In vino veritas
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Questa
fanfic in realtà ha più di un annetto sulle spalle. Per vari problemi non è
mai stata pubblicata finora, e la presento quasi nella sua forma originale, nel
caso questi dettagli interessino a qualcuno. L'idea
di partenza mi è venuta una notte, distesa su un divano dopo una festa a casa
di amici, mentre tentavo di smaltire una discreta sbronza… Non ho potuto fare
a meno di pensare a quanto ci diano dentro col vino i personaggi di Lady Oscar,
per cui è stato giocoforza reinventare le situazioni appena vissute (anche se
di strettamente realistico è rimasto ben poco, se non gli effetti
dell'alcol)… Oddio, spero di non stare facendo la figura dell'alcolizzata! ^o^
"Di’
un po': chi è che si sposa?"
"Luc
Marthouret."
"E
che fa?"
"Se
ne va in Provenza, lascia i soldati per andare a lavorare dal suocero."
"Il
suocero! Bella croce!"
"Sempre
meglio che questa croce. Vorrei, io, fare il contadino" concluse Alain
sputacchiando i resti del filo d'erba che aveva masticato.
"Eccolo
là, il nostro uomo" disse un altro soldato indicando un commilitone basso,
con la faccia da ragazzino.
"Marthouret!
Dì addio alla tua bella libertà!" rise Alain, e l'altro rispose, sempre
ridendo:
"Va’
là. Daresti oro per fare cambio!"
"Oro? Ma mi hai visto?"
Il
gruppetto di soldati rise di gusto, nel cortile della caserma. Era quasi ora di
pranzo; mangiando il rancio, continuarono a parlare.
"Quando
parti, Luc?"
"Giovedì
prossimo. Ho pensato che potremmo uscire tutti insieme a bere lunedì sera, che
siamo in licenza."
"E'
un'ottima idea" approvò Alain "ehi, André, che ne dici, lo invitiamo
anche il nostro comandante?"
"Sì,
dai, voglio che venga" aggiunse Luc.
"Perché
lo chiedete a me?" si schernì
André "Chiedeteglielo direttamente, no?
Sarà sempre lei, a decidere!"
"Oh,
non te la prendere" rispose Alain "vado io, se vuoi. Certe volte…
bah, sei proprio irritante." Tuttavia il giovane concluse con un'altra
risata, e si avviò tutto contento verso l'ufficio del comandante.
"Tutti
insieme a bere in osteria?"
Oscar
osservava Alain con un sorrisetto divertito.
"Di
quando in qua un comandante si va ad ubriacare coi propri soldati?"
"Era
solo una proposta, ma al piccolo Luc farebbe davvero piacere, così come a tutti
noi" ribatté Alain, tranquillo.
"Davvero
tutti sarebbero contenti della mia
presenza? Non prendiamoci in giro, so che c'è ancora qualcuno a cui non va giù
di essere comandato da una donna" disse scettica Oscar.
"Ma
sono pochi" insistette l'altro.
"Per favore, comandante, fatelo per noi… vi divertirete."
"Ah,
per questo non c'è dubbio" scoppiò a ridere Oscar.
"Ci
penserò, Alain. Te lo saprò dire."
"Ci
conto, comandante. Agli ordini!"
"Vai,
vai" gli disse Oscar esaurendo la risata. Aveva già deciso di andare, era
dalla notte dei tempi che non si prendeva un momento libero e quasi non
ricordava più quand'era stata l'ultima volta in cui era uscita a bere in
compagnia.
"Forse
sono troppo vecchia per queste cose" pensò, e poi si rimproverò per
questo. Però molti dei suoi soldati erano avvilentemente più giovani di lei.
"Al
diavolo." Mormorò "non sono vecchia, sono adulta,
che razza di discorsi."
Arrivò
il lunedì sera. Luc Marthouret offriva il primo giro di birre che fu servito in
grandi boccali.
"Un
urrà per Luc!"
"Urrà!"
"Un
urrà per il comandante!" urlò Luc felice.
"Urrà!"
