Il dubbio sottile

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Premessa

Ho scritto questa fanfic immaginando cosa avrebbero provato tre personaggi di VnB presi in causa (Oscar, André e il generale), messi per la prima volta di fronte a ciò caratterizzerà le loro esistenze. Si troveranno quindi ad avere un dubbio, ad  osservare le cose sotto una nuova luce e vedere inesorabilmente la sconcertante certezza di come stanno realmente.

Questo racconto è ispirato prevalentemente al manga pur avendo qualche riferimento all’anime, inoltre i fatti descritti in queste pagine non si riferiscono a nessun altro racconto o autore che io stessa non abbia segnalato.

Per il resto, siate, vi prego, indulgente con me: è stata molto rimaneggiata ed è andata avanti per molti mesi, ma è la mia prima ff. ^_^

Infine, ringrazio chi si prenderà la briga di leggerla, sperando di non aver snaturato i personaggi di Riyoko Ikeda. ^^'

 

 

Primi mesi del 1763

"Ti chiami André Grandier, vero?"

"Sì, signor padrone!"- Rispose innervosito il bambino dai capelli arruffati.

"Vedo che hai già fatto la conoscenza del mio Oscar!" - Rise divertito l'uomo.

"Allora avevo ragione: non è una damigella! Lo sapevo che la nonna mi aveva mentito, e lei per tutta risposta…"- Protestò, toccandosi il bel bernoccolo che si stava formando sulla testa.

"Oscar è una damigella, ma non dovrai trattarla assolutamente come tale."- Disse il generale Jarjayes tornato serio.

"Come?… Volevo dire, signor padrone,"- abbassò la testa, per poi guardarlo sottecchi- "credo di non aver capito bene…"

"Da quando è nata l'ho cresciuta come un ragazzo, mi sono sempre riferito a lei al maschile, e desidero che tu faccia la stessa cosa. Dopotutto tu sei qui apposta per essere anche un suo esempio, intesi?"

"…"

"André?"

Il Generale vide il bambino rialzare la testa velocemente e sbarrare gli occhi.

 

Dove sono capitato?

 

"Allora?"- Il tono del nobile signore era calmo, ma fermo.

"… Voi siete il padrone..."- Rispose alla fine inchinandosi come gli avevano insegnato, con l'aria di chi accetta senza voler sapere altro.

 

 

Estate del 1763.

Il generale Jarjayes, quell'anno, pensò che fosse bene far passare qualche giorno in uno dei suoi possedimenti al mare ad André e Oscar. I due bambini, nonostante i primi screzi, ormai andavano d'amore e d'accordo e una bella vacanza, all'aria aperta, credeva, avrebbe giovato loro.

 

Quei giorni furono pieni di divertimenti.

Ogni mattino sembrava che il sole sorgesse apposta per loro; l'aria profumata del mare li eccitava a tal punto da farli stare in casa solo per mangiare e dormire, ma fu solo dopo tre giorni il loro arrivo che si decisero a scendere in spiaggia.

"Dai Oscar, buttiamoci in acqua! Chi arriva ultimo è una patata lessa!"

Da quando aveva capito quale fosse il suo ruolo accanto a lei, era insolito vedere André prendere l'iniziativa, ma in quei giorni lui era più esuberante del normale… era forse l'aria nuova?

"Allora preparati a bollire in pentola, patatone!"- Disse Oscar con scherno.

Si spogliarono velocemente e si buttarono nell'acqua scaldata appena dai raggi del sole.

"PRIMO!"- Urlò Oscar trionfante.

"Non è vero sono arrivato prima io!"- E la schizzò con l'acqua.

"Patatone!"- Schizzo di rimando.

"Baro!"- E andarono avanti così per un po', quando alla fine si stancarono e decisero che era meglio fare una gara di nuoto.

"André! Monsieur Oscar! E' ora di tornare!"- Due cameriere fecero capolino da una collinetta al dì sopra della spiaggia; una, teneva in mano dei teli di lino e dei vestiti puliti, mentre l'altra chiamava i due bambini a gran voce, agitando il braccio destro sopra la testa.

"Ancora un po' s'il vous plait!"- Implorarono in coro.

"E' ora di cena, sapete cosa pensa il padrone in proposito… "- Rispose una delle due.

