A Strange Story
parte VI
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La sera successiva al ritorno a Versailles, André decise
di recarsi a Parigi da St Just. Aveva bisogno di parlargli, di fargli capire
come quella situazione non potesse più continuare.
Nonostante la primavera incipiente, quella sera soffiava
un tagliente vento del nord. André rabbrividì, pensando alla strada che
avrebbe dovuto percorrere a cavallo. Davanti alla finestra della biblioteca,
osservava sbattere furiosamente il piccolo cancello del roseto di madame
Jarjayes, lasciato negligentemente aperto. Teneva in mano una tazza di tè,
sperando di scaldarsi, quando una ventata improvvisa e furiosa spalancò la
finestra. La tazza cadde sul pavimento, infrangendosi in mille pezzi, mentre le
tende si sollevavano, come animate da una vita propria.
André rimase immobile nel vento, fissando i cocci per
terra…. la superstizione popolare voleva che una persona cara lo stesse
abbandonando, pensò rabbrividendo. (OK, ho visto ‘Le fate ignoranti ’…)
Si chinò e raccolse alcuni frammenti nella mano, ma la
sua vista si offuscò improvvisamente. Doveva essere proprio stanco…. Ma era
naturale, erano mesi che la sua vita aveva assunto le sembianze di un vortice
impazzito… che tutto gli girava forsennatamente intorno! Eppure… eppure quel
piccolo incidente gli sembrava un presagio di sfortuna. Certo non era
superstizioso, però… quella strana atmosfera minacciosa, quel vento che
colpiva a tradimento… sembrava che tutti gli elementi si fossero coalizzati
per avvertirlo…
Le tende continuavano ad ondeggiare, ma André non si fermò
a chiudere i vetri: l’ improvvisa tempesta gli aveva messo addosso una
febbrile ansia di azione. Fece le scale di corsa, si avvolse nel mantello e
raggiunse il suo cavallo nero nelle stalle. Pochi istanti dopo, lo lanciava al
galoppo sulla strada di Parigi.
Una tempesta… una Apocalisse… non riusciva a togliersi
dalla testa queste parole…. Poi realizzò: nella Bibbia, il libro
dell’Apocalisse è anche chiamato libro della Rivelazione… era come se
quella notte promettesse una svolta importante nella sua vita!
Arrivò trafelato di fronte alla casa di St Just. Il vento
continuava a sibilare, ma qui i palazzi gli si opponevano, formando una solida
barriera. Anche la frenesia di André si era attenuata. Non riusciva a capire
cosa gli fosse successo, perché si fosse lasciato impressionare così
facilmente. Per cosa, poi? Che cosa era che temeva? L’unico timore doveva
essere non riuscire a convincere St Just a
dimostrarsi più ragionevole…
La casa era buia. Dalle finestre non si scorgeva alcun
bagliore. André salì i gradini che portavano al portone di ingresso e bussò.
Nessuna voce dall’interno, ma, ad un suo colpo più deciso, la porta, che era
solo accostata, si aprì cigolando. Entrò. Sapeva dove trovare le candele. Fu
facile riuscire a fare un po’ di luce…
Nella casa era tutto sottosopra: il tavolo era ribaltato,
i libri in terra, il letto distrutto, alcune mattonelle divelte…. André si
guardò attorno attonito: sembrava che qualcuno avesse cercato accanitamente
qualcosa…. E dov’era St Just? Possibile che… che fosse…
Uscì di corsa, doveva sapere cos’era successo, che fine
avesse fatto… E’ vero, lo aveva odiato, lo odiava ancora… certo che lo
odiava… ma non poteva finire così: doveva trovarlo!
Attraversò la strada e cominciò a picchiare
violentemente sul portone di quella ragazza, Marie Darras… Non sapeva proprio
a chi altro rivolgersi!
