Rape

(Racconto d'Inverno)

Parte III

 

Warning!!! The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.

L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.

 

Lui trascorreva con lei più tempo che poteva. Si sedeva accanto a lei, sul letto o sul divano, e parlottavano. Cercava di tenerle la mente impegnata, di farla tornare alla normalità, le portava libri e li leggeva con lei. Lei non poteva certo considerarsi reattiva, a volte rispondeva ai suoi scherzi, a volte non voleva farsi vedere in giro, temendo gli sguardi curiosi ed indagatori, ma, almeno, nei suoi confronti, non era chiusa. Oscar, da parte sua, con lui stava bene. Riusciva a recuperare una tranquillità, che le mancava... Anzi, ormai attendeva con ansia il momento in cui lui sarebbe arrivato, allegro e scanzonato. Era lei a cercarlo. Nei momenti in cui restava sola, non faceva altro che ripensare all'accaduto. Era orribile. Si guardava e rivedeva tutto. Se lo sentiva sopra, dentro. A volte ci stava talmente male da dover soffocare le urla. Con André, invece, era più tranquilla. Comunque, da qualche tempo non si sentiva neppure troppo bene. Le ferite stavano guarendo, ma lei avvertiva un malessere diverso. Si sentiva debolissima, quasi sveniva, si stancava facilmente. E qualcosa, negli ultimissimi giorni, la sconvolgeva.

Era da qualche giorno che André la trovava molto strana, presa da qualcosa, angosciata, assente. Quella mattina andò a prenderla per proporle una passeggiata, sperando di distrarla. La trovò completamente disfatta, pallidissima, sudata, le mani gelate.

"Che cosa ti è successo?" si informò, allarmatissimo.

"Niente... non mi sentivo bene..." Oscar tornò nella stanza da bagno.

Poi uscirono. Lei si muoveva più a fatica del solito, sembrava oscillare in balia delle onde, in alcuni momenti non riusciva a stare in piedi ed André doveva sostenerla quasi di peso. Era terribilmente pallida, un'aria disturbata, mentre, fino a qualche giorno prima, sembrava aver recuperato un aspetto sano. Fuori era bello, luminoso, ma Oscar non riusciva a rilassarsi. C'era qualcosa.

"Sei preoccupata?" le domandò André mentre la sorreggeva.

"Credo..." lei esitava. "Credo di avere un problema..." non aveva neppure la forza di parlare.

Si sedette con la schiena appoggiata al tronco di un albero. André le era accanto.

"Credo di aspettare un bambino..." Appoggiò la testa al tronco, si passò una mano tra i capelli. Era senza forze, distrutta. Non riusciva a guardarlo negli occhi. André aveva un'espressione indecifrabile. "Solo questa ci mancava..." disse, sconsolata, prevenendo, per timore, ogni sua reazione.

"Ne sei sicura..." si informò lui.

"Abbastanza..."

"Il ritardo..."

"Due settimane... mai successo..."

"Perché non me lo hai detto prima? Avrei potuto aiutarti..."

"E come..."

"Almeno avresti avuto qualcuno con cui parlare..."

"Speravo che dipendesse dalla tensione... ho aspettato..." era così sperduta. La sua Oscar.

Ebbe un improvviso moto d'ira. "Quel... porco! Lo ha fatto apposta!" calò un pugno sull'erba. Poi la guardò. Allora prima aveva vomitato... ed il malessere degli ultimi giorni... "Dobbiamo andare dal dottore..." valutò. Era inutile pensare a Girodel. Bisognava pensare a lei, ora. Qualcuno con le idee chiare era ciò di cui Oscar aveva bisogno. "Devi essere sicura..." La guardò dritto negli occhi.

"Non so che fare..." ammise lei, a pezzi. "Io... non lo voglio..."

"Ti capisco..." considerò. "Ma per decidere cosa fare devi prima essere sicura della tua situazione. Vuoi che vada a chiamare il dottore? O preferisci che andiamo da lui?"

"No, andrò io..." Fece una pausa... "Tu... mi accompagneresti?" Abbassò lo sguardo. "Io, da sola, non me la sento..."

