Lezioni proibite - Rose II

IV

Warning!!!

 

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Ho iniziato questo racconto il 7 gennaio 2015, ispirato da due miei disegni e dal mio testo “Rose”. Da anni avevo l’idea delle lezioni di ballo impartite da André ad Oscar, innestata sulle tematiche di “Rose”, in cui, però, i protagonisti erano poco più che ventenni; poi all’improvviso, arrivò la scena finale scritta sugli appunti del cellulare. Mentre scrivevo già da un po’, si innestarono nella storia considerazioni nate dagli scambi con Sara, per la sua “Essere una donna”.

 

4

Di nuovo notti- follie

 

 

Gli ultimi giorni erano stati un tormento.

Quando la vide provarsi l’abito, si rese conto della realtà del pericolo che oscuramente, inconsciamente, aveva temuto.

“Non voglio che tu vada al ballo!” Le disse, afferrandole una mano.

“Ti prego!” Insisté. “Succederà qualcosa!”

“Sei diventato insicuro?”

“È solo un capriccio della regina!” Sei troppo bella… loro non ti hanno mai visto, come ti vedevo io… quella sera, invece, lo scopriranno…

 

“C’è Fersen”, gli rispose provocante lei. “Eri tu che gli davi ragione…”

“Appunto. Ma ora vuole portarti a letto.”

 

La guardò. Dritto, infisso nell’azzurro dei suoi occhi.” Come puoi farmi questo?”

“Io non ti ci lascio andare.” Pensò, ma poi rimase in silenzio.

Lei gli prese le mani.

“Ascolta”, gli disse. “È appena arrivata la nuova designazione.” Gli passò un dispaccio.

La guardò, curioso, speranzoso. Poi, rabbuiandosi, lesse.

“La guardia cittadina.”

“Ma…”

Gli strinse di più le mani. “Sarà una nuova vita, magari prenderemo una casa, noi due…” Lo abbracciò. “Non pensare solo a stasera…”

Abbassò gli occhi, lui. Stasera, avrei voluto, al tuo ritorno, farlo. Spogliarti, toglierti io quel vestito… e invece… invece…

 

 

 

 

Fu incerta fino all’ultimo se andare o meno. Poi, come per un matrimonio, con le formalità che prendono luogo del senso, il meccanismo ormai innescato la portò. Se ne lasciò trascinare.

La scusa, con se stessa e verso André, fu che si era prefissa dei limiti da non oltrepassare. Si fidava di se stessa. Sarebbe stata in grado di fermarsi. Fersen, se si fosse fatto avanti, l’avrebbe tenuto a bada.

André, anche, doveva fidarsi.

 

Non era poi così male.

Danzò con Girodel, a lungo, “Il ballo degli addii”, lo definì così, e poi, quando lui la trascinò via, “Venite…”, le disse, circondandola di attenzioni, occhiate languide, ammirate, calde, lo seguì, sperando di sfuggire a Fersen. Fu sfiorandole, come per caso, il braccio. Un polso. I capelli. Un brivido.

Come se la nuova situazione lavorativa avesse modificato qualcosa. “Mi dispiace davvero che andiate via”, aveva ammesso”, sorprendendola.

“Sapete già dove?”

“Sì, alla Guardia cittadina. È arrivata la designazione stamattina.”

“Non vi ci vedo…” Avvicinandosi a sussurrarle, sornione, qualche battuta, mentre sentiva la sua voce tra i riccioli, e lui tremava, alla vicinanza, al profumo, alla bellezza della sua pelle intatta.

“Mi mancherete…”

Senza riuscire a trattenersi, le aveva sfiorato i capelli, la guancia, in un gesto tenero e galante.

“Come siete bella”, aveva detto ammirato. “L’ho sempre notato, ma, stasera, con questi abiti, posso osare dirvelo…”

Come, posso? Un abito dà diritti diversi? Oscar rimase in silenzio, un sorriso raccolto, stupito. Alzando le spalle. “Non avevate detto che sarei stata quella di sempre?” Gli ricordò, facendolo trasalire. Riportandogli alla memoria l’epilogo di quella chiacchierata. “Sono così diversa?” Quasi domandandolo a se stessa. E senza rendersi conto di cosa poteva aver risvegliato in lui. Pensieri troppo torbidi per un gentiluomo galante.