Nessuno arrivò ad aprire, ma André non si perdette
d’animo: vedeva la luce fuoriuscire dalle imposte, così continuò a battere
finché non si accorse che l’uscio veniva timidamente socchiuso.
“Marie, sono André, l’amico di St Just, aprite vi
prego, devo parlarvi!” disse concitatamente.
Dopo un primo momento di indecisione, Marie aprì la porta
e lo lasciò entrare.
“E’ tardi signore. Cosa volete?” gli chiese con un
tono che lui non le conosceva, un tono impaziente e diffidente.
André decise di non lasciarsi turbare, del resto era
troppo agitato per riuscire a dominarsi:
“Marie, vengo dalla casa di St Just. E’ tutto
distrutto! I mobili, i vetri, i libri… e non c’è traccia di lui! Voi forse
sapete cosa è successo… forse avete visto….. vi prego, parlate!”
Marie ebbe un momento di esitazione, poi gli rispose, con
un tono un po’ più dolce:
“Mi dispiace, non so niente. Sono alcuni giorni che non
incontro il signor Louis. Temo proprio di non potervi aiutare…”
“Non mentite, Marie. Voi
sapete... vi prego, io non voglio fargli del male, devo parlargli!”
“Non posso aiutarvi, ve l’ho detto!”
“Marie… ditemi dov’è. Io posso aiutarlo,
proteggerlo… Chiunque lo stia cercando, arriverà fino a voi, e non userà
maniere gentili per farvi parlare… siete in pericolo… tutti e due. Ditemi
tutto quello che sapete: vi prometto sul mio onore che aiuterò voi e proteggerò
lui. Vi prego…” il tono di André si era andato abbassando, fino a diventare
un sussurro.
Gli occhi della giovane si riempirono di lacrime. La
tensione di quei giorni era stata insopportabile, ma ora… ora aveva qualcuno
con cui poter condividere la sua ansia, le sue paure… Doveva fidarsi, e quel
giovane aveva uno sguardo così limpido, un tono così accorato…
“Venite… seguitemi, vi porterò da lui.”
André la seguì sul retro, e poi su per una scala buia e
ripida, fino ad una piccola soffitta polverosa.
In fondo alla stanza, steso su un vecchio letto di ferro,
giaceva St Just.
André sentì il suo respiro faticoso, vide il suo viso
esangue e poi la vistosa bendatura che gli copriva l’intero torace, dal fianco
alla spalla…
“Cosa gli è successo…” Bisbigliò senza riuscire a
distogliere lo sguardo da quella scena.
“E’ stato tre giorni fa” cominciò a raccontare
Marie…
“Era notte fonda. Io stavo dormendo, quando ho sentito
alcuni colpi contro la nostra porta. Mi sono spaventata… Non riuscivo a capire
cosa potesse essere, ero impaurita. Mi sono alzata e ho cercato di sbirciare
dalla finestra. Era buio, era difficile scorgere qualcosa, ma… vedete, noi
siamo povere, non credo che qualcuno potrebbe avere la tentazione di voler
rubare nella nostra casa… inoltre sentivo una agitazione… preoccupazione…
Insomma, sono andata ad aprire e… riverso sui gradini ho riconosciuto il
signor St Just!” si interruppe un istante, come presa dalla stessa emozione di
allora, ma poi ricominciò a ricordare: “L’ho riconosciuto immediatamente.
Giaceva lì per terra, privo di sensi… e la sua ultima speranza era stata la
mia porta… Sono riuscita a trascinarlo dentro, ad adagiarlo sul divano. Era
tardi, non potevo chiamare un dottore, ma ho comunque cercato di pulirgli le
profonde ferite che gli si aprivano sul torace. Sembravano colpi di arma da
fuoco… sul fianco era stato addirittura passato da parte a parte…
rabbrividisco al solo ricordo…” mormorò, coprendosi gli occhi.
