BK's Night
Parte IV
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Anni
di tristezza e solitudine si confondevano in quell'abbraccio. Un abbraccio
impacciato, quasi rigido… Oscar si era rifugiata contro André e lui stesso
non faceva che stringerla a sé, quasi con disperazione e tristezza.
Si
guardarono. André le si avvicinò per un bacio timido, posato sulle labbra, lo
sguardo intenso, pieno di mille parole. Di tutte le cose non dette.
Scosse
la testa. "Dio, mi pare impossibile…" La contemplava. Le prese la
mano. Se la portò al viso, osservandola con tenerezza. "Che belle
mani", le disse, rapito. Averlo pensato per anni, averle osservate, di
nascosto, fugacemente, per tanto tempo e non averglielo mai potuto dire…
Oscar
lo accarezzò. Un gesto quasi materno. Carico come di sofferenza. La sofferenza
di troppe cose inespresse, trattenute. La consapevolezza di aver comunque
perduto del tempo prezioso. Perché indietro non si torna.
Bussarono
alla porta. Oscar, con riluttanza e, insieme, imbarazzo, si sciolse
dall'abbraccio di André, mentre sentiva le braccia di lui che opponevano
resistenza.
Era
Rosalie, accompagnata dal dottore. "Madamigella Oscar, Bernard ha ripreso
conoscenza…"
Già…
solo Bernard… Oscar aveva deciso di mantenere segreta la reale identità di
quel giovane. Voleva avere tempo per riflettere.
"Arrivo,
Rosalie." Si voltò a guardare André. Uno sguardo insieme triste e pieno
d'amore e di attesa. Non riusciva a non pensare che, probabilmente, di nuovo le
bende le avrebbero impedito a lungo di guardarlo negli occhi. Avrebbe desiderato
soltanto stare lì, accanto a lui, mentre era suo dovere, l'ennesimo,
frustrante, dovere, occuparsi anche di Bernard, della sua posizione delicata.
Era stufa. E stanca. Avrebbe voluto un po' di tempo da dedicare solo a lui,
mentre nella realtà in cui viveva non c'era scelta. C'era, invece, si disse.
Qualcosa che si stava ribellando dentro di lei. No… tutto seguiva un copione
già preordinato e lei si sentiva, da troppo tempo, ormai legata a quella
situazione, senza possibilità vera di mutarla. E ogni volta che, nella sua
vita, aveva sperato che mutamenti si verificassero, in realtà quelle illusioni
si erano presto vanificate. Lo sguardo prima duro, rabbioso. Poi, incontrando il
suo, dolce. E triste. Gli posò una mano sulla spalla, come per infondergli
forza, per trasmettergli una sorta di energia. Un gesto che aveva fatto tante
volte, da amica, e al quale, ora, conferiva un'intensità particolare, quasi
bruciante. André la guardò. Con una profondità[1]
che le parve nuova, la stessa di mille altre volte, che solo Oscar non aveva
voluto vedere e che Rosalie ed il dottore, invece, notarono.
"A
dopo, Oscar." La vide chiudersi la porta alle spalle.
Rimasero
soli lui ed il dottore.
"Non
avresti dovuto toglierti le bende", lo ammonì l'uomo non appena Oscar se
ne fu andata. "Ti avevo avvisato dei rischi", continuò mentre lo
visitava. La pulizia della ferita era dolorosa. André impallidì dal dolore,
stringendo i pugni per non gridare. Oscar
Oscar Oscar… come se pronunciare il suo nome avesse potuto in qualche modo
essergli d'aiuto...[2]
Lui,
che, nell'urgenza della situazione, pensava di aver calcolato ogni rischio
connesso al suo exploit, era, ora, messo di fronte ai risultati concreti di
quella operazione.
"Potresti
diventare progressivamente cieco…"
Lui
trasalì. Il dottore se ne accorse. "Comunque, non è detto. Se non
accuserai disturbi alla vista in tempi brevi…" disse, mentre preparava
una polvere da versare nell'acqua sterilizzata, per la medicazione.
"Ma
se…" André faticava a trovare le parole e a mantenere un tono neutro.
Eppure doveva sapere.
"Se
dovessero manifestarsi problemi?" fece, mentre iniziava a bendarlo.
"Allora ci sarà molto poco da fare…"
Esitò.
