Rape
(Racconto
d'Inverno)
Parte VI
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Oscar
non era più stata a Corte, da allora. E se ne era tenuta lontana di proposito,
infastidita dai possibili commenti, le voci malevole, le insinuazioni. Si era
sottratta volontariamente al giro di chiacchiere che quello che le era successo
doveva aver alimentato. Si era rifugiata in un suo piccolo spazio privato,
cercando pace. Era pallida, tesa, mentre ripercorreva gli stessi sentieri di
quel giorno. Aveva ottenuto un'udienza privata dalla Regina, al Trianon. Doveva
parlarle. Sistemare alcune cose. Sperava di non incrociare Girodel - cosa
improbabile, del resto - e, francamente, se fosse accaduto, non avrebbe saputo
realmente come comportarsi. Non aveva mai pensato a lui. Lo aveva rimosso. Non
avrebbe saputo dire se avrebbe desiderato che fosse punito, allontanato dalla
Corte... non lo sapeva. Per tutto quel tempo aveva evitato di considerarlo.
Prima, per lo shock. Poi, per tutto quello che era seguito. Di Girodel, rifletté,
non sapeva che pensare...
Maria
Antonietta la vide, pallidissima, dimagrita, sulla porta.
"Oscar!",
le venne incontro con affetto, senza riuscire a nascondere il misto di sollievo
e turbamento che provava nel rivederla. "Come state?"
"Maestà...
bene... vi ringrazio..." Era impacciata. Era chiaro che quello che era
accaduto aveva avuto una certa diffusione e alimentato la curiosità.
La
Regina facilitò le cose: "Volevate parlarmi..." Le prese il braccio.
"Venite, andiamo fuori..."
Oscar
le offrì il braccio, da cavaliere, come altre volte aveva fatto. E, come altre
volte, lei vi si appoggiò. Uscirono all'aperto. Si stava bene. Passeggiarono in
silenzio per un po'.
Poi, fu
Maria Antonietta a rompere la tregua: "Allora, ditemi..."
"Maestà...
io..." fece una pausa. "Sono qui per chiedervi il permesso di
sposarmi..."
"Oscar!",
Maria Antonietta sembrò sollevata. "Che bella notizia mi date!" Si
era animata.
"...in
segreto...", aggiunse Oscar, cercando di cogliere il peso della lieve
espressione di perplessità che si era delineata sul viso della Regina.
"Maestà, c'è una ragione...", aggiunse, cauta.
"Oscar...
non finirete mai di stupirmi! " La cosa si faceva molto intrigante.
Oscar
la guardò e non poté non domandarsi chi si aspettava fosse il malcapitato...
Sorrise, al pensiero di ciò che stava per dirle...
"E
chi è il fortunato?"
Oscar
considerò che adesso sarebbe arrivata la parte difficile... spiegazioni,
moniti... "André...", disse semplicemente. Poi aggiunse, preoccupata
che la ragione dello shock non fosse chiara: "Il mio attendente." E si
dispose ad attendere la reazione della Regina.
"Oscar...
ma i vostri genitori lo sanno?" Maria Antonietta era meno sprovveduta di
quello che sembrava.
"No..."
rispose Oscar con voce chiara. "E non devono saperlo."
"Oscar...
ma che volete fare?" La Regina la guardò, preoccupata.
"Vedete,
Maestà... dopo quello... che è successo..." Le era difficile esprimere i
propri sentimenti. "Anzi, già da prima... io ho capito di tenere molto ad
André..." Guardava lontano, cercando le parole adatte. "Lui mi è
stato molto vicino... ma non è solo questo..."
Maria
Antonietta la guardava. Come sembrava sperduta, la sua glaciale Oscar, in quegli
istanti. Continuava ad essere forte, ma profondamente triste.
"Oscar,
io questo l'avevo capito...", sorrise.
Oscar
abbassò lo sguardo.
"Vedete,
Maestà, se io avessi vissuto come una donna normale, forse..." No, non era
neppure quello! E se lei si fosse innamorata di lui comunque? Non era quello il
discorso da fare... "Ma la mia vita è diversa...", proseguì.
"Io non credo comunque che potrei essere adatta ad un marito... usuale...
Credo che André possa capirmi meglio di molti altri... siamo cresciuti
insieme..."
La
Regina sorrise: "Comunque, lasciatemi dire che il vostro incarico facilita
la giustificazione..."
"Questo
è vero...", considerò Oscar, sollevata dal tono della Regina. "Se io
potessi sposarmi", continuò, "eviterei anche rivendicazioni..."
Non le era facile spiegare, ma era necessario. "I miei genitori non devono
sapere niente. André ed io continueremo a comportarci come al solito."