André era impaziente che lei riprendesse il racconto, ma
comprendeva l’emozione del ricordare quei momenti. Le accarezzò la spalla,
cercando di farle coraggio. Marie gli sorrise debolmente, poi riprese a
raccontare:
“St Just rimase privo di sensi per tutto il giorno
successivo. Avevo chiamato un medico, nostro amico, che ci aveva aiutate tanto
durante la malattia della nonna. Gli curò le ferite, e mi diede delle
istruzioni molto precise, però, quando gli chiesi, cercando una improbabile
rassicurazione, quali fossero le effettive condizioni del paziente, mi rispose
scotendo la testa. Da allora, io gli sono sempre rimasta accanto. Gli ho
disinfettato le ferite, l’ho costretto a prendere le medicine, l’ho aiutato
a mangiare… ma lui non collabora…”
“Ma cosa gli è successo? Chi lo ha ridotto in queste
condizioni?” André non riusciva ancora a capire.
“Io… io non so se posso…”
“Marie!” esclamò André esasperato.
La ragazza rimase un momento in silenzio, come valutando
quanta fiducia poteva riporre in quell’uomo comprensivo ma poco conosciuto.
“Va bene. Vi dirò tutto quello che so… La sera
seguente al suo arrivo, riprese i sensi. Io gli ero vicina, lo invitai a
mangiare, ma lui non voleva. Aveva uno sguardo che non dimenticherò mai,
vuoto… apatico… Gli consigliai allora di dormire, di riposarsi. Gli sforzi
potevano solo farlo peggiorare. Non mi rispose. Lessi nel suo sguardo
sofferenza, ma anche fastidio. Feci per andarmene. Pensai che preferisse
rimanere solo. E invece mi afferrò la mano, mi fece segno di sedermi di nuovo,
e cominciò a parlare, appena un sussurro: <Marie, io non posso rimanere qui,
è pericoloso… Mi stanno cercando…> Lo interruppi, mi sembravano discorsi
assurdi… <Sei una brava ragazza, Marie, ma io non posso rimanere con te. Ho
fatto qualcosa che non verrà dimenticato facilmente. Mi stanno cercando… devo
andare via….> <Ma ‘chi’ vi sta cercando? Cosa avete fatto? Nessuno
vi cercherà qui da me, siete al sicuro!> cercai di tranquillizzarlo. <Ti
sbagli… questa volta ho giocato oltre le mie possibilità… per la prima
volta, penso che potrei non cavarmela….> Non sapevo cosa dirgli. Aveva un
aspetto così fragile… mi sembrava così indifeso… non sapevo proprio cosa
fare! <Ho dei risparmi…. Poca cosa… ma se possono aiutarvi….> Mi
sorrise dolcemente, scotendo la testa. <Sei davvero una cara amica, Marie, ma
non è questo il problema. Mi sono impadronito di un documento importante… per
una buona causa, certamente, però questo documento apparteneva ad una persona
molto importante… forse la persona più importante di Francia…> <La
contessa di…> <Sì, lei> mi interruppe. <Ma… come avete potuto?
e la Guardia Reale?> Fece un sorriso strano, di cui non capii il significato.
<La maggior parte degli uomini della Guardia sta con la Famiglia Reale a
Meudon! A Versailles è rimasto solo un piccolo contingente, agli ordini del
capitano de Poisson….. Sì> aggiunse notando il mio stupore <il cugino
della contessa… Mi sono introdotto negli appartamenti di quella donna… non
è stato difficile trovare ciò che cercavo: la contessa è una persona
prevedibile e sciocca. Un cassetto segreto! Era ovvio….> qui il signor St
Just si interruppe per riprendere fiato, io ero sempre più preoccupata, si
stava agitando troppo… ma è un uomo che difficilmente tiene conto delle
raccomandazioni altrui… <Proprio mentre stavo per uscire con il mio
bottino, sentii delle voci nel corridoio. Mi nascosi tra i tendaggi, sperando
che quelle persone non entrassero nella stanza, e invece… erano una dama di
compagnia della contessa ed un giovane cicisbeo… mellifluo e disgustoso come
solo certi campagnoli arricchiti riescono ad essere…. In ogni caso, sembravano
divertiti dal poter considerare quello il luogo adatto per un convegno amoroso.
