L'alba
X
Warning!!!
The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.
L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.
Copyright:
The Copyright of Lady Oscar/Rose of Versailles belongs to R.
Ikeda - Tms-k. All Rights Reserved Worldwide.
The Copyright to the fanfics, fanarts, essays, pictures and all original
works belongs, in its entirety to each respective ff-fa author, as
identified in each individual work. All Rights Reserved Worldwide.
Policy:
Any and all authors on this website have agreed to post their files on
Little Corner and have granted their permission to the webmaster to edit
such works as required by Little Corner's rules and policies. The author's
express permission is in each case requested for use of any content,
situations, characters, quotes, entire works/stories and files belonging to
such author. We do not use files downloaded or copied from another website,
as we respect the work and intellectual property of other webmasters and
authors. Before using ANY of the content on this website, we require in all
cases that you request prior written permission from us. If and when we have
granted permission, you may add a link to our homepage or any other page as
requested.
Additionally, solely upon prior written permission from us, you are also
required to add a link to our disclaimers and another link to our email
address.
The rules of copyright also apply and are enforced for the use of printed
material containing works belonging to our authors, such as fanfics, fanarts,
doujinshi or fanart calendars.
X
Non aveva idea di come sarebbe stato, ritrovarlo. Né di cosa avrebbe detto,
per iniziare a ricucire, se mai sia possibile. E, ora, quasi non riesce a
parlare. Perché vede davanti a sé tutte le conseguenze, e insieme la stessa
persona, apparentemente non molto cambiata. Le pare solo più drammaticamente
bello, così dimagrito, provato. Ma la vita ha dilatato quel tempo,
trascorrendo, modificando loro due. Lo sente, oscuramente.
Le cose sono diverse, da prima.
E, da quando gli ha detto di sapere, lui a tratti la guarda come sollevato
da un peso, in certi altri momenti, come gravato da domande troppo pesanti.
Senza sapere cosa dire, sono i piccoli gesti a parlare per loro.
“I capelli…” esita a sfiorarli. Una timida carezza intenerita, col cuore
gonfio di un impeto d’amore.
“Ti sono ricresciuti…” In un altro momento, glieli avrebbe percorsi con le
dita, indugiando, soffermandosi sulla sua pelle, sulle onde scure, morbide,
sulla nuca.
Lui coglie l’esitazione del movimento che si trattiene.
Le serra il polso. Se lo avvicina.
Alle labbra.
Le tende la mano.
“Vieni qui”.
Scuote la testa, lei.
Lo guarda.
“Vieni qui”, insiste,
“voglio solo dormire. Non ti faccio niente… voglio solo dormire con te”, le
dice, abbracciandola, piano, forte, insieme. “È così tanto tempo…”
Si stringe a lei, che
rimane come incarcerata da quelle braccia, come se davvero le impediscano di
muoversi.
Lo sente, respirare
piano. Resta lì, immota. Spossata, tutta la fatica del viaggio e di quei
lunghi giorni, che chiederebbe ristoro, riposo. Lui, piano, si è
addormentato. Ne sente il respiro, il ritmo mutato.
È destino, forse,
un’altra notte di veglia. Come quell’ultima.
La abbraccia. Stretta. Sembra incapace di distaccarsi da lei. Stupita, lo
sente serrarla, mentre lui assapora il contatto. Corpo. Vesti. Capelli.
Mani.
Ha acceso candele, lumi. Non sa se vuole venire a patti col buio. Non sa
come sarà.
È un’atmosfera strana. Sospesa. Lo sente anche lei.
Poi, chiude gli occhi e, con le mani, lentamente, ripercorre, di nuovo, lei.
Di nuovo, come una prima volta.
“Come sei bella…”, le dice, ancora con gli occhi serrati. Cercando di
immaginarla, solo dalle ombre che percepisce, indugiando, dai suoni.
Dall’aria che si sposta. Il respiro. Le dita che sfiorano pelle. Ciglia.
Capelli.
La ritrova. La riconosce.
Lei resta in quei gesti. Attonita, prima.
È terribile. E meraviglioso.
La spaventa, quel modo di averla. E la eccita, confondendola, come
abbattendo freni, barriere.
