A Strange Story
parte VIII
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Oscar non intervenne.
Aveva osservato quanto più possibile dalla propria posizione: era stata indecisa quando aveva visto Marie cadere a terra, ma qualcosa l’aveva trattenuta, qualcosa che non le permetteva di stare completamente tranquilla con la propria coscienza.
Quando aveva saputo del furto subito dalla contessa Polignac, Oscar si era stupita dell’accanimento con cui questa e il cugino ricercavano il colpevole. Solo dopo aver assistito a quella scena, aveva intuito che c’era qualcos’altro sotto: era chiaro che un furto di gioielli dalla toeletta della contessa, quando tutti sapevano che quelli di maggior valore erano custoditi in ben più nascosti ed inaccessibili forzieri, non poteva costituire un motivo valido per quella lotta senza quartiere.
E
Oscar temeva di immaginare cosa potesse esserci di tanto importante da portare
de Poisson a setacciare Parigi e dintorni, e temeva… anzi, era terrorizzata
dal possibile coinvolgimento di André in tutto ciò.
Già,
André! Come poteva essersi cacciato in un pasticcio simile? L’André che lei
conosceva come poteva avere un qualsiasi rapporto con una persona come quel
Saint Just? Ed ora… ora come avrebbe accolto la notizia dell’arresto di
colui che, nonostante tutto, sembrava considerasse, in qualche modo oscuro, un
amico? Ripensò alla scena della sera precedente, e pensò al viso altero di
Saint Just mentre saliva sulla carrozza che lo avrebbe tradotto alle buie celle
della Bastiglia…
Oscar
rabbrividì. Temeva i propri stessi sentimenti. Quando il de Poisson, peraltro
odiato, aveva bussato alla porta di quella casa, aveva sperato che tutto si
risolvesse come poi si era risolto, che quel giovane fosse punito per ciò che
aveva fatto al padre, per quello che aveva fatto per separarla da André, e,
soprattutto, per quell’influenza di cui lei non poteva capire la potenza, che
egli sembrava esercitare sulle persone che lo circondavano. Ma ora che tutto era
terminato, le sembrava che un fondo di amaro, un sapore insopportabile e
pungente, stesse avvelenando la soddisfazione raggiunta.
Oscar
stancamente rimontò a cavallo e prese la via di casa. Era preoccupata, aveva
uno strano presagio, temeva il momento in cui André sarebbe venuto a conoscenza
di quanto accaduto quella notte, e poi, dirgli… dirgli che lei era stata lì,
che aveva assistito senza alzare un dito? Aveva la sensazione di aver agito in
maniera corretta, ma che sarebbe finita dalla parte del torto. Ma André, il suo
André, l’amico di una vita, colui che la conosceva come nessun altro… era
impossibile che non capisse! Eppure… eppure era come se, tradendo quello che
per qualche motivo sconosciuto André considerava un amico, una persona da
vegliare e curare, ella stesse tradendo anche lui.
Alzò
la testa, ormai la luna era invisibile. Le nuvole scure che le avevano fatto da
sfondo facendola risaltare per tutta la serata, ora la celavano completamente.
Oscar
chiuse gli occhi, era stanca, aveva bisogno di dormire… forse l’indomani,
riposata, riscaldata e rinfrancata sarebbe riuscita a vederci più chiaro…
domani…
André,
appoggiato sul bordo di una delle grandi fontane del giardino di Versailles,
guardava la luna affacciarsi e nascondersi tra le nuvole. Quando stava solo,
quando aveva tempo per riflettere, come durante questi lunghi turni di guardia
notturni, temeva i propri pensieri.
Anche
in quel momento stava cercando di sgombrare la propria testa da una miriade di
immagini importune che cercavano di imporsi.
Chiuse
gli occhi per un istante. La stanchezza cominciava a farsi sentire. Quanto tempo
sarebbe ancora riuscito a condurre quelle due vite separate? Quanto tempo
avrebbe potuto ancora fare il soldato di giorno e di notte vegliare Saint Just?
Improvvisamente
sentì uno strano senso di disagio, una sofferenza all’altezza del petto che
gli impedì per qualche istante di respirare correttamente… cosa gli stava
succedendo? Una cosa del genere gli era già accaduta… sì, gli era accaduta
quando Louis era stato ferito! Possibile che gli fosse successo qualcosa?
