Solo uno
parte 2
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Nota della webmaster: questo racconto era presente sul sito di Alex, La leggenda di Versailles. Quando il sito, per una sofferta e dal mio punto di vista comprensibilissima, decisione di Alex ha chiuso, il racconto era rimasto senza finale, in particolare, senza uno dei finali. L'autrice si è rivolta al sito Little Corner per curare una nuova pubblicazione, con una nuova revisione del testo e noi siamo felici di accoglierla. Cogliamo anche l'occasione per un saluto affettuoso alla nostra Alex!
Camminavano veloci, i Soldati della Guardia, camminavano preceduti da Oscar. La loro meta era la Bastiglia, fortezza, simbolo dell’assolutismo francese, del potere del re e di tutti i torti fatti al popolo.
Camminavano veloci, i Soldati della Guardia, diretti dove sapevano che c’era bisogno di loro. Erano ancora lontani dalla loro destinazione, e già potevano sentire il rombo dei cannoni.
Aumentarono il passo, mettendosi quasi a correre. Perché la strada sembrava allungarsi sotto i loro piedi? Perché tutti quei vicoli? Oscar non li ricordava. Le sembrava che si fossero creati dal nulla in quel momento, con l’unico scopo di ritardare il loro cammino, il suo cammino. Aveva fretta, Oscar, di arrivare alla Bastiglia. Aveva fretta di morire. La sua mente aveva, razionalmente, già distrutto l’illusione di aver ricevuto un messaggio da André. Ora, le rimaneva solo la speranza di venire colpita. Nulla nel suo comportamento faceva supporre una tale speranza: era calma, distaccata, quasi… sì, quasi assente. C’era in lei la calma che deriva, in certi caratteri, dalle grandi emozioni, o dalla rassegnazione. Oscar desiderava morire, ma sapeva che, prima, aveva un compito da svolgere, e quel compito si trovava davanti a lei: la Bastiglia doveva cadere.
Erano finalmente arrivati alla piazza, la battaglia si svolgeva davanti a loro. Più che una battaglia, in realtà, sembrava un massacro: il popolo tentava di dare la scalata al ponte, di colpire i fucilieri nascosti dietro le merlature, ma veniva sempre respinto indietro a colpi di cannone, lasciando ogni volta molti morti dietro di sé. Con l’occhio attento ed esercitato del soldato, Oscar individuò subito cosa non andava in quell’assalto: gli attaccanti erano in netto svantaggio, per un unico motivo.
- I cannoni! Perché i nostri non sparano con i cannoni?- si chiese, mentre si faceva largo tra la folla, sempre seguita dai suoi soldati, diretta dove aveva intravisto i pezzi d’artiglieria. Arrivarono giusto in tempo per sentire la domanda di Bernard, e la risposta datagli.
- Ma perché non sparate coi cannoni? Anche noi li abbiamo!-
- Ma noi… non sappiamo usarli, Bernard! Non possiamo sparare perché non sappiamo come si fa!-
- Ma è mai possibile?- si chiedeva il giornalista, strabiliato. In quel momento, Oscar intervenne:
- Bernard! Non preoccuparti, siamo qui noi, ora.-
- Oscar!-
Lei si voltò, dando un segnale ai suoi uomini. Scavalcò un affusto, portandosi davanti alla batteria.
- Caricate i cannoni!- gridò.
I soldati si lanciarono ai loro posti, gridando la loro risposta, felici di avere nuovamente il comandante che conoscevano, forte e determinato, quel comandante cui, dopotutto, erano affezionati.
- Puntate verso la parte alta della fortezza!-
I suoi ordini scandivano i loro movimenti. Oscar sguainò la spada, lentamente, con decisione. La sollevò sopra la sua testa, nella classica posizione insegnatale dal padre. La abbassò di scatto, urlando il suo comando:
- Fuoco!-
Lo spostamento d’aria causato dal passaggio dei proiettili le scompigliò i capelli, proiettandoli in avanti e facendoli svolazzare. Oscar sorrise, mentre l’eccitazione della battaglia cresceva in lei. Era nata per combattere, non vi era solo stata educata. Vedendola così, la spada levata, i capelli in disordine che le svolazzavano attorno, illuminata dalle esplosioni dei cannoni, a ben ragione la si sarebbe potuta considerare come il dio della guerra. I difensori della Bastiglia ne furono quasi intimoriti, i suoi soldati rinvigoriti, mentre la stessa eccitazione cresceva in loro. Oh sì, il loro comandante era senza dubbio il migliore, donna o no. Se lei glielo avesse ordinato, sarebbero stati capaci di scalare le mura della fortezza e vincere a mani nude i suoi difensori, tanta era la forza e la determinazione che Oscar infondeva loro.