Quella
confusione festosa allentò come un nodo in Oscar, che si rilassò sulla panca
cominciando a sorseggiare la birra saporita, densa. André la osservava da
vicino, e pensò che nessun'altra donna sarebbe potuta sedere con tanta
naturalezza insieme a una massa di uomini pronti ad ubriacarsi. Tacque e mandò
giù la sua birra a grandi sorsate.
"Dopo
la birra, che ne dite di un giro di vino?" propose Alain agli altri due
"conosco un gioco carino da fare con le carte, e con il vino."
"Interessante"
disse Oscar "spiegami." Alain si piegò in avanti per farsi sentire
meglio - già alcuni cominciavano a cantare e a ridere sguaiatamente.
"Allora:
si riempiono tanti bicchieri tanti quanti sono i giocatori, e si dividono tra
loro tutte le carte del mazzo. Chi ha il re di cuori inizia il gioco e decide
chi deve essere il primo a bere; ma chi ha il fante di cuori può dire 'No! Bevo
io!', poi si ripete fino a finire i bicchieri. Insomma" ghignò "il
fante vince sul re, naturalmente".
"Ne
terrò conto" rispose ironica Oscar "ma quando finisce il gioco?"
"Quando
si finisce la bottiglia, rifacendo le carte a ogni giro" disse Alain
proprio nel momento in cui l'oste sbatté davanti a loro una bottiglia di vino
rosso. Giocarono; Alain aveva il re, Oscar il fante e André niente. Alain fece
bere ad André il primo e il secondo bicchiere, mentre Oscar volle per sé il
terzo. Era un vino di cattiva qualità, asprigno e troppo forte; Oscar, pur
reggendo bene l'alcol, se ne rese subito conto. Il giro seguente lei ebbe sia il
fante, che il re, e fece bere tutto ad Alain.
"Ho
capito il tuo sporco gioco" ridacchiò "vuoi farci bere e farti
quattro risate a vedere noi due totalmente ciucchi. Beccati questi."
"Ce
ne vorrà, prima di vedermi a gambe all'aria" rispose serafico Alain,
trangugiando il vinaccio come acqua fresca.
Andando
avanti, finirono la bottiglia e ne presero un'altra; era una gara a fare
ubriacare gli altri.
Oscar
cominciava a perdere la nozione del tempo, viveva in attimi dilatati, parlando
mentre pensava se non prima. La luce giallastra delle lampade a olio non faceva
che aumentare in lei il senso di straniamento.
"Fante"
disse André "bevo io."
"André,
basta bere" gli disse Oscar "ti sta abbattendo sempre di più, è
chiaro come il sole."
"Non
dire niente su come e perché mi abbatto, guarda, è meglio. Tanto sai benissimo
perché" bofonchiò acido André bevendo tutto d'un fiato. Oscar si risentì.
"Ne
parleremo, André."
"Sì,
sì" disse l'altro finendo tutto il giro. Oscar intanto fu distratta da
altro.
"Oh…
ho bevuto troppo. Esco un attimo" e si alzò, rendendosi conto che corpo e
mente erano in due posti differenti, pensando che era per puro caso che i suoi
arti rispondevano ai comandi. Girò l'angolo dell'osteria e si infilò in un
vicolo buio e stretto. Pensò che poteva esserci chiunque; pensò che non le
importava affatto. Un ubriaco non ha pudore, un ubriaco è sincero, le
cantilenava il cervello, andando per conto suo.
"In
vino veritas" disse la donna ad alta voce, mentre si allacciava la cintura
sentendosi più leggera di svariati chili. Forse la nebbiolina alcolica si
diradava (forse).
Quando
Oscar rientrò la bottiglia era finita, ed Alain si stava dirigendo verso il
bancone dell'oste.
"Prendo
una birra anche per voi, comandante?"
"Sì,
grazie" rispose Oscar senza neanche pensarci, e tornò a sedersi vicino ad
André.
"André"
gli disse a mezza voce "cosa intendevi dire, prima?" André la
guardava socchiudendo l'occhio sano. La luce artificiale e il fumo dei lumi
nella stanza gli giocavano brutti scherzi.