"Entro quanto…"
L'uomo
scosse la testa, riponendo gli strumenti. "Anche pochi giorni…"
André
fu percorso da un tremito. Proprio ora…
Aveva
terminato. "Bene, allora, fai la medicazione quattro volte al giorno per la
prima settimana, poi, un paio di volte…"
Le
parole del dottore furono una doccia gelata per André. Lo avevano messo di
fronte alla realtà.
L'ironia
della vita, si trovò a considerare… Proprio mentre Oscar si faceva più
vicina, qualcosa di decisamente serio lo colpiva duramente. In fondo, la sua
esistenza era sempre stata uno strano bilanciamento di positivo e negativo…
Però… però… senza la vista, che vita avrebbe potuto fare? Avrebbe perduto
il suo lavoro accanto ad Oscar, non sarebbe stato in grado di fare molto altro,
avrebbe dovuto accettare di vivere pesando sui Jarjayes? O sulla nonna? O su
Oscar? E cosa avrebbe potuto offrire ad Oscar, se non incertezze? Già così,
ora, sentiva di starle facendo correre un azzardo, egoisticamente, chiedendole
di vivere quel loro amore… e poi? Poi, si era detto quando ci pensava,
avrebbero trovato una soluzione. Lui - aveva considerato - non avrebbe mai
chiesto troppo. Solo di essere amato da lei. Di amarla. Ma non era già troppo
chiederle di amarlo? Inoltre, all'epoca era autonomo, in grado di lavorare, di
avere del proprio. Ed ora? E in futuro? Che sarebbe stato di lui se avesse
perduto la vista? Come avrebbe vissuto? E Oscar? Come avrebbe reagito? Lo
avrebbe costretto a rimanere a casa, a riposo… lontano da lei… no, non
voleva! Oscar non avrebbe dovuto sapere! E nessun altro! E, in fondo, non
lasciarle conoscere la verità sarebbe stata anche per lui l'ultima chance di
vita normale, prima del buio. L'ultima illusione.
Cieco.
Oscar. Sentiva, insieme, paura e amore. Sarebbe mai stato solo felice? Come una
persona normale? Avrebbe mai avuto una vita come gli altri? A quel punto,
probabilmente no… E la serenità? Cosa avrebbe dato, ora, per tornare come
prima dell'incidente, sereno, sì innamorato senza speranze ma, tutto sommato,
rassegnato? Respirò piano. No, non avrebbe desiderato tornare indietro. Oscar
era tutto, specialmente in quel momento. Pensare ad Oscar gli faceva provare un
forte desiderio di vivere, comunque, di andare avanti, in qualche modo. Ma che
ne sarebbe stato del resto della sua vita? Oscar non gli sarebbe bastata, lo
sapeva.[3]
Non poteva essere tutta la sua vita. Una persona vive di affetto, interessi,
lavoro… Ed Oscar stessa era una persona indipendente, attiva, abituata a
muoversi… come sarebbe stato, poi, una volta che per lui, invece, tutto quello
che era stato normale non lo fosse stato più? Già ora, lo vedeva, non poteva
aiutare Oscar ad allenarsi. E lui stesso, che era abituato a quegli allenamenti,
si sentiva come oppresso dalla forzata immobilità… In seguito, quella
situazione, al momento solo temporanea, non
sarebbe che peggiorata.
Si
prese la testa tra le mani. Aveva paura. Che sarebbe stato di lui? Che vita
avrebbe potuto avere? Improvvisamente, gli anni in cui stava bene e l'unica cosa
che mancava alla sua vita era Oscar gli parvero pieni, felici, grati - come
sempre, quando sono ormai perduti -. Poi, invece, si rimproverò, perché,
comunque, Oscar era la cosa più bella e più importante, per lui e, dunque,
qualunque cosa fosse accaduta, niente sarebbe stato tanto terribile, se l'avesse
potuta avere accanto.[4]
Si
sentiva incredibilmente stanco. Avrebbe voluto solo dormire. Non pensare. O,
almeno, stordirsi. Cercò di pensare ad Oscar. Lacrime gli rigarono le guance.