- Fuoco! – fu di nuovo il suo ordine, e i cannoni tuonarono in risposta, infliggendo nuovi danni alle mura della famosa prigione.
Alain era iperattivo, galvanizzato dalla vista di Oscar illuminata dal fuoco della battaglia.. lui da solo sarebbe bastato a far funzionare un cannone: inseriva la polvere, sollevava i proiettili come fossero sassolini, accendeva la miccia e subito saltava a raffreddare il fusto del cannone, poi di nuovo lo caricava, senza un attimo di sosta. I suoi compagni lo guardavano strabiliati, non ricordavano di averlo mai visto così attivo. Sarà l’entusiasmo per la causa, pensavano. In realtà, ciò che lo animava era l’entusiasmo per il comandante. I suoi sogni, credeva, si stavano realizzando. Vedere Oscar viva, e combattiva, l’aveva colmato di gioia. Gli sembrava che quella battaglia fosse il primo passo sulla strada che l’avrebbe portata a vincere il dolore e il rimpianto, per tornare a vivere, con la consapevolezza di essere donna e di essere soldato, senza dover sacrificare un lato della sua personalità a vantaggio dell’altro. Alain non sapeva che Oscar era malata e aveva i giorni contati. Non sapeva che la sua massima speranza era di venir colpita in quella battaglia, non sapeva che ciò che Oscar desiderava con tutta se stessa era poter morire e, se anche l’avesse saputo, non vi avrebbe creduto. Non vi avrebbe creduto perché non era quello che lui voleva. Certe volte, vediamo solo ciò che vogliamo vedere, mentre ciò che mette in pericolo il mondo che ci siamo costruiti lo ignoriamo, non lo accettiamo, ci rifiutiamo di vederlo. Così Alain si rifiutava di capire che il sorriso di Oscar era, sì, di sfida, ma una sfida disperata, si rifiutava di vedere le lacrime che, ancora, brillavano nei suoi occhi.
La guardava spesso, ogni volta che poteva. Oltre la sua figura si stagliava la Bastiglia, cupa, minacciosa, ma ai suoi occhi già sottomessa alla dea che aveva davanti agli occhi.
Fu un attimo, il tempo parve fermarsi all’improvviso, per poi riprendere a scorrere più veloce di prima, troppo veloce, non c’era tempo per pensare, si poteva solo seguire il proprio istinto. Alzando gli occhi verso la fortezza, mentre già si prendeva gioco di lei, il suo occhio colse qualcosa di strano. Il luccichio dei fucili spianati, pronti a sparare. Con un lampo di precognizione capì quale sarebbe stato il loro bersaglio. Lasciò ricadere ciò che aveva in mano, per correre verso di lei, per proteggerla dai colpi che le avrebbero sparato tra breve, per portarla dietro le loro linee, dove sarebbe stata al sicuro.
- Comandante!- gridò, mentre si slanciava verso di lei. Non fu abbastanza veloce da raggiungerla in tempo, prima che i fucilieri facessero fuoco. Ma lei, sorpresa dal suo urlo, si era girata verso di lui, guardandolo interrogativa, per un secondo. Alain la vide sbarrare gli occhi e accasciarsi su se stessa, mentre lui la raggiungeva, afferrandola prima che cadesse per terra.
- Comandante, comandante! – la chiamò, ma lei non rispose, la testa girata di lato, gli occhi chiusi, il volto pieno di sangue.
- Avanti, aiutatemi a portarla via di qui, non statevene lì impalati! – si rivolse agli altri soldati, fermi davanti a lui.
Spronati dalla voce di Alain, si raggrupparono intorno ad Oscar, la sollevarono e la trasportarono più lontano, si muovevano macchinalmente, troppo sconvolti per pensare a qualsisia cosa. Si lasciavano guidare da Bernard che, pur scosso anch’egli, grazie alla sua mentalità da giornalista era riuscito a recuperare velocemente un minimo di pensiero logico e a guidarli lontano dalla piazza. Si fermarono in un vicolo, distante qualche centinaia di metri dal luogo dello scontro. Adagiarono Oscar, sempre svenuta, sopra alcuni mantelli stesi a terra. Un parigino, su ordine di Bernard, era andato a cercare un dottore, che li raggiunse in breve tempo.
