Rosalie

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Piccola premessa: oh bene, non avrei mai pensato di scrivere una fanfiction su Rosalie, e invece eccola qui. Non mi spiego come mi sia venuta in mente (sarà lo stress da esame?) comunque ne è uscita una versione un po' diversa di questo personaggio - parecchio diversa, ma nel boschetto della mia fantasia (dotta citazione ^_^) è perfettamente plausibile. C'è una Rosalie ostinata e "dura" che appare di rado nella storia originale, ma pensavo valesse la pena di svilupparla…

La scena del "colpo di fulmine" tra Rosalie e Bernard è ripresa dal manga.

Infine, crediti musicali: mentre scrivevo questa storia ho ascoltato Max Gazzè; adoro Cara Valentina e si vede. C'è un furto spudorato da Un'altra vita di Battiato, e per concludere mentre copiavo la ff al computer avevo i Marlene Kuntz sul lettore… Da cui la citazione da Canzone di Oggi, che comunque mi sembra che si adatti a quanto viene dopo… ma bando alle ciance…

 

 

Prologo: a ritroso

 

Che lei ricordasse, nella sua vita Rosalie La Morliere si era sempre presa cura di qualcuno, fin da piccola. Sua madre si era trascinata una malattia per anni; che poi la morte fosse arrivata per altre, maledette vie, non aveva cambiato la sostanza: le sarebbe rimasto poco da vivere.

Si prendeva cura della mamma. E poi dei bambini del quartiere. E della vecchia signora nella casa dall'altra parte della strada. E - e basta, perché quando si ripensava a casa Jarjayes Rosalie scopriva che per la prima volta era stata lei l'oggetto delle cure di qualcuno. Oscar, naturalmente. Oscar le aprì un mondo nuovo, dove poter finalmente pensare un po' a se stessa, a diventare forte e bella come lui. Oh, lei. La ragazzina bionda aveva pensato più di una volta che era ingiusto e crudele che dietro a quel nome maschile si nascondesse una donna; perché se fosse stata uomo sarebbe stato tutto più che perfetto, il principe azzurro delle fiabe che inventava per una platea di bimbi sporchi e scarmigliati si sarebbe fatto realtà.

Non c'era dubbio che Oscar le volesse bene, era fuori di ogni fraintendimento; ma il suo fare era materno - paterno? - meglio, da maestro, da mentore.

Sciocca Rosalie. Se lo diceva da sola. La situazione a volte la metteva a disagio: nessuno si affidava a lei, ma lei sentiva di non potersi affidare a nessuno, non come avrebbe voluto. Fu quindi un'alchimia strana quella che venne a formarsi quando palazzo Jarjayes ospitò, in segreto, un Cavaliere Nero alquanto acciaccato. Rosalie provò quasi sollievo a potersi occupare di lui. Sapeva che le riusciva bene. Ma non si aspettava di sentirsi abbracciare, avvertire in maniera così nitida la dolcezza e il calore del contatto col corpo ferito di Bernard. Un bacio ed un altro mondo nuovo si apprestava ad essere scoperto.

 

Il sorriso di Oscar era radioso. Guardava con un misto di orgoglio e malinconia Rosalie che chiudeva il baule con le sue cose.

"Madamigella" disse la ragazza voltandosi a guardarla; e fece una pausa, lasciando vagare lo sguardo per la stanza alla ricerca delle parole giuste.

"… grazie", concluse semplicemente. Oscar sorrise ancora di più e si face avanti per abbracciarla.

"Ah, Rosalie… Non mi devi ringraziare. Sei diventata grande, e si diventa grandi con le proprie forze."

"Non è vero, voi… avete fatto moltissimo, per me."

"Sciocchezze! E niente piagnistei" la rimbrottò Oscar, ma non smise di abbracciarla. Sapeva che sarebbe stato difficile rivederla; che le sarebbe mancata. Era stata testimone involontaria del primo bacio tra lei e Bernard. Quella scena l'aveva riempita di tenerezza, e anche di inquietudine. Una consapevolezza l'aveva colpita repentinamente: ha trovato una persona con cui vivere la sua vita da adulta, ha trovato la persona con cui cambiare. E il pensiero che invece la sua vita aveva seguito sempre lo stesso percorso fin da quando era nata si rivelò molto sgradevole. Silenziosamente, aveva chiuso la porta da cui per sbaglio aveva assistito alla scena, e aveva cercato André per allenarsi. Quando usava la spada, la mente era sgombra. Stava bene.

 

 

Cronache di guerra

Avrei voluto scrivere a te

per riportarti qui da me

e lusingarti e farti gala con occhiate trepide.