I bambini non poterono far altro che obbedire: non avevano voglia di farsi rovinare l'ora di cena con dei rimproveri. Corsero velocemente verso il telo steso sulla sabbia, atterrando letteralmente tra le braccia delle cameriere. Dal canto loro, le due ragazze, erano innamorate letteralmente di quei diavoletti dall'aspetto angelico- come le altre domestiche del resto- anche se dovevano subire ogni giorno almeno uno dei loro scherzi.

Li asciugarono, divertendosi a stuzzicarli con il solletico;  Oscar e André, le lasciavano fare ridendo di cuore, voltando la testa, come a cercare di sfuggire a ciò che si prova. Fu così che Oscar, mentre le due giovano li avvolgevano col lino, si voltò e vide qualcosa che le era sfuggita.

 

Cos'è?

 

Volse lo sguardo su di sé, ma non vide niente di quello che aveva l'amico.

"Basta solletico, mi dà fastidio."- Esclamò all'improvviso, con aria improvvisamente seria.

 

André notò uno strano mutismo in Oscar, una volta a casa.

Il piccolo aveva imparato che era meglio, certe volte, non fare domande e aveva preferito aspettare che quel momento passasse.

Intanto la bambina si era rintanata in camera e ripensava a ciò che aveva visto.

Qualche tempo dopo, passata abbondantemente l'ora di cena, scese dabbasso: aveva bisogno di qualcosa di dolce da mangiare, per tirarsi su.

"Oscar, dove vai?"- Era André.

"In cucina."- Fredda e lapidaria, al contrario di lui che invece aveva parlato con tono pieno di calore.

"Che cos'hai?"- Chiese, preoccupato -"è da quando siamo tornati che…"

"Non sono affari tuoi!"- Fece stizzita interrompendolo.

Si guardarono.

Lui mortificato ed esterrefatto, lei rendendosi conto di non essere "stato" affatto gentile, visto e considerato che lui non c’entrava nulla con le sue preoccupazioni ed era evidentemente preoccupato.

"Scusa."- Disse infine distogliendo lo sguardo, di lato verso il pavimento.

"No, non dovevo insistere, hai avuto ragione a fare così!"- Rispose lui un po' impacciato, accennando un mezzo sorriso.

Lei lo guardò dispiaciuta.

"No, non è vero…"- Oscar stette un po' soprappensiero e un'idea la folgorò.

Si avvicinò ad André guardandosi intorno ed accostò le labbra al suo orecchio.

Una volta finito il loro convegno segreto, il bambino la guardò prima con occhi sbarrati, poi questi ultimi s'illuminarono di una luce furba, accompagnati da un sorriso birichino.

In quell'istante passò una cameriera.

I due si ricomposero, fecero finta di nulla, lui diede la buonanotte, lei tornò a dirigersi verso le cucine dove prese molti pasticcini, torta e del latte ancora fresco con la scusa che "poverino":

"… non ho mangiato a cena e ora ho molto appetito!"- Pronunciato con una doverosa aria mogia e occhioni lucidi da 'Povero piccolo angelo innocente'.

Naturalmente ciò che aveva chiesto era troppo perché lo portasse via con le sue sole forze (cosa che in ogni caso non sarebbe avvenuta): fu quindi ordinato di portare tutto l'occorrente nella camera da letto.

Quella sera, stranamente, una delle cameriere, notò la mancanza di due bicchieri da riporre e non di uno solo, come doveva essere.

 

Passi nel buio.

Qualcuno si muoveva cauto nell'oscurità della notte.

Il suo respiro era lento e profondo, il cuore batteva così forte da temere che gli altri abitanti del palazzo potessero sentirlo.

Aveva i piedi nudi sul pavimento, la mano scorreva sulla parete vicina, gli occhi erano aperti il più possibile in modo da captare qualsiasi bagliore di luce disponibile per vedere meglio, ed evitare di inciampare.

Una porta si aprì piano.

Lui vide la luce proiettarsi per terra, aumentò la velocità dei passi e arrivò in punta di piedi all'interno della stanza.

Due giovani voci ridacchiarono piano.

Nessuno però le sentì: furono sigillate dalla porta, nell'unica camera illuminata in quella strana e tormentata notte d'estate.

 

Era ormai passata abbondantemente la mezzanotte.

Due bravi bambini non stanno alzati così tardi, soprattutto se lo fanno per rimpinzarsi di dolci, sporcando peraltro le lenzuola, sapendo oltretutto che la mattina potrebbero non sentirsi esattamente al meglio.

Così avrebbe detto la balia, vedendoli.

Questo però non importava a nessuno dei due, soprattutto quella notte.