La situazione si faceva pericolosa, avevo bisogno di lasciare il prima possibile
la Reggia. Avevo già un programma, dovevo riuscire a sfruttare il cambio della
Guardia, approfittando anche della riduzione degli effettivi. Il tempo
stringeva… Cominciai a prendere in considerazione la possibilità di calarmi
dalla finestra. Tutto sommato c’erano abbastanza appigli per pensare di
farcela. Cercai di aprire i vetri. Proprio allora sentii la voce della donna
implorare il suo compagno di accostare meglio le tende, temendo che si vedesse
troppo la luce dalle finestre. Dovevo fare in fretta. Mi calai giù,
aggrappandomi al davanzale… Ma tutto è andato storto! Nell’affacciarsi per
prendere un po’ d’aria, quello stupido si è sporto per osservare il gioco
d’acqua della fontana sottostante. Prima di lasciarmi cadere, ci siamo
guardati negli occhi…. Davvero una faccia da idiota! In ogni caso, ha
cominciato ad urlare come un donnicciola impazzita. E poi… poi il capitano de
Poisson ha giustificato la propria fama: ha capito subito quale potesse essere
la gravità di una intrusione nelle stanze della Contessa, e mi ha dato la
caccia…. Queste ferite sono il risultato della sua astuzia…> E come avete
fatto a sfuggire?> <Conosco i bassifondi meglio di lui, solo per
questo….> A questo punto, lo sforzo e l’emozione lo vinsero, facendogli
di nuovo perdere i sensi… Questo è tutto quel che so, signore. Da allora, io
l’ho nascosto in questa soffitta. Gli uomini della Guardia sono venuti anche
qui. Ma erano così convinti che St Just non potesse essere così intrepido da
nascondersi così vicino alla sua casa, che si sono accontentati di ispezionare
e mettere a soqquadro solo le stanze di sotto.”
André si avvicinò al letto. Il respiro di St Just si era
regolarizzato. Rimase ad osservarlo per un po’, poi si girò verso la ragazza:
“Marie, d’ora in poi mi occuperò io di lui. Non ti
devi più preoccupare.”
All’alba la luce del sole cominciò a farsi strada tra
le fessure delle imposte. André si era assopito, la testa appoggiata sul letto,
proprio accanto a St Just, che giaceva ancora addormentato, il respiro regolare,
il volto disteso, le braccia sulle coperte, lungo i fianchi.
Una lama di luce, brillante e calda, investì le due
figure. St Just cercò di resistere, ma il fastidio era tale che presto dovette
cedere e svegliarsi completamente.
Sentiva una strana sensazione, il dolore lasciava il posto
ad una inspiegabile inquietudine: si girò su un fianco e… lo vide.
I capelli scuri di André gli sfioravano il braccio, unica
prova tangibile che quella figura, indistinguibile nell’esitante luce del
mattino, fosse reale, mentre il viso rimaneva nascosto tra le braccia, vicino,
troppo vicino… St Just sollevò faticosamente il braccio, e con la mano
tremante cominciò ad accarezzargli delicatamente i capelli. Chiuse gli occhi,
temeva che fosse un sogno, che riaprendoli si sarebbe ritrovato solo. E invece
André era sempre lì, a vegliarlo, a proteggerlo.
Al tocco gentile di quella mano, André si tirò su,
stropicciandosi gli occhi. Quando finalmente riuscì a mettere a fuoco quel poco
di vista che gli rimaneva, e ricordò tutta la situazione, sorrise nel vedere
l’altro sveglio e vigile.
“Buongiorno André” sussurrò St Just, non sapendo che
reazione doversi aspettare.