Oscar
camminava svogliatamente, precedendo Rosalie. Non aveva proprio voglia di
affrontare Bernard. Era furiosa, rabbiosa con se stessa e piena di risentimento
verso di lui, verso Rosalie stessa, che pareva quasi provare simpatia nei suoi
confronti. Sentiva la tensione pulsarle nelle vene, gonfiarle il cuore,
bruciarle la mente. Eppure, doveva cercare di rimanere calma. Doveva
concentrarsi sulle domande e sulle risposte di quel giovane, cercare di capire.
André era a tal punto convinto che le sue azioni non fossero del tutto
sbagliate, anzi, quasi inevitabili, che lei stessa cominciava a razionalizzare
in altra maniera, diversa dalla cattura, la presenza in casa sua del
"ladro".
Eppure,
avrebbe desiderato poter urlare, poter sfogare in qualche modo quel dolore
sordo, quel senso di oppressione, di impotenza che sentiva, di fronte ad André,
per non poterlo in alcun modo aiutare, di fronte a Bernard, per non poterlo
legittimamente ed eticamente punire. Avrebbe voluto prendersela con Bernard
stesso che, ora, le stava di fronte, pallido in volto, e tentava di intuire i
suoi pensieri, ma cercò di reprimere quel moto istintivo. Si impose di
controllarsi. Gli si sedette accanto.
"Dimmi
per quale ragione stai agendo in maniera di accaparrare sia fucili, sia
preziosi", lo interpellò con un tono che cercava di restare calmo, ma
lasciava trasparire l'ansia.
"Nessuna
ragione, se non distribuire un po' di ricchezza", fu la meditata risposta.
Rosalie
guardava, alternativamente, i due che si fronteggiavano. Oscar pareva
monolitica, ma, dentro, era una tempesta di mille pensieri e sentimenti. Le
pareva di assistere ad una recita di pessimo ordine, in cui l'attore
snocciolava, senza convinzione, il testo mandato a memoria. Quel velo di
ipocrita finzione aggiungeva disturbo al suo disagio.
"Vedi,
se l'apparenza è derubare i ricchi per, come dici tu, "distribuire"
alla povera gente", lo fissò, senza consentirgli di distogliere lo
sguardo, "in realtà non posso fare a meno di notare come il volume
documentato di preziosi, fucili, denaro accumulato sia elevato. Per non parlare
della cifra nera…" Lui la guardò interrogativo. "Il numero di casi
non denunciati", spiegò lei. "Un volume troppo alto. E le tue
frequentazioni, anche queste documentate, mi lascerebbero supporre,
ragionevolmente, altri scopi."
Parli
come Robespierre, avrebbe voluto farle notare Bernard. Ma pensò che non fosse
il caso di ulteriori riferimenti alle sue “frequentazioni”. Si sforzò di
valutare cosa potesse conoscere di lui. Si erano incontrati, una notte, in una
taverna e lì erano state proprio le parole di Robespierre, che era con lui, a
mettere nei guai Oscar e l'altro giovane che la accompagnava. Poi, sempre
insieme a lui, li aveva intravisti di nuovo, e stavolta c'era anche Rosalie,
assistere alle udienze del processo a Jeanne de Valois. Quindi, Oscar come
minimo sapeva che lui frequentava l'avvocato di Arras. Sapeva, però - e questo
lo deduceva dal fatto che lei l'avesse inseguito fino al Palais royal e che,
poi, proprio lì fosse tornata a cercarlo, chiedendo un colloquio al duca d'Orléans[5]
-, anche che non era estraneo agli ambienti nobili e alto borghesi liberali e,
dunque, era abbastanza ovvio quello che le passava per la mente.
"Che
cosa vorresti dire?", fece, fingendo indifferenza. "Quali altri scopi?
Un complotto di poveracci, che non si reggono neppure in piedi per la fame,
contro la Corte?" Ironizzò, sarcastico.
"Non
prendermi in giro!" Oscar aveva decisamente perso la pazienza. Gli si
avvicinò, minacciosa.
Lui
la guardò, perplesso. Non si aspettava tanta aggressività.
"Oscar,
fermatevi!" Fu Rosalie ad intervenire, prendendola per un braccio. "E'
ferito!!!"
Oscar
la guardò come se volesse fulminarla. Anche André lo è, si ripeteva, muta.
Era la prima volta che la ragazza osava un comportamento del genere, con lei.
Fino ad allora, solo ad André era stato concesso prendersi certe libertà.
