A Strange Story
parte III
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André non tardò a capire, in quelle prime ore dopo la
notizia del rapimento, che toccava a lui prendere in mano la situazione. Oscar
era troppo coinvolta, non riusciva a ragionare con freddezza, quindi era
necessario che fosse lui a cercare di capire quali fossero le mosse giuste da
fare.
La nonna era riuscita, dopo molte insistenze, a convincere
Oscar ad andare a riposarsi un po’, e quindi, lasciato solo, davanti al camino
che rischiarava la stanza già avvolta dalle frettolose tenebre invernali,
André ripensava all’intera situazione.
La prima cosa che lo colpì fu il fatto che il rapimento
del generale Jarjayes seguisse così da vicino quello di Oscar… già, il
rapimento di Oscar…
Oscar era stata tratta con l’inganno nelle cantine del
duca di Orleans, e lì era stata imprigionata da Bernard, sotto le spoglie del
Cavaliere Nero, e dalla sua banda. André aveva capito cosa spingeva Bernard a
rubare ai ricchi per dare ai poveri, lui non era un aristocratico e quindi era
toccato dalla miseria del popolo, ma… una cosa che lo aveva sempre sorpreso
era stata l’efficiente organizzazione che si celava dietro le imprese del
cavaliere mascherato, una organizzazione esagerata per quella che, alla fin
fine, era un’opera di beneficenza. Ma questa organizzazione in che modo era
intervenuta? Era intervenuta con i rapimento e con la richiesta di un riscatto…
sempre armi! Possibile che ci fossero le stesse persone dietro ai due episodi?
Era possibile, ma non si trattava di Bernard. André aveva compreso Bernard,
quell’uccisione a sangue freddo non era da lui… ricordava la sua espressione
quando si era accorto di averlo ferito. Se non era Bernard, poteva significare
solo che l’organizzazione aveva altri capi, che si erano serviti del Cavaliere
Nero, ma che erano ben più potenti ed organizzati. Forse, però, Bernard poteva
sapere qualcosa…
André si alzò. Era bene che Oscar si riposasse un po’…
lui, invece, sarebbe uscito per una passeggiata a cavallo.
“André… che sorpresa!” gli disse Rosalie aprendo la
porta.
“Ciao Rosalie, come stai? Quanto tempo…” sorrise
lui.
“Tutto bene.. come sono contenta di vederti! Entra,
dimmi in cosa posso esserti utile”, gli disse lei piena di gioia.
“Rosalie, devo chiederti un favore. Vorrei sapere dove
posso trovare Bernard. So che Oscar lo aveva mandato da te, per curarsi, ed ora
ho assolutamente bisogno di parlargli. Spero che mi possa aiutare per una
faccenda molto importante”, le disse André, una volta entrato nel piccolo
appartamento.
Rosalie arrossì dicendo: “Bernard? Beh, se hai bisogno
di vederlo, devi semplicemente salire al piano di sopra. Ha affittato la stanza
nel sottotetto. A quest’ora dovresti poterlo trovare in casa… ma c’è
qualcosa di grave? Riguarda Oscar?” Chiese preoccupata.
“Non ti preoccupare Rosalie, niente che non si possa
risolvere. Grazie per il tuo aiuto.”
“Oh André, non devi ringraziarmi. Tu e Oscar siete
stati così buoni con me… dimmi, invece, come sta Oscar?”
“Oscar? Come sempre. Esattamente come la ricordi.
Nessuno di noi è cambiato, niente è cambiato a palazzo Jarjayes… niente
cambierà” rispose lui sorridendo.
“Capisco, André”, disse lei, mentre un velo di
tristezza scendeva sul suo volto, nonostante il sorriso che le sue labbra
rivolgevano all’amico di un tempo.
André salì al piano di sopra. La luce della stanza
filtrava da sotto la porta. Bussò con tre colpi decisi.
“Ciao André… che sorpresa rivederti! Entra…” gli
disse uno stupito Bernard.
La stanza era rischiarata dal fuoco che ardeva nel camino
e dalle candele su un tavolino ingombro di carte, al quale, evidentemente,
Bernard stava lavorando.
“Ciao Bernard. Capisco la tua sorpresa, scusami se sono
venuto così, all’improvviso, ma devo chiederti una cosa importante”
replicò André con tono grave.
“Vieni, siediti vicino al fuoco… scusa per il
disordine… dimmi in cosa posso aiutarti” gli disse Bernard, affaccendandosi
per sgombrare un sedile.