Ma più cercavo il tono sai

più non mi risolvevo mai:

chissà perché...

 

(Marlene Kuntz - Canzone di oggi)

 

Rosalie apre la porta di casa sua, la casa appena fuori Parigi dove vive da un anno, che non si stupisce di trovare vuota. Naturalmente Bernard deve ancora tornare… Le riunioni dei giacobini finiscono sempre molto tardi; e anche nei giorni in cui finiscono ad un orario decente, suo marito torna con un'espressione tesa e il corpo stanco come se si fosse trattato di uno scontro fisico più che verbale. Rosalie può immaginare il solito gruppo che alla fine si riduce a una dozzina di stoici - come gli apostoli, pensa sarcastica - che non si stancano mai di discutere, discutere, discutere. Vede chiaramente Robespierre trasformare invettive politiche in accuse personali e viceversa, tanto è immerso nel suo ideale; e ancora più chiaramente vede Bernard e Saint-Just azzannarsi con le parole, Saint-Just che non sopporta i giornalisti e Bernard che di lui non può soffrire la freddezza che permea ogni sua azione, ogni sua maniera. Più precisamente, lo manda in bestia il fatto che nemmeno di vera freddezza si possa parlare; è abbastanza onesto da ammettere che Saint-Just, nei suoi programmi, nelle sue idee, è sincero. Ma Bernard è esasperato dalla sua mancanza di compassione; gliel'ha detto, tu hai passione ma non compassione, ancora di più da quando abbiamo vinto, Louis. E Saint-Just ha risposto: te la cavi, coi giochi di parole.

Rosalie ridacchia tra sé e sé pensandoci, mentre si prepara un bagno caldo. Pensa a quel famoso detto per cui il potere logora. Pensa che è vero, perché il potere è soprattutto responsabilità. Beninteso, anche lei è attiva in politica. Lo ritiene un dovere imprescindibile, ma si rifiuta di farne la sua croce e le dispiace che invece per Bernard lo stia diventando. E questo mina il loro rapporto, si vedono poco, si parlano ancora meno perché lui è desideroso di attimi di silenzio. Macché silenzio, pensa Rosalie calandosi nell'acqua calda, qui ci vuole un'altra vita.

Ripensa ad Oscar e al loro primo incontro; guarda se stessa appena adolescente e si chiede se davvero avrebbe avuto il coraggio di vendersi al bell'ufficiale. Certo che sì, ora che sono passati gli anni può ammetterlo con tranquillità. Vendersi è forse la cosa più disonorevole al mondo ma per Oscar avrebbe fatto qualsiasi cosa.

 

Si assopisce per qualche minuto finché i suoni familiari di Bernard che rientra non la risvegliano.

"Rosalie?"

Rosalie si alza per metà, non ha tirato la cortina che divide la vasca dalla camera da letto e si presenta a suo marito nuda e gocciolante.

"Sei tornato abbastanza presto."

Bernard alza un sopracciglio.

"E se fossi tornato con qualcun altro? Robespierre, per esempio. Dovresti tirare quella tenda, è lì apposta."

Per tutta risposta, Rosalie esce dalla vasca e si piazza davanti a Bernard con le mani sui fianchi. Una volta non si sarebbe mai concessa tanta sfacciataggine, sarebbero stati più atteggiamenti di Jeanne. Ma a volte capita che il tempo faccia quello che deve: cambiare le cose, pensa Rosalie fissando Bernard. E' consapevole di essere bella, che il suo corpo giovane non ha cedimenti ed è desiderabile. Le viene in mente quando Oscar, ridendo e giocando col suo ruolo di "uomo di casa", faceva apprezzamenti sul suo fisico. Questo faceva arrossire la ragazzina, ma la riempiva anche d'orgoglio.

"Bernard, non sei l'unico ad avere avuto una giornata pesante. Quindi capirai che è bello poter tornare a casa e rilassarsi un po'." Rosalie abbandona lentamente le mani lungo i fianchi e osserva gli occhi di Bernard che per qualche attimo indugiano sulla sua pelle bianca, la concupiscono, ma quando lei sta per avvicinarsi di più, l'uomo distoglie lo sguardo e si allontana dicendo:

"Penso che andrò a dormire, non appena avrò scritto un paio di righe. Se vuoi puoi aspettarmi a letto, ma intanto asciugati o ti prenderai un raffreddore."

Rosalie lo guarda sparire nello studio, stringe i pugni e i denti, senza curarsi di reprimere le lacrime di rabbia che le scaldano il viso.

