Il viaggio degli inganni
parte ottava
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Dalla finestra Oscar potette osservare gli ultimi preparativi prima della nuova partenza. I rifornimenti erano stati tutti effettuati. Il viaggio che li avrebbe riportati verso casa era ancora lungo, ma ad Oscar sembrò, in quei momenti, molto breve, fin troppo breve. Guardò il baule di fronte a sé. Persino lei aveva ricevuto un rifornimento di capi di vestiario. Le mie maschere, pensò. Si voltò. André stava finendo di prepararsi. Le sorrise. La raggiunse per abbracciarla. “Non davanti alla finestra…”, gli disse, “Allora vieni qui”, le rispose, teneramente, prendendole le mani. Rimasero abbracciati, finché non sentirono bussare alla porta. Oscar andò ad aprire e due soldati presero i bauli che rimanevano da caricare.
Il convoglio si mise in marcia in quelle prime ore di una giornata di primavera ancora, a tratti, molto fredda. Oscar guardava dal finestrino, in compagnia degli altri servitori, le campagne del Berry che la carrozza, lentamente, stava lasciando alle sue spalle. La meta successiva, Tours, era ancora lontana e ci sarebbero voluti due giorni di viaggio per raggiungerla. Ripensò alla notte precedente, a tutto l’amore che c’era stato tra lei e André, alla tenerezza, alla passione. Ripensò al modo in cui André la guardava mentre faceva l’amore con lei, al modo in cui André le parlava, mentre faceva l’amore con lei. E al modo in cui lei rispondeva a lui, con i gesti, con le parole, con il corpo e con il cuore. Sorrise, pensando a come era strano pensare a se stessa come una amante, a se stessa come una donna, a se stessa come una donna che fa l’amore, a se stessa come una donna che ama.
Non
pensavo che fosse così… non pensavo di essere così.
Una folla si era radunata sulla strada principale di un piccolo paese. Al passaggio delle carrozze una banda attaccò a suonare. Oscar si affacciò dal finestrino e vide André, dalla sua carrozza, fare altrettanto. Salutava la folla, con gesti eleganti.
Che attore! Doveva fare l’attore, non certo il mio attendente, stipendio più alto, zero rischi… nessun cavallo da sellare… e nessuna donna colonnello da difendere, soprattutto…, pensò Oscar, mentre sorrideva guardando la scena.
Due ragazze, graziose, si avvicinarono al cavallo di Girodel. Dopo qualche minuto, Oscar le vide arrivare sotto la carrozza di André. La carrozza venne fermata. Una delle due ragazze porse un fiore ad André, che si sporse per dare un bacio sulla guancia alla ragazza. Le due ragazze si inchinarono, e ridendo imbarazzate si ritirarono nella folla, mentre altre ragazze, colpite dall’aspetto di André chiedevano baci, André ricambiava quelle richieste sorridendo e salutando con ampi gesti della mano dalla carrozza che intanto si era rimessa in marcia. Girodel sbuffava. E non era il solo.
E
adesso basta con la commedia! André, mi sembra che tu abbia recitato più che a
sufficienza per oggi… decisamente! Ho l’impressione che dovrò farti
riprovare la tua parte, stanotte! E
dovrai riprovarla più volte, per sicurezza!”,
pensò Oscar, piccata da quanto aveva visto fare ad André.
Ma
non tutto il paese era accorso a vedere l’imperatore. Dalla carrozza, Oscar
vide un gruppo di persone allontanarsi mestamente da una piazza. Una donna
anziana piangeva disperata. Sola. Oscar impallidì scoprendo il motivo della sua
disperazione. Un ragazzo che era stato impiccato. Giovane, molto giovane. Oscar
si affacciò e fece fermare la carrozza. Richiamò l’attenzione di un uomo
anziano, che stava allontanandosi anche lui dal luogo in cui il ragazzo era
stato ucciso.
“Che
cosa succede? Perché hanno impiccato quel ragazzo?”, chiese Oscar.
“Ha
avuto quel che si meritava, madamigella, conoscete le nostre leggi. E’ stato
trovato a fare l’amore con chi non doveva. Un servo che fa l’amore con una
nobildonna. Questa è la nostra legge. Per lei il disonore e il convento, per
lui la morte, E per la vecchia Sabine, sua madre, il più crudele dei dolori”.
“…
grazie… grazie per la vostra risposta…” mormorò Oscar, chiudendo di
scatto il finestrino. Si rese contro di stare tremando mentre non riusciva a
staccare gli occhi da quel corpo senza vita. Sentì il cuore battere
velocemente, molto più velocemente. Sudava freddo, pallida, le mani strette a
pugno.
“Madamigella,
non vi sentite bene? Volete fermare
il convoglio?. Sono spettacoli davvero orrendi, e una dama come voi non dovrebbe
mai vedere una cosa del genere, oltretutto era quanto meno sconveniente che
questa esecuzione fosse fatta in coincidenza con il nostro passaggio, con il
passaggio dell’imperatore d’Austria!” disse l’anziano cerimoniere seduto
di fronte a lei.
“No…
non fermate… andiamo via”, Oscar rispose, abbassando gli occhi.
Nonostante
i suoi tentativi di sembrare tranquilla, Oscar non riusciva a pensare a
nient’altro che a quello che aveva visto e sentito.
No… non può essere… non è giusto… lui… a lui non succederà… non deve succedere… no… no… a costo di morire io al posto suo… no… André no…non deve… non deve succedergli una cosa come questa… nessuno… nessuno dovrà mai sapere… mai… mai… non deve succedere…
Le
carrozze si fermarono poche miglia fuori dal villaggio. Oscar doveva portare il
pranzo nella carrozza dell’imperatore. Scese con il suo paniere, per andare
verso la carrozza di André. Vide Girodel, che parlava con alcuni uomini.
