A Strange Story

parte IX

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“André… le hai raccontato tutto?!”

Saint Just era letteralmente allibito… André aveva raccontato tutto quello che era successo tra loro a Oscar… era davvero incredibile!

Quando si erano visti, due giorni prima, quando tutto tra di loro era stato chiarito, Louis non credeva che potesse esistere una felicità più grande… ma era convinto che i sentimenti di André, per quanto forti e sinceri, non l’avrebbero portato così presto a rivelare tutto a quella donna che era stata una parte così importante e dolorosa della sua vita. Pensava che si sarebbe mosso con molta circospezione, ovviamente senza negare o nascondere volutamente niente, ma che per qualche tempo le cose sarebbero rimaste inalterate… e invece André l’aveva stupito ancora una volta!

Evitò di chiedere come avesse reagito Oscar… in realtà non desiderava saperlo e soprattutto non desiderava che André dovesse ricordarlo. Gli si avvicinò e lo abbracciò. Sentì le braccia dell’altro avvolgerlo. Era così che voleva rimanere: la testa appoggiata sulla spalla di André, sentendo le mani dell’altro insinuarsi tra i propri capelli…

“Pensavo che oggi non saresti riuscito a venire…” sussurrò.

“Sei già stanco di me?” gli rispose André allontanandogli il viso per guardarlo negli occhi. Il sorriso tradiva la canzonatura… e Louis poté solo sorridere a propria volta, abbassando lo sguardo mentre un intenso rossore gli si diffondeva sul viso.

Era cambiato. Non era passato neanche un anno dal suo primo incontro con André e già era diventato un’altra persona. Non credeva di poter essere tanto romantico, passionale, sentimentale… e invece non si era mai conosciuto a fondo! La sua vita aveva attraversato tantissime avventure, aveva commesso moltissimi sbagli, eppure la felicità era arrivata lo stesso… sentì i passi delle guardie, qualche corridoio più in là… sì, la felicità era arrivata, ma forse rischiava già di perderla…

Non disse niente, non voleva offuscare nessuno di quegli attimi che trascorreva con André.

I passi nei corridoi furono improvvisamente coperti da un forte clamore che saliva dal piazzale davanti all’ingresso della prigione…

“Cosa sta succedendo…” chiese avvicinandosi alla parete in cima alla quale si trovava l’unica finestra della cella “Da qui non possiamo vedere niente… ma cos’è questo rumore… sembra una folla…”

André lo raggiunse e gli pose un braccio intorno alle spalle

“E’ solo il primo passo…”

“Cosa vuoi dire? E’ per me… opera tua!”

“Non solo. Mia e di altri che vogliono una Francia più libera… non pensare che ci stiamo movendo solo per te… non sei così importante!” gli rispose André ridendo.

“André! Cosa hai fatto? Cosa sta succedendo… smettila di ridere…” si allontanò girandogli le spalle. Aveva paura. Aveva paura che André si stesse infilando in un gioco troppo pericoloso. Entrare in quel tipo di lotta, mettersi contro il ‘regime’, non era un gioco. A Louis non importava salvare la propria vita, se questo doveva significare rischiare quella di André.

“Smettila di agitarti. E’ una semplice manifestazione. La folla sta gridando per la liberazione dei prigionieri politici… è così che sei conosciuto in tutta Parigi: il primo, il più importante dei prigionieri politici della Bastiglia. Tutti i libelli di Parigi oggi hanno parlato di te…”

“E come è potuto succedere? André… non ti sarai esposto troppo… non voglio che tu ti lasci coinvolgere dagli uomini che girano intorno a Robespierre… sono uomini senza scrupoli” abbassò la testa “io lo so, ero uno di loro. Ti sacrificheranno, quando non sarai più utile, quando non ti dimostrerai d’accordo con i loro metodi… lasciami organizzare da solo. Io posso trattare con loro, e troverò il modo di farlo…” continuò su questo tono, cercò di essere persuasivo, convincente. Non pensava che André non facesse bene ad unirsi alla lotta popolare, ma non erano le bande sanguinarie che sfruttavano il nome di Robespierre quelle con cui doveva trattare!