 

L'assemblea che non finisce mai, la certezza che qualcun altro ci rimetterà la testa, tutto questo quasi toglie il respiro a Bernard.

"Esco a prendere un po' d'aria."

Fa alzare forse cinque persone, non lo sa, non le conta, e come in trance si precipita fuori. La primavera è arrivata, ma lui quasi ansima per recuperare ossigeno. Una guardia si preoccupa.

"Cittadino Chatelet! Qualcosa non va?"

Bernard fa un cenno di diniego.

"Tutto a posto, cittadino. Niente di cui preoccuparsi." Deglutisce e si concentra sul relativo silenzio delle strade di Parigi a mezzogiorno rispetto all'incessante vociare del parlamento. Parlamento, pensa, lo dice la parola stessa, è qualcosa dove si parla e basta. Ridacchia mentalmente, acido: ha ragione Saint-Just, sono bravo coi giochi di parole.

Bernard sospira e rientra per scoprire che un'altra esecuzione è stata fissata. Saint-Just presiede l'accusa, e mentre decreta la morte dell'ennesimo ex-amico del partito raggiunge vette di eleganza inimmaginabili. Bernard non riesce a cancellare il disagio.

 

Quando la sera rivede Rosalie, la trova indaffarata in mezzo a una montagna di vasetti - come se non fosse già stato abbastanza occupata tutto il giorno.

"Cosa fai?"

"Conserva di frutta."

"Ce n'è per un reggimento" osserva Bernard e viene immediatamente bersagliato dalla risposta della moglie:

"Così ne porti ai tuoi amici, no?"

Bernard non sa cosa rispondere mentre Rosalie continua imperterrita a riempire di pere bollite i vasetti, a tapparli con un gesto deciso, che denota una vita di allenamento. E' evidentemente irritata. Anche lui lo è. Probabilmente per motivi diversi ma ora la tentazione di dare inizio a uno scontro è forte.

Scaccia quel pensiero.

"Fa' come vuoi" dice semplicemente, uscendo dalla cucina e decidendo che andrà direttamente a dormire.

 

E' addormentato profondamente quando Rosalie si infila sotto alle lenzuola. Lo intravede nel buio, pensa che una volta non era così. Una volta lui sarebbe stato sveglio e l'avrebbe abbracciata cullandola fino a addormentarla, oppure avrebbero fatto l'amore o perlomeno parlato un po'. Ma Rosalie ammette che, adesso, nemmeno lei ha troppa voglia di parlare, anche se si rende conto che, se per una volta riuscissero almeno a litigare invece di fermarsi prima, probabilmente le cose sarebbero diverse. Vede chiaro tra lei e suo marito un muro che è fatto del parlamento intero, tenuto insieme col sangue di un regime di terrore cui loro stessi hanno contribuito, in maniera nemmeno troppo indiretta. Forse è la consapevolezza della sua responsabilità ad impedire a Bernard di lasciar stare tutto; almeno, così ipotizza Rosalie, sentendosi impotente perché sa quanto sia forte il senso del dovere di quest'uomo, che è uno dei motivi per cui gli vuole bene.

Ma il dovere ormai è un nemico perverso, e le sembra che Bernard cominci a difettare di forza, o vi si sarebbe ribellato già da un pezzo.

Rosalie si volta dall'altra parte e chiude gli occhi, sulle mani ancora l'odore dolciastro della frutta zuccherata.

 

E' una di quelle giornate talmente belle da infondere energia, e proprio per questo Rosalie non sa spiegarsi per quale motivo sia rimasta in casa invece di uscire. Uscire dove? si chiede aprendo le finestre. Bernard è via. Ha approfittato del giorno festivo per far visita a un vecchio zio in campagna, dall'altra parte della città. Parente tuo, ha precisato Rosalie, e Bernard non ha sollevato obiezioni. Da diverso tempo i momenti che passa con sua moglie sono sempre più carichi di tensione. Stare insieme anche in un giorno libero, si è detto, non migliorerà le cose.

Rosalie siede al tavolo e pensa a tutto e a niente, spiluccando fragole da un cestino, davanti a un libro chiuso. Oggi non riesce a leggere due righe di fila, lo sguardo si fissa sulla pagina senza capire le parole. I lavori di casa sono fatti. Le resta solo lasciare che la mente vaghi per conto suo, in un flusso continuo, senza interruzioni.

Bussano alla porta.

Appunto, senza interruzioni.

Rosalie va ad aprire succhiandosi le dita dolci di fragola, e si sorprende. E' Saint-Just il visitatore di questa domenica che non si chiama più domenica.

