E’ ritornare semplici
cercando nelle piccole cose
la felicità;
è costruire ogni attimo
il tuo domani.
Ricominciare è come dire
ancora sì alla vita,
per poi liberarsi e volare
verso orizzonti senza confini,
dove il pensiero non ha paura
e vedere la tua casa
diventare grande come il mondo.
Ricominciare è credere
all'amore
e sentire che anche nel dolore
l'anima può cantare
e non fermarsi mai.
(GenRosso)
Fine
Mail to mariaoscar@libero.it