Ma,
no. L’altra volta era stata una strana coincidenza. Non era possibile che
potesse presagire le cose che accadevano ad un’altra persona. Era stanco, ma
non al punto di credere a queste sciocchezze!
Eppure
lo strano senso di inquietudine non lo abbandonò, e solo l’arrivo del
capitano Girodelle e degli altri compagni della Guardia gli impedì di
abbandonare il proprio posto di sorveglianza.
Era
l’alba quando Oscar si svegliò. In realtà aveva dormito davvero poco. Per
lungo tempo si era rigirata nel letto cercando di trovare tutte le possibili
spiegazioni per il proprio comportamento e per quel persistente senso di colpa
che le faceva vedere l’incontro con André con una preoccupazione che arrivava
a farle accelerare i battiti del cuore e a tagliarle il respiro.
Si
vestì in fretta, non fece neanche colazione ma volò a sellare il suo cavallo.
Aveva fretta. Improvvisamente le era venuto in mente che qualcun altro potesse
dare ad André la notizia dell’arresto di Saint Just, e lei non voleva. Aveva
bisogno… sì, aveva bisogno di spiegare, aveva bisogno di vedere come lui
avrebbe reagito…
Corse
lungo la strada nota che la portava ogni giorno alla reggia. Fece a due a due i
gradini che portavano al suo ufficio.
Entrò
nell’anticamera ancora ansimante: Girodelle era lì, efficiente come sempre.
Lei non lo degnò di uno sguardo… non aveva bisogno dei modi educati e
avvolgenti dell’aristocratico capitano. Tutto il suo essere era proiettato
verso una persona di nascita ben più umile, ma di una nobiltà di cui solo lei
conosceva la purezza.
“Conte,
fate chiamare il soldato Grandier.”
Vedendo
che il capitano esitava, fissandola stupito, aggiunse spazientita.
“Immediatamente!”
Girodelle
abbassò gli occhi e si inchinò. Il solo modo per rimanerle vicino era
continuare nel suo compito di assistente silenzioso ed ubbidiente. Sapeva che,
probabilmente, quello sarebbe stato l’unico ruolo che lei gli avrebbe mai
consentito e quindi ci si assoggettava, per quanto si sentisse scoraggiato
quando non addirittura ferito dalla sua indifferenza.
Quei
pochi minuti di attesa furono allo stesso tempo brevissimi e interminabili. Poi
leggeri colpi contro la porta. Oscar sobbalzò, come se in fondo non si
aspettasse di dover realmente affrontare quella prova. Pochi minuti, pensò,
pochi minuti e tutto sarebbe finito. Cosa mai potevano significare pochi minuti?
Doveva agire come sempre, con coraggio. Non era che una comunicazione di
servizio… avrebbe parlato, André avrebbe ascoltato, e poi tutto sarebbe
tornato come sempre. Probabilmente tutta l’ansia, la… sì, la paura, che la
stava assalendo era completamente ingiustificata!
“Avanti!”
disse avvicinandosi alla finestra e dando le spalle a chiunque fosse entrato
dalla porta.
“Ciao
Oscar. Mi ha detto Girodelle che desideravi parlarmi.”
André,
compìto, solerte e affettuoso come sempre.
“Sì,
André, ho bisogno di comunicarti una cosa che è successa ieri notte. Riguarda
la Guardia reale…” un improvviso groppo in gola la interruppe.
“Oscar,
spero che non sia successo nulla alla famiglia reale…”
“No,
André.” Oscar cominciò a voltarsi verso di lui. “Riguarda la spedizione
del capitano de Poisson…”
André
rimase immobile. Sembrava che trattenesse il respiro mentre Oscar gli comunicava
che, la notte precedente, Louis Saint Just, accusato del furto dei gioielli
della contessa di Polignac, era stato catturato in casa di una certa Marie
Darras, nel quartiere del Marais.
Oscar
non cessava di osservare le reazioni di André, sebbene a volte lo sguardo la
tradisse, abbassandosi. Ogni piccola contrazione dei muscoli facciali di lui
veniva studiata, interpretata, temuta. André non disse una parola, ascoltò
come se non capisse bene cosa gli si stesse dicendo. Poteva sembrare
indifferenza, ma Oscar lo conosceva, e capiva quanto grande fosse il turbamento.
