Il libertino
parte I
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Castello di Dux, Boemia, 1793.
"Allora, che mi dici Werner, che mi dici
che mi possa interessare."
"Re Luigi XVI è morto."
"Beh."
Il lacchè tentò di scrutare l'espressione
del vecchio seduto davanti a lui. La luce mossa che proveniva dal camino lo
faceva apparire e scomparire, rendendolo un'immagine indecifrabile. Piegò le
labbra in una smorfia forse di disgusto. Werner si protese leggermente verso di
lui, in apprensione. Ne temeva le sfuriate, le paranoie, gli sfoghi acidi e
feroci.
"Beh, giovane, cosa ti aspettavi?"
concluse l'uomo, congedando Werner con un brusco gesto.
Rimasto solo, il vecchio si passò una mano
tra i capelli radi e bianchi, sul volto, ne tastò le rughe la carne le ossa,
forse solo le ossa erano rimaste uguali a loro stesse.
"Chi xe che scampa dala prisòn,
desso" mormorò tra sé e sé e rise con una risata strozzata e sibilante,
che tradiva tutta la sua età, la sua stanchezza.
Versailles, 1771
Oscar cominciava a non poterne più di quel
ricevimento. Frequentava la corte ancora da poco, ma le sembrava di aver già
presenziato ad anche troppe feste, per i suoi gusti. Naturalmente non avrebbe
mai osato contravvenire agli ordini, seguire la principessa Maria Antonietta e
proteggerla era il Suo Inderogabile Compito. Ma avrebbe dato volentieri
un'intera giornata di balli e chiacchiere varie in cambio di una corsa a cavallo
o di un po' di scherma con André, che tra l'altro era rimasto a palazzo
Jarajayes e quindi non poteva distrarla con le sue battute pungenti su questo o
quel cicisbeo. Di solito Oscar lo sgridava a denti stretti per questa sua
sottile insolenza, ma ora le mancava e il tempo sembrava non passare mai. Maria
Antonietta era circondata da una folta schiera di donne in cerca di attenzione e
favori: ordinaria amministrazione, cioè noia. Appoggiata al muro, Oscar si
concesse di perdere un attimo di vista la principessa. Davanti a lei
sfrecciarono alcune ragazze che si ripetevano festanti:
"E' tornato! E' tornato!", Oscar le
seguì con lo sguardo, incuriosita, e le vide unirsi ad un capannello di donne
nutrito quasi quanto quello che sommergeva Maria Antonietta, con la differenza
che qui il protagonista era difficile da sommergere. Si trattava infatti di un
uomo molto alto, dal fisico atletico, con un volto forse non bello ma fascinoso
e luminosamente maturo. Era vestito con gran gusto, perfettamente in ordine;
tutte quelle donne sembravano pendere dalle sue labbra.
Oscar si ricordò dei suoi doveri e distolse
bruscamente lo sguardo, per scoprire che anche Maria Antonietta e il suo seguito
si erano voltate a guardare il nuovo arrivato. Naturalmente, le sorelle del
Delfino non mancarono di informare Maria Antonietta sull'identità e le
attitudini dell'uomo.
"Volete sapere di lui, principessa?
Può darsi lo conosciate. Era stato qui prima che voi arrivaste ed è
sempre pronto a ripartire. E' Giacomo Casanova, un veneziano; indubbiamente un
signore molto distinto, ma di umili origini, anche se pare sia in realtà il
figlio illegittimo di un nobile, tale Grimani… Dice di aver fatto di tutto
nella sua vita, e bisogna credergli. E quando dico di tutto, intendo sia il
meglio sia il peggio. Infatti" e qui il tono della donna cambiò "ha
soprattutto fama di grandissimo libertino. Pare non disdegni nessun tipo di
donna, da quelle più umili a quelle di più alto rango, da quelle più vecchie
a quelle molto, molto più giovani di lui."