“Aspetta”, gli dice, poi, la voce delicata, accorata. “Solo un attimo…” e
spegne tutto, ogni fonte di luce.
Poi, torna da lui.
Se la riprende. Sua. Sua. Sua.
Così vicina. Così, fisicamente, a contatto, a colmare una lunga distanza.
Nel suo corpo, attraverso di esso. Con la pelle, le mani, il contatto, la
pelle sulla sua. Ogni respiro. Ogni attimo di labbra.
Le dita di lei sulle sue palpebre. Che sfiorano le ciglia, lunghe. Che si
infilano tra i suoi capelli, carezzandolo, giocandoci; che lo tengono saldo,
non gli pare più di fluttuare nel buio, tra le alghe, in una palude
soffocante.
Ora l’acqua è limpida. La luce si riverbera e si deforma, da lassù, in
superficie. Ora si sente libero. Non ha paura. Non è più una palude. È un
mare. Un infinito che ora si contrae. Poi si annulla. Li riunisce.
Ora che recupera le forze, André quasi realizza il suo piccolo sogno,
conducendola in quel pezzo di mondo, in quella parte riservata di vita.
Sono angoli, scorci. Sentieri. Ricordi che affiorano e si sommano alla
memoria di vecchie abitudini. Gesti nuovi.
Insieme, scoprono quella vita. I luoghi, la casa. Lui sembra felice.
Casa nostra, osa formulare nella
mente, sognando, sulle nuvole.
Le tiene stretta la mano, quasi non la lascia mai.
Sono giorni strani, come a conoscersi di nuovo. Incuriosita, lei, da quella
nuova dimensione, così privata, nuova, intima. Osservarlo in gesti ignoti.
Sedersi alla tavola mentre lui prepara, di là.
La sera, poi, rimanere insieme a leggere, coperti da un plaid.
Fare l’amore senza doversi nascondere. Attardandosi tra le coperte, nudi, a
coccolarsi. Baciarsi liberamente, ogni volta che ne hanno voglia. A lui
piace tenerla accanto a sé, percorrendole il corpo in carezze, descrivendo
le sue forme. Adora addormentarsi sul suo seno, cullato nelle braccia di
lei.
La mattina, svegliarsi abbracciati.
È lui, ed è diverso.
È strano rivederlo e osservarlo comportarsi sentendosi padrone di qualcosa.
Si rende conto che non è cambiato lui, ma è qualcosa, forse, di mutato nella
sua percezione.
“Sei bravo, sai?” Osserva Stupita, compiaciuta, perché non lui cucina male.
“Mi piace…” gli sorride, servendosi un’altra porzione. “E hai sistemato
tutto, tieni in ordine…”
Allora, lui, arrossendo: “Sarò un marito perfetto!”, osa, nel candore di un
sorriso. E un velo d’imbarazzo, perché di quello, no, non hanno mai parlato.
Lei, a guardare improvvisamente lontano, come rabbuiata, persa in un
pensiero. Ma sono attimi.
Sono cose di cui non hanno mai parlato. Neanche del dopo, lo hanno mai
fatto. Restano lì, come sospesi. A ritrovarsi. Riprendersi.
Riscoprirsi. Rintracciare memorie, angoli di passato.
“Lo avevi anche tu?” Si sorprende lei. Quasi non osa toccare le pagine
ingiallite, l’inchiostro sbiadito. Sorride, al ricordo. “Il precettore mi
inseguiva, brandendo questo!”
Si scioglie in un riso. “Anche mia madre”, scherza lui. Grattandosi il
mento, poi, pensando ai metodi educativi d’epoca.
Lei, allora, si gira a guardarlo e, improvvisamente, lo abbraccia. La stessa
disperata nostalgia dei sogni in cui non riusciva a raggiungerlo.
Forse per la tenerezza che ha provato. O forse è il rimpianto. Come una
mancanza ancestrale, impossibile da colmare, irragionevole. Ma di cosa…
“Io allora non ti conoscevo…” e quasi si nasconde in lui, che non osa
stringerla. Poi, sì. Chiude le braccia attorno a lei. Che riconosce respiro.
Movimenti. Odori.
