Solo uno

parte 1

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 Nota della webmaster: questo racconto era presente sul sito di Alex, La leggenda di Versailles. Quando il sito, per una sofferta e dal mio punto di vista comprensibilissima, decisione di Alex ha chiuso, il racconto era rimasto senza finale, in particolare, senza uno dei finali. L'autrice si è rivolta al sito Little Corner per curare una nuova pubblicazione, con una nuova revisione del testo e noi siamo felici di accoglierla. Cogliamo anche l'occasione per un saluto affettuoso alla nostra Alex!

Oscar vagava per la città. Gli occhi pieni di lacrime, vedeva tutto annebbiato. Non sapeva dove stava andando, e anche se l’avesse saputo, non le sarebbe importato.

Ora, conosceva bene Parigi, vi lavorava ogni giorno. Prima, quando comandava la Guardia reale, la conosceva molto meno. Sapeva orientarsi, sì, ma, le rare volte che vi andava fuori servizio, preferiva lasciarsi guidare da André. Lui la conosceva molto meglio di lei. André… André… L’angoscia le serrò il cuore in una morsa. André… Era morto poche ore prima… era morto tenendole la mano… era morto per una ferita al petto… era morto… l’aveva lasciata… sola… Il suo grido di dolore si elevò nel buio della notte, rompendo la pace che fin allora aveva regnato, da quando al tramonto si erano spenti gli scontri tra soldati e cittadini… pace… tutti erano andati a dormire… in pace… tutti erano in pace ora… pace… solo lei non riusciva a trovare pace… il dolore, il senso di perdita, di vuoto, non le permettevano di dormire, di trovare pace.

Arrivò fino alla Senna, seguendo un suonatore ambulante. Doveva gettare, lui, il cadavere del padre nella Senna. Per un attimo, pensò di seguire quel corpo. Sarebbe stato facile… bastava fare un passo in più, non fermarsi sull’orlo, lasciarsi andare… così… dolcemente… forse l’acqua sarebbe stata calda… come le braccia di André… si sarebbe riunita a lui… l’avrebbe ritrovato… il suo dolore sarebbe finito… così… dolcemente…

Ritta sull’orlo dell’abisso, a un passo dalla morte, Oscar si ritrasse. Lei, che aveva affrontato la morte in mille occasioni, che quel giorno se l’era vista passare davanti più e più volte… lei, che rifiutava la paura, fu terrorizzata dalla prospettiva di quella morte così fredda, silenziosa, anonima. Lei, che mai aveva indietreggiato di fronte al pericolo… fuggì da quell’argine, da quel fiume, da quel destino, da quella fine. Fuggì perché le mancava il coraggio di compiere quel passo estremo, fuggì maledicendosi, dandosi della vigliacca, per non essere riuscita a compiere l’unico gesto che l’avrebbe liberata da quel dolore che non le permetteva più di vivere, che le stringeva il cuore in una morsa dolorosa, che le scavava un abisso dentro, lo stesso abisso che si portava dentro da anni a che era stato riempito dall’amore di André, in quei brevi, meravigliosi, unici istanti. Con lui accanto, si era sentita finalmente piena, realizzata. Ora, invece… Si sentiva in colpa, perché non era riuscita a rivelarsi prima. Se l’avesse fatto, pensava, non avrebbe avuto solo quella notte da ricordare, non solo quei momenti da rievocare. Se l’avesse fatto, sarebbe stata felice più a lungo e, chissà, forse le cose sarebbero andate diversamente. Forse, se avesse trovato prima il coraggio che le serviva, André sarebbe stato ancora vivo, l’avrebbe ancora potuta stringere tra le braccia, cullarla, parlarle, consolarla come solo lui sapeva fare. Lei avrebbe potuto riposarsi con la testa appoggiata al suo petto, avrebbe potuto avvolgersi nel suo profumo, bearsi nell’ascoltare la sua voce… Cominciò a parlare, si rivolgeva a lui, sognando che fosse ancora accanto a lei, che potesse risponderle. Gli chiedeva consiglio, aiuto, quel sostegno che le aveva sempre dato. Ma le sue invocazioni erano vane, le sue domande rimanevano senza risposta. André era morto, e non sarebbe tornato. Le tornò allora alle labbra la preghiera di poco prima: “Dio, fammi morire o fammi diventare pazza!”