Oscar, più che Maria Antonietta, colse i
sottintesi dei discorsi della principessa francese e le lanciò un'occhiata
durissima, che però cadde nel vuoto. Non sopportava quelle donne. Non avevano
di meglio da fare che seminare zizzania.
Nessuno ne aveva parlato ufficialmente, ma
tutti sapevano che il matrimonio dell'erede al trono di Francia doveva ancora
essere consumato. Si ridacchiava bisbigliando di questa piccola mancanza del
Delfino, rapacemente si aspettava uno sfogo collaterale da parte di una moglie
"così giovane, e così vivace". Il ritorno di Casanova in Francia
dopo l'ennesimo viaggio per l'Europa sembrava poter saziare quelle bocche
ingorde di pettegolezzi.
"Ma credo dovreste comunque
salutarlo" concluse un'altra delle figlie del re all'orecchio di Maria
Antonietta "è sempre un personaggio molto in vista, ed è un uomo di
cultura."
Si mossero dunque Maria Antonietta e il suo
corteo verso il nugolo di femmine vocianti che attorniava Casanova. Vedendo
avvicinarsi la principessa, il veneziano la omaggiò di un aggraziato inchino, e
non mancò di mostrare uno stupore lusingato quando, oltre a ricambiare il
saluto, Maria Antonietta si fermò davanti a lui.
Oscar seguiva tutto a debita distanza,
muovendosi parallelamente a Maria Antonietta. La vide ricevere il perfetto,
famosissimo baciamano di Casanova, la vide ridere amabilmente di ciò che le
raccontava il veneziano. Nel frattempo Oscar cominciò a ricordare di aver già
sentito parlare di quell'uomo; il governo se ne doveva essere servito alcune
volte per spionaggio o qualcos'altro di delicato e poco chiaro.
Dopo qualche minuto di conversazione con
Casanova che Oscar non percepì, Maria Antonietta passò a salutare qualche
altro nobile per poi ritirarsi. Nonostante tutto, non aveva ancora perso le
abitudini impostele da sua madre Maria Teresa; e di solito si coricava
relativamente presto. Si congedò da Oscar.
"Oscar! Muoio dal sonno, e mi dispiace
non aver passato più tempo con voi. Ma verrete al più presto, vero?"
"Altezza, non dovreste scusarvi…"
"Sì invece, non troviamo mai il tempo di
parlare, io e voi. Vi auguro la buonanotte, madamigella!" Oscar rispose con
un profondo inchino e Maria Antonietta se ne andò, vinta dagli sbadigli.
Oscar pensò che il suo compito lì era
finito; raccolse alcuni pasticcini da un tavolino e si defilò. Se Maria
Antonietta moriva dal sonno, lei moriva di fame, poiché non aveva fatto in
tempo a cenare. Era ancora presto e nessuno aveva lasciato la festa; i giardini
erano deserti. Oscar si sedette su una balaustra, decisa a gustarsi i pasticcini
in santa pace, mentre uno spicchio di luna lottava per non essere nascosto dalle
nuvole che passavano veloci, riempiendo il cielo di striature opache.
Crema pasticcera, gelatina di frutta, pasta
frolla: adesso potrei anche morire felice, pensò Oscar succhiandosi le dita,
lungi dall'essere sazia, ma momentaneamente gratificata.
Non aveva in mente altro che il proprio
stomaco quando una voce la fece sobbalzare:
"Madamigella?"
Per poco Oscar non cadde dalla balaustra
voltandosi di scatto. Era Casanova.
"Cosa…"
"Vi supplico di perdonarmi" disse
Casanova inchinandosi dopo essersi presentato "ma non ho potuto fare a meno
di venirvi a cercare. Vi avevo subito notata, al ballo… dai gradi della vostra
uniforme suppongo siate voi il comandante delle guardie, dico bene?"
"Sì" disse Oscar aggrottando le
sopracciglia. Lasciò che l'uomo continuasse a parlare.