“Ciao Louis” André sorrideva ancora, ma era anche un
po’ imbarazzato.
“E’ la prima volta che mi chiami per nome.”
André rimase un attimo in silenzio, poi disse:
“Marie mi ha raccontato tutta la storia. Sei in
pericolo, non puoi rimanere qui.”
“Lo so… ma non ce la faccio più, sono stanco… e poi
non saprei dove andare.” St Just si girò dall’altro lato. Le ferite gli
dolevano, ma la sua sofferenza era dovuta principalmente al fatto che, pur
avendo André così vicino, nulla fra loro sarebbe più potuto cambiare.
“Non ti riconosco più”, sospirò André scuotendo il
capo. “Sei davvero tu l’uomo che ha sempre fatto di tutto, ma proprio
tutto” e qui abbassò lo sguardo “per ottenere ciò che voleva?” Rialzò
la testa e la sua voce si levò più alta e limpida: “Ieri ho capito per la
prima volta quanto sia importante per te quello che fai, la battaglia che
combatti. Hai fatto una pazzia, pochi avrebbero rischiato come hai fatto tu, ma
le conseguenze possono davvero essere devastanti per lo stato della Francia, e
ora non te ne importa più nulla? Quante volte mi hai detto che combattevo una
battaglia non mia? E ora che finalmente riesco a capire cosa volevi dire, ora
che…”
André si interruppe di colpo, una lacrima scorreva lungo
il viso di St Just, mentre il corpo, abbandonato sui cuscini, manifestava quella
stessa resa completa.
“Louis, cosa hai, perché fai così…”
Rimasero in silenzio alcuni istanti. Poi, lentamente, St
Just fece un sorriso forzato, poi disse:
“Sono solo, André. Non ho mai avuto nessuno che si
occupasse di me. Tutto quello che ho fatto, e avevi ragione quando me lo
rinfacciavi, l’ho fatto per rabbia, per odio, non per amore. Ho insudiciato
anche le poche cose belle che casualmente mi hanno attraversato il cammino. Non
ho mai meritato nulla, e invece ho sempre pensato che tutto mi fosse dovuto.
Anche con te, André, non immagini come io mi vergogni…”
“Basta…. È una cosa passata. Io ti ho odiato, ho
sofferto… non sai quanto per me sia difficile ricordare… ma, Louis,
guardiamo avanti, ieri notte ho capito che possiamo lasciarci indietro tutto
quanto, e ricominciare da capo…”
St Just gli sorrise, tra le lacrime, e… André non riuscì
a resistere ad un impulso improvviso. Seduto sul letto, prima gli passò un
braccio intorno alle spalle, poi, con l’altra mano, prima gli scostò i
capelli dalla fronte, poi gli accarezzò il viso bagnato. Infine lo avvolse in
un abbraccio che l’altro non si aspettava, un abbraccio caldo, avvolgente, che
provocò l’abbandono completo di St Just contro il suo petto.
“André, non mi abbandonare, ti prego…” mormorò
questi, il viso nascosto tra le pieghe della camicia dell’amico, le deboli
braccia strette intorno al suo collo.
Erano due giorni che André mancava da casa.