Maria
Antonietta la guardava, incuriosita dal dove andasse a parare il discorso.
"Però...
se... qualcuno dovesse proporre a mio padre un... matrimonio riparatore..."
Oscar era arrossita. Dover fare quel discorso le pesava enormemente.
"Intendete
Girodel..."
"Sì...
Allora, in quel caso, io potrei opporre che, col vostro consenso - col consenso
del sovrano - io ho già un marito..."
"Certo.
Capisco..."
"Questa
è un'altra delle ragioni...", aggiunse Oscar, una lieve ansia nella voce.
"Bene!
Per quanto mi riguarda, non ci trovo niente in contrario...", disse,
osservando divertita l'espressione sollevata di Oscar. "Credo che André
sia la persona adatta a voi. Paziente, pronto ad incassare i colpi..."
Sorrise, sbirciando l'aria contrariata che Oscar aveva assunto. "E non
credo neppure che ci saranno obiezioni... e, comunque, se anche fosse, io
insisterò!", dichiarò, ormai votata alla causa. "Riceverete il
documento quanto prima."
"Io...
io vi ringrazio..." Oscar non aveva parole. Certo, aveva sperato nella
comprensione della Regina, ma, addirittura, degli apprezzamenti... così
positivi su André - un po' meno su di lei, ma, insomma, poteva passarci sopra,
vista la circostanza...-
Passeggiarono
ancora un po'.
"Oscar,
io spero che voi non lascerete il vostro incarico..." Il tono della Regina
era accorato. All'improvviso, aveva realizzato la possibilità che l'amica
decidesse di allontanarsi dalla Corte.
Oscar
percepì la preoccupazione. "No, certo..."
Si
accomiatarono. Ma c'era ancora qualcosa che Maria Antonietta avrebbe voluto
sapere. Qualcosa che la turbava e che non riusciva a togliersi dalla mente...
Erano solo voci, però... Voleva saperlo. Comunque. Sentiva che ciò che provava
per Oscar non sarebbe cambiato, anzi, l'avrebbe aiutata a comprenderla meglio, a
sentirla più vicina.
"Oscar...
io volevo chiedervi..." Esitò.
Oscar
tornò sui suoi passi. "Ditemi."
"Ecco...
ma voi... dicono che voi..."
Oscar
intuì. "Sì, è vero." La prevenne, abbassando lo sguardo. "E lo
rifarei, se fosse necessario."
"Oscar..."
Maria Antonietta accusò il colpo. "Mi dispiace... veramente...."
Aggiunse: "Volevo solo avvisarvi di non ammettere mai in pubblico quello
che mi avete detto ora, perché, sebbene siano casi sporadici, vi sono state
alcune condanne del Parlement di Rennes[1]
su denuncia." Sorrise. "State attenta..."
"Certo,
Maestà. Vi ringrazio."
"Io
spero di rivedervi presto, allora!"
Una cerimonia semplice
Quel
giorno, André, vestito di blu scuro, i capelli raccolti sulla nuca, guardava
intensamente la sua Oscar mentre il sindaco di Arras leggeva la formula rituale.
Erano loro due da soli - se si eccettuavano i testimoni necessari alla validità
del matrimonio, che erano stati reclutati sul momento, in municipio -. Loro due
e le loro vite. La loro promessa. L'avrebbe protetta. Le sarebbe stato accanto.
Senza chiedere più di quello che lei poteva dargli. La guardava, gli occhi
lucidi. Era splendida. E commossa. Lo intenerì notare come faticasse anche lei
a trattenere le lacrime, a celare l'emozione di quel momento.
Oscar
lo guardò con tutta se stessa. Lo contemplò. Quel giorno, lui era
incredibilmente serio, profondo, mentre ascoltava con attenzione le parole,
imprimeva nella memoria, con i sensi all'erta, quei momenti, che sancivano la
loro promessa. Oscar consegnò al sindaco l'attestato che conteneva il consenso
del sovrano,[2]
e che fu unito agli altri documenti necessari per la registrazione. Aveva il
respiro tagliato. Era emozionata. Rabbrividì e si strinse nel mantello leggero
color ghiaccio. Poi, guardò André mentre, con la mano che tremava
visibilmente, firmava il registro e le passava la penna. Era bello. Le
ricambiava intensamente lo sguardo, ascoltando la voce che li dichiarava marito
e moglie, mentre le stringeva forte la mano.