"E' insolito. Non avrei mai creduto che
una donna potesse rivestire un simile ruolo, ma appena vi ho visto non ho potuto
fare a meno di arrendermi all'evidenza."
Vorrebbe dire che questo tizio mi ha subito
identificata come una femmina?, pensò Oscar sempre più accigliata, e Casanova se
ne accorse.
"Vi ho forse offesa?"
"No, no."
Beh, in un certo senso sì.
"Madamigella Oscar, ho chiesto di voi,
prima. Avete un gran successo con le donne, a quanto sembra. Tutti, di primo
acchito, vi scambiano per un maschio. E' verità, ciò che mi hanno detto?"
Oscar ci pensò un attimo.
"Sì."
Casanova sorrise, in controluce. La sua sagoma
si stagliava sullo sfondo delle vetrate illuminate nella sera estiva.
"Forse per questo vi siete contrariata.
Vi ho subito riconosciuta come donna e non ci siete abituata. D'altronde trovo
la vostra femminilità abbastanza evidente…"
"Basta così" lo interruppe
bruscamente Oscar "dove volete andare a parare?" Casanova rise di
cuore di fronte all'aggressività della ragazza.
"Da nessuna parte, mio gentile ufficiale,
proprio da nessuna parte, ma avanti di questo passo rischio davvero di
innamorarmi di voi e allora no, non demorderò finché non otterrò almeno una
parola gentile."
Oscar sembrava letteralmente fiammeggiare.
"Anch'io ho sentito delle cose su di voi,
signor… signor Casanova… che siete un libertino, un corruttore di
minorenni…"
"… un alchimista e una spia, sì, in
effetti è tutto abbastanza vero" concluse Casanova con naturalezza
"ma suppongo che ciò non basti a fare di me un farabutto, e quanto alle
minorenni lo erano solo per convenzione; avessi avuto una moglie di quell'età,
nessuno avrebbe avuto da ridire, anzi, sarei stato invidiato. La verità è che
trovo le donne meravigliose, la loro semplice compagnia basta a rendermi felice,
e infatti adesso che sono qui a litigare un po' con voi, sono al settimo
cielo."
"Siete solo un insolente!" sbottò
Oscar "Non ho tempo di stare a sentire le vostre stupidaggini. Adesso me ne
torno a casa, e spero di non incontrarvi mai più!"
Oscar si allontanò con passo veloce,
furibonda. Casanova, sorridendo, la guardò allontanarsi.
"E' ora di mettersi a soffrire un po',
Giacomo" si disse, pensando che la serata aveva preso degli sviluppi
imprevisti.
La mattina dopo Oscar si stava riposando in
giardino dopo il solito allenamento con André. Tutt'a un tratto chiese
all'amico:
"Senti, André, tu trovi evidente
che io sia una femmina?"
"Eh?"
Era sovrappensiero.
"Ti ho detto" ripeté Oscar
spazientita "se si vede così tanto che sono una ragazza. Ma mi stai a
sentire?"
"Perché mi fai una domanda del
genere?"
"Rispondi e non rompere, André! Si vede,
sì o no?"
André la squadrò, anche se non aveva bisogno
di farlo. In realtà, aveva le idee ben chiare al riguardo, ma non poteva
permettersi di essere troppo sincero nella sua risposta. Si trattava di
calcolare i danni. Una Oscar arrabbiata era micidiale ed André aveva sempre
qualche livido a ricordarglielo. Diplomazia.
"Beh, Oscar, sei manesca, impulsiva, a
tratti scurrile, non è proprio un comportamento da dama."
"André… accidenti a te… parlo
dell'aspetto fisico, della faccia, insomma, se arrivasse uno che non mi ha mai
visto prima, cosa penserebbe? Che sono un maschio o una femmina?"
(Diamoci un taglio o si mette male)
"La gente ti ha sempre scambiata per un
maschio, no? Non ti basta come conferma?"