“No.” Si corresse, riscuotendosi. “Anche… non mi ero sbagliato. Siete bella come sempre.”

Lei rimase sorpresa.

“È che crollano le barriere… posso dirvi cose che non potrei dirvi…” ammise, quasi tristemente. “Posso osare…”, aggiunse.

“Osare cosa…” domandò lei, a mezza voce.

“Questo”.

La prese per la vita, mentre lei sentì una scossa di imbarazzo e fece per spostargli la mano, ma lui gliela coprì con la sua, calda e la condusse fuori, nella brezza lieve degli alberi. Senza quasi rendersi conto di ciò che stava facendo.

Nel buio.

Tutto suonava strano. Alterato, in quella sera.

Rimasero lì, ad ascoltare lo stormire delle foglie. L’aria che muoveva l’acqua, gli spruzzi delle fontane.

Le era alle spalle. La mano ancora, la sentiva, sui suoi fianchi.

Lo sentiva e lo sentì avvicinarsi. Ne percepì il respiro e i gesti. I capelli sciolti che le sfioravano le spalle.

Le labbra sui capelli.

Non si mosse.

Sul collo.

Poi, nel buio, ancora. Sulle spalle.

Sentì la sua voce. Sentì le sue mani su di lei, sul corpetto dell’abito. Sui seni, che sbocciavano dalla stoffa. Sul ventre. Carezzarla.

Mentre, piano, da dietro, la baciava.

“Siete così bella…”

Lei, incredula, stupita.

Dai capelli.

Era strano. Non aveva mai pensato di poter rappresentare un oggetto di attenzioni per i suoi colleghi… se mai lo avesse fatto, si sarebbe vergognata da morire. Era un’idea che, per la propria integrità mentale, per come era fatta, per come era abituata a pensare, aveva escluso da subito.

Alle orecchie. Al collo, nuca, schiena. Polso. Mentre le mani la percorrevano.

Premendo su di lei. Cercandola. Sfiorandola.

Serrandola, fino a farla gemere. Come nelle sue fantasie.

Aveva, giusto per chiudere la partita del suo innamoramento platonico, sperato che Fersen la notasse, ma, anche di questo, ora, dopo gli ultimi tempi, non era più tanto sicura.

Mentre sentiva le mani di lui su di sé.

Quelle mani che ora la sostenevano.

 

Mentre lentamente i baci, le labbra scivolavano verso le spalle.

In mille brividi.

Si inarcò.

Poi, verso il seno.

Teneri, lievi, poi, più appassionati.

Facendole emergere il seno dai merletti, dal corsetto. Mentre, piano, e poi con più audacia, lo percorreva, carezzava. Attraverso il pizzo leggero, che lei sentiva, trovandolo eccitante. Serrandoglielo tra le dita. Descrivendolo in cerchi. Stringendolo, sapiente. Le dita a percorrere le aureole. Succhiando i capezzoli. Insistentemente.

 

Godeva.

Non aveva più la percezione del tempo.

Sentiva solo quei gesti che le stavano alienando il controllo.

In movimenti lievi, circolari. Poi, più appassionati.

La sosteneva mentre la distese, e lei, domandandosi cosa fosse della sua ragione, avvinta dalle sue parole, lo sentì che la teneva per la vita, mentre il ventre e i seni premevano dal piacere.

“No…” cercò di allontanarlo.

“Shhh… non vi faccio niente… sono solo baci…” Mentre con le dita le carezzava i capezzoli. “André è fortunato… siete così bella…”

Lei scosse la testa. “Io?” Ansimò.

“Certamente… lo siete. E lui vi sta sempre vicino… è innamorato di voi…”

“È perché ci conosciamo da bambini… per quello mi vuole bene…” mentì lei, eroica, con voce spezzata, sperando di sembrare adeguatamente ignara e convinta.