"Lascia
stare quel discorso, Oscar" disse bevendo gli ultimi residui di vino dalla
bottiglia "mi è presa la sbronza triste e dico cose del genere. Poi mi
passa."
"Smettila
di bere, André, peggiori le cose."
"Se
bevo può darsi che mi dimentichi che questa è una sbronza triste"
concluse André afferrando il boccale di birra che Alain, di ritorno, gli aveva
passato. Il soldato appoggiò davanti a Oscar la sua birra e poi si mise ad
affettare un salamino, offrendolo ai suoi commensali. Sembrava al settimo cielo.
Usava il suo coltello, perché, per una precisa scelta dell'oste, in quella
bettola non si davano coltelli per non aumentare la densità, già alta, di armi
da taglio nel locale. Alain prese una fetta, levò con cura il budello e la
mangiò, felicissimo.
"Dio,
potrei piangere da quanto è buono
questo maledetto salame. Stagionato e compatto al punto giusto… E' così che
deve essere. Quello fresco e tenero è buono cotto, ma da mangiare così…
santo cielo… Birra, pane e salame… Nemmeno tutti i cuochi del re potrebbero
sistemarmi meglio."
Oscar
osservava divertita Alain, preso in uno slancio lirico nei confronti
dell'insaccato, mentre André perseverava, stoico, nel trangugiare litri d'alcol
a buon mercato. Lei stessa si attaccò al proprio boccale, stupendosi della
velocità inaudita con cui arrivò a svuotarlo per metà, ma per poco non le andò
tutto di traverso quando sentì urlare:
"PUTTANEEEEEE!
Voglio le puttaneee! E' un addio al celibato e non c'è neanche mezza troia
zoppa da sbat…"
"HENRI"
lo bloccò Luc Marthouret "sta' calmo… E' la mia
festa e se ci volevo le puttane le chiamavo, però io volevo venisse anche il
comandante e non mi sembrava gentile verso di lei, ecco."
Sempre
attento a queste cose, il piccolo Luc, pensò Oscar sorridendo.
"Ma
era più divertente se c'erano le
puttane" piagnucolò Henri risiedendosi al suo posto. Oscar fece un sospiro
voltandosi verso la tavolata, e disse:
"Ragazzi,
non vorrei essere di peso… la festa è vostra e se volete chiamare qualche…
professionista… che vi devo dire… fate voi, io non posso mica
favorire."
"Ma
comandante…" disse Luc, ed Henri lo afferrò per un braccio dicendogli:
"Hai
sentito quello che ha detto? Almeno parliamone, cazzo!" e i soldati
cominciarono a parlottare fitto. Intanto Oscar era tornata a dedicarsi alla sua
birra. Alain la guardava incredulo.
"Uhuh…
Cos'è che avete detto? 'Professioniste' ?"
"Sì…
Professioniste" scoppiò a ridere Oscar, e Alain con lei.
"Porcogiuda!
Porcogiuda! Porcogiuda! Giuro che non ho mai sentito chiamare una puttana 'professionista',
è stupendo!" si sganasciava Alain battendo la mano sul tavolo. André
ridacchiava anche lui, un po' spento, alzandosi per uscire ad
"alleggerirsi" un po'.
"Occhio
a dove fai acqua, che poi la Senna straripa" gli urlò Alain guardandolo
uscire; André per tutta risposta lo mandò a quel paese.
Oscar
aveva le lacrime agli occhi per quanto stava ridendo.
La birra ormai era quasi finita e sapeva che ne avrebbe bevuta ancora.
"Dio
mio" pensava "stasera sono proprio stupida… rido per niente… ma in
fondo sono venuta qua apposta… non ho voglia di pensare… sto già facendo
fatica…"
Altra
birra apparve davanti a lei e scivolò indolore nel suo stomaco. Oscar non
sapeva di preciso che ora fosse, e aveva quasi paura a chiederlo. Davanti a lei
si profilò la certezza che avrebbe passato il giorno seguente a letto
nutrendosi di tè.