Lei continuò a parlare, aveva paura del silenzio che sarebbe seguito non appena
avesse cessato il proprio racconto. Aveva paura delle domande che non ci
sarebbero state. Aveva paura degli sguardi che l’avrebbero attraversata ad
ogni minima incertezza nel proprio sguardo. Lei conosceva bene André, ma lui
conosceva ancora meglio lei.
“André,
puoi andare, ti ho voluto dare la notizia dell’arresto perché da oggi in poi
i turni di guardia, con il ritorno del contingente di Poisson, riprenderanno
l’ordine tradizionale…”
André
non sembrava ascoltarla, capì che lo stava congedando, così accennò un
inchino e si diresse verso la porta. La mano sulla maniglia, disse, senza
voltarsi a guardarla “Oscar, io lo conosco… conosco Louis Saint Just. Te lo
chiedo come un favore: procurami un permesso per vederlo.”
André
non aveva mai chiesto favori per se stesso. Era sempre stato pronto a dare, e a
Oscar aveva dato davvero tanto, ma mai aveva desiderato qualcosa per sé. Era la
prima volta, e a Oscar spuntarono due ostinate lacrime dagli occhi: sì, aveva
chiesto, e questa richiesta era proprio ciò che lei temeva, la prova a cui lo
aveva sottoposto. Aveva sperato… sì, aveva sperato fino all’ultimo che non
dicesse niente, che le consentisse di dimenticare quella notte, l’espressione
sprezzante di quell’uomo mentre si avviava verso la carrozza, e invece
l’incubo continuava.
“Va
bene, André. Ti procurerò un permesso, ma ricordati che contro Saint Just è
schierata la don… una delle donne più potenti di Francia…”
“Non
ti preoccupare, Oscar, il nome dei Jarjayes non verrà coinvolto…” le
rispose quasi in un sussurro.
“André…”
ma era già andato via. Per la prima volta le parole di lui l’avevano colpita
come una frustata. Il nome dei Jarjayes? Lei non era suo padre.
“André,
non andare…” sussurrò alla porta ormai chiusa.
Di
nuovi quei dolori lancinanti al fianco. Si girò sperando di trovare sollievo
nella nuova posizione. Sudava freddo, sapeva che non avrebbe potuto resistere a
lungo in quelle condizioni.
Erano
passati tre giorni dall’arresto: solo in quella cella fredda e umida aveva
troppo tempo per pensare, e i pensieri che lo assalivano erano malinconici,
struggenti. Quante volte in quelle notti interminabili, che cominciavano ben
prima del tramonto e terminavano molto dopo l’alba, il viso di André aveva
fatto capolino nei suoi sogni, quante volte si era stretto le braccia intorno al
corpo cercando di ricreare il calore degli abbracci di lui. A volte aveva paura
dei propri deliri, delle immagini reali e incorporee che invadevano la stanza
stretta e buia. Adesso una lama di luce, che faceva brillare il pulviscolo
sospeso nell’aria, sfuggiva all’alta finestra, disegnando la grata sulla
porta di ferro che costituiva l’unico contatto con il mondo esterno.
Gli
occhi gli si offuscarono. Ripensò all’ultima sera che André era andato a
trovarlo, a quando gli aveva detto che teneva alla sua salute, a come gli aveva
cinto le spalle… oppure, andando più indietro nel tempo, riviveva quei
momenti di amore violento a cui lo aveva costretto a sottoporsi. Se ne pentiva,
ma nello stesso tempo ricordava quei baci strappati con un desiderio che lo
faceva star male.
Anche
adesso vedeva il suo viso, era così vicino, così reale… Si stropicciò gli
occhi, cercando di scacciare la nitidezza di quell’immagine, ma il sorriso
affettuoso sul volto dell’amico non si cancellava.
Allungò
una mano verso la mano di quell’immagine incorporea chinata sul suo letto…
“Ciao
Louis…” sì, era proprio la sua voce, lui era lì, la mano che aveva toccato
era calda, e aveva ricambiato con vigore la sua stretta.
Scattò
a sedere sul letto, André… il suo André era lì!