"Uffa" sbuffò Oscar scavando un
buco per terra con la spada inguainata "non voglio che mi si veda come una
donna. La maggior parte delle donne che conosco è capace solo di civettare e di
farsi la guerra! E' quello il tipo di donna che si attacca a Casanova. Mi urta,
perché se mi vede come una donna, per lui le donne sono quelle cretine lì."
André corrugò le sopracciglia.
"Però, Oscar, che sillogismo."
E si guadagnò un altro livido sullo stinco.
Si ritrovarono per caso, a pomeriggio
inoltrato, in cucina. Oscar stava mangiando dei biscotti. Era un periodo in cui
le sembrava che la fame non finisse mai.
Andrè girava circospetto per la stanza. Aveva
appena controllato: c'era un vistoso ematoma violaceo sul suo stinco destro. Ma
era troppo curioso.
"Chi sarebbe questo Casanova che avevi
nominato stamattina?"
"Uno sporco libertino" mugugnò
Oscar con la bocca piena.
"Non è francese, con un nome del
genere."
"E' veneziano. In effetti ha un accento
bizzarro."
André la guardò stando bene attento a
rimanere all'estremità opposta del tavolo.
"Ma non è che ti arrabbi così tanto per
i suoi commenti perché in fondo quel tipo ti piace, Oscar?"
"Stai SCHERZANDO? Non mi interessano gli
uomini, tantomeno quelli come lui. E poi avrà come minimo quaranta…
cinquant'anni!"
"Anche una delle tue sorelle ha una
simile differenza d'età con suo marito."
"Bell'affare che ha fatto. André"
disse Oscar con un sorriso aggressivo "io non mi sposerò mai e poi mai.
Sto bene così. Non scambierei la mia vita con quella di qualsiasi femmina della
mia età. 'Sì signore, ai vostri ordini', 'Oh madame, ma che magnifico abito
avete oggi!', 'Oh, com'è cariiino', 'Oh, santo cielo, svengo!'. Che
razza di vita è? Soffocare in un corsetto? Ah, non ci tengo."
André stiracchiò gli angoli della bocca in
un cenno d'approvazione. Dopotutto, non si aspettava una risposta diversa.
Luigi XV accolse Casanova con fare bonario,
informale, tutto sorrisi e pacche sulle spalle.
"Allora, Giacomo! Sempre in viaggio,
eh?"
"Evidentemente sono nato col sangue
dell'esule, sire."
"Non dite così. Prima o poi ritornerete
a Venezia; e non potranno che farvi entrare dalla porta principale, dati i
vostri molti meriti. Ma vi prego, sedetevi: e raccontatemi di nuovo di come
siete riuscito ad evadere."
Casanova non si fece pregare e raccontò
ancora al re di Francia, come aveva già fatto con altri sovrani e cortigiani
d'Europa, la sua avventurosa fuga dai Piombi, le prigioni di Venezia ritenute
sicurissime. Vi era stato rinchiuso con l'accusa di praticare magie e riti
eretici; in realtà, precisava con noncuranza, per via di qualche visita al
letto dell'amante di uno degli inquisitori. E quando puntualmente il suo
pubblico lodava e applaudiva il suo coraggio, lui rispondeva:
"Ho semplicemente pensato che, se mi
concentravo molto, sarei riuscito a trovare il modo di fuggire; tanto, il tempo
non mi mancava."
Luigi XV rise e batté le mani.
"Bene, bene, Casanova, mi piacciono le
storie d'avventura, meglio se sono vere."
"Temo che non bastino delle belle storie
ad assolvermi dalle accuse che pendono sulla mia testa" sorrise Casanova
tirando fuori del panciotto una busta sigillata "… ho sistemato quel
piccolo affare in Inghilterra, sire."
Luigi XV intascò il documento con altrettanta
disinvoltura.
"Sapete che potete passare dal mio
tesoriere quando volete, Giacomo."
"Siete troppo gentile, sire."
