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I parte - Giochi proibiti
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1 - Giochi proibiti
“Sei davvero forte, Oscar…” così mi ha detto. Mentre la sua mano cercava, poi stringeva, la mia.
Ha sentito un brivido, mentre serrava quelle dita. Era un gesto che desiderava fare, ma la mente impediva. Eppure, l’ha fatto. Tornando all’innocenza di quando erano bambini. A quando le domande erano quasi primordiali, gli abbracci d’affetto infinito, e, loro due, soli. E assoluti.
Quando la mano lascia la sua, sente il freddo dove erano le dita. Sorpresa, un tepore gentile sfiora la sua guancia. Le carezza la pelle.
La mano, sul viso di lei.
Si sente un folle, un pazzo. Magari scemo. Con quella mano lì, ferma, sorpreso da quanto è fresca e morbida, la pelle di lei. E i capelli.
Che penserà, lei?
Con le dita, piano, le sta sfiorando gli zigomi, i capelli. Non lo ha ancora schiaffeggiato, annota, perplesso, stranito da se stesso, speranzoso.
Osa, infine, alzare gli occhi su di lei. Ed è uno sguardo intenso, sorpreso, infinito, doloroso, quello che scopre. Oscar non sa che dire. Vorrebbe solo che tutto si fermasse così, per sempre. O che non fosse mai iniziato. Vorrebbe André, lì, vicino, per tutta la vita, in quel momento che sta, inevitabilmente, distruggendo la perfezione che c’è tra di loro. Loro due focosa calma piatta di un’amicizia forte e solidale. Loro due di anni di vicinanza e conoscenza. Loro due.
Loro due che sono stati bambini insieme – e ora non lo sono più –. E, poi, non s’innamorano anche i bambini?
Oscar è triste. Ma è anche felice. Perché quel piccolo gesto, gli occhi con cui lui la guarda, non sono per un’altra ragazza – cosa che le farebbe male, malissimo – e di cui è già consapevole –, ma per lei e sente che sono per lei sola.
Respira piano, lieve.
Non l’ha fermato. André lascia andare il respiro, allenta la tensione. Non l’ha fermato.
Con le dita, le sfiora le labbra, poi, in un sorriso, il naso.
Sorride anche lei, disarmata.
Nei ricordi dei loro giochi di bambini.
Poi, le labbra.
Si avvicina, piano. Si sente goffo. Sgraziato. Impacciato nel suo corpo di adolescente che cresce troppo e non si ritrova nei gesti di ieri. Eppure, lei è ancora lì. Come interpretare la cosa? O smetterla di farsi domande? Un piccolo tocco. Delicato. Lo lascia fare, mentre assapora la strana sensazione. Morbida. Dolce. Non sa come fare, non sa neanche cosa fare.
Continua, piano, a baciarla. Come, scoprendola, la facesse, un gesto per volta, sua. |
Con le dita, lento, scende lungo i capelli, il collo.
La sente respirare più forte. Irrigidirsi, solo per un attimo, poi, come pentita, riprendere fiato. Forse cerca di sembrare normale. O di non spezzare quel momento.
Non vuole farle male, vuole solo stare lì, con lei. Vivere con lei questi momenti. Esserle più vicino di sempre. Ed essere vicino, ora, significa questo. Sfiorarle l’incavo del collo, la mandibola. Passarle, delicato, la mano lungo il fianco, poi, sul seno.
Rapida, efficiente, risoluta. La prende e gliela sposta. Lo sguardo da combattente. Cercando di ricacciare indietro la vergogna della sua reazione. Più che del gesto di lui.
Ma lo sguardo di lui, invece, è dolce, silenzioso. Intenso. E torna lì.
Sente il calore di quella mano, attraverso la stoffa. Si vergogna, all’idea, ma le piace. Non osa muoversi.
Oscar è bella, lo sapeva ma si sorprende di quanto lo sia così da vicino. Senza quasi barriere.
Lei si è sollevata a sedere.
“Oscar. Oscar…”
Perché quel tono triste, André.
“Mi piaci…”
Oddio… non dirlo…
“Ti voglio bene…”
Oddio, André. Non dirlo. Non dirlo.
Ti voglio bene… posso dirtelo? Posso dirtelo?”
Le slaccia la camicia. Lentamente. Mentre gli tremano le dita. Conquistando un po’ di lei alla volta. Lo lascia fare. Però distoglie gli occhi, quando il seno sboccia tra le pieghe abbaglianti della stoffa.