"Posso sapere cosa ti è successo, alla fine?"- Chiese all'improvviso André poco prima di addentare un bignè.

Oscar s'irrigidì, si perse per un secondo a fissare il ricamo delle lenzuola di lino, respirò quindi profondamente e lo puntò, decidendosi infine a parlare.

"Io e te siamo diversi."- Disse semplicemente.

Lui deglutì a fatica, bevve e rispose con la voce leggermente strozzata, a causa del latte appena bevuto.

"L'hai scoperto solo ora, scusa?"[i]

Lei roteò gli occhi, spazientita.

"Tu hai qualcosa che io non ho!"- Le parole erano scandite, quasi urlate.

Lui la fissò esterrefatto.

Aveva ormai intuito a cosa si riferiva, non ne era sicurissimo, anche perché non capiva dove avrebbe potuto vedere "cosa ci fosse di diverso tra loro". Quel pomeriggio le aveva dato le spalle mentre si spogliavano, erano entrati in acqua molto velocemente, e si era premurato di arrivare sempre ultimo apposta perché non vedesse: la fatica che aveva fatto sfiorava l'inenarrabile.

Infine capì cosa poteva essere successo.

 

Non mi avrà visto nudo mentre ci asciugavano?

 

"E cosa avremmo di diverso?"- Sospirò, rassegnato. Non voleva prenderla in giro, voleva solo essere completamente sicuro dei suoi sospetti.

"Tu lì in basso hai qualcosa che io non ho!"

"Ah!"

"Guarda che ti ho visto sai?"

"Non ho fatto niente di male, Oscar…"

"Non ho detto questo!"

"Sì ho capito, ma il tono era quello…"- Ridacchiò mentre lo disse, ma la vide arrabbiarsi e allora si fece serio. -"Ed è per questo motivo che non hai mangiato stasera?"

"Sì!" - Arrabbiata.

"Osc…"

"André, io ho visto un disegno del pittore che è venuto a fare il ritratto a mia madre, qualche settimana fa…"- Disse in un fiato.

"Oscar ascolta…"

"… e… e…era una donna nuda sdraiata, e nemmeno lei aveva quel… quel…"

"Ascoltami un attimo!"- La supplicò.

"… anche gli affreschi a casa nostra… ci sono alcuni affreschi… le donne non si vedono bene… ma alcuni uomini dipinti non sono del tutto coperti e hanno la stessa tua… cosa… lì…"- Era imbarazzata e confusa ormai.

"Oscar, calmati un secondo!"

"Poi c'è un altro fatto!"

"Quale fatto?" - Ormai era inutile tentare di cercare di farla ragionare… e perché poi?

"Le mie sorelle a volte mi parlano usando il femminile, io prima mi arrabbiavo, però…"- Gli occhi si stavano facendo lucidi.

Lui non poteva vederla così.

"André, io sono più simile ad una donna che ad un uomo".

La guardava in silenzio, con tristezza.

"Io… io… non sono un maschio, vero?"- La voce tremava.

Lui non rispose.

Scesero le prime lacrime, tentò di trattenere il singhiozzo che le stava salendo dalla gola, ma non ce la fece e cominciò a piangere più forte.

Lui volle abbracciarla.

Lei lo respinse:

"Mi hai mentito anche tu!"- Gridò piangendo.

André non si arrese. Lei fece ancora resistenza, ma quegli occhi verdi erano così tristi e sinceri, che la colpirono.

In quel momento pensò ad un fatto, che non aveva considerato.

Lui, un bambino, come lei, d'altronde, orfano di padre e di madre, cui è offerto di avere un futuro dignitoso, cosa può dire o fare quando gli s'impone un ordine, per quanto assurdo possa essere?

Il gioco delle parti, poi, era iniziato molto prima del suo arrivo: cosa ne poteva sapere lui?

Chiuse gli occhi gonfi di lacrime, gli passò le braccia attorno al collo e si lasciò abbracciare, finalmente.

André lasciò che si sfogasse e, quando la sentì calmarsi un poco, disse:

"Oscar, io non ho mai voluto prenderti in giro, davvero!

Lo so che forse non è una giustificazione valida, ma è stato il padrone a dirmi di comportarmi così con te. Alla nonna non andava molto giù, in realtà, - cioè, non le va giù ancora adesso- e, a dire la verità, credo valga lo stesso per tua madre." – Rise piano, come a sdrammatizzare. - "Beh, poi, cerca di capire, appena ti ho visto hai voluto combattere con una spada in cortile dicendo che dovevo essere il tuo compagno d'arme!"- Lei si era un po' scostata, lui la guardò dolcemente.