“Siete incredibile…” le parlò e lei sentì le labbra, e il fiato, e il seno farla impazzire.

“Adoro il vostro seno…”

Continuò, sapiente, implacabile. Fin quando lei sentì come un orgasmo prorompere potente e quasi gridò.

La abbracciò, proteggendola col corpo.

 

La lasciò rilassare, mentre lei era ancora scossa da ondate, un tempo che a lui parve fatato, eccessivo, troppo breve. Trovò impossibile resistere oltre, sentendola respirare contro di sé, e tornò a quel corpo.

Quell’ardore l’aveva sorpresa. La sopraffaceva. Inatteso. Insperato. Ogni bacio ai capezzoli turgidi la faceva impazzire.

Il seno le si sollevava, magnifico. Glielo serrò di nuovo tra le dita, affatato. “Invidio André, in questo momento…”

Oscar era oltre il limite. Parlare di André in quel frangente era quantomeno folle. Lui non sarebbe d’accordo, si disse. Distraente. Girodel doveva essere pazzo a cercarla e ad affrontare quell’argomento. O un provocatore. O uno per cui un attendente era un oggetto di cui disporre, comunque, senza troppi imbarazzi. Che glielo ricordava a fare, cosa stava facendo, che lo stava tradendo? Se ne rendeva conto?

“Riprendendo il discorso di poco fa…” insisté, “vi sbagliate. È innamorato di voi non solo perché siete cresciuti insieme, ma per come siete, e, anche, credetemi, perché siete così bella… avete uno sguardo così luminoso…”

È innamorato di me perché sono bella… Lei, annotando a malapena le considerazioni che lui faceva, gettò il collo indietro. La stava facendo impazzire. Non le era mai successa una cosa simile, impazzire in quel modo mentre André le toccava il seno.

“Non… non siete propriamente concentrato sul mio sguardo…” cercando di scacciare il rimorso.

“Decisamente no”, rise lui.

“Anzi…” Frugò sotto le gonne. Con un’urgenza che non gli immaginava. “Ora che me lo dite…”

“No!” Protestò lei.

“Shhh… voglio solo guardarvi… lasciatemi fare…”, mentre le sollevava gli abiti, glieli sfilava. “Solo toccarvi…”

Sentiva le sue dita sulla pancia. I suoi baci, la sua lingua sull’ombelico. Fremette, mentre, sopra di sé, vedeva il cielo.

“Siete bellissima… avete un corpo magnifico…” considerò. “Molto più bella delle altre donne…” mentre lei, sconcertata, domandava “Io?”, sollevandosi sui gomiti a guardarlo, e lui le percorreva i fianchi, le anche. Le gambe. Poi tornava ai capezzoli, tormentandoli, per scendere giù di nuovo.

Ne sentiva il respiro sulla pelle. Il tocco bruciante delle sue labbra, che la sfioravano, nelle parole. Mentre lei si inarcava, incapace di resistere, di sottrarsi, di fuggire.

“Fermatevi, per favore… io…” cercando, con le mani tra i suoi capelli, di allontanarlo, mentre lo serrava, tesa in quell’abbandono increscioso.

“No… non mi fermo…” e non smetteva di percorrerla con le labbra.

“Vi prego…” ansimò.

“Per favore…” E insinuò la lingua.

“No…”

“No… non vado oltre, ve lo prometto, ma adesso non mi fermo…” mentre, sapiente, la colpiva, circondava, lambiva.

“Non mi fermo…”

E la fece venire, così, in ondate impazzite e incredule, mentre lei quasi lo scostava da sé.

Poi le rimase accanto, sull’erba, carezzandole i seni, lentamente, un braccio attorno alla sua vita, il fiato sulla sua pancia.

“Perdonatemi…”

Perdonami, André, pensò lei… poi smarrì il pensiero.

 

 

“Eccovi”, irruppe Fersen. “Avete monopolizzato questa bellezza!”

Oscar arrossì, sperando di non recare troppe tracce della distrazione estemporanea nel boschetto.