André gli andò di nuovo vicino. Era strano per lui questo loro rapporto, era nuovo… ma gli sembrava che le cose gli venissero spontanee con Louis… sapeva cosa fare, non si vergognava di esprimere i propri sentimenti…

“Louis, smetti di preoccuparti. So cosa sto facendo… ho parlato con Bernard, mi fido di lui. Bernard mi ha portato da Robespierre. Lui vuole le lettere, ad ogni costo. Il prezzo che io ho fissato è la tua libertà. Ora tutto è nelle sue mani, mi ha detto che mi terrà al corrente, ma di non immischiarmi. Come vedi non sono in pericolo…”

“Hai già preso le lettere?”

“Sì. Marie sta bene. Ancora qualche livido. Ti saluta”

Saint Just sorrise. Marie era stata fedele fino all’ultimo. Una ragazzina… l’aveva salvato due volte!

“Comunque stai attento. Hai le lettere, e, come hai detto, farebbero di tutto per riaverle!”

Le voci continuarono a salire di tono. Le urla erano rivolte contro la monarchia, contro la regina, l’austriaca gridavano le voci stridule delle donne del popolo, contro il prezzo sempre più alto del pane, mentre Versailles viveva negli sprechi.

Sarebbe bastato? Sicuramente no. Ma Maximilien sapeva fare bene i propri piani. Questo era il primo passo. Una prima puntura, fastidiosa, ma che avrebbe aperto la strada a ben più dolorose ferite. Saint Just si voltò verso André e lo abbracciò.

 

“Generale, ci sono dei disordini di fronte alla Bastiglia… centinaia di persone, poveracci, disperati, ma forse anche qualche rivoltoso. L’esercito deve intervenire!”

Il generale Bouillet, rosso in volto, aveva riunito a Versailles i capi dello Stato Maggiore.

Anche Oscar era lì, ma solo come osservatrice, poiché la Guardia reale non poteva avere compiti di pattugliamento a Parigi, e ascoltava attentamente i resoconti degli altri comandanti.

“Generale Bouillet, la situazione si è esacerbata con la cattura di quel Saint Just, il ladro dei gioielli della contessa di Polignac” cercò di spiegare il generale D’Hubert (‘I duellanti’, Joseph Conrad).

“Lo so, lo so. Il furto!” gli urlò Bouillet di rimando.

“Quell’uomo si è macchiato di un reato molto grave, forse non tanto per il furto in sé, ma per aver mostrato come può essere semplice forzare il servizio di sorveglianza del palazzo del Re. Ha indebolito la monarchia, si è macchiato di lesa…” intervenne con decisione il capitano de Poisson.

“Per favore capitano de Poisson… il vostro slancio potrebbe farci pensare ad un coinvolgimento personale, anzi… familiare!” improvvisamente il generale Bouillet sembrò ritrovare il buon umore. Disprezzava il capitano Poisson. Il generale veniva dalla gavetta. La sua fedeltà ai sovrani era provata, forse alcune volte si comportava in maniera ottusa, per lui il dovere, le ‘regole’ venivano prima di tutto, ma era leale, odiava gli arrampicatori e i corrotti, e de Poisson e la sua cerchia erano proprio questo.

“Generale D’Hubert, ridatemi uno di quei libelli…” aggiunse subito dopo.

Anche Oscar ne prese uno. Una storia romanzata, che mescolava cose diverse, un calderone che aveva lo scopo di denigrare i sovrani, la corte, l’esercito, ma in fondo era verità. Dei disegni rozzi accompagnavano le pagine scadenti, scritte con caratteri grandi per essere più facilmente leggibili, riportando il volto della Polignac, della Regina e, giovane e bello, con l’aria innocente di un ragazzo, c’era anche un ritratto di Saint Just…

Oscar tratteneva tra le dita quel libello, incapace di separarsene, come se avesse bisogno di infierire su se stessa, di sentire più e più volte quella stretta allo stomaco mentre guardava quel viso di innocente pensando ad André.