“Mi sembra impossibile pensare che ci sono cose, di te, che non so…” le
trema la voce. La stoffa della camicia contro le sue guance. Le parole che
significano altro. “Non lo so… mi pare strano…” Cerca le parole, commossa.
“Inconsueto…”
La guarda, intenerito. Scuote la testa. “È normale…”
“No… no…” Ancora trattenuta. Poi, erompe, nella paura di non ritrovarlo: “È
un tempo che abbiamo perduto… e io… non voglio più…”
Perché, come quando erano ragazzini e rientravano da quel viaggio, lei,
ricordando quei momenti, anche ora, non vorrebbe questo tempo finisse.
Vorrebbe che continuasse. Cristallizzato lì, loro due, insieme per sempre.
Cerca di non
riflettere troppo sul ritorno. Su come sarà il dopo. André si sente almeno
appagato. Oscar, lì, risponde alle domande elementari che si è posto. Con
lei, un po’ per volta, forse, le altre troveranno qualche risposta, forse
no. Quello che ha chiaro è che senza lei non vuole più stare. Lui, ora, con
un futuro tutto incerto, avendola accanto, sente di completare quella forza,
quella consapevolezza di sé che, nella lontananza ha ritrovato.
Quell’André diverso,
ricentrato, ora le sa stare di fronte.
Rasserenato, i pensieri neri ricacciati lontano dalla forza di Oscar, André
ora sorride di sé, rendendosi conto che, in quel piccolo Eden, sono soltanto
loro, non c’è nessuno, niente altro se non un romantico vuoto pneumatico
attorno e il pacchetto vacanze non prevede che sia Oscar, giustamente, per
carità, a muovere un dito e a lui, ormai, tutto preso dalle sue occupazioni
da massaia, quasi non resta un attimo per loro due. E, improvvisamente,
ride, ride, ride di sé e comprende, finalmente, il suo ruolo in tutta la
faccenda, come è sempre stato e come si evolverà: un maritino perfetto,
anzi, una moglie formato domestico e lavorativo, il degno completamento per
la carriera di Oscar! Se la ride, scuotendo la testa. Un giorno diventerai
famoso, ragazzo! L’innamorato cronico, altrimenti detto moglie!
Lo trova così, Oscar, mentre lo squadra, perplessa.
Divertito, allora, la tiene per le mani e le domanda: “Mi prenderesti,
assieme al pacchetto casa al completo?!”
Lo abbraccia: “Altroché, tutta la vita!”
Quella casa, di cui
una volta le aveva parlato, da ragazzino. Quando aveva capito che cominciava
a innamorarsi di lei. Quando, appena adolescente, non si rendeva bene conto
di come gestire quel sentimento che erompeva, che lo faceva emozionare e
tremare solo a guardarla e avrebbe unicamente voluto tenerle la mano,
abbracciarla e, così, poterglielo dire, poterla dire sua. Senza ancora
comprendere a fondo quale sarebbe stato il modo, tra adulti, di esprimere i
sentimenti, senza saperlo riconoscere in quella passione che ribolliva in
lui – ciò che sarebbe stato, da grandi –; solo lasciandosi trasportare da
quell’emozione, dentro, profonda, che lo faceva ardere e gli sembrava amore.
Si sveglia, nella
luce del mattino che filtra dalle persiane.
Gli odori, l’aria, la
luce sono ancora nuovi. Come lui, circondato da cose che lei non conosce.
Che ha ignorato per anni.
Gli si accosta,
respirando piano. Lo scruta.
Lo sfiora, in una
carezza leggera. La pelle vicina alla cicatrice. Il mento. Quasi commossa.
Come se nella vita di tutti i giorni avesse dimenticato di dare il vero
valore a ciò che aveva, e ora potesse iniziare a rimediare.
Non vuole svegliarlo.
Eppure, non è riuscita a trattenersi. Si è accoccolata contro di lui.
Stringendolo forte.
“Non voglio lasciarti
mai più.”
L’ha condotta davanti all’ingresso.
Emozionato. Cerimonioso. Come nelle grandi occasioni.
Lo squadra preoccupata, lei, domandandosi, con un misto di incertezza e di
sospensione nel cuore, scoprendo di avere paura, se lui non voglia chiederle
di sposarlo.