A Teatro degli Italiani replicavano di nuovo,
a grande richiesta, Il burbero benefico che Goldoni aveva scritto in
occasione del matrimonio del Delfino con Maria Antonietta. Casanova occupava uno
dei palchi migliori; quella sera lo accompagnava la marchesa di Sainte-Madeleine,
una delle sue più care amiche a Versailles, di cui amava specialmente la risata
contagiosa, nonché la spensierata vedovanza. L'aveva conosciuta e sedotta, in
realtà, quando era ancora una giovane sposa; ma da qualche anno, libera da ogni
vincolo, sembrava essere fiorita, nella bellezza, nell'amore, nell'età adulta.
Casanova, inoltre, era amico di Goldoni.
Sentiva nelle sue commedie gli odori e i rumori della laguna, il leggero
sciabordio delle gondole nei canali, la cantilena del dialetto. Ma quella sera
non si stava concentrando molto su quanto succedeva sul palco. Non si
concentrava troppo nemmeno sulla marchesa; anzi, si rese conto di aver deciso di
uscire con lei proprio perché, come donna, era l'opposto della ragazza in
uniforme militare. Ne scandì il nome
"Oscar François de
Jarjayes"
senza emettere alcun suono e pensò che una
donna così poteva essere forse il miglior personaggio femminile nel romanzo
della sua vita. Pensò che forse non voleva nemmeno concupirla; se fosse
successo, si sarebbe trattato di un piacevole effetto collaterale, e nulla più.
Ma soprattutto il veneziano sentiva, inebriante, il sapore della sfida, sapeva
che con lei i sistemi tradizionali sarebbero stati inutili, inutile sarebbe
stato coprirla di attenzioni. Doveva studiare una vera e propria strategia,
demolirne i pregiudizi, gli schemi mentali. Aveva visto il panico serpeggiare
per un attimo negli occhi di Oscar quando le aveva fatto notare l'evidenza: era
una femmina. Simili reazioni, pensava, si hanno solo quando in realtà si è
punti sul vivo, quando in fondo in fondo si è consapevoli della fondatezza
dell'accusa. Di che accusa si trattasse, poi, Casanova se lo chiese, convinto
che la felicità fosse semplicemente essere quello che si è.
Oscar stringeva un cuscino sul ventre
dolorante, teso come la pelle di un tamburo. Il consueto inconveniente mensile
la convinse definitivamente dell'esistenza di un oscuro complotto alle sue
spalle, di una macchinazione operata da nemici ignoti per spingerla a dare
ragione a quell'uomo odioso. Decise di non andare a Versailles se non a causa di
ordini superiori. Doveva farsi passare quei dolori e soprattutto evitare il
veneziano: non si sarebbe mossa da casa.
Casanova uscì dalla residenza parigina della
marchesa molto presto, quando ancora il paesaggio luccicava nell'umidità
residua dell'alba e non c'era molta gente in giro.
Si sentiva ritemprato. Aveva la mente sgombra,
pronta a pensieri nitidi, da scienziato o da filosofo, e lui si sentiva un po'
entrambe le cose. Poteva applicare la sua scienza e la sua filosofia anche a
Oscar François de Jarjayes? Qual era il suo punto debole? Doveva averne.
Dopotutto, aveva sedici anni, non sarebbe stato umano da parte sua essere
già una donna (una donna) fatta e finita.
Passeggiava, rimuginando su questo problema,
lasciando che il mattino lo investisse e i piedi lo portassero dove volevano.
Era così assorto che sussultò quando si sentì chiamare.
"Giacomo!"
"Nani! Nani Zanon!"
I due uomini si abbracciarono fraternamente,
si baciarono sulle guance.
"Ma dimmi" chiese Casanova
"cosa ci fai qui?"
"Insegno violino ai figli dei ricconi. In
realtà saranno cinque anni che sono a Parigi."