La mattina dopo il loro chiarimento, Oscar non aveva avuto bisogno di sentire le proteste preoccupate di Nanny per sapere che André aveva lasciato palazzo Jarjayes.

Stringendo forte la tazza di cioccolato tra le mani, aveva spiegato all’anziana nonna che André non sarebbe tornato per un po’ di tempo, che gli ultimi avvenimenti avevano costretto ad intensificare i turni di sorveglianza a Versailles e che gli uomini dovevano dormire alla reggia.

La nonna aveva annuito, ma non era stata completamente ingannata. Perché André se ne era andato nel cuore della notte senza neanche salutarla? Le molte parole di Oscar, lei di solito così parca di spiegazioni, le avevano piuttosto fatto sospettare una discussione tra i due vecchi amici ed una decisione del nipote di allontanarsi per un po’.

Chissà dove si trovava André ora? Aveva il permesso di visitare il prigioniero, ne avrebbe approfittato, probabilmente, anzi, adesso erano sicuramente insieme... Oscar soffriva, ma non poteva fare a meno di torturarsi. E ora questa manifestazione ‘spontanea’… chi c’era dietro? Come era coinvolto André? Si trovò a sperare che Saint Just venisse giustiziato presto, poi si spaventò di essere arrivata fino a questo punto…

“… dobbiamo intensificare i controlli in città, soprattutto in quei posti che sono un abituale ritrovo di questi facinorosi, useremo i soldati della Guardia. Se la situazione perdura o peggiora, dovremo discutere con il sovrano la sorte di questo Saint Just. Un atto di clemenza è spesso il modo migliore per riavvicinarsi al proprio popolo…” stava concludendo il generale, lanciando un’occhiata divertita all’indirizzo di un accigliato de Poisson, mentre si apprestava a sciogliere la riunione. Il capitano non riuscì a trattenere uno sguardo rabbioso, ma dovette abbassare la testa di fronte alle disposizioni di Bouillet.

 

“Sono due settimane che vengono tutti i giorni a manifestare qui sotto! Non credevo che resistessero tanto…”

“Credono in quello che stanno facendo… Bernard e Robespierre tengono comizi, e sempre più gente li ascolta. E’ una protesta tesa, ma pacifica, per ora” spiegò André.

“Non credo che riuscirei ad ascoltare un intero comizio di Maximilien… figuriamoci di Bernard!” mormorò Louis ironicamente.

“Ma smettila…” rise André. Era bello vedere Louis così allegro. Ovviamente la battaglia non era ancora vinta, ma ora dell’intera vicenda non si occupavano più solo i giornali clandestini. Tutti ne parlavano, ed era cominciato a trapelare qualcosa delle famose lettere… Il clan dei Polignac era in difficoltà, era al centro dell’attenzione, come sempre, ma veniva attaccato direttamente dagli stessi sostenitori dell’aristocrazia.

“Devo andare. Cercherò di tornare domani, anche se adesso ho molte più difficoltà di prima a venirti a trovare… sei diventato una persona troppo importante!”

Louis rise: “Spero di rimanerlo a lungo…”

 

Il generale Bouillet era sempre più preoccupato. Non era una persona che potesse farsi troppi scrupoli per la vita di un sovversivo, e lui sapeva che Saint Just era proprio questo, avendo fatto in modo tale da procurarsi informazioni precise, ma c’era qualcosa che gli dava fastidio nel modo in cui tutti volevano intervenire nella vicenda. Non era uno sciocco, e vedeva come le manovre del clan dei Polignac mirassero ad erigere al più presto un capestro per colui che aveva osato sfidarli. Vedere come i Reali fossero preda di manovre accerchianti lo infastidiva, ma non aveva più molto da fare. Ormai il processo era alle porte. Questa era l’unica cosa che era riuscito a sottolineare, l’insopprimibile diritto ad un processo legale, quando il Re gli aveva chiesto un parere da uomo di armi ma soprattutto da uomo corretto, leale e di limpida onestà.