 

"Buongiorno" gli dice pulendosi le mani sul grembiule, ancora stupita.

"Buongiorno. Cercavo Bernard."

"Bernard è via fino a dopo cena. E' andato a trovare un parente."

Ci pensa un attimo.

"Era urgente?"

"No, no" dice Saint-Just con noncuranza. "Sono stato a trovare i La Roche qui vicino, e pensavo di riferire a Bernard cosa avevamo detto alla riunione di ieri dopo che lui era andato via, ma non importa. Ti ho disturbato?"

Rosalie scuote la testa, abbozzando un sorriso di cortesia. Non può evitare di pensare che gran parte delle paranoie di Bernard derivano da quest'uomo che ora sta appoggiato con un gomito allo stipite della porta, flessuoso.

Saint-Just dà mostra di giungere a una conclusione sconvolgente.

"Ma allora sei a casa da sola. Non hai mai pensato di uscire?"

"Ho i lavori di casa da fare" mente Rosalie. Saint-Just lancia uno sguardo dietro alle spalle della donna.

"A me sembra tutto perfetto, Rosalie. Ti farebbe proprio schifo se ti offrissi un pranzo fuori? Così, in amicizia."

Rosalie non sa se scoppiare a ridere alla parola "amicizia", ma Saint-Just aspetta la risposta con un sorriso disarmante. Indossa un vestito molto sobrio, solo il nodo della cravatta è elaborato. Nell'insieme gli dona molto. Ha decisamente stile, e non è desiderio di ogni donna farsi accompagnare da uno che abbia stile? Per cui Rosalie si ritrova ad acconsentire, mette via il grembiule ed indossa uno scialle leggero. Non appena esce, sente nuova vitalità pervaderla; è davvero una bella giornata.

 

"Cosa dirà la gente quando vedrà la moglie di Bernard Chatelet in giro con te?"

"Quando 'vedrà'? Hanno già visto, quindi non resta nulla da fare."

Rosalie ridacchia mentre finisce la scaloppina. Non sta andando poi male. L'argomento "politica" non è stato nemmeno sfiorato, con suo grande sollievo. Saint-Just la intrattiene con ben altre amenità, fino a lanciare un'affermazione vagamente velenosa.

"Mi pare di capire che ci sia un po' di crisi, in casa Chatelet."

Rosalie deglutisce forte.

"Scusa se sono brusca, ma…"

"… non sono affari miei, lo so. Scusa. Pensavo ad alta voce" dice Saint-Just, ma subito riprende: "Era solo una supposizione. Negli ultimi tempi Bernard non mi è sembrato molto in forma. Ma non ne ho parlato con lui". Sorride di nuovo. "So bene di non piacergli."

"E' stanco" si limita a dire Rosalie. Si sente quasi in colpa nei confronti di Saint-Just. Il pranzo è stato piacevole e per la prima volta da diverse settimane si è sentita davvero a suo agio.

"Non trovi che sia strano?" dice a Saint-Just "Ci conosciamo da quanto? Quattro anni? Cinque? E non credo che abbiamo mai parlato così a lungo."

"Sì, è vero" risponde semplicemente l'altro, rilassato sulla sedia. Guarda Rosalie leggermente di scorcio. Un atteggiamento grazioso.

"Devo sdebitarmi, Louis - non dire di no! Posso offrirti un caffè a casa mia? Il pranzo è stato ottimo."

Saint-Just aspetta a rispondere, ma il suo sguardo prova che questa risposta non lo sorprende. Audace, Rosalie, sei stata audace, pensa la donna rimettendosi lo scialle, ridacchiando interiormente; è solo un caffè.

 

"Dunque avevo ragione" dice Saint-Just dal divano di casa Chatelet, "questa casa è perfettamente in ordine. Quella delle pulizie era una scusa bella e buona, no? Un po' come dire di avere mal di testa."

Rosalie entra nel tinello e appoggia sul tavolino un vassoio con due tazzine di caffè e ride.

"Eh, sì, era una scusa. Mi perdonerai?"

"Secondo te?" Saint-Just parla pacatamente, nei toni più morbidi della sua voce chiara, con cui ha costruito parte del suo successo. Rosalie non può fare a meno di pensare che la persona che ha davanti adesso è diversa da quella che siede in parlamento. Pensa che forse Bernard non se ne rende conto; ma preferisce non ricordare il marito, ora. Non è piacevole.

 

Dopo il caffè, Rosalie recupera le fragole.

"Ne vado matta" dice " e poi non mi va molto di tenermi il sapore del caffè… c'è chi inorridirebbe a sentire un discorso del genere."

