BK's Night

 Parte VIII

 

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Cenarono insieme, felici di ritrovarsi, stupiti di quei momenti di intimità rubati. Eppure, a tratti, un velo di imbarazzo scendeva sulla loro allegria, sulla sorpresa dell’incontro, fattasi consapevolezza della presenza. Discorsi interrotti chiedevano di essere ripresi, promesse fatte, di essere adempiute. Ed entrambi, curiosi e insieme turbati da quello che sapevano li attendeva, ne erano consapevoli. Poi, a tarda sera, tornarono nell'alloggio di Oscar, infreddoliti e un po' brilli.

Oscar, in piedi accanto al caminetto, lo guardava, incerta, imbarazzata, mentre lui ravvivava il fuoco. In effetti lì era prevista anche una stanza per il suo attendente. “Domani ti farò preparare la stanza. Credo che per…”

Si interruppe. Lui si era alzato in piedi e la stava fissando. Attraendola per una mano e serrandola a sé per la vita, la sfiorò in un bacio intenso e insieme delicato, nel quale lei ritrovò quel calore del quale si era quasi abituata a sentire la mancanza, e ritrovò anche, prima sopite, poi sempre più intense, sensazioni che aveva tentato di tenere addomesticate e che aveva creduto di poter dominare.

“Fammi restare qui”, la implorò, lo sguardo bruciante, la voce quasi rattristata.

“André…”, iniziò a parlargli, la voce incerta, quasi pentita e vergognandosi del fatto che l’equivoco la facesse sorridere, indicando la porta del salottino-studio, “la tua stanza è là, collegata a questa…” Poi riprese, più sicura “Diciamo che ufficialmente dormi lì…”

Lui, rassicurato, riprese a baciarla, scendendo lungo il collo. “Di’ la verità, approfitti del tuo povero attendente solo finché fa così freddo…” Ora le sue carezze si erano fatte più audaci.

“Adoro l’inverno” fu tutto quello che riuscì a rispondergli Oscar, mentre cedeva alle sensazioni delle mani che, sotto gli abiti, percorrevano il suo corpo.

"Ah" si interruppe lui, improvvisamente serio, allontanandosi da lei. "Ho qui una cosa…" e tirò fuori, con estrema cautela, un pacchettino dal suo bagaglio. “Te lo avevo promesso…” Le rivolse uno sguardo dolcissimo, appassionato e pieno di serietà, mentre lei arrossiva, imbarazzata, nello scoprirne il contenuto e sentiva in sé una determinazione inattesa.

 “Voglio fare l’amore con te”, le disse, semplicemente. Oscar sentì la solennità di quel momento, di una decisione condivisa con lui, e non seppe fare altro che annuire e guardarlo con un’intensità nuova.

Poi, come se si fosse ricordata anche lei di qualcosa, con la mano gli fece cenno di attendere e scomparve a sua volta nella stanza da letto, lasciandolo lì, allibito. Ne ritornò porgendogli, a sua volta, orgogliosa e soddisfatta dell’effetto sorpresa sortito, un involucro.

E, stavolta, fu lui ad arrossire, colto di sorpresa. “A… a… anche tu…” riuscì ad articolare, indicando l’oggetto.

“Nel caso te ne fossi dimenticato…”, fece lei per tutta risposta, fingendo noncuranza, ma in realtà divertita ed emozionata.

“Bene!”, sentenziò lui, compiaciuto. “Andiamo a sperimentare!” Decisamente, adorava quella Oscar a suo modo intraprendente!

E la portò con sé sul divano e prese a coprirla di baci, che lei ricambiò, fino a non sentire altro che i brividi di quelle carezze sempre più intense ed il cuore volare e, insieme, cadere preda dell’emozione. Si disse che non era paura, perché quella era una scelta di entrambi, un passo importante per loro due. Eppure, era emozionata. Come lui. E piena di curiosità e desiderio. Come lui. Fino a che quei pensieri non vennero richiamati dalla realtà. Finché lui non la prese tra le braccia e non la portò sul letto, mentre lei, alla luce della luna, cercava di osservarlo con occhi quasi spaventati, e, persa nelle sensazioni del suo respiro, della sua pelle, dei suoi capelli, non si accorgeva che anche lui ardeva della stessa paura e dello stesso desiderio.