"Che dici se andiamo a dormire e ne parliamo domani con più calma, eh?"

Oscar annuì in silenzio.

André tolse ciò che era sul letto, spense tutte le candele tranne il candeliere sul comodino.

Lei scostò le coperte, vi entrarono dentro insieme, lui spense gli ultimi lumi e si accoccolarono l'una di fronte all'altro, tenendosi per mano.

"Dormi bene Oscar!… Almeno, provaci…"- Sussurrò.

"A domani André."- Disse in un filo di voce, avvicinandosi di più a lui, celando con le palpebre quegli occhi malinconici.

 

 

5 anni dopo

Qualcuno bussa alla porta.

Il ragazzo moro, dai lunghi capelli ricci, legati da un nastro blu, si alza e va ad aprire scendendo dal letto su cui stava leggendo un libro.

"Oscar!"- Esclama stupefatto.

"Posso entrare, André?"- Il tono è gentile, quasi mellifluo e tiene insolitamente le braccia dietro la schiena.

"Prego."

La porta si chiude alle sue spalle.

"Che cosa posso fare per te?"- Chiede lui senza espressione.

"Petrarca! Il poeta dell'amore…"- Lei si siede sul letto. Prende in mano il libro e legge:

"Io amai sempre, et amo forte anchora,

et son per amar più di giorno in giorno

quel dolce loco, ove piangendo torno

spesse fïate, quando Amor m'accora.

 

Et son fermo d'amare il tempo et l'ora

ch'ogni vil cura mi levâr d'intorno;

et più colei, lo cui bel viso adorno

di ben far co' suoi exempli m'innamora.

 

Ma chi pensò veder mai tutti insieme

per assalirmi il core, or quindi or quinci,

questi dolci nemici, ch'i' tant'amo?

 

Amor, con quanto sforzo oggi mi vinci!

Et se non ch'al desio cresce la speme,

i' cadrei morto, ove più viver bramo."

"Oscar, cosa posso fare per te?"- Chiede di nuovo un po' spazientito.

"Cosa puoi fare per me? Bella domanda!"- Lei chiude il libro, lo ripone sul letto, si alza e si avvicina lentamente ad André appoggiando le braccia sulle sue spalle.

Lui si guarda attorno, senza capire esattamente cosa stia succedendo.

Oscar, per tutta risposta, lo bacia sulle labbra.

André spalanca gli occhi, confuso.

Lei si stacca, appoggia la sua fronte a quella del ragazzo e sussurra.

"Se vieni con me sul letto ti mostro cosa puoi fare…"- Sorride sorniona.

Lui rimane a bocca aperta, interdetto.

Lei incurante lo bacia dalla guancia destra, in giù fino al collo, con l'intenzione di andare oltre, lui chiude gli occhi, l'asseconda e va a finire con lei nell'alcova…

 

TUM!

 

Occhi verdi aperti nel buio.[ii]

 

Non era giorno?

 

Alzò il busto: si rese conto di essere sul bordo del letto.

Cercò qualcuno che non c'era: naturalmente quel qualcuno stava dormendo in un'altra stanza.

I suoi occhi si abituarono al buio, vide il grosso volume caduto per terra, forse perché era stato appoggiato male.

 

È incredibile come a volte nella vita si può provare odio per qualcosa di completamente inanimato.

 

Si girò supino, fissando il soffitto.

Sospirò, lo faceva spesso ultimamente.

Si rigirò di fianco, tentò di pensare ad altro: non ai pensieri che lo tormentavano da giorni, nemmeno al sogno che lo perseguitava ormai da molte notti…

 

…E come si fa a non pensare a qualcuno che vedi ogni giorno?

 

Chiuse gli occhi e scivolò con difficoltà nel sonno.

"La notte porta consiglio", così dicono.

Lui sapeva solo che, negli ultimi tempi almeno, gli portava deliziose e tremende tentazioni proibite.

 

"Ahi!"

"Aaaah… Se lo prendo, vostro padre… lo faccio a fettine e me lo mangio per pranzo!"

"Sì balia, ma, per piacere, evita di prendertela con me! E poi sono stato io…"

"Certo, lo so, mi avete chiesto voi, di fasciarvi il petto con le bende di lino[iii]! Vorrei solo capire il perché! Non si nota ancora! Le camicie che portate sono così larghe!"