Cominciò a sperare di incontrare un’altra pattuglia. Stavolta non avrebbe combattuto, non si sarebbe difesa, non sarebbe fuggita. Avrebbe accolto la morte con gioia. Era stanca, stanca di combattere, stanca di essere coraggiosa, stanca di essere. Ora, il suo unico desiderio era potersi fermare e dormire, lasciarsi andare, forse sognare, rivedere André…

Fu colta da un attacco di tosse. Solo il giorno prima, aveva maledetto la sua malattia, che la condannava ad una morte lenta ed inesorabile, che rideva dei suoi sogni, del suo desiderio d’amore e di felicità. Ora, invece, ringraziava il cielo di essere malata, di avere i giorni contati. Sì, il giorno prima aveva sperato di poter vivere, di guarire, ma il giorno prima c’era André con lei… con lei… Scoppiò a piangere, le gambe le cedettero, si ritrovò distesa là, in quel vicolo, raggomitolata su se stessa, scossa da singhiozzi disperati, invocando il suo nome, chiamandolo, come se ancora avesse potuto risponderle. Ma solo l’eco delle sue parole tornava alle sue orecchie, riportato dal vento. E, di nuovo, portata dall’angoscia, le salì alle labbra quella preghiera, atroce, disperata: “Dio, fammi morire o fammi diventare pazza!”.

A poco a poco, i singhiozzi divennero sempre più radi e meno violenti, finché non si quietò del tutto e, vinta dalla stanchezza, Oscar scivolò in un sonno profondo e senza sogni, che le portò, almeno per quella notte, quella pace che tanto desiderava.

 

Più lontano, ancora accampati nella piazza vicino alla chiesetta, i soldati della Guardia ribelli dormivano. Avevano smesso poco prima di cercare il loro comandante, convinti dalle parole di Alain. Ma lui, Alain, lui non dormiva. E non era solo quella pioggerellina sottile e insistente a tenerlo sveglio, ma la preoccupazione. Nonostante ciò che aveva detto ai suoi compagni, era molto preoccupato, temeva che, nelle condizioni di spirito in cui si trovava, Oscar tentasse qualche colpo di testa. L’aveva sentita, poco prima, invocare la morte, chiederle che venisse a liberarla. Temeva che, spinta dalla disperazione, decidesse di esaudire da sé quella preghiera e porre fine alla sua vita. Sapeva che lei riteneva di non poter più combattere, senza André, ma sapeva anche che tutti loro avevano bisogno di lei, di seguire i suoi comandi, di sentire le sue incitazioni. Lui, poi, lui aveva bisogno anche solo di vederla. Già, proprio come André, c’era cascato anche lui, e con ancor meno speranze di André. La sua disperazione gli spezzava il cuore, tuttavia sperava ancora. Sperava che lei decidesse di continuare a vivere, che trovasse la forza di risollevarsi e andare avanti. Non credeva che si sarebbe mai potuta consolare della perdita del suo uomo, no, non in quella vita perlomeno. Eppure sperava. Se fosse stato un po’ più obiettivo, avrebbe saputo che da un dolore come quello non ci si risolleva mai veramente. Quello di Oscar era un dolore che non muore mai. Quel tipo di dolore può smorzarsi, smettere di esplodere violentemente, ma rimane sempre lì, sotto la cenere del tempo, pronto a divampare ancora. Sì, certo, a tutti sarebbe sembrato che Oscar si riprendesse, che emergendo dal baratro nero in cui si trovava ora continuasse a parlare, a camminare, a mangiare come sempre, a vivere. Sì, ma a vivere con la morte dentro. Il dolore, come i parassiti delle piante, l’avrebbe consumata dall’interno, lasciando solo un vuoto involucro di carne con un’apparenza di vita. Tutti avrebbero detto: si è ripresa, ha superato il suo dolore. Ma quel dolore sarebbe rimasto, invisibile a tutti, nascosto da lei stessa, e come un fuoco mai spento ma coperto con la cenere per poterlo ritrovare acceso il mattino dopo, sarebbe bastato un niente. Un nome, una frase, un’immagine, un volto, un profumo, che risvegliassero un ricordo, sarebbero stati sufficienti. Allora la disperazione, con nuova forza, avrebbe spazzato via tutto, l’azione del tempo, delle abitudini, le difese costruite contro se stessi, risvegliando l’angoscia e il senso di vuoto soffocati per anni. Ma in quel momento, Alain quello non lo sapeva. Anche lui aveva un dolore nel cuore, un dolore da soffocare, ma questo non bastava a spegnere in lui la speranza che Oscar superasse il suo dolore. Lui, soffriva in un altro modo. In più, lui non aveva nessuno cui confidarsi. Oscar, invece, aveva tante persone attorno a sé. Anche lui, sì, l’avrebbe aiutata con tutte le sue forze, in ricordo di André, perché era sicuro che André avrebbe voluto così. Avrebbe voluto che lei continuasse a vivere, l’amava tanto che avrebbe preferito che lei lo dimenticasse e si ricostruisse una vita, invece che distruggerla per il dolore. André non si sarebbe mai perdonato di averla fatta soffrire, anche se con la sua morte. Sì, André avrebbe voluto che Oscar si riprendesse, ne era sicuro. E quello, fu il suo ultimo pensiero cosciente, prima di precipitare in un sonno fatto di sfinimento.