Eppure, stavolta, la determinazione di Rosalie le apparve in qualche modo
giustificabile, sebbene non meno importante - e, probabilmente, per la medesima
ragione, il che aveva un lato comico - della sua.
Arretrò,
lo sguardo severo e immensamente triste. L'avrebbe volentieri ucciso, sfogando
tutto il suo risentimento, non aveva dubbi. "E' evidente che state
raccogliendo, come potete, fondi per finanziare la vostra causa." Le sue
parole lo investirono. "Il che significa approvvigionarsi di armi,
munizioni, ma anche di qualsiasi tipo di bene rapidamente commerciabile. Ecco,
cosa voglio dire." La voce le tremava. Faticava a continuare. "Che,
poi, la visione di Robespierre e quella del duca d'Orléans non coincidano,
importa poco, dato che si tratta di una situazione diciamo contingente…"
Fece per andarsene. "Comunque", si girò, ormai sulla porta, "il
problema non è voler mutare forma di governo." Fece una pausa. "E'
farlo nella legalità."
"E
come si fa?" Osservò, sferzante, Bernard. "Qualcuno legge i cahiers
dei dipartimenti? E se anche qualcuno li leggesse, si metterà mai in moto un
meccanismo che porti ad un cambiamento?" Anche nella sua voce la tensione
era repressa.
Oscar
tornò sui suoi passi. "Hai ragione. Ma questo non implica, né giustifica
l'uso della violenza e neppure, se proprio si vuole agire contro la nobiltà, di
prendersela con chi non è nobile e lavora, per vivere!" Gli occhi le
brillavano pericolosamente. André non c'entrava niente, avrebbe voluto dirgli.
"Mi
pare, invece, che in guerra la violenza sia giustificata", le fece notare
lui. "Avrai presente Grozio", buttò là, con malcelata soddisfazione.
Oscar
non aspettava altro. "Già!", lo investì. "Se non fosse che il
trattato che citi tu si riferisca alla tutela degli imperi dei sovrani, e non
certo ai sudditi!"[6]
Era rabbiosa. "E, comunque", aggiunse, "quel sistema è criticato
e superato da Rousseau!"[7]
Se
ne andò, furibonda, di corsa, sbattendo la porta dietro di sé.
Senza
neppure passare dalla stanza di André, prese il cavallo e lo spinse in un
galoppo disperato. Perché era continuamente costretta a farsi forza, a fingere?
A reprimere i propri sentimenti? Aveva bisogno di sfogarsi, di lasciarsi andare.
Di piangere di rabbia e dolore. Di lasciare che la pioggia le lavasse le tracce
di lacrime. Di calmarsi, infine.
Arrivò
fino al fiume, lontano da casa. La pioggia cadeva sottile, ora. Rimase lì, in
piedi, sulla sponda, a fissare il flusso delle acque che, sporche, scorrevano
via piene di foglie, detriti… Non si vedeva il greto, come quando era bel
tempo… Stare ferma, ad osservare quel luogo, sentirsi addosso l'umidità della
pioggia la calmò a poco a poco.
Non
poteva evitarsi di considerare come quel giovane, nonostante facesse di tutto
per renderlesi antipatico, poteva aver avuto le sue ragioni. Non le riusciva,
perché l'opinione di André era a tal punto importante, per lei, da mettere in
secondo piano la propria. Non c'era altra spiegazione e, in fondo, tra loro, era
sempre stato così. Bernard non somigliava ad André, se non per il fatto che
entrambi avevano un fisico asciutto, lineamenti regolari ed i capelli tagliati
corti e scuri. Nonostante fosse più giovane di sei anni, Bernard aveva una voce
dura, uno sguardo determinato, che accentuavano il contrasto con la voce, calda
e ironica, e lo sguardo, dolce e gentile, di André. Non era solo perché il
loro incontro era avvenuto in quella circostanza, tutta sbagliata. Bernard
pareva una persona dura. Non avrebbe detto cattivo - probabilmente nei suoi
affetti doveva essere come tutti -, ma estremamente determinato, preso da una
sorta di missione. André, invece, forse a causa di quello che era stato il suo
compito fin da piccolo, era dolce, tranquillo, forte, a modo suo, saldo, ma
senza dare quell'impressione di durezza. No, Bernard poteva avere mille qualità,
essere un ottimo ladro ed un buon giornalista, ma non le avrebbe mai ricordato
André.