“André…
come… come hai fatto… pensavo che non ti avrei più rivisto…”
André
sorrise, gli si sedette accanto sul letto, continuando a guardarlo.
“Non
è stato facile, ma dovevo controllare che le tue ferite si fossero
rimarginate!”
Era
passato del tempo dall’ultimo giorno in cui Louis si era sentito così bene.
Ricambiò il sorriso:
“Le
ferite stanno abbastanza bene, il vitto è ottimo, e la stanza può fare invidia
agli appartamenti della regina… adesso.”
Abbassò
lo sguardo. Era felice, adesso tutto sembrava più roseo, e anche se quella
fosse stata la sua ultima ora di vita, sarebbe morto felice. André lo aveva
raggiunto, non lo aveva abbandonato. Anche se tra loro non poteva esserci altro,
sapeva almeno che lui l’aveva perdonato, che gli voleva bene come ad un vero
amico, e che quella donna questo non poteva portarglielo via…
“Dobbiamo
fare qualcosa per tirarti fuori da qui, Louis, la contessa di Polignac…”
“Lo
so” l’interruppe l’altro. “So bene quale sorte abbiano in serbo per
me!”
“Appunto
per questo dobbiamo pensare ad un piano di azione.” André non lo guardava in
viso. Cercava di pensare ad un modo per aiutarlo, ma sapeva che la situazione
era quasi disperata. Eppure non si dava per vinto. Qualcosa avrebbero
escogitato, non potevano arrendersi così… non poteva arrendersi così.
Saint
Just si alzò dal letto, faticava a camminare, e faticava a staccarsi dal fianco
dell’amico, ma non voleva parlare di sogni impossibili, voleva avere
l’opportunità di vivere il proprio senza pensare ad altro.
“Le
lettere… le hanno prese?”
“Non
credo.” Louis rispondeva contro voglia. “Appena prima che entrassero le
abbiamo nascoste nel libro che Marie aveva in mano. Quando… quando Poisson
l’ha colpita, Marie è caduta a terra, e il libro è rimasto lì, vicino a
lei… non credo che le abbiano prese… povera Marie, ha fatto di tutto per
aiutarmi, e io…”
André
si alzò in piedi:
“Se
non le hanno, sarà difficile provare che sia stato tu…”
“André,
ti prego! Sai bene che non sono stato accusato del furto delle lettere… basterà
mettere qualche gioiello della contessa tra le mie cose.” Era stanco. Chiuse
gli occhi, sperava che André gli si avvicinasse, lo cingesse tra le braccia, lo
cullasse…
André
intanto stava pensando a come sfruttare il possesso delle lettere per liberare
l’amico. Si poteva cercare di arrivare ad un patto con la Polignac… ma come?
Oppure cercare di far intercedere la regina… un furto di gioielli, anche se
alla contessa, difficilmente poteva giustificare la pena di morte… ma
bisognava intervenire, parlare con Maria Antonietta, convincerla, spiegarle,
forse… forse… Oscar!
“Senti
Louis, la famiglia Jarjayes è molto potente, forse se chiedessimo ad Oscar di
aiutarci…”
Saint
Just si voltò di scatto:
“André,
preferirei morire torturato che chiedere aiuto a quella donna…”
“Louis,
tu non la conosci. E’ un ottimo comandante, ed è la mia… la mia migliore
amica. E’ nobile, ma è giusta e sensibile. Capirà… e poi potrebbe essere
la nostra unica speranza…”
“No,
André.”
La
risposta era stata categorica. Saint Just gli voltò di nuovo le spalle.
Stringeva gli occhi chiusi, come a scacciare l’immagine di quella donna che
rispuntava sempre a separarli. Quella doveva essere la loro occasione per stare
insieme, e invece era riuscita ancora una volta ad intromettersi.
“No
André”, ripeté più debolmente. “E’ ormai molto tempo che facciamo finta
che la nostra sia una amicizia normale… ma io odio… sì è la parola
giusta… odio il ‘tuo’ comandante. Tu la ami, e lei ama te... e a me cosa
rimane? Cosa rimane a me, forse il doverla ringraziare per avermi reso una vita
che mi è inutile se vissuta lontano da te? André, tu fai finta di non vedere,
ma… io…. Oh André, io… ti amo!”