Le prende le mani tra le sue. Vorrebbe riuscire a fare il discorso che si è
preparato, qualcosa che sogna fin da bambino, come la sua cosa più preziosa
per la sua migliore amica. Ride di sé, in fondo, si sente un sognatore, e la
guarda, quasi con timidezza, covando le parole giuste, ma lo sguardo di lei,
vagamente inquisitorio, lo mette a disagio.
Così, quasi precipitosamente, esordisce con: “Te la regalo.”
Aggrotta le sopracciglia, lei, che non capisce finché lui, in un gesto ampio
della mano, non include la casa.
“Ma… cosa dici…” Quasi si scandalizza lei, sperando di non aver capito bene,
di quella generosità, perché lui, che non ha niente, soltanto quella casa,
dona a lei, che ha tanto… d’altra parte, riflette in una consapevolezza
dolorosa, non le ha dato un occhio? La vista? No, non può permetterglielo.
Proprio perché avrà bisogno se non di una casa, di un reddito.
“Ma…” si costringe a correggere i toni, “è la casa dei tuoi genitori… è tua.
È giusto che sia tua.”
Sembra deluso, lui.
“Io non ho altro da darti…”, quasi si scusa. “Questa casa io l’ho rimessa in
vita… pensando a te, a noi due…”
Gli prende le mani. “È vero. E te ne ringrazio”. Poi, abbassando lo sguardo.
“Però mi dai il tuo amore, ogni giorno…”
E poi, per sdrammatizzare, per spezzare subito il velo di disagio. “Dimmelo,
vuoi regalarmi una casa e una catena! Così mi tieni al sicuro!” Fintamente
imbronciata.
“È vero!” Confessa lui, stando al gioco, stupendola ancora una volta.
Sei una persona eccezionale, André... davvero…
Le ricambia gli occhi, improvvisamente serio.
No, la vorrebbe correggere,
non era una catena. Era una speranza.
Un sogno. Poi, la butta sul concreto: “No”, ammette, divertito. “È
semplicemente l’unica cosa materiale che ho.” Un sorriso disarmante,
fanciullesco.
“Per questo devi tenerla”, ribatte, riflessiva. “È importante per noi due
che resti tua. Che tu abbia qualcosa. Credimi, è importante. Devi tenerla
tu. Come fosse nostra.”
“Tua.”
“Mia”, acconsente.
“Perché lo è.”
Uno sguardo d’intesa.
“Appunto.”
Il
diluvio, prepotente, improvviso, l’ha sorpresa fuori.
Oscar…,
pensa, mentre corre, corre sotto la pioggia, il mantello di lei al braccio.
Sopra, il cielo si è spento nel buio, tutto si è fatto grigio, le nuvole,
cariche, inondano di pioggia.
Scivola, la strada. Si ferma, ansante.
Non sa dove cercarla, poi un’illuminazione.
La
ricorda davanti al mare, al muretto da cui le piace restare a guardare le
onde.
Corre. Corre.
Infine, la trova, addossata a un arco, proprio di fianco alle mura.
Intirizzita, si stringe le braccia al corpo.
Nel frastuono delle cateratte d’acqua che si riversano sulle strade, alberi,
case, mare, non sente più niente. Sembra un mondo senza più tempo. il rumore
è talmente forte da aver annullato ogni suono. Sembra un profondo, infinito
silenzio.
In
quegli attimi sospesi, come dal limbo riemerge una voce.
Ma
non è quella di ora.
È
quella che lei ricorda. Anni prima. Così tanto tempo fa. Sulla strada per
Fersen. E non era ancora sua.
Ora, ancora adesso, come allora, la protegge sotto il suo mantello. E lei
ricorda. Ricorda quando era corso da lei, a recuperarla. Proteggerla. Come
sempre. Lo ricorda pallido, in quel diluvio, il mantello, i capelli ancora
lunghi, quando l’aveva accolta sotto il suo abbraccio, i loro visi lividi,
la pioggia che scorreva sulle guance, dalle ciglia, dalle ciocche dei
capelli, si erano accostati. Erano così giovani allora…
Poi, rientrando, sempre abbracciati, senza lasciarsi mai, dalle stalle, al
camino, che li aveva riscaldati. Quando si erano abbracciati di nuovo, e poi
baciati. Ed erano fuggiti via, loro due soli, ad Arras. La loro prima volta.