“Sto andando via…” disse, sul chi vive.

“Macché” protestò lui. “Ora è il mio turno!” La prese per la mano. “Avanti, siate generosa, tornate tra i più…” e la trascinò lontano.

Turno?

André questo non lo deve sapere… Pensava, perché dove lui, per anni, aveva atteso, ora lei, in pochissimo, aveva abbattuto le barriere. Aveva trovato conferma di poter piacere. Non solo a lui, che l’aveva sempre considerata una donna normale, agendo di conseguenza, innamorandosene, ma anche ad altri che non fossero cresciuti con accanto una come lei, con l’idea di accettarla come normale. Era strano, ma era una cosa che, sebbene trovasse riprovevole verso André, colpevole, però, di non aver concluso ancora, le era di conforto in questa tarda adolescenza dei suoi approcci sessuali. Lei poteva piacere a un uomo che finora l’aveva sempre considerata una stranezza partorita dalla mente del padre. Ma, a parte il concetto di poter piacere o interessare, ragionava lei, spingendosi oltre, una relazione, stare con qualcuno, era diverso. Ci voleva affinità. Intesa. E quella c’era solo con André.

Ma Fersen la distraeva da quei pensieri.

 

Non era male. Era divertente. Era stancante. Riempirsi di chiacchiere inutili, distrarsi. Passare il tempo. Ammazzare la noia. Ma lei, la noia, sapeva cosa fosse? La solitudine, sì, ma non la noia. Era viva, piena di interessi, non era come loro.

“Allora, cosa vi pare?” La voce di Hans la riscosse da quei pensieri.

Scosse la testa. “Una volta sola nella vita, può bastare.”

La guardava un po’ troppo intensamente negli occhi.

“Sicura?” quasi sfidandola.

Poi, con un’espressione indecifrabile, propose: “E perché non far ingelosire un po’ sua maestà? In fondo…”

“Perché non mi piace come vi siete comportato ultimamente…”

“Oh, Oscar, quando vi ignoravo o quando vi ho cercata?” Le sorrise. “Rilassatevi, divertiamoci e basta… è solo un ballo… solo qualche ora… rendiamola meno noiosa…”

 

Flirtarono. Divertiti. Cauti. Era solo una finzione, si era detta.

Poi, forse il gioco era andato un po’ oltre.

Strana, la vita. Complicata.

Decisamente, una serata movimentata. La vita della dama di corte era strenuamente impegnativa. Un lampo di coscienza le portò il pensiero raccapricciante di sua madre, delle sue sorelle, indaffarate in simili attività e frangenti. Subito scacciò l’idea.

 

“Mi piacete…”

“Non prendetemi in giro”, protestò lei, mentre malediceva quegli stupidi balli e, non ricordando i passi, tentava di ricomporre la vaga memoria del corso accelerato di ballo, scacciando quella, importuna, di André.

In un certo senso, i paletti che si era data, per ora erano rispettati. E, in fondo, per una sera, giocava a sentirsi libera da André. Emancipata da lui. Come presenza maschile.

 

Nella confusione, qualcuno riferiva, ricamava. Da lontano, la regina li fulminò con lo sguardo. Puttana… lurida puttana…

 

“Venite qui…”

 

C’erano stanze, di Versailles, di cui lei aveva sentito parlare, ma, ovviamente, non c’era mai stata.

Ora, annotava, con una sensazione di squallore, era il suo turno.

La cosa le aveva fatto un po’ tristezza, per se stessa, per il ricordo del suo primo amore, da seppellire stasera, ma era lì, e presto le remore, e anche i pensieri, li aveva messi a tacere. Bastava non superare i limiti.

Lui, che una volta le piaceva, ora, troppo tardi, le stava incollato addosso, succhiandole i seni. Mordendoli. Ora che gli diceva addio.

“Io non voglio…” aveva protestato, troppo debolmente.