L’aveva
detto, era finita. Ecco, avrebbe sentito girare la chiave nella pesante porta di
metallo, che poi si sarebbe chiusa dolcemente sulla sua solitudine. André,
sempre delicato, lo avrebbe lasciato senza insulti o parole inutili, ma non lo
avrebbe ricambiato.
Sì,
lo sentiva muoversi. Addio André, pensò tra sé e sé. Gli occhi rimasero
serrati, la fronte corrugata mentre attendeva il rumore di quei passi che lo
avrebbero abbandonato per sempre.
Di
nuovo sognò l’abbraccio caldo di André (credo che l’abbraccio caldo di
André sia come il pelìde Achille, un’unica locuzione!), questa volta più
realistico che mai.
Aprì
gli occhi. Le braccia forti di André lo cingevano da dietro, mentre le sue
labbra gli sfioravano l’orecchio.
“Louis,
anche io… anche io ti amo…”
Quante,
quante volte Saint Just aveva sognato, costruito nei minimi particolari quella
scena! Quante volte aveva sostenuto entrambe le parti del dialogo che si sarebbe
svolto fra loro… e ora? Non riusciva a dire una parola, mentre gli occhi
offuscati da lacrime improvvise quanto inopportune, tratteneva nelle proprie le
mani di André, quasi a temere che potesse sfuggirgli di nuovo.
Lentamente
André lo costrinse a girarsi per poterlo guardare in viso. Gli occhi di Louis
si chiusero, mentre le lacrime impigliate tra le ciglia cominciarono a
scivolargli lungo le guance.
Ad
André venne da sorridere. Era strano che proprio in quel momento fosse lui ad
essere, tra i due, il più presente a se stesso. Ma l’altro non si sottopose a
lungo alla tortura di quell’esame. Presto tuffò la testa nella sua spalla,
stringendogli forte le braccia intorno al torace.
Difficilmente
l’austera fortezza della Bastiglia, potendolo, avrebbe approvato le scene che
seguirono la rivelazione di André, ma fortunatamente i muri non possono
parlare, e il segreto di quegli attimi è salvo, infatti anche all’umile
cronista di questa storia la porta è stata chiusa in faccia. Neanche lo
spioncino per controllare i prigionieri ha tradito il segreto dei primi momenti
di amore vero tra i nostri due amici (possiamo definirli tali?), e così non ci
rimane che accettare il salto temporale che ci trasporta al momento in cui André,
gli abiti un po’ in disordine e la camicia ancora aperta sul petto nudo, sta
bussando per attirare l’attenzione delle guardie.
Il
cavallo al passo sulla via di Versailles, André ripensava a quanto era
successo. Era incredibile come la sua vita fosse stata rivoluzionata, in quegli
ultimi mesi: la vicenda del Cavaliere Nero con la perdita dell’occhio, il
rapimento del padre di Oscar, il… il ricatto di Louis, la rivelazione di
Oscar, e, infine, la rivelazione che aveva avuto lui, e che aveva stentato a
riconoscere, la notte del furto delle lettere. Sì era stato allora, sebbene non
lo avesse voluto riconoscere subito, che aveva cominciato a capire quanto Louis
gli fosse necessario. Era stato quella notte che aveva capito che la propria
vita non avrebbe più avuto molto senso senza l’amico… che aveva capito che
Louis non era solo un ‘amico’…
E
adesso quale era il loro futuro? Parole dolci e… e tutto il resto gli avevano
impedito di portare Louis verso una soluzione. Eppure dovevano trovare una via
di uscita, non era possibile che appena capito cosa fossero l’uno per
l’altro dovessero essere separati per sempre… André rabbrividì al pensiero
di cosa avrebbero potuto fare all’uomo che aveva sfidato la Contessa di
Polignac…
Era
chiaro che, procedendo nella legalità, era necessario un intervento di Oscar
presso la regina, nonostante la ferma opposizione di Louis, altrimenti… forse
avrebbe dovuto parlare con Bernard, forse attraverso quell’avvocato, quel…
Robespierre, si sarebbe potuto organizzare qualcosa…
In
piedi di fronte alla finestra, Oscar aspettava il ritorno di André.
Non
aveva faticato molto ad ottenere un permesso per la visita di quel pomeriggio.