Lì, nel riquadro della finestra della vecchia casa. La valle, sotto, e loro
due stagliati, nudi, contro il riverbero pallido della luna.
Da
allora, erano stati insieme. Da allora, era stata sua. Solo sua.
“Ho contattato un insegnante... della scuola di Haüy...”
Solleva lo sguardo verso di lei, senza osare guardarla apertamente, confuso
tra curiosità, speranza, timore.
Anche lui ci aveva pensato, poi era accaduto tutto il resto. Forse... forse
è finalmente tempo di riprendere in mano il resto della sua vita, quello che
giace oltre la soglia delle domande primordiali. Se ora si sente meno
instabile.
“Ho contattato anche degli altri medici. Specialisti”, riprende. “Vorrei che
ti vedessero. Ci deve essere qualcosa che si può fare…”, aggiunge, senza
enfasi.
Oscar… tu… davvero…
Scuote la testa, incredulo.
“Questo è quello che ti regalo io”.
Poco, in confronto a quello che meriti… e vorrei potere di più… “E”,
prosegue, “per questo, per non perdere tempo prezioso, vorrei che
tornassimo.” Mentre lo sguardo di lui si rabbuia.
Poi.
Raccoglie il coraggio in un respiro e prosegue, Oscar. “Prenderò per noi due
una casa. Nostra. Andremo a vivere lì”.
Una casa tutta per noi…
“E verremo qui, ogni tanto…” osa lui, timidamente.
“Certo”, gli sorride, incoraggiante.
“E…” abbassa lo sguardo, improvvisamente scoperta. Come temendo di aver
osato pensare troppo.
Le
prende le mani. “Dimmi…” la incoraggia.
“Vorrei che… mi dicessi che… io diventerò tua moglie…”
Un’emozione profondissima gli riempie il cuore. Quasi lo piega.
Ma allora… anche tu… Se la
stringe contro, d’impeto. “Ma certo, Oscar, lo diventerai.”
Chiude gli occhi, si accosta alle labbra le mani di lei, serrate nelle sue.
“È
la cosa che più desidero al mondo…”
Il tempo era passato.
Quando riaprì gli occhi, lui era lì.
Le parve come fosse trascorso un profondo, lungo lasso di tempo. Un tunnel
denso. A volte con immagini. A volte sensazioni. A volte, solo il denso
nulla.
Si sentiva stanchissima.
Felice di ritrovarsi viva.
Poi, all’improvviso, ricordò tutto.
Lo fissò in viso.
Credette di ritrovare in lui gli stessi ricordi. Le stesse sensazioni.
Io lo so che tu non vedi più bene…
Tu, non vedi quasi più…
ricordò.
Non vedeva più bene.
Dio… che pena…
Qualcosa che strappava il cuore.
Dilaniandolo.
Il dolore che nasce dall’amore.
Qualcosa che paralizza. Annienta.
In altri momenti, lo sguardo avrebbe scintillato, avrebbe incontrato il suo
e si sarebbero parlati con gli occhi. Ora, era solo stanca, sorpresa,
annientata. Lo fissò in viso, allora, e sentì che lui le stringeva la mano.
Le dita, attorno alle sue. Le serrò più forte.
Era lo stesso.
Aveva capito.
Aveva ricordato le stesse cose. Quegli ultimi momenti insieme, da soli,
prima della battaglia.
Stanotte, prima della battaglia, pensa a me…
È finito… è davvero tutto finito?
Si era domandata.
Io voglio vivere… io voglio continuare a vivere…
aveva detto.
Prima della battaglia.
Ora, era il dopo.
Ora, era il tempo di vivere.
Nota: alcune delle mie illustrazioni tratte dalla versione cartacea sono riportate nella versione web.
Laura, da autunno 2013 a novembre 2015 pubblicazione sul sito Little Corner luglio 2019
Vietati la pubblicazione e l'uso senza il consenso dell'autore
Laura Mail to laura_chan55@hotmail.com