Louis Saint Just aveva scelto il suo avvocato, e non poteva che essere un altro semi-sovversivo: quel Maximilien Robespierre che già aveva creato tanti fastidi alle forze dell’ordine. Questa scelta aumentava ancora di più l’inquietudine del generale per l’imminente inizio del processo e per la pubblicità delle udienze: egli temeva quale potesse essere la partecipazione del popolo, memore di quello che era già successo con il processo a Jeanne Valois, ma soprattutto temeva la reazione popolare a quello che sembrava un verdetto ingiusto - Bouillet non dimenticava che l’accusa formale non era altro che un furto di gioielli - quanto scontato di colpevolezza.

Scosse la testa sconsolato, per Parigi si preparavano nuovi giorni di sofferenza!

 

“Oscar, domani comincerà il processo contro quel sedizioso, Saint Just… Sarai di servizio a Versailles o assisterai all’apertura delle udienze?” il generale de Jarjayes, seduto davanti al camino, stava aspettando che il suo tè si raffreddasse.

Anche Oscar si avvicinò al fuoco. Il tono del padre era stanco, sebbene sempre freddo e severo.

“Andrò, la Regina in persona mi ha chiesto di farle dei rapporti periodici sull’andamento del processo”.

Il generale rimase qualche istante in silenzio. Poi si riprese:

“Non ne verrà fuori nulla di buono: la monarchia ha più da perdere che a guadagnare da questa storia…” poi proseguì come se stesse parlando da solo “Se solo si riuscisse ad allontanare da Versailles il clan dei Polignac…”

Oscar soffriva a sentire le parole del padre. Soffriva perché vi vedeva un rimprovero che non c’era, un rimprovero che sentiva di meritare perché non era stata in grado di capire subito quale fosse il pericolo che poteva significare quella contessa Jolande di Polignac, e soffriva perché il solo sentir parlare di quel processo la faceva stare male. Doverci andare, dover vedere di nuovo Saint Just e André insieme… non voleva pensarci!

Sapeva lei stessa quanto rischiasse la corona di Francia con questo processo pubblico, ma non era intervenuta in nessun modo con la Regina Maria Antonietta… per la prima volta le sue vicende personali avevano influito sul suo ruolo di comandante dei soldati della Guardia…

“Si è fatto tardi… buonanotte Oscar. Vai a dormire anche tu, domani sarà una giornata faticosa.”

“Buona notte, padre”.

Ma Oscar non andò a dormire. Si sedette sulla poltrona davanti al fuoco e si riempì un bicchiere di vino.

In quel momento senti un leggero bussare alla porta. Sapeva che doveva essere Nanny.

L’anziana governante le si avvicinò timidamente. Sembrava incerta sul da farsi, ma Oscar la invitò a parlare:

“Nanny, dimmi pure. Posso aiutarti in qualcosa?” era stanca, ma vedeva la sofferenza sul volto della donna e non voleva che questa si prolungasse. Si preparava ad una notte difficile, non voleva che fosse così anche per altri, se poteva evitarlo.

“Oscar, sono tanti giorni ormai che il mio André non fa più ritorno a casa e che non ho più sue notizie… So che in queste settimane siete stati occupati in missioni diverse… ma pensi che un giorno di questi riuscirai a vederlo… magari domani? Vorrei che tu riuscissi a dirgli che sono preoccupata per lui e che vorrei sapere se gli serve qualcosa… pensi che sia possibile dirglielo?”

Oscar continuò a fissare il liquido color rubino nel proprio bicchiere e non alzò lo sguardo quando le rispose:

“Sì, Nanny, penso di vederlo domani… cercherò di dirglielo”.

 

L’aula dove si teneva il processo era completamente piena. La gente si assiepava sin sui banchi più in alto, da dove difficilmente si riuscivano ad udire le voci degli avvocati e dei testimoni. Di fronte alla corte si trovava il banco rialzato ed esposto al pubblico su cui si trovava, unico in piedi, l’imputato.

Oscar lo osservava da quando aveva fatto ingresso nell’aula, da quando Louis Saint Just era stato portato da due guardie della Bastiglia, e poi i suoi occhi non erano riusciti ad abbandonarlo mentre solo, davanti a tutti, aspettava l’inizio del processo.