"Se l'avessi saputo! Ci saremmo
incontrati prima!" esclamò Casanova con sincero rammarico. Giovanni
"Nani" Zanon era una conoscenza della sua giovinezza, come lui era di
origini umili e si era avviato con scarso successo alla carriera ecclesiastica.
Condividevano un gusto sensuale e goloso per la vita, nonché una sorta di
delirio peripatetico che li spingeva a spostarsi di continuo e a conoscere ed
apprezzare il mondo mantenendo, d'altro canto, una costante nostalgia di
Venezia.
Inevitabilmente, finirono col parlare di
donne. Nani disse di aver sposato una sarta di Murano che aveva portato con sé
a Parigi; Casanova gli raccontò della sua recentissima passione per Oscar.
"La figlia del generale Jarjayes?"
chiese Nani "La conosco di vista. Non so… è così rigida quella
ragazza… è proprio marziale. Pensa che anch'io l'avevo scambiata per
un maschio. Un bel maschio, ma sempre un maschio."
"Il bello, o meglio il brutto, è che lei
stessa si scambia per un maschio" considerò Casanova "possibile
che sia io l'unico a vedere le cose chiaramente?"
"Pensa a come andò con Bellino" gli
ricordò Nani. Casanova scosse la testa.
"Bellino, Teresa, era una donna che si
fingeva una quasi-donna, cioè un castrato. Non doveva recitare una gran parte,
anche se ne avrebbe volentieri fatto a meno. Ma la nostra Oscar è totalmente
calata nel suo personaggio di soldato; personaggio da cui sarà difficile
tirarla fuori, temo."
Nani sorrise e rise.
"Ci stai mettendo molta testa, eh
Giacomo? Ma non eri tu l'autore del famoso aforisma 'Il cazzo non vuole
pensieri'?"
"Nessun aforisma è sempre valido"
sorrise in risposta Casanova "e la prova è che portarmi a letto Oscar è
l'ultimo dei miei pensieri. La vittoria che cerco è morale. Trovo sinceramente
un delitto che una ragazza così bella, e che crescendo non potrà che
migliorare, si nasconda dentro e dietro una divisa delle guardie. Ho saputo che
è stato il padre ad obbligarla."
"Sì, il padre."
"Genitore snaturato. Non si dovrebbe
trattare così una figlia [1]. Nemmeno i miei genitori sono stati un granché.
Nascere da due attori in Calle della Commedia, ti rendi conto? La mia vita,
viste le premesse, poteva diventare una farsa. Se si dovesse star dietro a chi
ci mette al mondo…"
"Che dovrei dire io, che vengo fuori
dalla Calle Sporca, e con un nome come il mio?[2]" rise forte Nani, e
Casanova non aspettò a rispondere:
"Non dovresti dire niente, dovresti fare
qualcosa, invece, perché puzzi davvero!"
Risero, e in quel momento un campanile vicino
scandì l'ora. Nani si scusò; doveva andare.
"Ah, Giacomo, ritieniti invitato a
pranzo. Ci troviamo davanti al Louvre alle undici, da lì ti porto a casa
mia" concluse il musicista impedendo a Casanova di rifiutare.
"Dov'è Oscar? Non dovrebbe allenarsi con
te, André?"
"Generale, Oscar non sta bene…"
"Sciocchezze. Ieri stava benissimo."
Provvidenziale, intervenne la nonna, salvando
André da una situazione imbarazzante.
"Generale, vi prego, lasciate riposare
Oscar… è stata male tutta la notte e le sta passando solo ora, ma non ha
praticamente mai dormito…"
Il generale Jarjayes allargò le braccia e le
sbatté sui fianchi, irritato.
"Non è mai successo finora. Che novità
sono queste?"
La nonna sospirò e cercò coraggio.
"Può… può capitare, signore,
specialmente ad una ragazzina così giovane. Una donna non..."
Si interruppe vedendo passare il generale
dall'irritazione all'ira vera e propria.