"Mi ci devo abituare."- Le fece notare gentilmente.

"Mmh quel disgraziato! Guardate…"- Disse la donna, passando dalla rabbia al mortificato, indicando, attraverso lo specchio, le leggere pieghe sulla pelle - "…guardate cosa vi fanno!"

"Ho visto, mi sorprendeva che non te ne fossi già accorta!"- Rispose con ironia.

"Io non capisco perché lo assecondiate!"- Affermò, terminando il lavoro. - "Credevo che dopo aver capito di essere nata femmina, vi sareste ribellata a questa condizione! C’eravate rimasta così male, povera mademoiselle…"- Si tolse gli occhiali, li pulì e se li rimise. -"non parlavate più con vostro padre… poi avete cambiato idea e avete continuato così, ad agire e parlare da uomo, pur non avendo mai smesso, in verità.

Devo ammettere però che questa storia una cosa buona l’ha portata; io finalmente posso trattarvi tranquillamente per ciò che voi siete, senza temere una brutta reazione da parte vostra."- Terminò la donna, trionfante.

"La mia reazione? E quella di mio padre?"- Rise divertita, abbottonandosi il gilet verde.

"Se avesse solo provato a dire qualcosa, l'avrei steso con le mie mani!"- Esclamò convinta, immaginando di colpire con un pugno il generale.

Lei sorrise, si avvicinò alla donna e la portò a sedersi sul letto.

"Senti, io capisco cosa vuoi dire, ma lui è sempre mio padre, a parte la delusione, cosa potevo fare? Odiarlo per tutta la vita?"

"No, ma…"

"Sai quale fu la cosa che mi fece più male in assoluto?"

"Cosa, bambina mia?"- Le diede una lieve carezza sulla guancia.

"Il pensiero di essere stata ingannata. Solo questo. Ora che ho saputo qual era il suo vero intento, però, non m'importa più!"

Ci fu qualche attimo di silenzio, Oscar intanto pensò a ciò che le aveva detto la balia:

"… Scusa, perché dovevo 'ribellarmi' come tu dici?"

"Perché una signorina di nobile famiglia come voi non si allena con ogni tipo d'arma, non fa a pugni con un uomo o chissà che altro; impara le buone maniere, studia con diligenza le regole di comportamento in società e…"

"… diventa una bambola imbottita d'idee inutili e frivole, possedendo una visione del mondo talmente ristretta, da scandalizzarsi al solo pensiero che esistano persone che non usano posate d'argento a pranzo."- Sbottò Oscar, interrompendo la donna. - "E poi, se anche ipoteticamente lo avessi voluto, o fossi riuscita a fare quello che dici tu, sarei stata costretta a rinunciare ad André e non mi si può proprio chiedere questo!"

La commozione per le parole di Oscar le impedì per un attimo di parlare. Non riusciva a commentare la frase.

Sospirò profondamente e terminò quindi la discussione con un:

"Avanti, è ora di scendere, o la colazione si raffredderà".  

André, nel frattempo, uscito velocemente dalla sua camera, scese al piano inferiore.

Non voleva incontrarla per le scale: voleva avere almeno un piccolo scarto di tempo per prepararsi psicologicamente prima di vederla.

 

È assurdo pensare questo dopo anni di convivenza…

 

Assurdo ma possibile.

La mattina dopo della prima volta che sognò Oscar, André rimase a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua, ad un innocuo: "Buongiorno, dormito bene?"- che nella sua mente fuorviata dalle immagini della notte trascorsa, suonava come accusa, arresto e condanna messi insieme.

Inutile dire che durante il corso della giornata, non solo idealmente si fustigò al pensiero della magnifica figura fatta con lei quella mattina, si comportò pure come se fosse il primo giorno che si conoscevano.

La scusa usata una volta chiestogli di giustificare l'atteggiamento avuto, non se la ricordava neppure: aveva biascicato alcune parole senza quasi collegare il cervello, ma, miracolosamente Oscar, aveva ritenuto la spiegazione soddisfacente e, da quel giorno, André Grandier era stato fermamente convinto dell'esistenza di Dio.

L'abitudine aveva reso più sopportabili i giorni a venire.

"André!"- Lo richiamò una cameriera.

"Sì!"- Rispose, interrotto nel bel mezzo dei suoi pensieri.

"Non andare nella sala da pranzo: Monsieur Oscar desidera da oggi fare colazione con te nella sala con la vetrata".