"Ti faccio compagnia" dice Saint-Just e insieme spiluccano dal cestino che lei tiene sulle ginocchia, ancora parlano del più e del meno, e Rosalie ne approfitta per osservare bene il suo ospite. La luce limpida del pomeriggio descrive le immagini con precisione fiamminga.

 

E' innegabilmente bello. I capelli sciolti e morbidi hanno riflessi dorati e le labbra, anche se un po' sottili, seguono una curva sensuale. Lui si blocca e la fissa.

"Rosalie, mi stai guardando in un modo strano."

La donna arrossisce violentemente mentre, in maniera istintiva, si sta portando alla bocca le dita rosse di fragole mature.

"Ma no, è un'impressione tua…"

"Sì?" dice Saint-Just e cattura a mezz'aria la mano di Rosalie per baciarle i polpastrelli ricoperti di succo zuccherino. Rosalie non sa come reagire; ma stavolta è lei a non essere del tutto sorpresa, anche se il cuore le batte forte.

"Louis" sospira " io non…"

"Io non?" chiede lui, ancora tenendole la mano tra le sue, accarezzandola impercettibilmente.

"Io non… io non so…"

"Cosa c'è da sapere?" Sorride Saint-Just prima di baciarla dolcemente. Seiunadonnasposata, seiunadonnasposata recita una voce nel cervello di Rosalie.

Controcanto: seiunadonnasposata con un uomo che quasi non ti vede più, figuriamoci se ti tocca.

Rosalie ricambia il bacio, assapora la combinazione della pelle liscia dell'uomo e delle sue labbra in quest'occasione ancora più dolci. Le lecca. Il bacio finisce e lei si abbandona tra lo schienale e il bracciolo del divano, un po' obliqua in modo da vedere Saint-Just bene in faccia. Lui le prende la mano, la accarezza, accarezza delicatamente l'incavo del gomito sotto alla manica corta del vestito. Rosalie si sposta leggermente, appoggia le gambe su quelle di Saint-Just e facendolo scopre per metà il polpaccio. Lui la sfiora, ancora avventurandosi sotto ai vestiti quanto basta a farla sospirare, dove non c'è più il contatto col tessuto delle calze bensì col tepore della pelle. Come colto da un ripensamento, Saint-Just ritrae la mano e torna a parlare:

"Pensavo… adulterio… Dopotutto ne vale la pena? Sinceramente l'ho sempre reputato un po' banale."

Rosalie si sposta ancora un poco e non si preoccupa di celare il sarcasmo:

"Sarà banale quanto vuoi, ma mi sembra che tu lo stia apprezzando molto, cittadino Saint-Just."

Il cittadino Saint-Just si limita a sorridere e ad attirare a sé la donna per baciarla di nuovo, sulla bocca, sul collo e su ogni centimetro di pelle scoperta - poca, perché sono entrambi completamente vestiti.

"Niente male per uno che mette la virtù tra i fondamenti dello Stato perfetto"; Rosalie non lesina l'ironia. Sa che non guasterà nulla.

La risposta di Saint-Just è perfettamente a tono: "Vogliamo definire 'virtù'?"

E mentre lo dice comincia a sciogliere i lacci del vestito di Rosalie, che con un gesto fluido gli sfila la cravatta, scoprendo un collo bianco e levigato quasi quanto il suo. Lo accarezza, e affonda le mani nei capelli di Saint-Just quando lui si china a baciarle i seni che ora ha scoperto, succhiando leccando mordicchiando con perfetta scelta di tempo. Torna di nuovo a baciarla in bocca e una mano di Rosalie scende dalla testa alla schiena dell'amante, percorre la spina dorsale, indugia sulla curva delle natiche e infine lo sfiora tra le cosce. Questa volta è lui a rabbrividire sensibilmente. Rosalie sorride. E' uno scontro alla pari.

Lo spoglia di giacca e panciotto, non si stupisce di trovare, sotto alla camicia, pelle liscia quanto quella del volto; pelle da adolescente, o da femmina.

Anche le calze di Rosalie atterrano presto sul pavimento, la gonna è del tutto sollevata e sulle sue gambe Saint-Just traccia un percorso di baci, fino ad assaggiare, finalmente, le sue umidità. Le sue copiose umidità. Rosalie geme. Le sarebbe bastato molto meno, ormai, per perdere il controllo, così il piacere è tanto da essere quasi insopportabile. Attira a sé Saint-Just, lo abbraccia, lo bacia, decide di ricambiare adeguatamente le sue cortesie. Scopre uno strano, piacevole connubio tra il suo sapore salato e le ultime tracce di fragola che lei ha ancora sulle labbra.