Fecero l’amore con dolcezza e impazienza, con affetto e ardore, con tenerezza e rudezza, in quella notte di emozioni che sopraffacevano ancora la fisicità. Poi, in seguito, avrebbero imparato altri gesti, scoperto altre sensazioni. Ma quella notte il resto non contava. C’erano solo loro due.

Più tardi, quando la passione si fu sopita e rimase solo l’emozione a tenerli ancora svegli, lui, cingendole le spalle con tenerezza, la condusse alla finestra, a contemplare quella notte dal cielo terso. Voleva guardarla con lei accanto, dopo che avevano fatto l’amore, fu la risposta che diede ad Oscar, che gliene domandava la ragione. Ma lei non riuscì a fare attenzione a quel paesaggio. Non riusciva a non pensare al corpo di lui, alle sensazioni che provava nello sfiorare la sua pelle e, anche, all’imbarazzo che provava in quella situazione. Negli anni a venire, di quella notte avrebbe ricordato il buio della stanza, il riflesso pallido della luna sulla pelle di lui, il calore di quel corpo accanto al suo, le parole che le aveva sussurrato ”Voglio ricordare questo momento con te…” e un lembo di cielo scuro, nel riquadro della finestra, tanto simile a quello della notte in cui lo aveva vegliato, ferito.

Nei corridoi già bui, Victor fu sorpreso di non veder filtrare la solita luce, dalla stanza di Oscar. Deluso dal non poter onorare la piccola abitudine della conversazione serale, che, in poco tempo, aveva preso, raggiunse gli altri ufficiali.

“Non avete visto il comandante Oscar, stasera?” Domandò, evasivo.

“E’ arrivato il suo attendente, poche ore fa”, fu la risposta. “Non lo sapevate?”

 

L’alba tinse la stanza di un chiarore lattiginoso.

Erano ancora abbracciati.

Nel sonno, Oscar si era voltata, la schiena contro il corpo di lui. Con estrema dolcezza, lui aveva fatto per coprirla meglio e le aveva posato un bacio, leggero e delicato, sui capelli, così che lei, tranquillizzata dal calore che percepiva attorno a sé, gli si era rannicchiata contro, con aria soddisfatta. Ora, invece, era sveglia, ma aveva quasi paura a fare un qualsiasi movimento, che avrebbe potuto spezzare quel momento. Avrebbe voluto poter rimanere così per sempre, si diceva mentre, con delicatezza, temendo di interromperne il sonno, stringeva contro di sé le braccia di lui, che la circondavano.

In fondo, i risvegli non erano fatti per gli amanti, costretti a rubare attimi d’amore alle convenzioni che li circondano. Quella mattina, come le altre in cui sarebbe stato concesso loro di ritrovarsi insieme, era una cosa preziosa. Non così sarebbe stato per una coppia normale, che avrebbe avuto tutta la vita per non stupirsi più della sorpresa e che, tristemente, presto vi avrebbe fatto l’abitudine.

Poi, non fu più possibile allontanare il momento. Lo sentì stirarsi, dietro di sé, mentre lei respirava piano, attenta a minimizzare ogni segno della sua presenza. Ebbe paura. Ma fu solo un attimo. Senza esitazione, la prima cosa che André fece, quella mattina, fu stringerla ancora più a sé e, da dietro, baciarla.

“Mio amore”, le sussurrò piano, la voce profonda.

Lei scivolò tra le sue braccia, voltandosi per abbracciarlo. “Ti amo”, gli disse, gli occhi lucidi, senza riuscire a vincere la commozione.

Le accarezzò i capelli. “Perché piangi…”

E lei, senza riuscire a spiegargli l’emozione che la pervadeva, di fronte a quel sentimento troppo forte, troppo profondo, lo abbracciò stretto e cercò di soffocare il pianto contro di lui.