 

Pure questa ci mancava…

 

"D'accordo, ho capito, grazie!"- Disse, accennando un sorriso.

La ragazza andò a svolgere il suo lavoro.

André si mise le mani tra i capelli.

 

Gli altri domestici mi consideravano un privilegiato:  figuriamoci ora!

Non è questo, però, il problema, e non me ne importa molto, in verità.

Non potevano assumermi e basta, nooo: il suo compagno di giochi e guardia del corpo, dovevo diventare! ... Che se era un uomo… ma sì, diventiamo confidenti, amici…Che poi "Amici"!?

Mi è andata bene con Oscar, ma un altro: classi sociali diverse, disponibilità economiche diverse, visione del mondo diversa… più che altro sarebbe stata una conoscenza approfondita, va'.

L'attendente di una donna!

Alle donne si trovano serve, dame di compagnia, è data loro "un'adeguata educazione"... non si educano alla vita militare, non le si dà nomi da uomo, se non che donne sono, dico io?

Poi, fosse stata almeno brutta… pure bella doveva essere!

"La più bella delle sei sorelle!", dice mia nonna, e ha anche ragione, maledizione!

Ma poi, io, che problemi mi faccio? Me ne sono mai fatti? No! E allora?

Lei è sempre Oscar "il mio amico/padrone" e io sono sempre André "il suo amico/attendente".

Cos'è cambiato? Nulla! Assolutamente nulla!

Cioè, adesso me la sogno di notte, in quei sogni lo facciamo… ma cosa c'è di male, dopotutto?

Quanti servi vanno con la loro padrona e non si fanno problemi?

André, non è niente di grave.

Lei, checché ne dica il padre, è una donna, tu sei un uomo - beh, sì, quasi- hai pulsioni da uomo, e te la vuoi portare a letto.

Tutto qui!

E… non… c'è… ni… en… Eccola! Oddio, il completo verde s'è messa!

Cazzo, André se l'è sempre messo quel completo, cosa c'è che non va?

 

"Buongiorno André."- Salutò lei.

 "Eh? Ah! Buongiorno Oscar!"- Rispose lui, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.

"Allegro oggi? Finalmente! Da un po' di giorni non ti si poteva avvicinare!"

 

Cretino, cretino, cretino, cretino! Rispondile come hai sempre fatto, no?… André, basta! Sta’ tranquillo un secondo. Ti ha solo salutato, tu hai solo risposto e sorridendole l'hai pure tranquillizzata che "stai meglio”: cosa vuoi di più?

 

"Che c'è, non avrò parlato troppo presto, spero?"- Chiese lei preoccupata, vedendolo rabbuiarsi.  

"No, no, non ti preoccupare, non è nulla!"

"Meno male. Scusami se non ti ho avvisato ieri della mia decisione. Ero stanchissimo! Non mi sono nemmeno cambiato per andare a dormire. Mi sono buttato sul letto e ho dormito beatamente, come un neonato".

“Almeno tu hai dormito bene…”- Borbottò.

"Prego?"

"Ho detto, che almeno tu hai dormito bene; io non tanto".

 

Ma che dici? Sta’ zitto!

 

Si sedettero al tavolino.

"Davvero? Beh, in ogni caso si vede: hai certe occhiaie!"

 

Ah!

 

"Adesso però basta parlare, facciamo colazione."- Fece Oscar, chiudendo il discorso.

"Bene."

Mangiarono, parlottando, e André si sciolse un po' di più, chiedendo il perché del cambiamento radicale. Oscar rispose che iniziare tutte le mattine ascoltare il padre che parlava di strategie militari, politica ecc… le faceva un effetto soporifero, quando invece aveva bisogno di svegliarsi il più possibile: così aveva deciso di cambiare luogo.

Disse poi che lo aveva coinvolto, per avere buona compagnia e "salvarlo", visto che pareva fare lo stesso effetto anche a lui.

Risero.

André la osservò attentamente alla luce del sole del mattino.

Lei, seduta, volgeva lo sguardo verso la vetrata. Il volto era disteso, sereno e la mano destra sorreggeva la testa, persa in chissà quali pensieri.

Lei, però, non stava pensando. Stava solo ammirando il paesaggio mattutino.

Lui lo sapeva. Ormai non poteva nascondergli nessun segreto.

Oscar si girò improvvisamente verso il suo attendente. Scosse lievemente la testa con aria interrogativa, mantenendosi sorridente e rilassata. André la imitò, per rassicurarla che andava tutto bene.