Oscar ne ammirò l’atteggiamento fiero, così come lo aveva ammirato, sempre a malincuore, quando lo aveva visto imprigionato dal de Poisson, ne ammirò lo sguardo diretto, mentre ascoltava la lettura delle accuse da parte del giudice, e ne ammirò il portamento diritto di chi non si arrende.

Non ci mise molto ad individuare, a pochi banchi da Robespierre, André seduto vicino a Bernard e a Rosalie… Oscar risentì quella stretta allo stomaco che ormai la prendeva in ogni momento in cui pensava a lui, ma stavolta più forte, più dolorosa, lasciandola senza forze e senza respiro.

Gli occhi le bruciavano mentre riportava lo sguardo sui capelli chiari di Saint Just, sul suo fisico esile, sulla sua pallida carnagione, sui suoi occhi di ghiaccio bollente… e pensò a quante volte le braccia di André dovevano averlo cinto, quante volte le labbra di uno dovevano aver toccato la pelle dell’altro, e rabbrividì, mentre le lacrime le riempivano gli occhi.

Il processo finalmente entrò nel vivo. Dalla propria postazione Oscar riusciva a sentire tutto perfettamente, e a seguire le emozioni dei protagonisti.

L’accusa cominciò chiamando i propri testimoni. Il primo fu la cameriera personale della contessa di Polignac, che testimoniò la sparizione di alcuni monili dalla toeletta della contessa, insistendo sull’affezione della nobildonna per quei particolari gioielli, regali personali della regina Maria Antonietta.

Seguì la testimonianza del gioielliere di Parigi, ai quali detti gioielli erano stati commissionati. Egli affermò che oltre al valore intrinseco, quelle collane e quegli anelli avevano un valore inestimabile perché erano stati scelti personalmente dalla Regina per la sua amica ‘Jolande’ de Polignac…

Ad Oscar non sfuggì il tentativo sempre più palese di coinvolgere la Regina, di farne un processo di ‘lesa maestà’, per usare proprio le parole del Capitano de Poisson.

Stavolta però Robespierre chiese il controinterrogatorio. Chiese al gioielliere se qualcuno avesse cercato di rivendergli i gioielli, avuta risposta negativa, gli chiese se avesse sentito dire di qualcuno che avesse avuto un’offerta simile, di nuovo l’uomo scosse la testa.

Robespierre amava le grandi platee, era abile con le parole, molto abile, e quindi non si lasciò sfuggire l’occasione di rivolgersi alla gente che affollava i banchi di quell’austera aula di tribunale. Allargò le braccia sconsolato e disse:

“Signore e signori, mai e poi mai avrei accettato una causa simile se avessi saputo che avrei dovuto difendere un idiota…”

Dalla folla si alzò un leggero brusio, ma egli invitò tutti al silenzio e riprese:

“Perché solo un idiota avrebbe trattenuto quei gioielli per settimane, come se non fosse suo scopo ricavarne denaro, e addirittura li avrebbe tenuti in casa, dove tutti avrebbero potuto trovarli… persino gli uomini del solerte capitano de Poisson…”

Stavolta non fu un brusio a levarsi, ma vere e proprie risate e qualche applauso.

Oscar vide André irrigidirsi sulla propria sedia: Robespierre stava rischiando, stava quasi ‘esagerando’...

L’imputato rimaneva invece in piedi, al centro della scena, indifferente a quanto gli stava accadendo intorno, come se il tutto riguardasse un estraneo.

Ma stavolta il giudice intervenne:

“Avvocato Robespierre, un’altra frase come questa ed il suo assistito dovrà trovarsi un altro difensore!”

Robespierre fece un ironico inchino di scuse e riprese il proprio posto.

Il povero gioielliere continuava a ripetere “Sì, è davvero strano…” mentre abbandonava l’aula, aumentando la rabbia dell’accusa, che però non aveva intenzione di perdere tempo, non potendo permettere a quel rozzo avvocato di provincia, a quell’attore, di approfittare del vantaggio ottenuto.