In
quei giorni, la vita di André fu strana, segnata esteriormente dal ritmo lento
e sempre uguale delle medicazioni. Avere Oscar, finalmente, accanto ed, insieme,
non riuscire a scacciare la paura. Quella paura che lo attanagliava nei momenti
più inaspettati, che lo allontanava da tutto e tutti. Quando accadeva, non
riusciva a pensare ad altro. Ogni attimo di serenità gli era precluso. Si
vedeva solo, nel buio, schiacciato dalla impossibilità di fare alcunché… In
altri momenti, invece, era felice. Senza riserve. Come non ricordava di essere
mai stato.
Oscar
trascorreva accanto a lui sempre maggior tempo ed i baci avevano lasciato il
posto a carezze ed esplorazioni, da parte sua, piene di curiosità ed, a mano a
mano, sempre più audaci, alle quali lei - e questa era la cosa che gli faceva
più piacere - rispondeva certamente senza ritrosia, con una curiosità tutta
sua, un po' pigra, un po' impacciata. Una sera di luna alta nel cielo,
inquadrata nella cornice della finestra dal buio della stanza, di fronte a lui,
che si faceva più esigente, Oscar era riuscita a lasciarlo interdetto quando,
da sola, si era liberata della camicia, scoprendo, così, la parte superiore del
suo corpo, che lui non aveva mai osato definitivamente spogliare. Non poteva
vederla. Era bendato. Avrebbe voluto togliersi la fasciatura ma Oscar non glielo
permise. Ma sentiva perfettamente, con le mani, col corpo, il corpo di Oscar, la
sua pelle. Ed Oscar rabbrividiva e bruciava insieme, desiderosa di conoscere e
perduta in quelle sensazioni. E lei stessa esplorava il corpo di André, spesso
guidata da lui, con curiosità e imbarazzo.
Furono
giorni strani, quelli. Gli ultimi della licenza che Oscar aveva preso a Corte.
Molte cose stavano cambiando, in lei. E sentiva tutto il disagio di dover
tornare in un ambiente al quale si sentiva sempre meno legata, sempre più
estranea. Il suo mondo era stato, fino ad allora, di lavoro ed affetti. Quello
di Rosalie, quello di André, della nonna. Ora che Rosalie pareva più vicina
che mai a Bernard, ora che aveva visto[8]
il pericolo minacciare André, ora non se la sentiva di perdere tempo a corte.
Perdere tempo… un'espressione che, in altre occasioni, non avrebbe certamente
associato a quell'incarico. Ora, però, accadeva con sempre maggiore frequenza,
assieme ad un profondo senso di inutilità che percepiva in tutto quello che, a
Versailles, le toccava fare…
Cominciò
a maturare una decisione che avrebbe cambiato la sua vita. Era, ormai, tempo di
farlo. Aveva accettato già troppo a lungo imposizioni e decisioni altrui. Ora,
non poteva più permettersi di lasciarsi guidare, consigliare. Di lasciarsi
vivere per soddisfare le esigenze del casato, del padre, della regina. Ed era
ormai troppo tempo che andava meditando in proposito. Non farlo ora sarebbe
stato l’ennesimo inganno. Ci sarebbero voluti egoismo e determinazione per
portare avanti quell’idea, ma proprio la situazione di André, la sua, il
profondo senso di inutilità che provava sempre più, stando a Corte, la
rendevano estremamente consapevole che non c’era più ragione di
temporeggiare. Non ne aveva parlato con André ed essa stessa si era limitata a
formalizzare quell’idea. Ma era decisa. Era solo questione di tempo.
Continua...
Mail to laura_chan55@hotmail.com
[1] Suggerito da Fiammetta.
[2] Suggerimento, rispetto alla mia versione, di Fiammetta.
[3] Triste e vera realtà mutuata a DE ANDRE', Verranno a chiederti del nostro amore.
[4] Non so perché, ma queste elucubrazioni mi ricordano tanto Levin!!!
[5] Qui l’episodio è situato prima del ferimento.
[6] Il riferimento è a Hugo GROTIUS, De iure belli ac pacis, 1625.
[7]
Jean Jacques ROUSSEAU, Contrat social,
L. I, cap. 2.
[8] Suggerimento di Fiamma, rispetto al mio "vissuto".