La contessa de Polignac era troppo sicura del proprio potere per temere una sua
intromissione e poi, il proprio rango e il proprio grado le permettevano di
arrivare facilmente alla cella di una prigione.
Quando
gli aveva porto il foglio con l’autorizzazione ad incontrarsi con il
prigioniero Louis Saint Just, aveva cercato di leggere negli occhi di André
quali fossero le intenzioni che lo portavano ad incontrare quell’uomo. Ma il
viso di André non le aveva rivelato nulla. Non era una sciocca, sapeva che il
loro rapporto era gradualmente mutato negli ultimi mesi. Sempre di più André
aveva condotto una vita di cui lei veniva tenuta all’oscuro, eppure lei non
riusciva a capire cosa fosse successo, cosa avesse sbagliato… sapeva solo che
quello strano personaggio, quel Saint Just, era l’artefice della separazione.
Vide
André sul viale d’ingresso della tenuta dei Jarjayes.
Era
passato del tempo da quando André arrivava al galoppo serrato per raggiungerla
al più presto, ora, stancamente al passo, sembrava troppo preso dai propri
pensieri per alzare lo sguardo fino alla finestra dalla quale lei lo stava
osservando.
Passarono
alcuni minuti, poi sentì i passi familiari di lui sulle scale.
“Ciao
Oscar” disse André buttandosi su una sedia.
“Ciao,
vuoi un po’ di tè? La nonna lo ha appena portato…” Oscar cercava di
parlare con noncuranza.
“No…
sì, grazie.”
Rimasero
qualche minuto in silenzio, mentre Oscar versava la bevanda calda nella tazza e
gliela porgeva.
Era
meglio affrontare la realtà, invece di nascondersi.
“Sei
andato alla Bastiglia?” Il tono voleva essere tranquillo, ma suonava aspro.
André
annuì. Poi fece un lungo sospiro. Anche per lui era meglio affrontare la realtà,
invece di nascondersi…
“Oscar,
io lo devo salvare.”
Lei
non rispose. Gli girò le spalle portando gli occhi sulla tazza che stringeva
tra le mani.
“Oscar,
ho conosciuto Louis Saint Just mesi fa, ad uno degli incontri nella chiesa di St
Jacques… ti ricordi? Siamo andati insieme una volta…”
“Sì,
mi ricordo. Tenne un discorso, quella sera.”
“Davvero?
Louis? Non lo ricordavo... Comunque io l’ho conosciuto circa un mese dopo,
poco dopo il tuo rapimento… poco dopo la vicenda del cavaliere nero. Siamo
andati a bere insieme…” come fare? Come raccontarle tutto?
Oscar
si era girata. Appoggiata al davanzale della finestra, lo guardava aspettando
che continuasse il racconto.
“Andammo
a bere insieme, mi ubriacai… Oscar per me è difficile…”
Lei
non lo aiutò, continuò ad aspettare il seguito, senza fornire scappatoie. Era
stanca, voleva arrivare ad una conclusione di quel periodo così travagliato.
“Mi
svegliai a casa di Louis, la mattina seguente. Vive nel quartiere del Marais…”
“Sì,
lo so” si tradì lei.
“Come
fai a saperlo?” le chiese lui, stupito.
“Una
volta ti ho seguito, perché non riuscivo a capire perché tu fossi… cambiato.
Volevo vedere chi era la donna che ti aveva… portato via da me…”
“Non
c’era nessuna donna, Oscar. Forse ormai lo avrai capito. Quando mi svegliai
quella mattina, capii che durante la notte, quando non ero in grado di ragionare
perché ubriaco, tra… tra me e… Saint Just era… successo qualcosa… ecco,
qualcosa che non sarebbe dovuto accadere…”
Oscar
chiuse gli occhi. Nelle orecchie un ronzio insopportabile le impediva di
pensare. Si sedette su una sedia, le gambe le tremavano.
“Cosa
vuoi dire…”
“Sei
un soldato, sai cosa succede, a volte, tra i soldati quando stanno troppo tempo
lontano dalle proprie famiglie…” André arrossì e parlò abbassando gli
occhi. Gli stava costando molto quella confessione. Aveva sperato che Oscar lo
avrebbe aiutato, e invece stava lì, giustamente sbalordita, schifata,
inebetita…
“Non
lo so, André, cosa succede?” Stava soffrendo, doveva soffrire anche lui.