Chissà, probabilmente era andato a raggiungere quella
donna a cui aveva accennato… Forse adesso erano abbracciati… Oscar soffriva
nel pensare a queste cose, ma, nello stesso tempo, non poteva fare a meno di
torturarsi. C’era qualcuno a cui non mancavano i dolci abbracci di André,
qualcuno che poteva permettersi di accarezzarlo, di baciarlo, di dormire sulla
sua spalla… E invece lei non avrebbe mai avuto questo… una vita di
solitudine, a questo era condannata. Si accostò il bicchiere di vino rosso alle
labbra: certamente le rimanevano tante cose da fare… no, la sua vita non
sarebbe stata inutile. Lei sarebbe stata esattamente ciò che il padre si
aspettava: un soldato, un uomo… Si alzò e si avvicinò alla finestra: e se
invece avesse continuato a combattere per il suo amore? Sapeva che anche in quel
momento di disperazione, anche quando lui l’aveva respinta, le era rimasto,
chissà perché, un barlume di speranza che non tutto fosse già deciso… Ma
come fare, era riuscita a raccogliere tutte le proprie forze e ad affrontare la
situazione con dignità, ed ora… Ora tornare indietro, inseguirlo pur sapendo
che lui amava un’altra donna? Era esattamente il comportamento che lei aveva
sempre disprezzato nelle dame di Versailles: lei non si sarebbe mai umiliata,
nemmeno per André… ma… ma forse non sarebbe stato necessario umiliarsi,
forse poteva solo cercare di capire quale fosse esattamente la situazione…
doveva vedere questa donna che era riuscita dove lei aveva fallito, sì, questo
le era assolutamente necessario per arrivare a rassegnarsi definitivamente…
Proprio in quel momento, la figura di André a cavallo
attraversò il suo campo visivo. Gli occhi di Oscar lo seguirono fino alle
stalle, poi di nuovo sul sentiero che portava alla porta laterale. Oscar sollevò
il bicchiere nella sua direzione:
“A te, André, che mi hai fatto sentire una donna, mi
hai privata delle mie sicurezze e ora mi lasci sola!” e bevve tutto di un
fiato dal bicchiere colmo.
Era difficile capire qualcosa della sua vita, adesso. André,
steso sul letto, pensava a quegli ultimi giorni. Il confronto con Oscar a Meudon,
la situazione di Louis, la propria… Fino a quel momento non era riuscito a
fermarsi e a pensare a cosa lo stavano portando tutti quegli ultimi eventi,
quanto radicalmente sarebbe cambiata la sua vita in conseguenza di quelle scelte
che erano state dettate solo dagli impulsi del momento. Ora invece era
necessario fare il punto della situazione: ripensò alla conversazione con Oscar
nei giardini di Meudon. Oscar, la sua fragile Oscar, gli aveva rivelato quello
che da una vita lui aveva desiderato sentirsi dire…. Eppure tutto era andato
diversamente da come aveva sempre immaginato. Invece di abbracciarsi e
cominciare insieme il loro cammino verso la felicità, lui l’aveva respinta,
aveva detto di essere innamorato di un’altra. Già, di un’altra…
André cercò di analizzare le sensazioni che aveva
provato quanto aveva trovato la porta della casa di St Just aperta sulla casa a
soqquadro, a come aveva temuto per la vita di quello che aveva sempre
considerato il suo aguzzino. Sapeva di aver sentito il suo stomaco stringersi,
mentre un nodo in gola gli impediva di respirare. Perché aveva reagito così?
Si girò su un fianco e chiuse gli occhi: cercò di respingere tutti questi
pensieri, aveva capito che, in realtà, non aveva voglia di analizzare quello
che gli stava accadendo, era per questo che, fino a quel momento aveva evitato
di farlo. Forse… sì, forse aveva paura di fare ordine nella sua vita, come se
questo potesse metterlo di fronte ad una realtà spiacevole…
I giorni passavano.
Le ferite di St Just si stavano rimarginando, e la
vicinanza di André stava facendo per lui molto di più delle amare medicine che
questi lo costringeva a prendere.
Aspettare l’arrivo del tramonto era diventato lo scopo
della sua giornata, infatti André aveva preso l’abitudine di recarsi al
Marais appena terminati gli obblighi militari. Ovviamente durante il giorno
spesso St Just aveva la compagnia di Marie, ma, per quanto lui provasse simpatia
e molta gratitudine per la sua giovane vicina, con André era tutta un’altra
cosa.