Lentamente, prese ad accarezzarla, prima con dolcezza, per consolare quelle lacrime, poi con passione, lasciandole scivolare le mani sulla schiena, lungo i fianchi, incoraggiato dalla sua reazione. Vide Oscar, gli occhi scintillanti persi nell’oro dei capelli, che quasi le nascondevano il viso, rispondere a quei gesti con un’intensità più forte, più coinvolgente ancora di quella della notte precedente. Si arrese alla sensazione ed al profumo dei capelli di lei, che gli piovevano sul viso e sul petto. Impazzì al contatto. Li scostò – un attimo di delicatezza, la sua mano che le descriveva l’ovale del viso- per poterla guardare meglio, la sua bellissima Oscar che lo sovrastava, le guance accese, lo sguardo intenso. Poi, di nuovo, si persero nell’amore, mentre i colori dell’alba si stemperavano nelle tinte pallide di un mattino d’inverno.

 

“Hai gli occhi di un colore lontano…” le disse, guardandola, dopo l'amore,[1] mentre, ansimante, la teneva ancora stretta a sé.

Una luce dolcissima illuminò lo sguardo con cui lo ricambiò Oscar, stupita dalla forza quasi imperativa di quella stretta. Pareva quasi che lui avesse paura di lasciarla andare. O, forse, che volesse ricordarle che era sua. Sorrise. Sfiorandogli la guancia col viso, in un gesto affettuoso, come in un gioco tra cuccioli, rimase sorpresa da come quel contatto le comunicasse una sensazione di dolcezza, di calore. Lo stesso calore, lo stesso senso di sicurezza che emanavano dal corpo di André, quando lo aveva accanto.

Come improvvisamente rattristata, gli si fece più vicina. Con mano incerta, quasi impacciata, descrisse il contorno del suo viso, le labbra, gli zigomi, la cicatrice. Oscar provò un brivido, nel sentire la pelle più delicata, temette di fargli male. André percepì il lieve scarto delle dita e, lentamente, costringendola a sostenere il suo sguardo, appoggiò la mano sulla sua.

“Non mi fa male”, le disse, con dolcezza.

Poi si portò la mano alle labbra, baciandola delicatamente.

Attesero, abbracciati, il momento di alzarsi e di abbandonare quegli istanti che erano soltanto loro e in cui non sembrava più esserci un mondo, al di fuori di loro due, in quel letto, in quella stanza.

Quella mattina, il colonnello Oscar aveva, finalmente, un’aria leggera, solare. Più disposta a scherzare, lei che era sempre così seria, a tratti assorta nei suoi pensieri, lo sguardo spesso perso alla ricerca di André. André che subito aveva ripreso le sue mansioni. André che sembrava guardarla –guardare ogni cosa, per la verità- in maniera più intensa, come si fa con qualcosa di prezioso. Oscar constatò che quella missione, che fino al giorno prima aveva desiderato solo concludere rapidamente, aveva acquistato dei risvolti positivi che ora le sarebbe dispiaciuto lasciare. E si rese anche conto, con stupore e tristezza, che si era davvero disabituata ad avere André accanto, anche nel lavoro. Si disse che era accaduto perché era stata troppo presa dal proprio incarico, da tutto quello che c’era stato da fare. Non poté non notare che le sue iniziali reazioni rispetto a lui erano state quasi di imbarazzo, come se lui fosse venuto ad intromettersi in qualcosa di cui non era parte. Si disse che era stato per la troppa lontananza, ripromettendosi di non lasciare mai più che accadesse per un periodo tanto lungo. E si chiese, improvvisamente, se lui se ne fosse accorto. Ma quel pensiero la rattristava, e lo scacciò rapidamente, sopraffatta da un’ondata di dolcezza, nel pensare a lui, a lui che era lì, con lei, a loro due.

 

 

Continua...

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[1] Questa è per Camille.