Rape
(Racconto
d'Inverno)
Parte III
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Lui
trascorreva con lei più tempo che poteva. Si sedeva accanto a lei, sul letto o
sul divano, e parlottavano. Cercava di tenerle la mente impegnata, di farla
tornare alla normalità, le portava libri e li leggeva con lei. Lei non poteva
certo considerarsi reattiva, a volte rispondeva ai suoi scherzi, a volte non
voleva farsi vedere in giro, temendo gli sguardi curiosi ed indagatori, ma,
almeno, nei suoi confronti, non era chiusa. Oscar, da parte sua, con lui stava
bene. Riusciva a recuperare una tranquillità, che le mancava... Anzi, ormai
attendeva con ansia il momento in cui lui sarebbe arrivato, allegro e
scanzonato. Era lei a cercarlo. Nei momenti in cui restava sola, non faceva
altro che ripensare all'accaduto. Era orribile. Si guardava e rivedeva tutto. Se
lo sentiva sopra, dentro. A volte ci stava talmente male da dover soffocare le
urla. Con André, invece, era più tranquilla. Comunque, da qualche tempo non si
sentiva neppure troppo bene. Le ferite stavano guarendo, ma lei avvertiva un
malessere diverso. Si sentiva debolissima, quasi sveniva, si stancava
facilmente. E qualcosa, negli ultimissimi giorni, la sconvolgeva.
Era da
qualche giorno che André la trovava molto strana, presa da qualcosa,
angosciata, assente. Quella mattina andò a prenderla per proporle una
passeggiata, sperando di distrarla. La trovò completamente disfatta,
pallidissima, sudata, le mani gelate.
"Che
cosa ti è successo?" si informò, allarmatissimo.
"Niente...
non mi sentivo bene..." Oscar tornò nella stanza da bagno.
Poi
uscirono. Lei si muoveva più a fatica del solito, sembrava oscillare in balia
delle onde, in alcuni momenti non riusciva a stare in piedi ed André doveva
sostenerla quasi di peso. Era terribilmente pallida, un'aria disturbata, mentre,
fino a qualche giorno prima, sembrava aver recuperato un aspetto sano. Fuori era
bello, luminoso, ma Oscar non riusciva a rilassarsi. C'era qualcosa.
"Sei
preoccupata?" le domandò André mentre la sorreggeva.
"Credo..."
lei esitava. "Credo di avere un problema..." non aveva neppure la
forza di parlare.
Si
sedette con la schiena appoggiata al tronco di un albero. André le era accanto.
"Credo
di aspettare un bambino..." Appoggiò la testa al tronco, si passò una
mano tra i capelli. Era senza forze, distrutta. Non riusciva a guardarlo negli
occhi. André aveva un'espressione indecifrabile. "Solo questa ci
mancava..." disse, sconsolata, prevenendo, per timore, ogni sua reazione.
"Ne
sei sicura..." si informò lui.
"Abbastanza..."
"Il
ritardo..."
"Due
settimane... mai successo..."
"Perché
non me lo hai detto prima? Avrei potuto aiutarti..."
"E
come..."
"Almeno
avresti avuto qualcuno con cui parlare..."
"Speravo
che dipendesse dalla tensione... ho aspettato..." era così sperduta. La
sua Oscar.
Ebbe un
improvviso moto d'ira. "Quel... porco! Lo ha fatto apposta!" calò un
pugno sull'erba. Poi la guardò. Allora prima aveva vomitato... ed il malessere
degli ultimi giorni... "Dobbiamo andare dal dottore..." valutò. Era
inutile pensare a Girodel. Bisognava pensare a lei, ora. Qualcuno con le idee
chiare era ciò di cui Oscar aveva bisogno. "Devi essere sicura..." La
guardò dritto negli occhi.
"Non
so che fare..." ammise lei, a pezzi. "Io... non lo voglio..."
"Ti
capisco..." considerò. "Ma per decidere cosa fare devi prima essere
sicura della tua situazione. Vuoi che vada a chiamare il dottore? O preferisci
che andiamo da lui?"
"No,
andrò io..." Fece una pausa... "Tu... mi accompagneresti?"