“Suvvia, vi sto solo corteggiando… solo preliminari… non vi scandalizzate…”

Non avrebbe voluto farsi coinvolgere, doveva essere giusto un addio, era una cosa ormai archiviata, nella sua mente, ma era curiosa, in fondo, e lui l’aveva avvolta. E caricato il suo spirito di vendetta, se mai fosse esistito.

“Dov’è André, stasera?”

“Casa…” aveva ansimato lei.

“Le dame saranno deluse… c’è la fila, per lui… lo considerano una preda ancora più appetibile di voi, lui, tutto preso dal suo ruolo, così inaccessibile…”

Come la fila, André… si era sentita stupida, tradita. Nonostante quello che era appena accaduto. Nonostante lui. Poi, si era detta, ma in fondo che importa, è la sua vita, anche se io… anche se lui…

“Sapete che gli scrivono?”

“In… in che senso?” Trasecolata. E perché continuava a parlare di André, come se la cosa lo eccitasse?

“Oh, lasciamo perdere, vi distraete…” mentre armeggiava col suo abito. “Ma sì, molte gli propongono avventure, appuntamenti…”

“Ma è assurdo!”

“Già… un plebeo…” la lussuria gli vibrava nella voce.

“Ma non è per quello… lui non lo farebbe…”

“Cosa ne sapete?”

Mentre pensava che le donne sono tutte delle gran troie, concordando, senza saperlo, in ciò con la sovrana, mentre pensava che quel disgraziato andava punito, si perdeva nei gesti di Fersen.

 

“Spogliatevi, su…” La esortò quasi impaziente, perfino brusco.

“Ma io non…”

“Quel vestito è troppo scomodo. Non posso…” aveva avuto un gesto impaziente, eloquente.

“Cosa non potete?” Aveva protestato, allarmata, mentre iniziava a cercare i lacci.

“Ma niente… solo toccarvi… sentirvi…”

Neanche lei riusciva granché a muoversi. Forse, rifletté, è fatto apposta, una specie di gabbia di castità.

Armeggiò un po’, inesperta. Arrivata alla biancheria, lo guardò.

“Su, avanti”, le disse. Allora, vergognandosi, proseguì. Ne emerse a fatica, nuda. Bellissima.

Il seno le si muoveva rapido, dal respiro. Senti l’aria sui capezzoli, che si tesero ancora di più.

“Siete così bella… è fortunato André…” considerò lui, sfiorandoli con le dita, come eccitato al pensiero di André, di una donna proibita e altrui, mentre lei, inaspettatamente, colse, incredula, sorpresa, la propria immagine nello specchio, alla luce dei candelabri. Giusto un attimo a soffermarsi. Lei, nuda. Il vestito, a terra, un soffice ammasso di pieghe dai delicati riverberi pastello.

Io… sono bella…

“Venite qui, voglio toccarvi… voglio rubarvi a lui… lui che vi tocca…” immaginò in un crescendo, “lui che vi fa sua…” confessò, tendendole la mano, attraendola a sé, per la vita, quasi danzandole attorno, mentre si chinava a succhiarle i capezzoli, le mani che le circondavano un seno, la schiena.

“Così vi piace? Vi morde così?”, l’eccitazione che gli vibrava nella voce, mentre continuava a muoversi con lei.

Oscar, vagamente inorridita, poco di mondo da quel punto di vista, nonostante l’impensabile escalation di esperienze esterne di quella serata, non capiva la smania che sembrava montare in lui nel nominare, nel pensare ad André. Forse, si domandava, sbigottita, Fersen era uno a cui le donne interessavano solo come prede da sottrarre a un altro competitore, come nella caccia? Se erano di qualcun altro, allora sì, altrimenti, da solo, non era capace di imbastire una relazione, di provare interesse? Non stava con una donna che non fosse già impegnata, in effetti. Hans era forse uno che si eccitava solo a saperle di altri? Con altri? A immaginarle con altri? Era possibile? Possibile che covasse una tale perversione?

“È così che ve lo fa? Vi piace, con lui?” Insisteva, fremendo, trattenendole i capezzoli.

Ora le premeva il viso addosso, scaldandola col suo fiato, le labbra umide che le scorrevano dai seni, su cui erano rimasti i segni del corsetto, al ventre, mentre la teneva allacciata a lui.