Si
voltò di nuovo, e vide che, magicamente, ai soldati si era unito un discreto
numero di "professioniste". Restò per un tempo indefinito con gli
occhi socchiusi a tentare di metterle a fuoco, finché non ne vide una staccarsi
dal gruppo e dirigersi verso di lei.
"Ciao,
bel comandante" disse la ragazza -Cristo, com'era giovane- dondolandosi
maliziosamente "non si vedono spesso da queste parti dei militari così
belli ed eleganti."
Oscar
corrugò le sopracciglia, continuando a fissare la prostituta che sfoggiava un
sorriso smagliante.
"Io" disse Oscar "io."
"Abbiamo
bevuto troppo? Vogliamo farci passare la sbronza? Eh?" continuò l'altra
imperterrita, chinandosi verso Oscar e offrendole la vista della sua generosa
scollatura. Alain, che si godeva la scena, si mordeva la lingua per non ridere,
mentre André, stravaccato sulla sedia, osservava tutto con un mezzo sorriso,
sornione. Oscar intanto metabolizzava l'ultima battuta della sua interlocutrice,
sempre continuando a guardarla in faccia, perplessa.
"No"
disse "Tu. Mi. Accompagni. Fuori. Ho. Bisogno. Di. Pisciare."
L'espressione
della prostituta non cambiò di molto, finse solo una smorfia schifata.
"Certo
che avete dei gusti strani, comandante… Oh, non i più
strani, questo è poco ma sicuro." Oscar si alzò in piedi e la guardò
negli occhi da vicino; ancora le servì del tempo per mettere ordine, e infine
disse:
"Cretina.
Sono-una-donna."
Alain
stramazzò sul tavolo soffocandosi di risate, e André riprese a bere. La
ragazza aveva spalancato gli occhi e la bocca in un'espressione di incredulità
spettacolare.
"…
Donna?" ripeté sgomenta.
"Eh!"
tagliò corto Oscar stringendosi nelle spalle. "Dai, esci così guardi se
arriva qualcuno. Ti pago, anche, se ti sto facendo perdere del tempo."
"No
no" rispose l'altra ancora allibita.
"Sylvie?
Hai detto che ti chiami Sylvie. Non sei di Parigi, vero?" chiese Oscar nel
buio pesto del vicolo.
"No.
Sono della Bretagna" rispose Sylvie. Abbandonato il tono da abbordaggio,
aveva una parlata più pacata, e con un forte accento.
"Lo
immaginavo" disse Oscar avvicinandosi.
"Ci
dovrebbe essere una fontana, in fondo a quella via" aggiunse "vado a
rinfrescarmi un po'. Vieni con me?" Sylvie annuì, e seguì Oscar, che
camminava relativamente ferma sulle sue gambe, tenendo conto dell'ubriachezza.
Trovarono una piazzetta con, al centro, una piccola fontana dove le donne
andavano a lavare i panni. Oscar
pompò l'acqua e mise la faccia sotto al getto freddo, incurante di bagnarsi
anche i capelli. L'aria fresca della notte primaverile, e ora l'acqua, la
aiutavano a tenere a bada gli effetti dell'alcol. Già sentiva di avere le idee
più chiare. Aveva voglia di parlare, e chiese a Sylvie:
"Da
quanto tempo sei a Parigi?"
"Da
quasi tre anni."
"Ma
quanti anni hai, tu?"
"Diciotto."
"E
come sei venuta, qua?"
"Dovevo
venire ad aiutare mia zia al lavoro, ma quando sono arrivata… era morta, così
non ho avuto altra scelta che fare la vita."
"'Fare
la vita'" rimuginò Oscar. Si era seduta sul bordo della fontana, mentre
Sylvie camminava avanti e indietro, osservando la luna e il cielo limpido.
"Avete
sentito?" disse la ragazza voltandosi di scatto.
"Cosa?"
"Le
campane… Sono le tre, credo." Oscar ci pensò un attimo e poi rise.