Alain si sentiva crollare tutto il mondo attorno. Dopo sua sorella, sua madre, poi il suo migliore amico, André, ora Oscar, la donna che, nonostante tutto, amava. Sentiva che la ragione lo stava abbandonando, si aggrappava con tutte le sue forze alla flebile speranza che Oscar non fosse in pericolo di vita, che non fosse ferita gravemente, insomma, che non sarebbe morta. Guardava disperato il medico che le ascoltava il respiro, le misurava il battito del polso, le toglieva la giacca per capire se avesse ferite.
In quel mentre Oscar riprese i sensi. Scosse la testa e aprì gli occhi, mentre il dottore la riadagiava sui mantelli.
- Dove… dove sono?- chiese con voce soffocata.
- Comandante! Comandante, come vi sentite?- fu la risposta di Alain, che si sentì immediatamente riportare alla vita.
- Alain? Cos’è successo?-
- Siete stata ferita, comandante. Siete stata ferita e vi abbiamo trasportato lontano dalla Bastiglia. Qua siete al sicuro. – tentò di spiegarle. Ma Oscar non lo ascoltava, attenta a qualcos’altro che avveniva in lontananza.
- Alain, perché non sento più il rombo dei cannoni? Perché avete smesso di sparare?-
- Ve l’ho detto comandante. Non è rimasto nessuno alla Bastiglia, vi abbiamo portato tutti qua. Eravamo preoccupati per voi.-
- Che idiozie dici, Alain? – la sua voce si era fatta irata, debole ma infinitamente arrabbiata. Tentò di rialzarsi, ma ricadde al suolo con un gemito. – Avete lasciato il vostro posto solo perché io ero ferita?! Tornate subito ai cannoni e aprite il fuoco sulla fortezza. Noi dobbiamo prendere la Bastiglia!-
- Comandante, calmatevi, comandante!- la preghiera di Alain, preoccupato nel vederla così agitata. Temeva che aggravasse le sue condizioni.
- No, no, no! Riprendete il fuoco! Sparate, sparate sempre! Alain, ti affido il comando. Io… io sono troppo stanca…
Oscar richiuse gli occhi, piegando la testa di lato. Era molto pallida, il contrasto tra la sua pelle candida e il sangue scuro che continuava a scorrere fece rabbrividire gli uomini, come per un oscuro presentimento. Lui, Alain, non l’avrebbe voluta lasciare. Tutt’altro, avrebbe voluto stringerla tra le braccia, difenderla da tutto il mondo… ma lei, lo sapeva, non l’avrebbe accettato, mai. C’era una sola cosa che poteva fare per lei. Una sola, e l’avrebbe fatta, anche se gli martoriava il cuore il solo pensarlo. Si alzò in piedi e si rivolse ai suoi compagni:
- Soldati della Guardia! Tornate tutti ai vostri posti!-
Furono scossi dal suono della sua voce. Si guardarono in faccia, sorpresi, inebetiti, poi annuirono, mentre la ragione cominciava a tornar loro. Si alzarono tutti quanti in piedi, dirigendosi verso l’uscita del vicolo, tornando da dove erano venuti. Alain fu l’ultimo a muoversi. Gli riusciva difficile allontanarsi. Fatti pochi passi, si voltò nuovamente a guardarla. Era bella, bellissima, così com’era, con i capelli in disordine e il volto sporco di sangue, ancora più bella, ai suoi occhi, che se avesse avuto i capelli acconciati e il volto truccato alla perfezione. Sentì che il cuore gli si stringeva dolorosamente, come per un oscuro presentimento, mentre si metteva sull’attenti e la salutava. Lei non lo vedeva, aveva gli occhi chiusi, ma lui non voleva andarsene senza quell’omaggio, l’unico che potesse darle. Non voleva andarsene ignorandola. Era pur sempre il suo comandante…
Si voltò e si mise a correre, a correre per raggiungere i suoi compagni, a correre come se da quella corsa dipendesse tutta la sua vita.
pubblicazione sul sito Little Corner del marzo 2004
Continua...
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