“Bernard, vengo subito al punto. Hanno rapito il padre
di Oscar, il generale Jarjayes…”
“Cosa? Quando è successo…” lo interruppe l’altro.
“Ieri. Questa mattina è arrivata la richiesta del
riscatto. Sono venuto da te perché le circostanze che hanno portato a questo
rapimento ricordano quelle del rapimento di Oscar…”
“André, ti assicuro che io non c’entro!” Lo
interruppe bruscamente Bernard, guardandolo dritto negli occhi.
“Lo so, Bernard. So che non faresti una cosa del genere
ad Oscar, ora che l’hai conosciuta. Io voglio sapere se, per caso, tu non
possa indirizzarmi verso qualcuno che potrebbe saperne qualcosa. Come riscatto
sono stati chiesti dei fucili, più o meno lo stesso quantitativo richiesto per
Oscar. C’è nessuno, magari una frangia della vostra organizzazione, che
potrebbe star dietro a tutto questo?” Chiese pacatamente, ma in cuor suo
terrorizzato dall’eventualità di una risposta negativa.
Il pensiero di Bernard volò immediatamente a St Just e ai
suoi adepti. Queste imprese pazzesche erano proprio le loro preferite! Però
poteva anche essere che non fosse una loro opera… in ogni caso quello era l’ambiente
in cui André avrebbe potuto sapere qualcosa.
“André, non voglio darti false speranze… io non so
niente, però so dove si incontrano alcuni gruppuscoli che agiscono
autonomamente, come sabotatori contro i nobili. Si tratta di una taverna di St
Denis. Stasera è tardi, il posto è lontano e arriveresti che il locale ha
appena chiuso, ma domani sera… è solo un tentativo, ma lì potresti ottenere
qualche notizia…”
La sera successiva André entrò nella sala affollata e
poco illuminata che gli aveva indicato Bernard. Si avvicinò al bancone ed
ordinò da bere. In mezzo a quella folla era difficile cercare di carpire
informazioni. Fragorose risate risuonavano tra i diversi tavoli. Diede un’occhiata
di insieme alla stanza. Alcuni gruppi giocavano a carte, altri discutevano.
Improvvisamente la sua attenzione fu attratta da un tavolo seminascosto dal
buio, nel fondo della sala. André impallidì, e la mano che teneva il bicchiere
si irrigidì, arrivando a rompere il vetro.
St Just stava parlottando con Jean e Michel, quando alzò
lo sguardo.
Aveva sentito una specie di brivido lungo la schiena, ma
la sala era quella di sempre, con la stessa gente di sempre… in quel momento
si aprì la porta ed un nuovo avventore si avvicinò al bancone.
Il suo cuore diede un balzo… possibile che fosse André?
Aveva tanto desiderato incontrarlo in quelle settimane… tante volte aveva
cercato di immaginare come sarebbe stato il loro incontro, cosa si sarebbero
detti… ed ora… ora era come impietrito.
André era sempre bellissimo… con quella sua aria
malinconica che lo aveva colpito sin dal loro primo incontro. Sarebbe stato
meraviglioso se… ma lui sapeva di non doversi illudere. Purtroppo già
immaginava il disgusto che avrebbe visto sul suo volto non appena André si
fosse accorto di lui.
Vide che si guardava intorno. Aveva un’aria un po’
smarrita, come se non sapesse dove fosse capitato, ma nello stesso tempo
sembrava cercare qualcosa.
Piano piano si girò fino a rivolgersi verso l’angolo
più buio in cui lui stava seduto con Jean e Michel. St Just vide il bel viso
dell’amico trasformarsi: prima impallidire, poi arrossire per la rabbia. Vide
il bicchiere cadere in pezzi sul bancone e l’oste accorrere preoccupato. Vide
gli occhi di André, ardenti di una rabbia mal repressa, e pensò a quanto l’amava,
a quanto desiderava ancora essere stretto tra le sue braccia, a cosa avrebbe
dato per una parola di affetto.
Si alzarono contemporaneamente. André si diresse verso la
porta, St Just corse per raggiungerlo.
“André!” Lo chiamò quando l’altro aveva appena
messo la mano sulla maniglia.
André si voltò. Come in un caleidoscopio, la sua rabbia
aveva lasciato il posto ad una profonda tristezza.
“André, come stai?” gli chiese con un sussurro.
“Che ci fai qui, St Just…” sibilò André.