"Ma certo, Oscar! Ci andremo insieme..."

Restarono ancora un po' lì. Nei giorni precedenti, Oscar rifletteva, lei era rimasta sconvolta di fronte al suo ritardo. Però non aveva in alcun modo reagito, limitandosi a chiedersi, costernata, cosa sarebbe potuto succedere, a pensare che non poteva essere, a desiderare di allontanarsi da lì. Era solo di fronte ad André che lei, per prima, aveva formalizzato il pensiero 'non lo voglio'. Ed era stato André a riferirsi ad una decisione. A mostrarle un punto non ancora sceverato della questione. Oscar continuava a ripensare al loro discorso. Le parole di André. Una decisione. La scelta. Una cosa che lei non aveva preso in considerazione. La possibilità di non avere il bambino. Anche se non aveva mai pensato all'aborto, a quel punto non poteva non prenderlo in considerazione.

Si era fatto tardi. Fecero per riavviarsi. Appena fu in piedi, Oscar si sentì male. Appoggiata al tronco dell'albero, crollò in ginocchio vomitando, la fronte imperlata di sudore gelato.

"Oscar..." André era preoccupatissimo.

"Scusami... mi dispiace..." Oscar, gli occhi lucidi, era mortificata.

Lui le appoggiò una mano sulla spalla. "Va meglio?" Lei annuì. "Andiamo a casa, ora."

André sorreggeva Oscar per la vita. Ora provava una stranissima sensazione a toccarla. Sentiva di volerla proteggere, di volerla avvolgere col suo amore infinito e tenerla lontana dal male. Lei gli camminava accanto. Lui sentiva il suo peso sempre più addosso al suo corpo.

"Stai bene?" Lei non rispose. Ma lui si accorse che diventava ancora più pallida, sudata ad ogni passo che faceva. "Che cosa ti succede?!" Lei gli crollò addosso. "Oscar!! Oscar!!!" La sollevò tra le braccia, disperato.

 

Oscar, per fortuna, si era ripresa, ma continuava a non sentirsi bene. Il dottore l'aveva visitata. C'erano, ad aspettare notizie, André, sua nonna e madame Jarjayes. Quello che disse, fu duro da accettare.

"Dai sintomi direi che madamigella Oscar aspetta un bambino. È entrata nel secondo mese."

Oscar impallidì, non aveva più la forza di reagire.

André serrò le dita, gelate. "Oscar..." Uscì di corsa, le orecchie che gli ronzavano.

Lei strinse le lenzuola con le mani, serrando le labbra. Chiuse gli occhi. Voleva solo che quella nausea smettesse, la faceva stare male, le girava la testa...

"Devo parlare col dottore. Uscite, per favore." disse, piano, rivolta agli altri. Aggiunse "Nessuno deve saperne niente! Tanto meno mio padre."

In quel momento era davvero sola. Non era preparata ad affrontare una eventualità del genere. Si informò delle conseguenze della gravidanza, ma anche della possibilità di abortire, dei tempi, dei rischi, di tutto ciò che c'era da sapere.

Il dottore uscì. Lei rimase sola. Era agitatissima. Lei non voleva figli. Questa era l'unica cosa certa. Tanto meno da una violenza.

Raggiunse André sulla torre dell'edificio. Era quasi sicura di trovarlo lì. Si sedette accanto a lui. "Posso stare un po' qui?"

André le strinse la mano. "Ero sicuro che saresti venuta qui..."

Lei appoggiò la testa al muro. "Ero sicura di trovarti qui... Ci prendiamo una sbornia solenne, stasera? Ti va?"

"Così saremo in due a vomitare... Va bene!" buttò là, lui, cercando di sdrammatizzare.

Oscar si lasciò scappare un sorriso. Poi chinò il capo. "Che disastro..."

"Che cosa hai deciso?"

"Non lo so... Io non lo voglio..."Guardava davanti a sé. "Ho detto al dottore che mi prendo qualche giorno per decidere..."

"Hai fatto bene."