Pensa che vorrebbe non finisse mai. Questo momento. Lui. Quegli occhi gentili incatenati ai suoi. Come può un ragazzino essere così intenso? Se lo è sempre chiesta, di lui. Lui è questo.
Sa che è muscolosa, snella. L’ha intuito, quando, in palestra, aspetta che abbia terminato, per cambiarsi anche lui. Non sa quella pelle delicata, che reagisce al contatto con l’aria. Resta, assorto, a contemplarla. Viso. Occhi. Le guance. I capelli. Le dita, che stringe tra le sue. Il respiro che le solleva il seno.
Le si avvicina in un bacio. Lei non sfugge.
Osa, infila le dita sotto la cintura. Lei lo lascia fare. Scopre l’ombelico. Una mezzaluna allungata, un piccolo cono d’ombra nell’avorio della pelle. Dio, quanto è bella. glielo sfiora, delicato. La scuote un brivido. S’inarca. Il cuore a mille, il respiro sospeso.
Qualcosa che si scioglie, tra le gambe. E la sensazione, subito repressa.
“Sei così bella…”
Un bacio lungo le guance, le labbra sfiorano il mento.
“Sei bella…”
“Io?” Complimenti, Oscar, non avevi altro da dire?
Prende coraggio, solleva la stoffa. Oscar si sente buffa, impacciata come una bambina nelle mani della tata che la spoglia. Sorride.
“Io non volevo dirti quello che tuo padre mi aveva chiesto…” Le stringe il seno.
S’inarca, sotto di lui. Un gemito.
“Lo so… credo…”
Prova a baciarla. Delicato. Le labbra.
La mandibola. Il collo. Si vergogna, non sa come fare. Ma è difficile smettere.
Ancora, lo lascia fare.
“Non mi piace quello che ha in mente per te…”
Clavicola. Spalla. Braccio. Gli piace che abbia muscoli definiti.
Incavo del gomito.
Fianco.
Com’è bella… “Sei bellissima…”
Sente il suo respiro, caldo, sulla pelle.
“Io, però, non voglio neanche vivere come una donna…” sente le sue labbra, delicate, calde.
“No?” Le pare di intuire ansia, nella sua voce. Perché sono ancora giovani, idealisti, e riescono a parlare, invece di pensare alla riuscita del petting. Che manco sanno cos’è. Non lo sapevo manco io, alla loro età – ma io non faccio testo –.
Un bacio, prima lieve, poi, più insistito, attorno all’ombelico, poi, più profondo. Lambirla.
La sente sospirare.
La sfiora, la percorre con la punta della lingua. La sente inarcarsi. Indugia. La sente premere contro di lui, i capezzoli eretti.
“Non come una donna normalmente vive…”
Si solleva sui gomiti, anche se le dispiace perdere il contatto con lui. Ma gestire le reazioni del suo corpo comincia ad essere imbarazzante e non è sicura di riuscirci fino in fondo. Né a controllarsi, né, sinceramente, a lasciarsi andare.
Sente la stoffa scorrere contro il seno. Si vergogna di come sia teso. Che lui la osservi. Ma spera la trovi bella, non sa spiegarsi.
Si rende conto che, gli occhi quasi tristi, la sta guardando.
Respira piano. sente la brezza sulla pelle.
“Vorrei… la libertà di un uomo, e fare le mie scelte”.
Con un dito, le carezza la guancia. Scende giù.
Lo osserva. Magro, i capelli scuri, sciolti sulle spalle. Le braccia snelle. Sarebbe bello se tutto restasse congelato in questo momento perfetto. Loro due, tutto fermo così, fino alla fine, non cambiare niente, continuare con le cose di sempre, studiare, esercitarsi, averlo vicino, essere felice con lui. Se il futuro fosse così, con lui, non le dispiacerebbe. Se quegli occhi docili, intensi, si posassero ancora, per anni, su di lei, e non si dovesse scegliere, non si dovesse dire addio a quello che si ama, allontanarsi, cambiare, anche solo temere di cambiare, o, magari, cambiare in meglio.
“Forse…”
Si ricopre con la stoffa.
“No…” gliela scosta. “Aspetta… per favore…”
Resta lì, a contemplarla. A guardarla respirare. A cogliere l’incertezza nei suoi occhi, gesti, voce.