“Perché parlate tutti di lui…” protestò, allora. La testa gettata indietro. Per una volta, voleva sentirsi libera da lui. E non aveva troppa voglia di interrogarsi su Fersen.

“Tutti chi?” le sussurrò lui tra i baci, interessato, mentre, inginocchiato di fronte a lei, le baciava il ventre, poi, più in basso, cercandola, aspirandola.

“Lasciate perdere…” roba che cominciava a chiedere l’elenco per arraparsi meglio.

Mente le bagnava l’ombelico di baci, lingua. Le mani sui fianchi. E molto oltre.

Eppure, provava una sensazione strana sulla pelle. Come non ci fosse alchimia. Nel sentire la lingua, le dita farsi strada ed esplorarla, non riconosceva né percezioni, né emozioni. André era diverso. Era dolce, preso da lei, pieno di interesse, oltre che di passione. E la faceva tremare, trasmettendogliela. Lui, invece, passione non ne aveva, forse era anche stufo, dopo tante amanti. Era solo uno che voleva portarsi a letto l’ennesima donna e gli tocca l’abusato rito dei preliminari per cortesia e per eccitarla.

Quello che era successo, poteva bastarle. La ripagava di anni di sentimenti frustrati, le confermava un barlume di attenzione, la sua capacità di attrarre il suo primo amore. O un maschio in genere. Già… uno come lui. Uno con troppe donne… e strano, poi.

Bastava.

Mentalmente, chiuse quella storia lì, in quel punto.

 

Non riusciva a farla venire.

Lei si osservava, quasi distrattamente, quasi incredula, allo specchio posto strategicamente, trovandosi piacevolmente bella, mentre lui era tornato a succhiarle il seno. Forse le sue amanti si accontentavano.

Forse poteva eccitarsi guardando se stessa. Immaginando.

“Ma… vi piace… ciucciare?” Gli domandò infine, perplessa, infastidita.

“Lasciatevi andare… a tutte piace”, le sussurrava, senza cogliere l’ironia, mollando finalmente la presa, mentre lei, le gambe vergognosamente aperte, lo guardava con un interesse distaccato, quasi clinico, ora, leccarla; sentiva, se faceva attenzione, la lingua guizzarle dentro, senza riconoscere le sensazioni, senza ritrovare il piacere. Quello che provava con André. Quello che, ora, invece, sembrava un mero rituale cortigiano. Forse era troppo bagnata. Cercò di concentrarsi, rintracciando le percezioni.

Ora si sentiva un po’ sgualdrina, lì, riflessa in quello specchio, mentre lui si affannava tra le sue cosce. Si osservava. Le spalle bianche. I seni. Il ventre piatto. Non riusciva ad eccitarsi davvero.

Si sentì improvvisamente stanca.

Ormai priva di interesse. Stupida. Infinitamente stronza verso André. Irreparabilmente traditrice di lui. E di se stessa.

“Lasciatemi…” Fece per alzarsi.

“No.”

“Voglio andarmene.”

“No.”

“No, no, no… io non vi lascio andare…”

“Smettetela, per voi io non significo niente…” Ribatté, coprendosi, alzandosi sui gomiti. “E non voglio farlo con voi.”

“Io invece vi voglio.” Le fu addosso. Le bloccò le braccia lungo il corpo.

“Lasciatemi fare… io so come darvi piacere…” insisté, forzandola. Le dita in lei. “Più di lui…”

La voleva, voleva conquistare la preda ambita e inaccessibile. Quella che, si diceva, fosse solo del suo compagno d’infanzia. Un affronto incredibile, una donna così bella per un borghese. Un attendente. Uno spreco. Gliela voleva sottrarre. Metterglielo dentro al posto suo.

“Perché non venite?”, le domandò.

Lei non rispose.