Dall’episodio dell’abbraccio, egli si era imposto di
non fantasticare, di cercare di non pensare ad una svolta nella loro relazione,
ma un fondo di gioia infantile, che emergeva nelle circostanze più disparate,
rivelava come, per quanto involontariamente, gli fosse impossibile accorgersi
della sollecitudine di André nei propri confronti e non sperare.
Certamente St Just non dimenticava la presenza di Oscar.
Aveva anche capito che doveva essere successo qualcosa di importante fra lei e
André, ma non era riuscito a sapere di più, e comunque cercava in ogni modo di
dimenticare la sua esistenza. André era restio a prendere questo argomento, e
le loro conversazioni vertevano su temi molto poco personali, almeno per quel
che riguardava André.
In quel momento, Marie si affacciò alla porta. Aveva in
mano il vassoio con il tè.
“Marie, che ore sono? Mi sembra tardi e André non è
ancora arrivato” le chiese tirandosi a sedere sul letto.
La ragazza gli sorrise:
“Sono appena le sei. In genere non arriva prima delle
sette. Non c’è alcun motivo di preoccuparvi.” Si interruppe per guardare
fuori dalla finestra. Le giornate si erano allungate, e la primavera era nel
pieno del proprio fulgore. A lei piaceva la primavera, mentre sapeva che St Just
era una creatura invernale.
“Vi ho portato del tè. Bevetelo, vi farà bene”.
St
Just rise. Ogni cosa che raggiungesse lo stomaco doveva fargli
bene, secondo Marie. Comunque si assoggettò al volere della sua infermiera, e
strinse la tazza bollente tra le mani.
Mancava poco all’arrivo di André, si disse. Poteva
occupare il tempo leggendo gli ultimi libelli che gli aveva procurato la
ragazza, in questo modo non sarebbe rimasto tagliato fuori dai principali
avvenimenti di Parigi. Era comunque un modo per fare qualcosa, altrimenti
sarebbe rimasto a contare i minuti, rendendo l’attesa insopportabile…
Ancora una volta la giornata stava per concludersi, ancora
una volta André era stato imperscrutabile. Era corretto, impeccabile,
amichevole… ma non aveva assolutamente nulla in comune con il ‘suo’ André.
E ancora una volta Oscar si chiese come dovesse essere una donna per
trasformarlo in questo modo.
André non era uno sciocco, non si sarebbe fatto ingannare
da una svenevole fanciulla tutta moine, una delle tante dame di corte che gli
facevano gli occhi dolci quando attraversava i corridoi di Versailles… no, non
l’avrebbe sopportata! Ma non lo vedeva neanche con una qualche giovane e
semplice figlia del popolo. André sapeva essere il migliore, il più
comprensivo degli uomini, ma aveva bisogno di una donna che gli fosse
culturalmente alla pari. André era appassionato di storia, di letteratura…
quante volte avevano discusso delle tesi di Lutero o dei meriti di Cromwell!
Doveva essere una donna colta, dolce, buona, bella… Oscar sorrise tristemente:
doveva essere perfetta, l’equivalente femminile di lui. Forse… Sì, forse
poteva essere una giovane insegnante, piena di speranze e di ideali, una donna
consapevole e comprensiva, ma anche forte. Insomma, una donna su cui contare.
Cercò di scacciare questa immagine dalla sua testa. Le
veniva da urlare al solo pensare loro due insieme, e poi… poi, in fondo, cosa
ne sapeva lei dei gusti di André? Non lo aveva sempre dato per scontato? Non
aveva sempre pensato che gli bastasse la vita con lei, che lei fosse il fulcro
di tutte le sue scelte?
Sentì bussare alla porta.
“Comandante Oscar, i turni di guardia sono stati
stabiliti. Avete altri ordini?”
Era davvero strano che Girodel uscisse fuori sempre nei
momenti meno propizi. L’essere intempestivi era una vera e propria pecca per
una persona che voleva costruire la propria carriera nella corte di Versailles.