Saint-Just sospira forte. Rosalie è come ipnotizzata mentre osserva il ventre teso dell'uomo alzarsi e abbassarsi al ritmo del respiro, che rallenta gradualmente. Entrambi sono abbandonati scompostamente sul divano, guardandosi in faccia; è Saint-Just a rompere il silenzio.

"Oggi ti riveli una donna piena di sorprese, Rosalie."

"Perché ti sorprendi?"

"Perché tu sei la ragazza romantica che si commuove a teatro. Ti ho vista. Piangi come un fontana."

Rosalie ride.

"Dovrei mettermi a piangere, adesso?" Saint-Just ride con lei. Osserva che ha ancora le guance un po' arrossate. Le accarezza una caviglia col dorso della mano. Lei dice:

"Anche tu oggi te ne sei uscito con un po' di sorprese… Non sei male."

"Bene, è bello sentirselo dire" ride ancora Saint-Just. "Adesso sono proprio tranquillo."

"Stupido! Intendo dire che sono stata bene con te… ben oltre le aspettative. Dopotutto, quella che conoscevo meglio era l'opinione di Bernard su di te."

"Perché per te l'opinione di Bernard conta" commenta sogghignando Saint-Just.

"Bernard è sempre la persona con cui condivido la mia vita", sospira Rosalie, "nonostante tutto."

Saint-Just alza un sopracciglio, ironico. "Nonostante tutto… Nonostante questo? Cos'è questo?"

"Una cosa così, in amicizia" ride lei, facendogli il verso, e poi sembra tornare seria: "Non si può credere, Louis, alla favola dell'amore eternamente felice… non si può pretendere di stare insieme a una persona allo stesso modo del primo giorno. E' una bella cosa, ma è da romanzo."

"Sacrosanta verità" conferma Saint-Just, la cui mano ha di nuovo viaggiato dalla caviglia al ginocchio della donna; chiede che ore sono e Rosalie si contorce per vedere l'orologio.

"Quasi le tre."

"Oh caspita" dice lui, teatrale. "Abbiamo un pomeriggio intero e in città non c'è niente da fare." Si allunga sul corpo di Rosalie per baciarla ancora e commenta: "Avrò dei bei ricordi legati a questo divano, stanne certa. Ma sinceramente lo trovo anche un po' punitivo."

Rosalie concorda e fa gli onori di casa accompagnandolo in camera sua, sul letto rifatto in maniera ineccepibile. Si sente ubriaca senza aver bevuto nemmeno un goccio; sente la leggerezza della vittoria, e la vittoria è quella sulla sua coscienza.

 

I vestiti cadono ai piedi del letto, il patto implicito è di prendersi del tempo, di concedersi lentezze, di estenuare il desiderio fino a renderlo pura urgenza. Rosalie pensa che il suo amante ha un talento particolare nel seguire questo percorso, non sa dire se più per esperienza o ancora per la sua naturale propensione all'eleganza. In fondo, ha qualche anno in meno di lei, mentre Bernard è un po' più grande, ma ciò non giustifica, agli occhi di Rosalie, come si sia fatto sfuggire la parte giovane della vita, l'attenzione alle cose piccole e belle. -

 

- Ma il pensiero viene troncato, non è il tempo né il luogo per simili argomenti. Rosalie si stringe forte all'amante; qui, ora, è lui che vuole e ottiene. Non si accorge di nulla. E' carne, e nervi, ed elettricità.

 

Il sole ora si è notevolmente abbassato e tutto ha assunto una sfumatura calda. Saint-Just non dorme, si limita a giacere supino, con gli occhi chiusi, un braccio mollemente adagiato lungo il bordo del letto, l'altro dietro alla testa. Complementare, Rosalie è stesa vicino a lui a pancia in giù, reggendosi sui gomiti. Lo osserva. Immagina che solo una decina d'anni prima doveva essere stato molto vicino all'immagine degli efebi descritti nei testi classici, e la figura che si forma è nitida, precisa. Prova poi a vederlo con dieci anni in più, ma rinuncia, le sembra uno scempio. Oggi va bene com'è.

Saint-Just socchiude gli occhi, due fessure verde scuro che colgono Rosalie di sorpresa.

"Mi hai spaventata."

"Non stavo dormendo."