Fu chiamato il capitano de Poisson, la carta su cui si basavano tutte le incriminazione, l’uomo che aveva riconosciuto l’imputato nei giardini della reggia di Versailles e che lo aveva stanato in una casa del Marais. Con questo l’accusa mostrava di voler rendere il processo il più breve possibile, giocandosi la testimonianza che avrebbe dovuto inchiodare il ladro che aveva ‘sconvolto’ il palazzo reale.

Data l’ora, però, il giudice decise di rimandare l’interrogatorio al giorno successivo, sperando, forse, che molta della gente che affollava la sala non avesse intenzione di seguire tutte le fasi della discussione e quindi cercando di schivare i disordini che potevano nascere avendo in aula un membro effettivo di quella che era nota a tutti come la lobby dei Polignac.

 

All’uscita dall’aula, Oscar si avvicinò al gruppo di André. Voleva riferirgli le parole della nonna… no, sapeva che non era questo… aveva voglia di vederlo, di parlargli.

Nello stesso momento in cui lo raggiungeva, vide che anche Robespierre si stava avvicinando al gruppo. Sentì Bernard dirgli:“Allora, come ti sembra che si stiano mettendo le cose?”

Robespierre aveva cominciato a rispondere. Sembrava molto soddisfatto di sé. Ma André lo interruppe, afferrandolo per il bavero della giacca:

“Robespierre, ricordate qual è il patto. Non mi interessano i vostri piani personali, il vostro ruolo di imbonitore. Non voglio recite sulla pelle di Louis, tiratelo fuori e basta. Questo è l’accordo.”

Robespierre, il fiero avvocato del popolo, lo fissò per un istante, come se fosse stupito di tanta audacia, ma poi abbassò la testa: “Lo tirerò fuori. Sono abituato a mantenere la parola data”.

Con questo prese congedo da tutti loro, stupendosi di scorgere Oscar nel gruppo, e non trattenendo un ironico sorriso.

Finalmente anche André si accorse della sua presenza. All’inizio non riuscì a nascondere il proprio imbarazzo.

“Ciao Oscar… non sapevo che fossi qui anche tu…”

“Sì, sono qui per volere della Regina, vuole che segua il processo…”

Bernard fece una smorfia di disgusto, sentendo nominare Maria Antonietta, ma Rosalie lo redarguì:

“Bernard, non la conosci, è una donna buona. Mi ha voluto bene…”

L’uomo non rispose, come se solo il sentimento che lo legava alla ragazza gli impedisse di rivelare i suoi veri pensieri.

Rosalie lo guardò sorridendo. Sapeva di stare diventando davvero importante per l’ex orgoglioso Cavaliere Nero…

“Andiamo, è tardi… tra poco dovrò andare a lavorare!”

Bernard sembrava recalcitrante, non avendo capito perché dovevano perdersi quattro chiacchiere con Oscar e André, ma Rosalie continuò testardamente a tirarselo appresso.

“Ormai Rosalie lo ha addomesticato…” disse André sorridendo. Poi tornò serio, come se quel tono non fosse più ammissibile in una conversazione con Oscar, dopo quello che si erano detti qualche settimana prima.

Ma Oscar sorrise, rassicurandolo.

“La nonna è preoccupata per te, mi ha detto di chiederti se hai bisogno di qualcosa… se stai bene…” Oscar arrossì. Come era difficile parlare, come era insolita quella situazione tra loro!

“Sto bene, Rosalie si prende cura di me… sono in buone mani!” anche lui era imbarazzato. Incontrarsi lì, al processo di Louis, non era il massimo per cercare di evitare quelle parole dette e ancora in sospeso fra loro.

Oscar rimase per qualche istante in silenzio, poi decise che tra loro non potevano parlare di cose poco importanti, che non potevano sprecare il poco tempo che ancora avrebbero trascorso insieme comportandosi come estranei.