"Le
tre… Non tiravo così tardi da… chi si ricorda più da quando… che razza
di festa…"
Sylvie
continuava a muoversi, pensierosa, poi prese coraggio e disse:
"Sapete…
ci sono rimasta davvero male quando mi avete detto di essere una donna… Ho
visto tanti uomini, ma nessuno bello come voi… Voglio dire, bello se foste un
uomo… Ma siete bella anche come donna…" Oscar rise ancora, comprensiva,
dell'imbarazzo di Sylvie.
"Non
ti preoccupare, sono abituata fin dalla nascita ad essere considerata un
maschio… Anzi, una volta ero convinta di esserlo."
"Sapete"
continuò Sylvie "molte di quelle come me, alla fine hanno una tale nausea
degli uomini da innamorarsi tra donne. Non che io... oddio, non mi è mai
successo… Non provo ancora disgusto per gli uomini, ma nella maggior parte dei
casi mi sono indifferenti, così per me è un lavoro come un altro."
"Certo
sarebbe più strano se comandassi un battaglione."
Sylvie
non disse nulla e si limitò a sorridere. Oscar le metteva una certa soggezione.
Nonostante il tono cordiale con cui le si rivolgeva, ne era intimorita: la
bellezza, la statura, la voce, la divisa, tutto faceva gioco. A Oscar, invece,
Sylvie stava decisamente simpatica. Era una ragazza semplice e pratica,
abbastanza carina. Le venivano in mente tutte quelle cortigiane che si
atteggiavano a grandi signore, senza avere il coraggio di ammettere di avere,
alla fine, molta meno dignità di una come Sylvie.
"Ma
tu… se potessi scegliere, invece di 'fare la vita', cosa faresti?"
"A
me basta avere di che vivere" si strinse nelle spalle Sylvie "va bene
tutto, non lo so, un banchetto al mercato… Un orto… E' più faticoso, ma
almeno non ho la preoccupazione delle malattie… il brutto è quello, una si
becca la sifilide e se anche non muore poi rimane rovinata, è finita, poi
magari muore di fame perché non riesce più a lavorare, né come puttana, né
in altro modo. E' che, insomma, ora come ora preferisco battere per mia scelta
piuttosto che non averne altra e trovarmi a mendicare per la strada."
Sylvie parlava tranquilla, appoggiata alla pompa dell'acqua guardando un po'
Oscar, un po' la luna. Aggiunse:
"E
voi? Non foste un militare, che cosa fareste?"
"Io…
non lo so" rispose Oscar mettendosi a pensare "Non credo che sarei in
grado di fare altro… anche se sono stata obbligata, a me piace essere un
militare."
"Davvero?"
disse Sylvie stupita "Non avete mai voluto sposarvi, avere dei figli…
Stare con un uomo…"
"No."
Oscar
era seria e stringeva le labbra; Sylvie capì di aver detto qualcosa che non
andava, avrebbe voluto scusarsi ma sapeva che sarebbe solo sembrata goffa, per
cui non disse nulla. Ma intanto nel cervello di Oscar, che l'alcol aveva
trasformato in un campo libero, si sovrapponevano immagini che credeva di aver
rimosso. André che le diceva che non poteva evitare di essere una donna. Fersen
che la stringeva al ballo. La freddezza con cui aveva trattato Girodel e che lui
non meritava. Ancora André che le strappava un bacio con la forza.
Oscar
si rinfrescò ancora alla fontana e poi tornò indietro, con Sylvie che la
seguiva a rispettosa distanza. Di fianco alla porta dell'osteria, videro una
figura piegata in due. Avvicinandosi, Oscar si rese conto che si trattava di
Alain che vomitava.
"Ecco
quello che regge tutto l'alcol del mondo!" ridacchiò Oscar, per niente
impressionata "Vuoi che ti tenga la testa?"
"No,
grazie, comandante" disse Alain pulendosi la bocca con la manica
"penso di aver finito."
"Vedi
tu" rispose Oscar scettica. Aveva "prodotto" troppo poco rispetto
a quanto aveva bevuto. Rientrarono insieme, trovando un panorama semidevastato.