 

Il rumore del popolo che correva ad assaltare la Bastiglia svegliò anche Oscar. Il sonno aveva un po’ calmato l’angoscia disperata che le stringeva il cuore, e la novità gridata da tutti, che passava di bocca in bocca, servì a distrarla un momento dal suo dolore.

In lei c’era ancora la speranza –assurda, inconsapevole, ma presente– che André non l’avesse lasciata, che fosse solo un brutto sogno. Perciò non tardò ad identificarlo nella figura che le apparve davanti, in controluce in fondo al vicolo.

- Allora Oscar, che stai facendo qui senza far niente? Stanno andando tutti alla Bastiglia. Chiunque abbia un’arma, un’arma qualsiasi, va alla Bastiglia. Cosa aspetti a guidare i tuoi Soldati della Guardia? Loro adesso aspettano tutti nella piazza. - La voce non era più quella calda di André. Un’altra vi si era sovrapposta, una dal timbro più acuto.

- Comandante, vi prego di venire con me, perché noi vogliamo continuare a combattere ai vostri ordini. -

Oscar sgranò gli occhi, sorpresa, interdetta, appena capì qual era la verità. Il suo desiderio era tanto forte che le aveva fatto scambiare una persona per un’altra. Non era André, quello davanti a lei, non lui, ma…

- Ma, ma tu sei Alain!-

Si svegliò dal suo sogno, tornando alla realtà. Aveva ancora addosso il suo mantello. Glielo rese.

- Questo è tuo, grazie.-

- Di niente comandante. - la avrebbe dato molto più, se solo lei avesse voluto.

- E così, non dovrei deludere i miei Soldati della Guardia? -

- Esatto comandante.-

Oscar chinò gli occhi. Avrebbe tanto voluto rispondergli di andare al diavolo, lui e tutto il resto del mondo, cosa le poteva importare ora? Lei non voleva più combattere, non senza André al suo fianco. Voleva solo riposare, non doversi più preoccupare di niente, rinchiudersi nel suo dolore. Per troppo tempo aveva ignorato i suoi sentimenti, ora voleva essere libera di soffrire. Ma poi, improvvisa, un’idea. Forse, forse André era stato lì, forse le aveva detto di alzarsi e combattere! E se non fosse stato così, beh, in un assalto, era facile venire colpiti…

Ma prima, prima di riassumere il comando dei suoi soldati, prima di rimettersi la maschera di donna coraggiosa, prima voleva dare ancora sfogo ai sui sentimenti, essere ancora per un po’ solo una donna sofferente.

- Dimmi Alain, prima di andare, potrei… potrei piangere ancora un po’?-

- Ma certo… Piangete pure quanto volete.-

Allora, dando via libera a tutto il suo dolore, versò nuovamente lacrime amare, piangendo sulla sua spalla. Oh, aveva molte lacrime Oscar, aveva le lacrime di una vita, le lacrime di oltre trenta anni in cui le aveva reputate solo inutili e nocive.

 

pubblicazione sul sito Little Corner del febbraio 2004

Continua...

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