“Robespierre mi sembra un osso duro, forse…”

André scosse la testa:

“Oscar, sappiamo bene entrambi che il verdetto non verrà deciso in aula… solo se il clamore del popolo raggiungerà la reggia di Versailles, Louis… lui avrà qualche speranza di salvarsi…”

Oscar non distolse lo sguardo, sorrise fra sé pensando che cominciava a non riconoscersi. André era tirato, non disperato. La sua forza di carattere la commosse, e in un momento fu dalla sua parte… dalla ‘loro’ parte…

“Forse è così, ma comunque Robespierre sta facendo un buon lavoro… inoltre è il tipo che sa come coinvolgere la folla. Domani, alla testimonianza di Poisson, ci sarà certamente un pubblico altrettanto numeroso e caloroso.” Oscar lo guardò dritto in viso. Non pensava che sarebbe riuscita ad assumere quel ruolo, ad incoraggiarlo quando sapeva che una vittoria al processo avrebbe voluto dire perderlo senza più speranze… ma forse era riuscita a capire che ormai lo aveva già perso, e che l’amore che continuava a provare per lui, quell’amore che ancora la sconvolgeva per la sua intensità, doveva esprimersi nel favorire la sua felicità.

Oscar era gelosa: quando aveva visto, mentre Saint Just veniva riportato nella sua cella, lo sguardo che si erano scambiati con André, il suo sangue si era rimescolato, ribollendo di rabbia impotente. Se avesse potuto, avrebbe incenerito quell’uomo che era riuscito ad arrivare dove lei avrebbe sempre fallito… però si era dominata: era riuscita a capire che la gelosia, in quella loro lotta impari, era completamente fuori luogo.

Se André si fosse allontanato da lei a causa di una donna, Oscar non sarebbe mai riuscita a pronunciare parole di incoraggiamento… di partecipazione, soprattutto con quel calore che le era venuto spontaneo, ma il fatto che André avesse scoperto in sé una tendenza totalmente diversa, che la escludeva senza possibilità di combattere, la tranquillizzava: lei non avrebbe potuto far niente per evitare che la abbandonasse, semplicemente non era in suo potere evitarlo.

“Oscar, spero che sia così. Oggi durante l’interrogatorio di Robespierre mi è sembrato tutto perso, mi è sembrato che il desiderio di coinvolgere la folla fosse per lui la cosa più importante, molto più importante della vita di…” era difficile per lui pronunciare il nome di Louis davanti ad Oscar, finiva sempre per arrossire, interrompersi…

Per qualche minuto rimasero in silenzio, poi fu lei a parlare:

“Il permesso per entrare alla Bastiglia è ancora valido, vero?”

“Sì, anche se ora fanno un po’ di difficoltà per lasciarmi passare…” rispose lui in un sussurro. Non poteva pensare a quale potesse essere la reazione di Oscar nello scoprire come loro due impiegavano il tempo che quel permesso ottenuto permetteva loro di trascorrere insieme.

Lei fece finta di non avvedersi della confusione in cui quella semplice domanda lo aveva gettato. Doveva essere forte, doveva far capire ad André che lei rimaneva la sua migliore amica, la donna… l’unica donna che meritava la sua fiducia, la sua stima…

“Domani sarà una giornata pesante, forse fondamentale per questo processo… vai da lui, fagli coraggio!”

André la guardò sbalordito, ma subito sorrise. Quella era la sua Oscar: altruista, pronta al sacrificio per aiutare un amico, generosa e sensibile.

Annuì sempre sorridendo. Poi fece una cosa che in tanti anni insieme non aveva mai fatto: l’abbracciò e le posò un bacio sui capelli. Lei non si scansò, anzi… strinse le sue braccia intorno al corpo di André, e chiuse gli occhi. Come era bello sentire il calore del suo corpo, la forza del suo abbraccio! Si rendeva conto che quello di lui era il gesto di un amico, ma non poté impedirsi di stringerlo come una donna innamorata fa con il suo uomo… Tutto però durò poco. Il colonnello de Jarjayes non poteva lasciarsi andare, non poteva perdere che per pochi secondi il controllo dei propri sentimenti…

Si riprese e si separò da lui.

Le sembrò che André non avesse capito quanto di appassionato lei avesse aggiunto a quell’abbraccio affettuoso, quindi riprese il proprio contegno abituale, allontanandosi con la classica fierezza… ma André la conosceva troppo bene, e non poté che provare una stretta al cuore mentre la seguiva con lo sguardo.

 

Continua...

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