"Il fatto è..." Oscar non riusciva neppure a parlarne. "...che io non ho mai... pensato ad un figlio... Ovviamente", aggiunse. "è una cosa che mi ha sempre spaventato..."

André taceva, temendo di interrompere il corso dei suoi pensieri.

"Sia per i cambiamenti nel corpo, sia perché non ho mai saputo trattare con i bambini..." Aggiunse "Sia perché, chiaramente, è un'idea che mi è estranea... Insomma... non è una cosa per cui sono stata cresciuta! Ed ora, dovrei accettare un bambino... per di più da quell'essere?" Ebbe una smorfia. "Io..." stava cercando di pesare le parole, "Io non ci riesco..."

"Oscar, tu non sei obbligata ad averlo, lo sai..."

"Lo so... ma non avrei voluto mai trovarmi in tutta questa situazione... anche se sono fortunata a poter decidere..." considerò con amarezza. Fece una pausa. "Tu non ci hai mai pensato? ...Ad un figlio, intendo..."

Lui rimase in silenzio per un po', prima di rispondere. "Non lo so... il fatto è che io ho sempre pensato che per la persona di cui sono innamorato sarebbe stato molto complicato averne... per cui diciamo che ne avevo escluso la possibilità... Però non mi dispiacerebbe..." aggiunse, scherzando "...tanti piccoli Andréini...."

"Oddio..." rispose a tono Oscar, sconsolata,[1], figurandosi con orrore la scena di tanti piccoli Andréini che si azzuffavano con un piccolo Girodel.

"In generale," André tornò serio, "penso che una persona dovrebbe avere un figlio solo se e quando lo desidera, se è in grado di farlo vivere decentemente... Diciamo che non sono cose ineluttabili... per cui andrebbero affrontate con un minimo di consapevolezza." Il tono improvvisamente duro. "Né andrebbero imposte... Una donna ha il diritto di decidere del proprio corpo e della propria vita! E non ha il diritto di vedersela stravolgere perché un uomo ha abusato di lei!"

"La penso anche io così..." Oscar aveva parlato con voce chiara. "Tanto più..." esitò "che esistono modi abbastanza sicuri per evitarlo..." Si rialzò. "Torniamo giù, prima che arrivino a cercarci..."

"Hai ragione... è ora di pranzo..."

"Non parlarmi di cibo..." fece lei, tra lo scherzoso ed il disgustato.

 

Quel pomeriggio se ne andarono in una taverna. Sarebbero volentieri rimasti a casa, davanti al caminetto, anche perché Oscar continuava a stare male, anche se le nausee erano localizzate soprattutto la mattina, ma volevano stare tranquilli. Oscar era in fuga. Non voleva domande, voleva solo starsene in pace. E quel luogo diventava solitario solo sul tardi, quando tutti erano andati a dormire, per cui bisognava trovare un altro posto in cui stare, nel frattempo. Non la sua stanza, perché sua madre e Nanny avrebbero certamente cercato di sapere come stava, guardandola in maniera nuova. D'altra parte, era vero che, tra le due donne ed André, avevano eretto un muro di protezione intorno a lei. E lei era loro grata. Ritornarono solo quando era passata da un pezzo l'ora di cena.

André aveva mangiato qualcosa, sotto lo sguardo insieme invidioso e disgustato di Oscar.

"Scusami... muoio di fame..." si era giustificato. D'altra parte, con quello che era accaduto, aveva praticamente saltato il pranzo... solo una mela, al volo, di passaggio per le cucine.

Avevano bevuto. Ma non abbastanza. Oscar era fin troppo lucida.

"Meglio qualcosa di più forte..." e si diresse verso le bottiglie di cognac, tenute in basso, in una delle cristalliere. "Anche per te?"

"Sì... lascia, faccio io" André le prese dalle mani la bottiglia ed i bicchieri.

Rimasero lì fino a notte inoltrata. Faceva freddo. André ravvivò il fuoco. Oscar non disse niente. Aveva l'aria distrutta, di chi ha subito davvero un brutto colpo. Era stanca, ma non riusciva a rilassarsi, la mente invasa da mille pensieri.