Doveva dirle ‘cosa’ era successo…
André
capì, ed accettò.
“Abbiamo
fatto l’amore. Almeno così mi ha detto la mattina seguente. Io non ricordo
nulla, ero ubriaco…”
Oscar
non reagì, almeno apparentemente. Lo stomaco le doleva, e stava combattendo
contro i conati di vomito. L’immagine dei loro corpi nudi, avvinghiati,
continuava a presentarsi davanti ai suoi occhi sebbene lei cercasse di
respingerla, ma dal di fuori rimaneva dritta, altera, severa…
“Quando
capii cosa era successo, fuggii disgustato. Poi avvenne il rapimento di tuo
padre… Non sapevo cosa fare per riuscire a rintracciarlo. Pensai che Louis,
frequentando quei circoli di sedicenti rivoltosi, potesse aiutarmi. Ero
disgustato all’idea di avere a che fare nuovamente con lui, ma era l’unica
cosa che mi venne in mente. Lo rintracciai tramite Bernard… fece liberare tuo
padre, ma in cambio…”
“In
cambio?” Oscar era implacabile.
“In
cambio pretese dei diritti su di me… sul mio corpo.”
Oscar
tradì il proprio disgusto.
“Come
ha potuto… come hai potuto accettare?”
“Era
la vita di tuo padre, dell’uomo che mi aveva accolto nella propria casa, che
aveva avuto fiducia in me e per il quale qualsiasi cosa diventava legittima.
Accettai. Fu in quel periodo che cominciai ad ubriacarmi tutte le sere. Arrivare
al giorno successivo era per me una tortura…”
“Ma
allora perché lo vuoi salvare? Finalmente puoi allontanarlo da te, finalmente
non potrà più farti niente… André non c’è più niente che ti lega a
lui…” disse lei concitatamente.
“No,
Oscar. La storia non è ancora finita.”
Oscar
ripensò a come li aveva visti uniti quella sera nella casa di Marie. Riprese
l’espressione dura:
“Allora
prosegui.”
“Louis
si accorse ben presto dell’odio che provavo per lui, di come la violenza a cui
mi stava sottoponendo non gli desse soddisfazione della conquista ottenuta.
Smise di approfittare di ciò a cui aveva diritto. I nostri incontri divennero
lunghe conversazioni. All’inizio era soprattutto lui a parlare. Lo odiavo
troppo per rispondergli, ma poi la situazione si normalizzò. Qui capitò la
partenza per Meudon… la nostra conversazione… Capirai ora perché preferii
dirti che c’era un’altra donna. Ero sempre sotto il giogo di Louis, e poi
quanto accaduto cancellava qualsiasi possibilità di comportarsi come se niente
fosse successo. Prima di partire per Meudon conobbi Marie Darras, una giovane
vicina di casa di Louis… innamorata di lui. Scoprii che egli non era sempre
così crudele come era stato con me. Aveva aiutato questa ragazza e sua nonna,
entrambe molto povere, durante la malattia della donna anziana. Poi aveva
insegnato a Marie a leggere e a scrivere, e le prestava dei libri per istruirsi,
per elevarsi dall’ignoranza. Cominciai a vederlo sotto una luce diversa…
Quando tornammo da Meudon, una sera che stavo bevendo, e stavo decidendo di
parlare con Louis per convincerlo a sciogliermi dal nostro patto, successe una
cosa molto strana” si interruppe per qualche istante, come se stesse cercando
le parole giuste. “Ebbene… ebbi come il presagio che gli stesse succedendo
qualcosa di brutto… presi il cavallo e raggiunsi al galoppo la sua casa.
Trovai tutto a soqquadro, la casa completamente sottosopra e nessuna traccia di
Louis. Fu… fu allora che capii che quell’individuo che avevo odiato come non
pensavo di saper odiare stava diventando importante per me… Ero disperato, non
riuscivo a capire cosa potesse essergli successo.”
Oscar
si alzò ed andò a versarsi un bicchiere di Porto. Poi riprese la sua posizione
vicino alla finestra. Aveva bisogno di farsi forza, ma ormai il racconto non
poteva più riservarle sorprese.