Oscar si fece più vicina, stringendosi nelle braccia conserte sul tavolino:

"Hai da fare?" - Chiese quasi sottovoce.

"No, perché?" - Rispose incuriosito.

"Andiamo a cavalcare, allora…"

 

Stava ormai approssimandosi la primavera e la mattina non era così fredda, anche se l'ombra degli alberi e la vicinanza del laghetto rendevano il clima ancora rigido.

Andavano sempre in quel posto quando decidevano di fare una cavalcata, era il loro "luogo appartato", dove si raccontavano senza che nessuno sentisse o li potesse in qualche modo disturbare.

Oscar si alzò, prese un sasso e lo fece saltare sull'acqua.

"Otto! Sei migliorato!" - Considerò André.

"Vieni anche tu?"

"Non ho voglia…"

"… di perdere?"- Rise, prendendolo in giro.

 

Non ho voglia di sentirmi turbato mentre ti vedo esultare o dispiacerti per come lanci quelle pietre!

 

Si stese a terra, chiuse gli occhi e incrociò le braccia dietro la testa.

"André."

"Sì?"- Continuò a tenere gli occhi chiusi.

"Perché continui a chiamarmi al maschile?… Ah! Sette salti!"

"Non ti chiamo sempre al maschile…"

 

… Poi, se ti chiamo al femminile, il turbamento peggiora…

 

"Ultimamente lo fai più spesso, però. Capisco"- Lanciò. -"quando siamo in pubblico, ma in privato… Noo! Sei!"

"Beh, allora perdonami, riprenderò esattamente come prima!"

 

… E sopporterò ancora di più, in silenzio…

 

"Scusa, ma tu ti definisci sempre al maschile!"- Protestò lui.

"Sì, però tu, in privato, hai il dovere di ricordarmi che sono una donna."[iv]

"Ah!"

Oscar lanciò di nuovo e il tiro migliorò di tre salti.

"Senti André, tu pensi che t'innamorerai un giorno?"

Lui aprì gli occhi e si sollevò sui gomiti.

"P… perché me lo chiedi, scusa?"- La vide china a raccogliere sassi.

Lei appoggiò una mano a terra e voltò il capo verso di lui.

"Così… mi rispondi, per favore?"

"… Ma sì… credo di sì… non sono cose che si progettano… ci s'innamora e basta!"

"Io non m'innamorerò mai. Di nessuno."- Affermò convinta, con aria molto seria.

André sentì uno strano fastidio a quelle parole.

"Non dire così…"

Lei guardò i sassi che teneva in mano e li fece cadere.

Strofinò le mani, palmo contro palmo, per togliere la terra, e si sedette vicino a lui, appoggiando la schiena all'albero vicino. Piegò leggermente le gambe intrecciando le dita in grembo.

Lo guardò:

"Ti ricordi l'ultimo matrimonio?"

"Intendi quello di quella tua cugina che si è sposata?"

"Sì. Come al solito mi guardavano tutti con curiosità, almeno credevo…"- Le venne da ridere, si mise le mani sul viso per poi passarle sulla fronte, quasi a voler pettinare i riccioli biondi e lasciarle  infine dietro la testa.- "Ma lo sai che le damigelle presenti hanno fatto apprezzamenti su di me?"

Rise anche lui: "Sì, ho notato. Mi è parso che dicessero qualcosa anche alcuni nostri coetanei maschi".

"Davvero?" – Fece cadere le braccia di colpo e si guardò attorno, visibilmente fuori della grazia di Dio.- "Lo vedi cosa intendevo?” - Lo guardò di nuovo. - "Come faccio ad amare qualcuno se nessuno, nemmeno io, sa chi è esattamente Oscar?"

"Io lo so."- Rispose André serenamente.

Lei si avvicinò a lui e lo abbracciò di fianco, appoggiando il mento sulla spalla.

"Io, invece, so per certo che sei l'unica persona che mi capisce a fondo: per questo ti voglio bene… come se fossi mio fratello maggiore!"

"Ti  voglio bene anch’io."- Girò lo sguardo perdendosi a fissarla dritto negli occhi.

"Ah! Povero il mio André! Dove dovevi capitare!"- E gli posò un leggero bacio sulla tempia.

Lui rimase pietrificato, lei si alzò dirigendosi verso il suo cavallo, che stava pascolando.

"Andiamo? Ehi André, parlo con te!"