Si solleva e si gira per baciarla, la trova ancora tutta illanguidita. Anche lui si abbandona alla sensazione, accarezza la donna, lentamente, voluttuoso. Rosalie gli piace. Più precisamente, è il suo tipo. Non ama le bellezze sfacciate, gli sembrano noiose, mentre la mitezza almeno esteriore di Rosalie lo stuzzica di più. Tuttavia, non c'è ombra di rimpianto quando si stacca da lei e si siede dicendo:

"Credo sia ora che io vada."

Rosalie non dice nulla e lo osserva infilare le sue bellissime gambe nei pantaloni. La fretta continua ad essere bandita e in fondo non c'è motivo per averne. Ciononostante anche Rosalie scivola giù dal letto e indossa il vestito alla meno peggio, senza calze. Accompagna Saint-Just che va a recuperare il resto dei vestiti sparsi in prossimità del divano e chiede uno specchio per rifarsi il nodo alla cravatta.

"Se vuoi te lo faccio io."

"No, grazie. Mi arrangio."

La scruta per un attimo, pensieroso.

"Non vorrei che tu mi considerassi un ingrato."

"Figurati" dice Rosalie sistemando un po' il vestito. Che diamine, quest'uomo ti ha visto nuda, più che nuda, pensa, a che serve imbarazzarsi ora? Se si accorge del turbamento della donna - e lo fa - Saint-Just non lo dà a vedere, e nel frattempo è di nuovo perfettamente in ordine.

"Allora… ci vediamo, eh?" dice Rosalie.

"Certo."

"Intendo… capita spesso di vedersi in città, no?"

"E' quello che intendevo anch'io" sorride Saint-Just, e Rosalie reprime un sospiro di sollievo. Più passa il tempo più si fa strada la certezza che un seguito a questa giornata non ci debba essere; e proprio per questo una parte di lei non vuole che Saint-Just se ne vada.

"Aspetta. Se ti erano piaciute le fragole, ultimamente ho fatto un sacco di vasetti… di conserva, cioè."

Saint-Just sogghigna. "Non serve. Mettiamola così: la mia ricompensa l'ho già avuta."

"Non è per ricomp--"

Saint-Just spegne la frase in bocca a Rosalie baciandola un'ultima volta, e poi è già sulla porta: "Ciao, Rosalie. E' stato un piacere, se mi concedi l'espressione."

"Mh." Rosalie si guarda introno, in basso, torna con uno sforzo agli occhi di Saint-Just.

"…ci si vede."

L'uomo sorride e si congeda con un gesto della mano.

Rosalie resta sulla porta, e lo osserva che si allontana senza voltarsi mai.

 

Saint-Just gode del tepore che ancora persiste nel tramonto. Si sente bene, è stata una giornata deliziosa; pensa a Bernard, e si sente ancora meglio.

 

Rosalie si richiude la porta alle spalle e la casa, nella penombra, le sembra vuota e desolata. E ci sono le lenzuola da lavare, il letto da rifare, magari un bagno anche per lei sarebbe auspicabile. Meccanicamente, fa tutto, ed è buio quando l'acqua ha finito di bollire e lei può infilarsi nella vasca. Chiude gli occhi e spera che il nodo che ha nel petto si allenti almeno un po'. Se aveva vinto una battaglia con la sua coscienza, ora sta perdendo la guerra ingloriosamente.

Sciocca Rosalie, si dice ancora una volta, che fai le cose per poi pentirtene.

L'acqua calda la culla, e lei non vorrebbe uscire mai.

 

Si addormenta e si risveglia quando comincia ad avere freddo. Agisce come in un sogno, si asciuga, e sta quasi per andare a dormire quando Bernard rientra.

Il nodo si stringe.

"Ciao, Rosalie. E' andato tutto bene finché io ero via?"

"Sì. Sono un po' stanca."

Finge naturalezza, ma Bernard nota la sua espressione tesa; la guarda, inquisitivo.

"Sicura che non stai male?"

"Sicurissima."

Bernard si prepara e quando, a tentoni, arriva a letto, trova Rosalie già al suo posto.

"Sei sveglia?"

Un attimo di silenzio, un sospiro.

"Sì."

Bernard prende forza.

"Pensavo che… noi… dovremmo parlare… fare qualcosa perché… non va bene. Il nostro matrimonio, voglio dire."

"…"

"Oggi… essendo stato, per quanto poco, lontano da casa… ci ho pensato con un minimo di lucidità e credo che sia soprattutto colpa mia, di come ho affrontato le cose ultimamente… ma credo anche che possa andare meglio… se tu mi aiuti."

"…"

Bernard sospira.

"Scusa. Hai detto che sei stanca… magari è meglio riparlarne domani."