“Ci vengo spesso con i miei amici… ma… TU che ci fai
qui?! Non mi sembra il posto adatto per l’attendente di un Colonnello della
Guardia reale. Qui i nobili non sono ben visti” gli rispose lui, sottovoce.
André aveva cercato di cancellare quell’episodio dalla
sua mente, ed in parte ci era riuscito, aggrappandosi a tutte le giustificazioni
che poteva trovare per quella notte di follia, ma rivedere il volto di St Just
lo aveva ricacciato nell’abisso di ribrezzo da cui si era faticosamente tirato
fuori. Eppure, e la cosa aumentava il disprezzo per se stesso, capiva che questo
incontro era una occasione che non poteva perdere per sapere qualcosa sul
rapimento del generale Jarjayes. St Just era, evidentemente, addentro a quell’ambiente
di relitti umani che nascondevano il fallimento delle loro esistenze dietro
azioni violente e crudeli, perpetrate non nel nome di un miglioramento delle
condizioni del popolo, ma nel nome della distruzione e della morte.
“St Just, tu mi hai fatto una cosa terribile, quella
notte…. Zitto, non voglio sentire le tue proteste… ma io ora ho bisogno del
tuo aiuto” gli disse rabbiosamente, avendocela con se stesso per dover
scendere così in basso da chiedergli aiuto. Continuò: “Se non fossi proprio
disperato, niente mi tratterrebbe dal fuggire il più possibile lontano da te,
per non vedere il tuo volto, che è una continua accusa alla mia abiezione… ma
devo chiederti di aiutarmi…”
“Spero che non riguardi quella stupida donna in uniforme
che invocavi quella notte… capirai, date le circostanze non sarebbe carino da
parte tua…” gli rispose sprezzante.
Aveva capito qual era il problema di André, aveva capito
che anche in questa circostanza lui era guidato dall’amore per quella Oscar,
aveva capito che solo l’estrema necessità di vederla felice lo aveva portato
a rivolgergli la parola. Di nuovo il suo sorriso assunse le sembianze di un
ghigno. André voleva il suo aiuto? Lo avrebbe pagato… ed il prezzo sarebbe
stato alto!
Quella sera, quando arrivò a casa, André trovò Oscar ad
aspettarlo.
“André, sei stato fuori tutto il giorno… dove sei
stato?” gli chiese Oscar, alzando il viso dagli occhi vitrei verso di lui.
“Avevo bisogno di pensare, di capire cosa potevamo fare
per trovare tuo padre…”
Oscar si levò in piedi di scatto “Sei riuscito a
trovarlo, André?”
“Non l’ho proprio trovato ma… ” André abbassò
gli occhi. Era difficile spiegarle cosa era successo. “Oscar, forse tuo padre
tornerà molto presto…”
“Oh André” sussurrò lei, mentre le lacrime le
velavano lo sguardo, “André… ci sei riuscito!”
“No, Oscar. Io ho fatto davvero poco… Credo che si
siano accorti che non conveniva mettersi contro la famiglia Jarjayes… Oscar…
ti prego, non fare così…”
Oscar si era appoggiata contro il suo petto lasciando
libere di uscire tutte le sue lacrime di felicità. André, con la mano
tremante, le accarezzò i capelli. Sapeva di non essere degno di starle vicino…
chissà cosa avrebbe detto la sua Oscar se avesse saputo quale patto aveva
dovuto accettare per la liberazione del padre!
Il giorno dopo, poco dopo l’alba, una carrozza di piazza
depose il generale Jarjayes di fronte al cancello del suo palazzo.
Il generale era stanco ed affamato. Una ferita al fianco
lo faceva gemere ogni volta che faceva un movimento brusco, mentre diversi
lividi gli coprivano il viso e il collo.
“Padre!” Urlò Oscar, piena di gioia, correndo a rotta
di collo giù per le scale “Padre… come vi sentite? Come siete arrivato?”
gli chiese ansimante.
Anche André e la nonna gli andarono incontro per
accoglierlo.
“Oh, figlia mia… per qualche momento ho pensato che
non ti avrei più rivista… Nanny, André… sono felice di rivedervi tutti…”
disse lui, abbandonando per un momento il suo abituale riserbo.
La Nanny andò subito nelle cucine, decisa a portare al
generale la migliore colazione che avesse mai mangiato. André, invece, aiutato
da Oscar, tentò una fasciatura per la ferita del generale.
“André, cosa hai fatto alla mano?” Gli chiese Oscar,
vedendo che lui aveva la mano destra sapientemente bendata.
“Niente Oscar, è solo un graffio” rispose lui,
arrossendo.