"Vorrei che la mia mente fosse vuota... una tabula rasa..."

André la guardò in maniera terribilmente seria, considerando come quel porco era riuscito a ridurla. Le riempì il bicchiere.

"Ho paura..." ammise, piano. "Non voglio questa cosa dentro di me..."

Lui la guardò. Praticamente non si notava niente sotto l'ampia camicia, il gilet, la giacca.

Lei continuò. "Ho paura di quello che sento... di questa sensazione..."

"Che intendi dire..." André temeva di aver capito.

Oscar era esasperata. "Io ne sento la presenza, dentro di me... mi fa paura... ho paura di questo legame, lo capisci?" "Io non voglio!" Era disperata. Piena di terrore.

André la guardò, intenerito dalle sue parole... Lui non temeva i suoi sentimenti, mentre la maggior parte dei problemi di Oscar nasceva, di solito, proprio da questo. D'altra parte, in questo caso, c'era da comprenderla. Fosse stato un bambino voluto... Fosse, almeno, stato con una persona che lei avesse amato... se ne sarebbe potuto discutere... Ma, certo, così non era accettabile. Però...

"Posso sentirlo..." azzardò, senza riflettere.

Oscar lo guardò, furiosa, le lacrime agli occhi. Ma, davvero, non capiva? "Non mi toccare!" gli scansò bruscamente la mano. Poi si pentì di quel gesto. "Scusami... temo..." Sospirò. "...di aver paura di affezionarmici...", disse d'un fiato. "...e, a quel punto, non riuscirei..." ammise.

"No... scusami tu... non era il caso di chiedertelo..." Abbassò lo sguardo, sentendosi molto stupido.

Invece, Oscar gli prese la mano. André era stravolto. Se la appoggiò contro. Ne sentì il calore attraverso le vesti. Respirò piano. André era caldo. Lasciò che quella sensazione le desse un po' di tepore. André, tutti i sensi all'erta, cercava di percepire quelle sensazioni. Aveva paura di farle male. Sentiva il gelo della mano di Oscar, più indurita nel palmo per l'abitudine a maneggiare armi. Sentiva come qualcosa pulsare, una strana energia... Doveva essere suggestione.

Oscar gli restituì la mano. "Grazie..." scherzò.

Poi agì come se avesse dovuto cancellare tutto. Bevve fino a stordirsi, coscienziosamente, volutamente. André invece, preferì rimanere entro una soglia di vigilanza.

A mano a mano Oscar crollò, silenziosamente, sulla spalla di André. Lui la sollevò tra le braccia e la portò sopra.

La depose delicatamente sul letto.

"Oscar..." la chiamò piano, "Oscar... dai, devi spogliarti..."

Niente... era piombata in un sonno profondo.

"Meglio così", pensò, si sarebbe finalmente riposata...

Le tolse gli stivali e le calze, le slacciò la cintura dei calzoni. La mano gli tremò. Un bambino... se fosse stato suo avrebbe avuto il diritto di desiderare di sentirne ancora la presenza - o, piuttosto, di immaginarla... era ancora troppo presto - attraverso il suo corpo, di appoggiarvi la testa e di essere abbracciato da lei... Lo desiderava comunque. Era il bambino di Oscar e questo a lui bastava... O, forse, al di là degli alibi, lui vi vedeva solo l'occasione per convincere Oscar ad accettare la sua natura femminile. Ma lei... Le avevano fatto troppo del male, perché potesse dimenticare... Quel bambino non sarebbe stato mai amato... Oscar non sarebbe stata più la stessa... Forse, non lo sarebbe stata più, comunque. Sospirò. Le sollevò premurosamente il busto per tirare giù le coperte, poi fece la stessa cosa con le gambe. La coprì con delicatezza, scostandole i capelli dal volto. Poi uscì.

 

 

Continua...

 

Mail to laura_chan55@hotmail.com

 

Back to the Mainpage

Back to the Fanfic's Mainpage


[1] Immagino la scena di Belle e Gaston in La Bella e la Bestia di Disney.