“Ebbene…
era la notte del furto alla contessa di Polignac. Provai a cercarlo da Marie,
ritenendo che potesse essere l’unica a saperne qualcosa. E fu così. La
ragazza lo aveva nascosto quando erano arrivati gli uomini di de Poisson. Quando
lo vidi lì, in quella soffitta buia, abbandonato in uno stato di incoscienza,
capii quanto egli fosse importante per me, e mi travolse un’ondata di
tenerezza a cui all’inizio non volli dare il giusto nome. C’è voluto del
tempo, forse solo oggi ci sono riuscito, per ammettere quali fossero i
sentimenti che mi legavano a lui” qui André tacque.
Il
silenzio scese tra loro. Non era un silenzio astioso, era come se ognuno di loro
stesse cercando di collocare le parole che erano state dette, di prenderne atto
ed accettarle.
Rimasero
muti per parecchi minuti, mentre il crepitio delle fiamme nel camino di quella
fredda notte di tarda primavera rimaneva a riempire il silenzio.
Poi
André si alzò. Sapeva che doveva dare il tempo ad Oscar di riprendersi, di non
doverle imporre con la propria presenza di accettare immediatamente una
situazione a lei così estranea e incomprensibile.
Fra
loro ormai si era creata una frattura insanabile, niente avrebbe più potuto
riportare le cose indietro.
Qualunque
cosa fosse successa, non avrebbe più vissuto con i Jarjayes, pensò André
scendendo l’ampio scalone. Non avrebbe aspettato di essere allontanato,
avrebbe tolto il disturbo subito. Certo, la nonna avrebbe sofferto, ma almeno
poteva contare sul silenzio di Oscar, lei non lo avrebbe tradito, lo avrebbe
lasciato andare, ma non lo avrebbe umiliato. Non si erano detti niente, ma André
conosceva troppo bene la lealtà di Oscar per dubitare.
Giunto
nella propria stanza, aprì l’armadio e cominciò a svuotarne il contenuto in
una sacca. Molti vestiti li lasciò dove si trovavano, non fece lo stesso con i
libri, quei libri raccolti in una vita. Cercò di prenderne il più possibile.
Erano stati il suo nutrimento in tanti anni di malinconico servizio al seguito
di Oscar, adesso non potevano abbandonarlo per l’incerto vagabondaggio che
stava per intraprendere.
Uscendo,
chiuse la porta dietro di sé. Passò silenziosamente davanti alla stanza della
nonna, ma non entrò. Certamente per l’anziana governante non ritrovare il
nipote sarebbe stato un grande dolore, ma André sapeva sin troppo bene che la
rivelarle la verità sarebbe stato condannarla a morte…
In
fretta raggiunse le stalle, e, non senza un ultimo sguardo addolorato, lasciò
la tenuta dei Jarjayes al galoppo, mentre la ferita che la separazione gli stava
allargando nel petto non cessava di bruciare.
“André!
Ormai le tue visite notturne stanno diventando un’abitudine” esclamò un
assonnato Bernard, trattenendo uno sbadiglio.
“Scusami
Bernard. Ultimamente stai diventando la mia ‘ultima speranza’…” sorrise
mestamente André.
“Ho
bisogno di un favore. Riguarda quell’avvocato… Robespierre. Ci devo parlare,
devi dirmi dove posso trovarlo.”
“Ma
André… perché? Tu sai di cosa si occupa Robespierre… sei sicuro di volerlo
incontrare? Può essere pericoloso!” Bernard si era svegliato di colpo… dopo
tutto André lavorava sempre per dei nobili!
“Sì,
sono sicuro Bernard… hanno arrestato ingiustamente Louis Saint Just. Lo hanno
accusato del furto dei gioielli della Polignac… non ha molte speranze di
salvarsi.”
“André,
sapevo che eri uno di noi” gli sorrise affettuosamente l’altro. “Sono
contento che ti unisca alla ‘Causa’… So tutto riguardo alla ‘missione’
di Louis… altro che gioielli! Ti accompagnerò da Maximilien, organizzeremo
qualcosa… Non è nostra abitudine lasciare nei guai i compagni di lotta!”
rispose enfaticamente Bernard, mostrandosi più ottimista di quanto non fosse
realmente circa la possibilità di aiutare quell’incosciente di Saint Just.
Continua...
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