Poi, lentamente, l’abbraccia. Il contatto della sua pelle, la guancia, sul seno. La sente, dopo un lungo istante, rilassarsi, sotto di lui.
Esitante, poggiargli una mano tra i capelli, l’altra sulla spalla.
Come una resa.
C’era una strana luce, quella mattina, nel cielo, quando si era costretto a lasciare il nido caldo delle coperte. Non ama alzarsi presto, eppure, c’era quell’appuntamento con lei. Presto, quasi costretto dal generale. E, così, invece di godersi la compagnia, di sentirsi felice per l’uscita a due, e chissà cosa s’era chiesta lei, quando gliel’aveva proposto, non è che fosse impacciato, ma era come se gravasse qualcosa, su di lui. Più pensoso, più malinconico di come avrebbe voluto.
Oscar è il maschio di casa. Le hanno messo accanto André, perché non fosse sprovvista di conoscenze almeno teoriche sulla vita. L’hanno imbottita di informazioni utili. Il ciclo. Le donne, gli uomini. Cosa fare, cosa non fare, cosa fare se, cosa fare invece di. Come prevenire, come evitare.
Non bastassero la madre e la governante, le hanno messo dietro il dottore. Chiaro, preciso, utile, e, soprattutto, ben disposto a passarle rifornimenti e quant’altro.
Siccome André ha solo un anno più di lei e vive apposta lì accanto, gli stessi metodi sono stati adottati con lui.
È improbabile, quindi, che due adolescenti così educati, combinino qualche casino dalle conseguenze disastrose. Anche se è possibile che, appunto, essendo adolescenti, qualcosa combinino. Basta non ci siano conseguenze.
Questi pensieri hanno angustiato il signor padre. La madre, la nonna e quant’altri.
Questi pensieri turbinano in testa ai due, perennemente. Li conoscono, li praticano, ci convivono. Oscar non sarà una donna normale, sarà una donna con una vita da uomo. André le è accanto e neanche lui sarà un uomo normale, sarà l’uomo accanto alla donna con la vita da uomo. Gli adulti attorno a loro, avendo attuato tutte le possibili misure e contromisure, si aspettano dai due ragionevolezza e prudenza.
Cinismo? È per questo che André Grandier è stato scelto? Condannato ad una vita da possibile innamorato, isolato da ogni relazione femminile stabile, seconda metà silenziosa e discreta, non emanatore di seme ma eventuale dispensatore di soddisfacente piacere? Per restare a disposizione, come attendente, e oltre, di lei?
Entrambi, forse, lo sospettano. Nessuno di loro se lo dice, né si è mai permesso di uniformare ciò che pensa dell’altro ad idee simili.
È finito. Sa che non proseguirà.
“Hai ragione, siamo troppo giovani”, le dice, piano.
E si sente perduto. E sollevato. Come lei.
Io non l’ho detto…
Mentre si alza, lo lascia di stucco, dicendo: “Vedi, André, è per questo che non vivrò come una donna”, calcando, quasi ironizzando, su quella parola. Sprezzante, come solo un’adolescente può essere. Un adulto avrebbe mille e poi mille dubbi. Poi aggiunge, sottovoce: “Per me stessa. Per egoismo. Per essere libera.”
Per averti.
“E, anche, per te…” gli sembra d’aver udito, ma il rumore del vento tra i rami sembrava aver assorbito le parole. Forse le aveva sognate.
È stato stralunato tutto il resto della giornata. Quasi nel panico. Per quello che ha fatto, per come ha reagito lei. Perché, se fossero andati avanti, non avrebbe quasi saputo che fare, e avrebbero magari combinato un guaio.
La teoria, di cosa fare, e di non combinare guai, la conosce. Sa che la conosce anche lei, entrambi debitamente istruiti in proposito.
Ma, certo, si sente insieme spinto in avanti, proiettato verso di lei, perché i sentimenti quello gli direbbero, e frenato, perché è così giovane e non si sente, al di là del fatto che la desidera, vorrebbe starle più vicino, addosso, baciarla, altroché, ma, a pensarci, troppo di corsa, troppa fretta. Baciarla, magari, sì, e abbracciarla, e toccarla. Ma il resto… il resto no, ancora non se la sentirebbe. Anche se è stato difficile, oggi, frenarsi e, per tutto il giorno, strapparsela dai pensieri.