 

Cavalcarono velocemente, come altrettanto galoppavano i suoi pensieri.

Perché non lo aveva capito prima? Era così semplice: i sogni, i suoi turbamenti… era tutto così chiaro, fin dall'inizio.

Anche il sogno aveva un elemento che sembrava insignificante ma che era quasi un tema ricorrente: Petrarca. Lei era diventata “la sua Laura”, e la sua mente non faceva altro che ripeterglielo, ogni notte.

Non erano quindi semplici “pulsioni da uomo”.

Ormai era inutile illudersi che sarebbe stato tutto come prima, perché tutto sarebbe cambiato d'ora in poi, o meglio era già cambiato.

Non glielo avrebbe detto. Non al momento, almeno.

Non le avrebbe detto cosa provava a vederla ridere, arrabbiarsi, piangere.

Non avrebbe fatto parola dell'istinto di baciarla che aveva provato qualche sera prima quando se l’era vista appisolarsi vicino, sul letto di lei.

No, non le avrebbe detto ancora che quel piccolissimo e innocente bacio sulla tempia gli aveva chiarito le idee, sconvolte da tutte quelle emozioni, e che aveva finalmente capito di amarla.

Si vide di fronte la scuderia di palazzo Jarjayes.

Fermò il cavallo.

Oscar non era vicino a lui. Dopo qualche tempo lo raggiunse.

"Cavolo André, quanto corri!"- Disse lei con il fiatone.

 

Li vide scendere dai rispettivi cavalli e metterli nella stalla, dalla finestra del suo ufficio. Oscar e André uscirono e, dopo qualche minuto, cominciarono a spingersi, a ridere, a giocare, come solitamente avrebbero fatto due adolescenti maschi.

Ripensò per l’ennesima volta alle parole della balia:

"Oscar ha deciso di far colazione nella sala con la vetrata, Signore."- Così gli aveva detto.

Scese per andare in cortile. Non c'erano più. Andò nel cortile sul retro.

"Oscar!"

"Sì padre, cosa desiderate?"- Disse ridendo a causa di André. Capì subito che non era il caso di rispondere così, e riformulò la domanda come si conveniva.

"Vorrei sapere perché non hai parlato con me della tua decisione di fare colazione in un altro luogo".

"Padre, perdonatemi, ma non pensavo fosse importante una cosa così banale".

"È solo per una questione d'educazione Oscar. In ogni caso, se preferisci in questo modo, va bene: ma per qualunque decisione, qualunque essa sia, gradirei me ne parlassi prima, mi sono spiegato?"

"Sì padre, d'accordo."- Rispose con il tono di chi crede una cosa più che ovvia.

"Bene."

Volse loro le spalle, se ne tornò nell'edificio, ma non salì le scale. Fu attratto inspiegabilmente dalla finestra vicino, e riprese ad osservarli da lontano.

Oscar aveva ragione, si era innervosito per una cosa irrilevante, questo lo sapeva bene anche lui.

"Oscar ha deciso." - Quella frase gli aveva ricordato improvvisamente, che aveva forse dato una parvenza di futuro alla sua dinastia, ma anche un enorme potere decisionale ad una donna, che ogni giorno di più si mostrava forte, tenace, coraggiosa.

E ribelle.

Questo particolare aspetto del suo carattere lo preoccupava particolarmente e non solo per un qualche atto di tradimento da parte sua, ma soprattutto perché, temeva, poteva incorrere in un qualsiasi pericolo.

Sentì un brivido lungo la schiena.

Ad un certo punto i due ragazzi scattarono ed iniziarono a fare una gara di velocità.

 

Potrebbero farsi male.

 

Con questo pensiero nella testa chiuse gli occhi, e dopo tanto tempo, pregò, affinché la loro corsa finisse nel migliore dei modi.

pubblicazione sul sito Little Corner del febbraio 2004

Fine

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[i] Non ha ancora capito cosa vuole dire, lui pensa si stia parlando della loro differenza di classe sociale. ^_^

[ii] Ho fatto diventare Oscar una specie di seduttrice con modi da gatta, lo so: tenete conto che è un sogno…^^'

[iii] Mi sono accorta quando l'ho scritto che richiamava vagamente una scena di "Shakespeare in love", ma volevo dare il senso del tempo che era passato e della femminilità di Oscar che esplode silenziosamente, senza che lei possa opporsi più di molto. ^^

[iv] Anche se poi, almeno nell'anime, di questa cosa se ne dimenticherà…