Le prostitute erano andate via con alcuni dei soldati, mentre i superstiti erano
per lo più spalmati sui tavoli. L'oste stava buttando la segatura su di
un'altra pozza di vomito.
"Comandante,
date un rancio più leggero ai vostri soldati, la prossima volta" disse ad
Oscar, ma fu Alain a ribattere:
"Razza
di stronzo! Siamo stati anche troppo educati, col patrimonio che ti abbiamo
lasciato!"
"L'ultimo
giro è ancora da pagare."
"Quello
lo offre la casa" intimò Oscar sfoderando tutta l'autorità di cui si
sentiva ancora capace, e per fortuna funzionò.
Si
sedette di nuovo al suo posto, vicino ad André che stava coi gomiti sul tavolo
e la testa tra le mani.
"Come
va, André?"
"Mmmhpf."
"Vuoi
venire a prendere un po' d'aria?"
"Uh…
no, questa è la posizione buona, se mi sposto non so che succede."
"Non
vuoi neanche sdraiarti?"
"Faccio
peggio."
Alain
intanto rideva e scherzava con Sylvie. Sul tavolo c'era ancora una bottiglia di
acquavite e lui ci stava riempiendo i bicchieri di tutti, e quando Sylvie gli
offrì i propri servigi, lui rise dandole il liquore, e disse:
"Stasera
proprio no, bellezza. Sono talmente ciucco da essere fuori uso dalla testa ai
piedi. Te li regalerei, i soldi, se potessi passare sopra al fatto che non ne
ho… Quindi… sarà per la prossima volta."
"Oh…
va bene" concluse Sylvie bevendo la sua acquavite.
Alain
si alzò di scatto dicendo:
"Esco
un attimo."
Lo
videro uscire rapidamente e poi
"BWARF!"
soccombere
di nuovo agli spasmi del suo stomaco, salvo rientrare disinvolto.
"Ci
voleva", si limitò a commentare; si risciacquò la bocca con l'acquavite,
per poi sputarla per terra.
"E'
tanto che sta così?" gli chiese Oscar indicando André.
"Uhm,
un bel pezzo, ormai."
"Ma
quanto siamo state via?" chiese incredula Oscar a Sylvie, che disse di non
saperlo. In quel momento André sembrò tornare tra i vivi.
"Hhhm"
mugugnò alzandosi lentamente e dirigendosi a sua volta verso la porta. Oscar,
Alain e Sylvie lo seguirono e naturalmente, non appena fu fuori, cominciò a
vomitare copiosamente; poco dopo, Alain lo imitò. Oscar finì l'acquavite che
si era portata fuori, poi si mise a tenere la fronte di André e a strofinargli
la schiena. Sylvie decise di fare lo stesso con Alain e rimasero così per
diverso tempo, finché i due uomini non espulsero tutto quello che avevano nello
stomaco; dopodiché li trascinarono alla fontana. Si reggevano in piedi a
malapena, ma ci arrivarono. Poi Oscar ebbe un'idea.
"Sylvie,
vai a prendere un secchio dall'oste, bello grande." Sylvie corse e tornò
subito col secchio; Oscar azionò la pompa e lo riempì fino all'orlo. Era
davvero pesante.
"Hai
capito cosa voglio fare? Dammi una mano."
La
ragazza aveva intuito tutto, rise forte e aiutò Oscar a reggere il secchio.
"Pronta,
Sylvie? Al mio tre. Uno, due…"
Alain
e André erano seduti per terra, appoggiati alla fontana, semincoscienti.
"…
Tre!"
Lavati
da capo a piedi.
Adesso
guardavano Oscar a bocca aperta, allibiti.
"Ma…
ma…" farfugliò Alain.
"Silenzio"
disse seria Oscar "vi fa solo bene. Vedrete se la sbronza non passa!"
Lei e Sylvie poi cominciarono a ridere a crepapelle, fermandosi solo molto tempo dopo, mentre André e Alain raggiungevano il massimo grado di passività a cui possono portare gli strascichi di una sbornia. L'alba non si fece attendere molto.
Fine
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