Ed è difficile pensare a quello che lei ha detto, a quello che non ha detto ma non ha neanche escluso. L’ha lasciato fare. Non le dispiaceva. Non l’ha neanche picchiato… gli viene da ridere, che criteri di giudizio!
È difficile immergersi nelle cose da fare, in un giorno come questo. Chissà, un anniversario, l’inizio di qualcosa?
Qualcosa che, uno come lui, che neanche dovrebbe guardarla, eppure, c’è uno strano ordine delle cose, attorno ad Oscar. E, anche non ci fosse, se ne sarebbe innamorato lo stesso.
Si sente come sospesa, Oscar. Sdoppiata. Da un lato, emotivo, sorpresa, triste, quasi, perché vorrebbe tutto rimanesse com’è, in una lunga infanzia, e non essere mai tradita dal suo amico, dalla persona a cui ha imparato a voler bene, André. Non è un tradimento dell’amicizia, non arginarla e lasciarla trasformare in amore? Perché non ha fermato i sentimenti, come è così brava a fare lei? Perché ha lasciato che le cose precipitassero, e finisse per innamorarsi di lei?
Quante volte lei ha pensato a lui, e si è detta che andava tutto bene così, giusto così com’era, e niente doveva cambiare?
Eppure, André è così… carino. No, anzi, le piace. Le è sempre piaciuto, anche fisicamente. Non trova niente in lui che non vada, neanche da quel punto di vista, senza considerare il carattere, com’è fatto. Se dovesse pensare a qualcuno, a un ragazzo che potesse interessarle, lo vorrebbe come lui. E allora?
E, poi, c’è quell’imbarazzante lato fisico.
Quell’altra se stessa che, la notte, a volte, quando è chiusa in camera, sotto le coperte, prende il sopravvento e sembra possederla. Si domanda, quelle volte, come farà, come mai potrà arginare quel desiderio, che erompe così forte, vivo.
Oggi, nell’imbarazzo di essere toccata, in modo così scoperto – a volte, André la mette in imbarazzo, smascherando certi falsi pudori –, ha provato il bisogno sì, di ritrarsi, ma per stupore, più che altro, per il gesto inatteso. Poi, invece, è stato piacevole, fossero stati in un altro luogo, non le sarebbe dispiaciuto che continuassero, per ore… è strano, perché forse, quella, sarebbe una soluzione.
Sempre ammesso che loro due non combinino i danni, cosa possibile, insomma, siamo nel moderno Settecento, mica nel Duecento, e del sesso si parla, e del piacere anche!
Sorride di sé, una ragazzina precoce? Ma quanto, in realtà, se non è troppo giovane per il suo incarico… che tristezza, se ci pensa. Le sue sorelle mandate spose a figliare per tramandare il nome altrui, lei spedita in Accademia e poi a servire una ragazzina viziata e bruttina.
Che spreco immane, di tutto quello che è, che ha dentro, tutto quel fuoco.
Lo specchio le restituisce uno sguardo che brucia.
Un collo dritto, incorniciato dalle ciocche di capelli.
Dita che, incerte, vagano nei paraggi della scollatura, poi, sconfitte, si abbassano. Lungo i fianchi.
Incertezze, sempre dubbi. Sempre costrizioni.
Che male ci sarebbe, a divertirsi un po’, senza fare danno?
André è così carino. Le piace.
Se anche a lui andasse. E, stamattina, sembrava di sì.
Gli è comparsa alle spalle, all’improvviso. Silenziosa. Un’espressione strana sul viso.
Stava per dire qualcosa, gli è sembrato, poi, invece, è rimasta in silenzio. Un tempo incomprensibilmente, inutilmente lungo.
L’ha guardata. Stranito. Intenerito.
Sta succedendo davvero?
Le ha preso la mano.
Lei ha ringraziato dio perché era quello che avrebbe voluto fare, e quel gesto, neanche quello, le riusciva. Maledetta incomunicabilità.
È stato strano, perché si è girata, serrando le dita attorno alle sue, e l’ha portato su, da lei.
Poi, ha chiuso le porte, a chiave. Quella dell’anticamera. Quella del salotto. E della camera da letto.
Qualcosa le bruciava nello sguardo.
Una richiesta molto muta. Che erompeva.