“No, per oggi non c’è altro, Girodel. Grazie, potete
andare”.
Con un inchino, il capitano lasciò la stanza. Anche per
Oscar era giunto il momento di tornare a casa. Tutti i soldati che non erano di
turno si stavano preparando a lasciare la reggia. Per un istante Oscar invidiò
quelle vite di cui non sapeva niente, immaginandole, probabilmente a torto,
molto più semplici della propria. Ma come al solito non ebbe tempo per le
elucubrazioni. Tra di essi non tardò a scorgere André che, già in sella a
Golia, stava imboccando la via per Parigi.
Oscar possedeva, al contrario di Girodel, molte doti che
la rendevano un ottimo comandante. Una di queste, indubbiamente allenata dalle
necessità insite nel suo ruolo, era la capacità di prendere velocemente
decisioni.
Fece di corsa le scale per raggiungere le stalle e, pochi
istanti dopo, era già in sella a César.
Certamente André non avrebbe mai pensato di essere
seguito, quindi il compito di Oscar si rivelò abbastanza semplice. Osservava
Golia procedere al trotto serrato sulle strade di Parigi. Entrarono in città
mentre il sole allungava sempre più in fretta le ombre dei campanili di Notre
Dame. Dalle larghe strade maestre di accesso, passarono presto a vie sempre più
strette, nascoste agli occhi di chi frequentava solo le zone monumentali, vanto
di tutti i francesi.
Per quanto Oscar conoscesse bene la propria città, gli
scorci che le si aprivano davanti facevano parte di un mondo a lei estraneo. Non
era la Parigi nobile, ma una città più popolare, una città che la tentava con
il suo miscuglio di miserie e grandezze. Vedeva i cani aggirarsi affamati tra i
rifiuti, i mendicanti fare sfoggio delle proprie mutilazioni per aprire i
portamonete dei passanti, e gli strilloni cercare di attirare i clienti ai
banchetti agli angoli della strada, ma vedeva anche bambini che giocavano
allegri, gruppi di giovani fanciulle, evidentemente lavoratrici, che riempivano
di voci spensierate i marciapiedi cercando di prolungare quel dolce momento di
passaggio tra il giorno e la notte.
Per la prima volta Oscar si sentì una estranea nel
proprio territorio, e questa sensazione la metteva a disagio. Aveva sempre
cercato di avere tutto sotto controllo, e invece capiva di aver sempre visto e
vissuto un unico pezzo di mondo, e il fatto che per André non fosse la stessa
cosa le acutizzava il senso di perdita. André aveva vissuto una propria vita,
indipendente e piena, della quale non aveva mai pensato di metterla al corrente.
Finalmente lo vide fermarsi di fronte ad una bassa
casupola. Oscar si nascose in un vicolo, sporgendosi quel tanto che le
consentiva di vedere chi fosse ad aprire la porta.
E fu così che vide Marie. La osservò quel tanto che la
scomoda posizione le consentiva.
Sicuramente era una giovane bella e dall’espressione
dolce. E poi doveva essere molto giovane… Per la prima volta Oscar pensò alla
propria età, e si accorse che non per molto ancora sarebbe stata nel
‘fiore’ degli anni.
Ora la ragazza gli aveva sorriso e lo aveva fatto entrare.
Legato César, Oscar cercò di avvicinarsi. Ormai era buio, le luci accese all’interno delle stanze avrebbero certo favorito le sue osservazioni. Oscar non era abituata a spiare, e quanto stava facendo le metteva un certo imbarazzo, ma la rapida occhiata che aveva dato alla giovane non l’aveva soddisfatta. Non aveva notato quei segni che le avrebbero fatto perdere immediatamente ogni speranza. Forse si illudeva, ma ormai era giunta ad un punto tale che doveva assolutamente sapere con certezza cosa era successo ad André e se la propria battaglia fosse irrimediabilmente persa.
Continua...
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