Abbassò lo sguardo. "Io, da sola, non me la sento..."
"Ma
certo, Oscar! Ci andremo insieme..."
Restarono
ancora un po' lì. Nei giorni precedenti, Oscar rifletteva, lei era rimasta
sconvolta di fronte al suo ritardo. Però non aveva in alcun modo reagito,
limitandosi a chiedersi, costernata, cosa sarebbe potuto succedere, a pensare
che non poteva essere, a desiderare di allontanarsi da lì. Era solo di fronte
ad André che lei, per prima, aveva formalizzato il pensiero 'non lo voglio'. Ed
era stato André a riferirsi ad una decisione. A mostrarle un punto non ancora
sceverato della questione. Oscar continuava a ripensare al loro discorso. Le
parole di André. Una decisione. La scelta. Una cosa che lei non aveva preso in
considerazione. La possibilità di non avere il bambino. Anche se non aveva mai
pensato all'aborto, a quel punto non poteva non prenderlo in considerazione.
Si era
fatto tardi. Fecero per riavviarsi. Appena fu in piedi, Oscar si sentì male.
Appoggiata al tronco dell'albero, crollò in ginocchio vomitando, la fronte
imperlata di sudore gelato.
"Oscar..."
André era preoccupatissimo.
"Scusami...
mi dispiace..." Oscar, gli occhi lucidi, era mortificata.
Lui le
appoggiò una mano sulla spalla. "Va meglio?" Lei annuì.
"Andiamo a casa, ora."
André
sorreggeva Oscar per la vita. Ora provava una stranissima sensazione a toccarla.
Sentiva di volerla proteggere, di volerla avvolgere col suo amore infinito e
tenerla lontana dal male. Lei gli camminava accanto. Lui sentiva il suo peso
sempre più addosso al suo corpo.
"Stai
bene?" Lei non rispose. Ma lui si accorse che diventava ancora più
pallida, sudata ad ogni passo che faceva. "Che cosa ti succede?!" Lei
gli crollò addosso. "Oscar!! Oscar!!!" La sollevò tra le braccia,
disperato.
Oscar,
per fortuna, si era ripresa, ma continuava a non sentirsi bene. Il dottore
l'aveva visitata. C'erano, ad aspettare notizie, André, sua nonna e madame
Jarjayes. Quello che disse, fu duro da accettare.
"Dai
sintomi direi che madamigella Oscar aspetta un bambino. È entrata nel secondo
mese."
Oscar
impallidì, non aveva più la forza di reagire.
André
serrò le dita, gelate. "Oscar..." Uscì di corsa, le orecchie che gli
ronzavano.
Lei
strinse le lenzuola con le mani, serrando le labbra. Chiuse gli occhi. Voleva
solo che quella nausea smettesse, la faceva stare male, le girava la testa...
"Devo
parlare col dottore. Uscite, per favore." disse, piano, rivolta agli altri.
Aggiunse "Nessuno deve saperne niente! Tanto meno mio padre."
In quel
momento era davvero sola. Non era preparata ad affrontare una eventualità del
genere. Si informò delle conseguenze della gravidanza, ma anche della
possibilità di abortire, dei tempi, dei rischi, di tutto ciò che c'era da
sapere.
Il
dottore uscì. Lei rimase sola. Era agitatissima. Lei non voleva figli. Questa
era l'unica cosa certa. Tanto meno da una violenza.
Raggiunse
André sulla torre dell'edificio. Era quasi sicura di trovarlo lì. Si sedette
accanto a lui. "Posso stare un po' qui?"
André
le strinse la mano. "Ero sicuro che saresti venuta qui..."
Lei
appoggiò la testa al muro. "Ero sicura di trovarti qui... Ci prendiamo una
sbornia solenne, stasera? Ti va?"
"Così
saremo in due a vomitare... Va bene!" buttò là, lui, cercando di
sdrammatizzare.
Oscar
si lasciò scappare un sorriso. Poi chinò il capo. "Che disastro..."
"Che
cosa hai deciso?"
"Non
lo so... Io non lo voglio..."Guardava davanti a sé. "Ho detto al
dottore che mi prendo qualche giorno per decidere..."
"Hai
fatto bene."