"Sì", dice Rosalie con un filo di voce, e dopo poco sente Bernard sprofondare nel sonno. Colpa mia, le ha detto, e queste parole la tormentano perché sa che dovrebbe dirgli altrettanto e non ne trova il coraggio. Sa che se lo facesse forse il nodo si scioglierebbe; ma non sa se lui sarebbe disposto a capire. A perdonare, soprattutto.

Non riesce nemmeno a liberarsi nel pianto, Rosalie; scopre che come le è sempre stato più facile occuparsi di qualcun altro piuttosto che di se stessa, anche le lacrime scorrono con più difficoltà se è solamente lei la loro causa.

 

Ha gli occhi un po' pesti mentre osserva Bernard bere il suo tè la mattina dopo. Ha passato la notte sentendo la semplice presenza del marito di fianco a lei come un'accusa. Spera che sarà lui a parlare, a riprendere il discorso; lei non ne ha la forza.

Grazie a Dio, è quello che succede.

"Rosalie, ho pensato che oggi parlerò con Robespierre. Credo che lascerò la politica attiva. Sono giunto alla conclusione che mi sta rovinando la vita, e soprattutto rovina la tua."

Aggiunge: "Magari potremmo anche andarcene da Parigi."

Rosalie annuisce e dice: "Sì. Sì, così è decisamente meglio."

Bernard sorride con calore, e stringe la mano della moglie: "Bene. Vedrai che tutto si sistemerà."

 

Se solo si fosse svolta un anno prima, la Festa dell'Essere Supremo avrebbe visto anche Bernard sul palco con Robespierre, e Saint-Just, e gli altri. Invece è di fianco, in una posizione leggermente defilata; il giorno dopo partirà, ma non ha voluto perdersi lo spettacolo.

Alla fine della cerimonia, Robespierre scende e lo saluta.

"Dunque, hai proprio deciso di partire."

Bernard gli stringe la mano.

"Senza rancore, naturalmente. Bellissima festa."

Robespierre sorride stentatamente.

"Lo sai che le cose non vanno per niente bene, Bernard, comunque… grazie. Hai tutta la mia comprensione. La pressione su di noi… è tanta, e tu hai una famiglia a cui badare." Si rivolge a Rosalie "mi raccomando, trattamelo bene, e fatti trattare bene."

Nemmeno il sorriso di Rosalie è disteso quando dice che sì, farà del suo meglio. Vicino a Robespierre c'è Saint-Just, silenzioso e neutro. Bernard fa uno sforzo per salutarlo.

"Addio, Louis" dice a denti stretti.

"Addio" risponde l'altro. La voce è soffice ma lo sguardo è indecifrabile, e rimane tale quando si sposta sulla donna: "Addio, Rosalie."

Lei impallidisce leggermente e ricambia il saluto con voce fievole e un po' stridula. Nessuno sembra notarlo, come nessuno sembra notare il momento di silenzio in cui lei e Saint-Just continuano a guardarsi, davvero è solo un attimo ma basta a Rosalie per stringere convulsamente il braccio di Bernard; non vede l'ora di andar via. Lui recepisce il messaggio; si congeda un'ultima volta e poi si allontana con la moglie, presto inghiottito dalla folla.

 

 

Borgogna, interno giorno

 

La notizia dei fatti del 10 Termidoro arrivò a Rosalie con un ritardo proporzionato alla distanza, nel paesino d'origine della famiglia di lui, nel cuore della Francia. Bernard non poté reprimere un senso di sgomento e sollievo insieme; e per questo sollievo, vergogna.

"Rosalie" disse qualche giorno dopo "sai… certe volte mi sento quasi in colpa, se penso che avrei potuto esserci anch'io sul patibolo, con Robespierre e gli altri." Fece una pausa. "Dicono che Saint-Just sia stato eroico. Che sia andato a morire con… estrema dignità."

Rosalie si avvicinò per accarezzargli gentilmente il viso: "Non devi rimproverarti…"

"… sì invece. Loro sono andati fino in fondo. Noi - io sono scappato prima."

"Noi siamo scappati", disse Rosalie, e aggiunse:

"Gli eroi… sono nei romanzi, Bernard. Noi, e loro… non siamo che uomini… che hanno paura e vergogna… Paura di perdere ciò in cui crediamo, ciò che amiamo, e vergogna di averlo tradito… costretti a vivere sempre con le conseguenze delle nostre azioni. E' un fardello" concluse con la voce rotta "che condividiamo tutti."

Bernard la abbracciò, sussurrando:

"Non dire nient'altro. Ci aiuteremo."

Rosalie lo strinse più forte, con gratitudine.

 

 

Fine

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