Il generale sorrise: “La persona che ti ha fatto la
fasciatura doveva essere più esperta di te” disse, passando lo sguardo dalla
mano di André al proprio fianco.
André sorrise, forzatamente, arrossendo ancora di più,
sotto gli occhi incuriositi di Oscar.
Il generale raccontò l’avventura del proprio rapimento
e dell’improvvisa liberazione: era stato rinchiuso in una vecchia costruzione
di cui non poteva ricordare nulla, perché vi era stato portato svenuto, ed era
stato lasciato al buio durante tutta la prigionia. Della sua cella ricordava
solo l’umidità delle pareti e il pavimento di pietra. Molto poco per poterla
individuare, comunque. La notte precedente, uno dei suoi carcerieri aveva aperto
la pesante porta che lo teneva rinchiuso, e gli aveva ingiunto di seguirlo.
Attraverso una serie interminabile di cunicoli, lo aveva portato all’aperto.
Lo aveva fatto salire su una carrozza chiusa, e, senza dire più una parola, lo
aveva depositato vicino ai Giardini del Lussemburgo. Stanco e malconcio com’era,
aveva faticato a trovare una vettura di piazza per portarlo a casa, ma poi,
finalmente, aveva varcato il cancello di Palazzo Jarjayes, concluse sorridendo.
André si ritirò presto, quella sera. Oscar era rimasta
nella stanza del padre per fargli compagnia, quindi lui non aveva più obblighi,
per quel giorno.
Seduto sul letto, con la testa tra le mani, pensava a
quanto valeva questa liberazione. Aveva visto la felicità negli occhi di Oscar,
aveva sentito il suo viso appoggiato sul proprio petto… si alzò di scatto:
tutto questo gli era costato molto, ma, ancora una volta, concluse che ne valeva
la pena. Lui doveva tutto alla famiglia Jarjayes…
Qualche minuto dopo, una figura avvolta da un pesante
mantello scuro, spronava il cavallo al galoppo sulla strada che collegava
Versailles a Parigi.
“André… sei arrivato. Temevo quasi che avessi
dimenticato il nostro appuntamento…” disse St Just, sfoderando uno dei suoi
beffardi sorrisi.
André si stava guardando intorno, aveva proprio l’aria
di uno che volesse fuggire il più lontano possibile, ma lui lo sapeva: ormai
era riuscito a metterlo in trappola. Era suo, senza possibilità di fuga…
improvvisamente questo pensiero lo fece rabbrividire… improvvisamente gli
apparve davanti agli occhi la disperazione della loro situazione: per motivi
diversi, ma erano entrambi disperati. André avrebbe tradito la donna che amava,
avrebbe accettato con ribrezzo ciò che non poteva evitare, e lui… lui avrebbe
incancrenito ulteriormente quella ferita aperta una sera ormai lontana, nella
piccola chiesa di St Jacques.
Ma non doveva pensare a questo, non era da lui lasciarsi
guidare dalla pietà… doveva godere di ciò che aveva tanto faticosamente
ottenuto.
Robespierre non aveva preso bene la fuga del Generale
Jarjayes… non era arrivato a sospettare di lui, ma ogni tanto gli aveva
lanciato delle strane occhiate, probabilmente perché non aveva reagito con la
solita violenza al fallimento del loro piano… doveva stare attento.
Guardò di nuovo il bel viso di André. Era incredibile
quanto lo desiderava… ma voleva fare le cose con calma.
“Avvicinati André… accanto al fuoco potrai
riscaldarti un po'” gli disse.
André non si mosse.
“Non mi sembri molto collaborativo…” sogghignò lui.
“Mi sembra inutile perderci in convenevoli, non siamo
amici… non siamo niente” furono le parole di André. Le pronunciò
lentamente, tristemente. Non cercava una via di fuga, aveva capito che non ce ne
sarebbero state.
Fu St Just ad avvicinarsi. Gli slacciò il mantello,
lasciandolo scivolare su una sedia. Cominciò a sbottonargli la giacca… Gli
occhi di André erano vitrei. Non guardava il suo compagno, fissava un punto
oltre la sua testa, dove la finestra buia si affacciava su una Parigi
intorpidita dal freddo.
I suoi occhi rimasero asciutti, come se il gelo avesse congelato le sue lacrime. Si lasciò guidare verso il letto, si lasciò baciare, toccare, ma non reagiva, come se lì ci fosse solo il suo corpo, come se la sua anima non avesse mai conosciuto quei luoghi.
Continua...
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