"Io NON INTENDO sentire discorsi che
parlano di donne e delle loro debolezze. Ho educato Oscar in un certo modo per
evitare che ne avesse. E se invece di un semplice allenamento oggi avesse avuto
un incarico importante? Avrebbe mandato tutto a monte? E se fosse ogni mese così?
Per stavolta passi, ma d'ora in poi dovrà stringere i denti. Quando si hanno
dei doveri, bisogna rispettarli."
André, da una posizione defilata, osservò il
generale allontanarsi a grandi passi, mentre la nonna scuoteva la testa e
sospirava tra sé e sé: pazzesco.
Passava appena una lama di luce attraverso le
imposte della camera di Oscar, che si rigirava a letto in cerca della posizione
più favorevole per dimenticare il fastidio che dalla pancia si era spostato,
sottile e subdolo, alle reni. Il dolore non trovava valvole di sfogo, non era
quel tipo di dolore in grado di farla piangere eppure l'aveva stroncata. Doveva
sembrare una femminuccia lamentosa. Si vergognò.
Casanova, appena messo piede in casa Zanon
ritornò con la mente a Venezia che riviveva, lì dentro, nelle voci degli
inquilini, nei quadretti di Longhi appesi alle pareti. Nani gli presentò una
ragazza giovane e incinta, Elvira, sua moglie; e mentre procedeva nel rituale
del baciamano e degli svariati convenevoli del caso, Casanova esaminò la donna,
valutativo, lanciando infine uno sguardo di approvazione all'amico.
"Bella casa e bellissima moglie, Nani, mi
complimento. Dunque non è vero che i musicisti fanno la fame."
"Ho semplicemente fatto della mia
mediocrità una forza" sorrise Nani "so benissimo di non essere un
virtuoso: so suonare in maniera corretta, e basta. Ho ben chiaro il metodo, ed
è questo ciò che si richiede ad un insegnante, non certo il genio."
Casanova si disse d'accordo con lui, e il
terzetto si diresse verso la sala da pranzo. Prima che arrivassero le portate,
Nani si rivolse alla moglie.
"Lo sai, Elvira, che io e Giacomo eravamo
in seminario insieme? Beh, almeno finché non l'hanno buttato fuori…"
"Ho la passione di farmi espellere. E' un
passatempo gradevole" puntualizzò Casanova. Nani continuò:
"… l'hanno buttato fuori perché era
saltato nel letto sbagliato, il primo di una lunga serie di letti sbagliati.
Naturalmente…"
"… naturalmente i letti sbagliati sono
i migliori. Anche se in realtà non fui io a sbagliare letto, bensì un altro
seminarista. Mi coricai accanto a lui, dopo essere andato a parlare di nascosto
con Nani. Non dissi nulla per non allarmare il guardiano, che però aveva già
sentito e mi scoprì. Pensate che il tizio nel letto non l'avevo quasi mai
visto. Ma naturalmente quei preti pensavano che un qualsiasi tipo di incontro
notturno tra due ragazzi avesse sviluppi peccaminosi" concluse Casanova.
Elvira ridacchiò.
"Che coppia dovete essere stati voi due!
Due matti!"
"Già" sorrise di nuovo Casanova
"ci chiamavano 'i fratelli Corona'."
"I fratelli Corona?"
"Uno scemo e l'altro mona" spiegò
Nani mentre una servetta metteva in tavola il primo, anche lei mentalmente
catalogata da Casanova che le disse:
"Sapete, madamigella? Assomigliate
moltissimo ad una duchessa che ho conosciuto molto tempo fa in Austria. Era
davvero una ragazza graziosa."
La servetta, anche lei importata da Venezia
come evidentemente la cuoca, arrossì violentemente, accennò un inchino e scappò
via. Elvira disse dolcemente:
"Povera Rosalba! L'avete spaventata. Non
ha molta dimestichezza con gli uomini."