Era
rimasto molto perplesso, sul principio, il sindaco di Arras di fronte a quella
strana coppia. D'altra parte, nella lettera del sovrano c'era scritto
chiaramente che, sebbene il nome fosse maschile, Oscar François de Jarjayes era
una donna. Nobile, per giunta. Colonnello, addirittura. E che, in quella
circostanza, impersonava la sposa. Non si sarebbe detto un matrimonio, rifletté,
a vedere i due giovani, l'uno accanto all'altro, in piedi di fronte a lui. Non
gli capitava spesso di registrare unioni su ordine del sovrano, meno che mai una
così... E, tuttavia, a considerarla bene, era chiaro che si trattava una
donna. Ed era bella, anche se non si sarebbe certo potuta dire appariscente,
soprattutto con quegli abiti maschili. Ma la cosa che lo colpì di più fu il
modo, tenero, in cui lo sposo usava guardarla, inclinando leggermente la testa
di lato per osservarla, di tanto in tanto, non visto, durante la cerimonia.
Fu
tutto molto semplice.
A
ripensarci, dopo, Oscar si rese conto che tutto era durato davvero poco. Ma, lì,
mentre li viveva, quei momenti le erano sembrati interminabili.
Uscirono
sulla strada. Era strano... quel giorno, tutto sembrava più intenso. Il colore
del cielo, le pietre delle case, tutto. Tutto sembrava contenere un'energia che
stava quasi per esplodere. Oscar stessa sentiva qualcosa che la rendeva ansiosa
ed, insieme, appagata... Si sentiva leggera. Era bellissima. Gli occhi
scintillanti, un leggero rossore che le colorava le guance, il sole che le
faceva brillare i capelli. André le cinse le spalle con un braccio e la
attrasse verso di sé, baciandole i capelli. Oscar era felice. Era felice. Non
riusciva a pensare altro. D'impulso, lo abbracciò tanto forte da fargli male.
Avrebbe voluto che tutto restasse così. Per sempre.
Oscar
si svegliò, quella mattina, ma non aveva voglia di alzarsi. Rimase accoccolata
tra le braccia di André, cercando di scacciare il pensiero della partenza. La
prospettiva del ritorno a Palazzo Jarjayes e a Corte la faceva stare male. Però
non era evitabile. Fino ad allora, si era nascosta, aveva fatto in modo di non
dover affrontare l'esterno. Ma non era più possibile rinviare. Sarebbe tornata
alle Guardie reali e si sarebbe, infine, trovata inevitabilmente a fronteggiare
Girodel. Ne aveva parlato con André, qualche volta, e, anche se non si sentiva
pronta, trovava che non c'era altro da fare... In quei giorni ad Arras, lei ed
André avevano ingannato tutta la servitù. Nessuno, nottetempo, aveva notato i
loro spostamenti e, durante il giorno, era sempre stato normale che
trascorressero tutto il tempo insieme. Un'ottima prova generale per quello che
sarebbe stato, da allora in poi. Certo, la sorveglianza sarebbe stata più
ferrea, ma non era impossibile... Però... però quei giorni avevano il sapore
di qualcosa di magico, di irripetibile. Allontanarsi da Arras, stavolta, le
avrebbe fatto molto male.
D'improvviso
saltò su, maledicendo la necessità di tutti quegli espedienti:
"Oddio!"
La
morsa delle braccia di André la strinse di nuovo, ricacciandola sotto le
coperte. "Oscar... che ti prende?" Si era svegliato. La baciò.
"Torna a dormire...", le disse, insonnolito.
"Ma,
André", Oscar era allarmatissima, "è l'alba! E se ci scoprono?"
"Tranquilla,
oggi non abbiamo problemi: diremo che ci eravamo messi d'accordo per controllare
presto i bagagli!" Si sistemò meglio sotto le coperte, un'aria
soddisfatta: "Stamattina possiamo stare tranquilli!", aggiunse,
l'espressione beata. E la trascinò con sé, senza possibilità di fuga...
Continua...
Mail to laura_chan55@hotmail.com
[1] LEBRUN F., La vie conjugale..., cit., p. 149; LUCCHINI, (voce): Aborto procurato, in "il Digesto italiano", vol. I, p. 107.
[2] Elora, in And they Lived, parla di un Bill, cioè di un Writ o Breve, -is, cioè di un ordine del sovrano sopra una determinata questione. In realtà, si tratta di un istituto tipico del diritto di Common Law, mentre i sovrani francesi, solitamente, utilizzavano la forma degli Editti o delle Patenti, queste ultime riservate ad un numero più limitato di destinatari. Si può ipotizzare, dunque, che Oscar avesse ottenuto il consenso attraverso uno di questi mezzi.
Specifico che, comunque, non ho rubato l'idea ad Elora, ma che, come molti, mi sono posta il problema di come conciliare la necessità del consenso sovrano al matrimonio tra nobile e borghese con il matrimonio stesso...