"Il
fatto è..." Oscar non riusciva neppure a parlarne. "...che io non ho
mai... pensato ad un figlio... Ovviamente", aggiunse. "è
una cosa che mi ha sempre spaventato..."
André
taceva, temendo di interrompere il corso dei suoi pensieri.
"Sia
per i cambiamenti nel corpo, sia perché non ho mai saputo trattare con i
bambini..." Aggiunse "Sia perché, chiaramente, è un'idea che mi è
estranea... Insomma... non è una cosa per cui sono stata cresciuta! Ed ora,
dovrei accettare un bambino... per di più da quell'essere?" Ebbe una
smorfia. "Io..." stava cercando di pesare le parole, "Io non ci
riesco..."
"Oscar,
tu non sei obbligata ad averlo, lo sai..."
"Lo
so... ma non avrei voluto mai trovarmi in tutta questa situazione... anche se
sono fortunata a poter decidere..." considerò con amarezza. Fece una
pausa. "Tu non ci hai mai pensato? ...Ad un figlio, intendo..."
Lui
rimase in silenzio per un po', prima di rispondere. "Non lo so... il fatto
è che io ho sempre pensato che per la persona di cui sono innamorato sarebbe
stato molto complicato averne... per cui diciamo che ne avevo escluso la
possibilità... Però non mi dispiacerebbe..." aggiunse, scherzando
"...tanti piccoli Andréini...."
"Oddio..."
rispose a tono Oscar, sconsolata,[1],
figurandosi con orrore la scena di tanti piccoli Andréini che si azzuffavano
con un piccolo Girodel.
"In
generale," André tornò serio, "penso che una persona dovrebbe avere
un figlio solo se e quando lo desidera, se è in grado di farlo vivere
decentemente... Diciamo che non sono cose ineluttabili... per cui andrebbero
affrontate con un minimo di consapevolezza." Il tono improvvisamente duro.
"Né andrebbero imposte... Una donna ha il diritto di decidere del proprio
corpo e della propria vita! E non ha il diritto di vedersela stravolgere perché
un uomo ha abusato di lei!"
"La
penso anche io così..." Oscar aveva parlato con voce chiara. "Tanto
più..." esitò "che esistono modi abbastanza sicuri per
evitarlo..." Si rialzò. "Torniamo giù, prima che arrivino a
cercarci..."
"Hai
ragione... è ora di pranzo..."
"Non
parlarmi di cibo..." fece lei, tra lo scherzoso ed il disgustato.
Quel
pomeriggio se ne andarono in una taverna. Sarebbero volentieri rimasti a casa,
davanti al caminetto, anche perché Oscar continuava a stare male, anche se le
nausee erano localizzate soprattutto la mattina, ma volevano stare tranquilli.
Oscar era in fuga. Non voleva domande, voleva solo starsene in pace. E quel
luogo diventava solitario solo sul tardi, quando tutti erano andati a dormire,
per cui bisognava trovare un altro posto in cui stare, nel frattempo. Non la sua
stanza, perché sua madre e Nanny avrebbero certamente cercato di sapere come
stava, guardandola in maniera nuova. D'altra parte, era vero che, tra le due
donne ed André, avevano eretto un muro di protezione intorno a lei. E lei era
loro grata. Ritornarono solo quando era passata da un pezzo l'ora di cena.
André
aveva mangiato qualcosa, sotto lo sguardo insieme invidioso e disgustato di
Oscar.
"Scusami...
muoio di fame..." si era giustificato. D'altra parte, con quello che era
accaduto, aveva praticamente saltato il pranzo... solo una mela, al volo, di
passaggio per le cucine.
Avevano
bevuto. Ma non abbastanza. Oscar era fin troppo lucida.
"Meglio
qualcosa di più forte..." e si diresse verso le bottiglie di cognac,
tenute in basso, in una delle cristalliere. "Anche per te?"
"Sì...
lascia, faccio io" André le prese dalle mani la bottiglia ed i bicchieri.
Rimasero
lì fino a notte inoltrata. Faceva freddo. André ravvivò il fuoco. Oscar non
disse niente. Aveva l'aria distrutta, di chi ha subito davvero un brutto colpo.