Senza lasciargli la mano. Come una bambina, solo scuotendo un po’ il braccio, a comunicare, in quel gesto, seguimi, siamo complici, siamo solo noi due.
Glielo vorrebbe domandare: Ci sarebbe qualcosa di strano, se mi baciassi, se mi toccassi? Eppure, resta lì. Se gli sguardi parlassero…
Fa un passo lui, allora, incredulo. Stupito. Stranito.
Osa, di nuovo, come la mattina, quel gesto, quella carezza, timida, prima, poi, più profonda, mandibola, collo, capelli, collo, spalla, un dito che osa più in basso.
E lei non lo sta fermando. Sta lì, il respiro, sospeso, che si fa più profondo. Il braccio rigido, che trattiene il suo.
Scende su di lei. Un bacio. Timido, sulle labbra. Quasi neanche sfiorarle.
Poi, senza sapere neanche come, più profondo, con la paura di sbagliare, che non le piaccia. Eppure, non riesce a smettere di cercarla, è così delicata, e calda.
Qualcosa si scioglie, nella corazza che la protegge.
Avvolta da lui, l’odore della sua pelle, della stoffa della camicia. I capelli lunghi che la solleticano. La paura con cui le si è avvicinato, poi, come si è lasciato conquistare da lei.
Le piacciono quelle labbra morbide, che la cercano, la viziano.
Quando le mani gli corrono alle spalle, quando scivolano giù lungo la sua schiena, poi risalgono, insinuandosi sotto la stoffa. Quando la libera della camicia, e già lei sentiva le dita sul seno, contratte, teso, e ha registrato la reazione di lui al contatto.
E l’abbraccio in cui l’ha avvolta, e sono finiti entrambi sul letto, sorpresi, dal gesto, dal contatto.
Ansima, lei, piano. Trattenendosi.
Le carezza il viso, intenso, lui, i capelli che spiovono addosso a lei. Che vorrebbe toccarlo, e non osa. Allora lui, forse intuendolo, forse, pretendendolo, le prende la mano, l’appoggia contro di sé.
Poi, piano, poi, più intensamente, la bacia.
Viso, mani, capelli.
E lei che osa, e, leggera, lo circonda con le braccia.
“Abbracciami”, le dice, piano.
E la sente stringerlo.
Poi, i seni, e quasi le fa solletico, ma non vuole dirlo, non le va di fermarlo.
Le piace. Non sa come dirlo, ma le piace. Sentire le sue labbra attorno ai capezzoli. Calde. Si domanda se sia ingiusto non fargli sapere niente. A parte l’evidenza dei suoi gesti.
“Mi… piace”, azzarda timidamente, ricacciando la voce da chissà dove. Sembra scoperta, ora.
Ma l’effetto, su di lui, è buffo, sembra intensificarne i gesti.
“Sei così bella…”
E si vergogna, e vorrebbe coprirsi, ma è contenta di piacergli.
Vorrebbe non smettesse, non riesce a dirlo. Ma lo stringe più forte, e s’inarca, quando la tocca più in basso, scivolando tra le sue gambe. Tirandole giù i calzoni. Schiudendole le gambe. Poi, schiudendo lei.
Respira più a fondo. Stringe le lenzuola tra le dita. E le sembra di impazzire.
Si sveglia di soprassalto al muoversi del letto. Lei, con una faccia da apparizione, illuminata dal basso dalla luce tremolante, si è accoccolata lì accanto.
“Ma cosa…”
“Ci ho pensato… ieri tu mi hai visto…”
Alza le sopracciglia.
“Quindi, ora voglio guardare anch’io.” E solleva, ribalda, le lenzuola, piombandogli addosso.
Si svegliano abbracciati.
“Mi prometti che ci sarai, un giorno…”
Alza gli occhi su di lei.
“Che sarai tu…” Lei arrossisce. Vorrebbe dirgli, in maniera contorta, di non farlo con un’altra. “Che sarò…”
L’abbraccia stretta, forte, di nuovo. Non è passione, è dolcezza, di fronte a quelle parole scoperte.
Fine I parte
Laura, 5 dicembre 2009, 20 marzo-16 maggio-27 luglio-27 settembre-16 novembre-7 dicembre 2010, revisioni maggio-giugno 2012, pubblicazione sul sito Little Corner giugno 2012
Vietati la pubblicazione e l'uso senza il consenso dell'autore
Mail to laura_chan55@hotmail.com
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