"Quella famosa duchessa invece sì"
considerò Casanova "infatti non era molto simpatica a quella bacchettona
di Maria Teresa, che non a caso mi ha espulso dal paese, giusto per restare in
tema. Invece l'altra sera ho conosciuto la principessa e mi è sembrata di
tutt'altra pasta, per sua e mia fortuna. Dopo il pasticcio della D'Urfè è
meglio essere benvoluti a corte, o quella tenterà di rovinarmi."
"D'altronde tu hai quasi rovinato lei. Ma
mi sembra che tu sia ancora nelle grazie del re, vero?"
"Sì. Lo sono, ma non si dice."
Il pranzo continuò e si concluse tra il
pettegolo e il nostalgico, punteggiato da qualche pacato intervento di Elvira
che Casanova, in altri contesti, non avrebbe esitato a corteggiare. Ma non se la
sentiva di rendere cornuto proprio il suo "fratello" Nani, e poi era
davvero troppo occupato a risolvere l'enigma che per lui rappresentava Oscar.
Non ultimo, si poneva il problema di riuscire a incontrarla di nuovo. Casanova
era invitato alle feste, ma non alla quotidiana vita di corte; dopotutto, non
era nobile. In questo, aveva sempre bisogno dell'appoggio di qualcuno. Di andare
a casa Jarjayes non se ne parlava; il generale non faceva vita mondana, anzi,
per quanto ne sapeva il veneziano, non riceveva nessuno se non i parenti o altri
ufficiali. Sorseggiando il caffè in salotto, Casanova espose a Nani i suoi
dubbi.
"Devo riuscire a trovarla in circostanze
favorevoli, che mi permettano almeno di parlarle senza che lei mi possa
sfuggire."
"Sarà dura. Jarjayes non permette alla
figlia di frequentare la società quando questo esula dal suo ruolo di guardia
di Maria Antonietta. Credo non voglia che lei si perda in frivolezze."
Nani si divertì a vedere la disapprovazione
dipinta sul volto di Casanova, che scuoteva la testa.
"Dunque la vedrò sempre con la
principessa."
"Esatto."
"Ahi. La principessa è troppo in vista.
Chi mi vuole male metterebbe in giro la voce che mi servo di Oscar per arrivare
a Maria Antonietta; so come funziona una calunnia. Al di là della storia dei
fratelli Corona, non sono né così scemo né così mona da espormi a simili
rischi."
Ci fu un momento di silenzio, altro caffè
versato nelle tazzine. Nani poi sembrò quasi sobbalzare sulla poltrona.
"Giacomo, mi è venuta in mente una cosa
interessante, mi chiedo perché prima mi sia sfuggita. Io insegno violino anche
alla figlia del visconte di Chateau-Pirenne. Indovina lui chi ha sposato in
seconde nozze."
"Suppongo che abbia sposato quella che
per me è una buona notizia."
"Bravo. Una delle figlie di Jarjayes,
naturalmente."
"Conosco Chateau-Pirenne, ora che ci
penso. Lo conosce anche la marchesa di Sainte-Madeleine, lo conosce molto
bene."
"Molto quanto?"
"Abbastanza per farmi ricevere con
sufficiente regolarità dal visconte e dalla viscontessa" disse Casanova
trionfante. Altro terreno conquistato.
[1]Casanova infatti aveva quest'opinione:
"Non ho mai potuto comprendere come un padre possa amre teneramente una
bella figlia senza aver dormito almeno una volta con lei"… e non
aggiungo altro *_*
[2]Nani Zanon, infatti, suona come
"Gianni Giannone"
Nota: a voler seguire fedelmente la storia, i fatti narrati in questa ff non sarebbero potuti accadere… Infatti Casanova non si trovava in Francia in quell'anno; anzi, era tornato finalmente in Italia. Il suo ultimo viaggio a Parigi era stato nel 1767, ed era stato espulso dal regno proprio a causa della faccenda di MadameD'Urfè.
Fine
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