Era stanca, ma non riusciva a rilassarsi, la mente invasa da mille pensieri.
"Vorrei
che la mia mente fosse vuota... una tabula rasa..."
André
la guardò in maniera terribilmente seria, considerando come quel porco era
riuscito a ridurla. Le riempì il bicchiere.
"Ho
paura..." ammise, piano. "Non voglio questa cosa dentro di me..."
Lui la
guardò. Praticamente non si notava niente sotto l'ampia camicia, il gilet, la
giacca.
Lei
continuò. "Ho paura di quello che sento... di questa sensazione..."
"Che
intendi dire..." André temeva di aver capito.
Oscar
era esasperata. "Io ne sento la presenza, dentro di me... mi fa paura... ho
paura di questo legame, lo capisci?" "Io non voglio!" Era
disperata. Piena di terrore.
André
la guardò, intenerito dalle sue parole... Lui non temeva i suoi sentimenti,
mentre la maggior parte dei problemi di Oscar nasceva, di solito, proprio da
questo. D'altra parte, in questo caso, c'era da comprenderla. Fosse stato un
bambino voluto... Fosse, almeno, stato con una persona che lei avesse amato...
se ne sarebbe potuto discutere... Ma, certo, così non era accettabile. Però...
"Posso
sentirlo..." azzardò, senza riflettere.
Oscar
lo guardò, furiosa, le lacrime agli occhi. Ma, davvero, non capiva? "Non
mi toccare!" gli scansò bruscamente la mano. Poi si pentì di quel gesto.
"Scusami... temo..." Sospirò. "...di aver paura di
affezionarmici...", disse d'un fiato. "...e, a quel punto, non
riuscirei..." ammise.
"No...
scusami tu... non era il caso di chiedertelo..." Abbassò lo sguardo,
sentendosi molto stupido.
Invece,
Oscar gli prese la mano. André era stravolto. Se la appoggiò contro. Ne sentì
il calore attraverso le vesti. Respirò piano. André era caldo. Lasciò che
quella sensazione le desse un po' di tepore. André, tutti i sensi all'erta,
cercava di percepire quelle sensazioni. Aveva paura di farle male. Sentiva il
gelo della mano di Oscar, più indurita nel palmo per l'abitudine a maneggiare
armi. Sentiva come qualcosa pulsare, una strana energia... Doveva essere
suggestione.
Oscar
gli restituì la mano. "Grazie..." scherzò.
Poi agì
come se avesse dovuto cancellare tutto. Bevve fino a stordirsi,
coscienziosamente, volutamente. André invece, preferì rimanere entro una
soglia di vigilanza.
A mano
a mano Oscar crollò, silenziosamente, sulla spalla di André. Lui la sollevò
tra le braccia e la portò sopra.
La
depose delicatamente sul letto.
"Oscar..."
la chiamò piano, "Oscar... dai, devi spogliarti..."
Niente...
era piombata in un sonno profondo.
"Meglio
così", pensò, si sarebbe finalmente riposata...
Le tolse gli stivali e le calze, le slacciò la cintura dei calzoni. La mano gli tremò. Un bambino... se fosse stato suo avrebbe avuto il diritto di desiderare di sentirne ancora la presenza - o, piuttosto, di immaginarla... era ancora troppo presto - attraverso il suo corpo, di appoggiarvi la testa e di essere abbracciato da lei... Lo desiderava comunque. Era il bambino di Oscar e questo a lui bastava... O, forse, al di là degli alibi, lui vi vedeva solo l'occasione per convincere Oscar ad accettare la sua natura femminile. Ma lei... Le avevano fatto troppo del male, perché potesse dimenticare... Quel bambino non sarebbe stato mai amato... Oscar non sarebbe stata più la stessa... Forse, non lo sarebbe stata più, comunque. Sospirò. Le sollevò premurosamente il busto per tirare giù le coperte, poi fece la stessa cosa con le gambe. La coprì con delicatezza, scostandole i capelli dal volto. Poi uscì.
Continua...
Mail to laura_chan55@hotmail.com
[1] Immagino la scena di Belle e Gaston in La Bella e la Bestia di Disney.