“Avanti…”

Non capiva. Era distratta da qualcosa? O non aveva compreso come soddisfarla, annotò incredulo, reso sicuro da una lunga serie di amanti, nel suo diario mentale. Eppure, era perfetta e, come femmina, non le mancava niente. Era solo molto magra, soda, i muscoli guizzanti, allungati come certe ragazzine nere che si era fatto nelle Americhe, giovanissime, belle, prima di venire sfiancate dalle gravidanze, ma per il resto, non aveva niente di strano rispetto alle altre. Ed era bagnata da farlo impazzire. Ma non veniva.

Era così eccitante, eppure era una conquista difficile, a quanto pare, considerò, mentre Oscar, come infastidita, lo scansava.

Più piano, pensava lei, stufa, delusa, senza sapere come dirglielo. Infine, lo scostò un po’ da sé, sperando che capisse, puntellandosi sui gomiti e sistemandosi meglio, cercando una posizione più confortevole, in cui lui, toccandola, non le premesse contro, non le desse fastidio, ma piacere. Poi, cercò di concentrarsi sul momento, pensando ad André, a lui, nelle stesse circostanze. Era davvero assurdo: per tutto il tempo che era stata infatuata di Hans, ora, che lui la cercava, non solo non le importava più nulla, ma neanche riusciva a venire… o forse era il sentire di stare tradendo André. Di stare facendo qualcosa che, tra loro due, non ci sarebbe dovuto essere, come un disturbo, una frattura.

Cercò di osservare Hans, sperando trovare la cosa sensuale come avrebbe desiderato anni prima. Di guardare loro due allo specchio. Un po’ si vergognava, ma avrebbe dovuto eccitarsi di più, pensandolo su di sé, tra le sue gambe. Si impose di concentrarsi sulle sensazioni mentali. Si guardava i seni, il ventre, allora, su di sé, vedeva André, sentiva lui che la toccava.

L’effetto del tentativo fu che si eccitò maggiormente, ma distraendosi, immaginando André, nella stessa situazione… certo, non che fosse corretto verso di lui, quello che ora stava facendo… lui che, però, Fersen diceva… diceva…

Non è sesso, sono solo preliminari, risolse, infine, ed, estraniandosi, immaginò lui, lui che la penetrava, finalmente, dopo averlo troppo desiderato, tutto, a lungo, muovendosi in lei, sapientemente, dandole piacere. Allora, inarcandosi, aprendosi sempre di più, sentì prorompere quell’esplosione in lei, nella pancia, poi, tra le gambe.

Ignaro del turbine mentale in cui annaspava Oscar, Fersen infine imbroccò la via giusta.

 

Mai orgasmo era stato raggiunto con tanta fatica, per Oscar. Ma questo era poco signorile ammetterlo.

 

Aveva ancora sulle labbra il sapore di lei, dischiusa. Di lei che veniva, impazzita, impetuosa.

Mentre si bagnava di lei, lasciava placare le sue ondate, che fosse di nuovo pronta.

La sua esotica e inattesa preda. Bella in modo inaspettato. Imprevedibilmente sensuale nei suoi gesti così poco femminili.

 

Ma ne aveva così voglia. Di quell’avventura così inattesa. Anomala.

Di prenderla. Rubarla a lui. Metterglielo dentro, dove glielo metteva lui, perché glielo faceva venire duro, tanto da fargli male, e darglielo tutto, raggiungerla nel suo più profondo. Possederla. Rapinarla a quell’infame.

Cortesia voleva che prima si facesse adeguatamente godere la signora, ma, dopo tutto quel tempo. stava diventando difficile trattenersi. Gli faceva quasi male.

 

Le passò una mano sul seno. Serrando.

La sentì inarcarsi contro di sé.

Sul ventre. Così piatto. Così affascinante. Dio, se te lo voglio mettere lì dentro.

Non vedeva l’ora di scivolare di nuovo tra le gambe.

Ti voglio.

 


Continua

 

Laura, da gennaio 2015 a dicembre 2015, revisione estate 2016 pubblicazione sul sito Little Corner settembre 2016

Vietati la pubblicazione e l'uso senza il consenso dell'autore

 

 

Laura Mail to laura_chan55@hotmail.com

 

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