No… lui… lui già sa qualcosa anche se mi crede un’altra donna E’ pericoloso… troppo pericoloso… André è già in pericolo… io… devo difenderlo… a qualunque costo…
Salì
sulla carrozza di André, mentre il convoglio riprendeva la sua marcia più
lentamente.
“Oh,
non dirmelo! Anche quest’oggi panini per pranzo!!! Credo che alla fine di
questo viaggio avrò assunto io stesso la forma di un panino!”, disse André,
mentre Oscar tirava fuori le vettovaglie. Scura in volto, non lo guardava, ma
rivolgeva il suo sguardo fuori del finestrino.
André
sfiorò con un dito il palmo della sua mano. Oscar si scostò di scatto a quel
contatto.
“Ma
cosa succede, Oscar, non volevo spaventarti. C’è qualcosa che non va?”
“Niente,
niente André”, rispose lei, girandosi dalla parte opposta.
“Ma…
non hai fame?”, le chiese lui, il tono sorpreso e lievemente preoccupato.
“No,
non ho fame. Scusa, devo andare.”
Si
alzò per andare verso la portiera. Le braccia di lui la raggiunsero.
“Niente
dolce?” chiese, lo sguardo pieno di affetto… e di “cattive”
intenzioni….
“Ci
possono vedere” disse lei.
“Se
è per questo…” disse André mentre chiudeva le tendine.
“Devo
andare André, scusa.”
“No,
aspetta… volevo solo dirti… mi sei… mi sei mancata oggi…”
“Devo
andare André, e basta!”, disse lei aprendo la portiera. Scese dalla carrozza
in gran fretta. André la vide tornare di corsa sulla carrozza dei servitori.
… ma cosa ho detto?… sono stato troppo brusco?… che succede, Oscar?
Al
tramonto Girodel decise di far fermare le carrozze presso una locanda. Una
spedizione di ricognizione si era assicurata che la locanda fosse sicura e
adatta per ospitare l’imperatore e il suo seguito.
I
servitori predisposero il necessario per la cena dell’imperatore, che fu
portata direttamente nella sua stanza e uno dopo l’altro si ritirarono per la
notte. Di tutta quella gente André aspettava una sola persona. E dovette
aspettare molto, tanto da assopirsi, quando, finalmente, sentì bussare alla
porta.
Si
alzò di scatto e andò velocemente verso la porta.
“Sì?”
“Marianne
de Perpignac, il cambio per domani, maestà.”
“Entrate!”
La
fece entrare. Aveva effettivamente dei vestiti in braccio. André chiuse la
porta.
“Dai
a me, questi pesano”, le disse sorridendo.
“Lascia
stare, faccio io” rispose, allontanandosi da lui.
Posò
i vestiti su una sedia, senza guardarlo in volto. André la guardò. Tesa, molto
tesa. Doveva sapere il perché. Subito.
Oscar
fece per allontanarsi. “Buona notte”.
“No,
non puoi andar via così, non puoi.”
“Certo
che posso. Buona notte, André.”
André
si spostò ad impedire che lei potesse lasciare la stanza. Era davanti alla
porta ora. Le sbarrava il passo.
“Non
te lo dirò due volte, André, fammi uscire” disse lei, il tono alterato.
“Non
ci penso neanche lontanamente. Che cosa succede, Oscar?”
“Nulla,
e non ti devo dare spiegazioni. Di nessun genere. Fammi uscire.”
“No,
non senza una spiegazione”.
Una spiegazione… cosa dovrei dirti?… che non voglio che tu soffra… che tu muoia a causa mia?… no… dimenticami André… dimenticami adesso… prima che sia troppo tardi… io non voglio… non voglio…
“Non
ho spiegazioni da darti. Voglio solo andare via. Ora-”
“Non
vai da nessuna parte. Sei tesa, nervosa e non capisco il perché. Ti ho
aspettato tutta la sera perché non vedevo l’ora di vederti, si può sapere
che cosa succede?”
… mi aspettava… anch’io…anch’io non vedevo l’ora di vederti… non guardarmi così, André… non rendermi tutto così difficile… ti prego… io… è già tanto difficile così… io non posso…
“Per
favore rispondimi, c’è qualcosa che ti ho fatto?” disse André, sfiorandole
un braccio, dolcemente.
“No,
ma non voglio che tu mi tocchi.”
“Ma
perché?, Oscar, davvero non capisco, perché? Siamo soli adesso! Nessuno ci
vede. Perché?”
… perché… perché… una spiegazione… devo dargli una spiegazione…
“Chiediti
piuttosto perché devo assistere ad esibizioni come quella di oggi, attore da
quattro soldi”, esclamò Oscar, scostandosi da lui.
“Quale
esibizione?”
“Quella
che hai dato in paese, caro il mio magnifico imperatore,
quanto sei bravo a fare la parte, eh?”
“Amore…
per favore…”
“Non
ti avvicinare, ti ho visto sai?, lanci baci a tutte, ti fai baciare da tutte.
Bene! Continua a farti baciare da loro!”
André
non riuscì a trattenere una risata. “Ma… davvero questo è il problema?
Tu… tu sei gelosa di me?”,
il tono a metà tra lo stupito e il divertito.
Non
avrebbe mai pensato di vederla ingelosita e furente. Gli sembrò tenera.
Immensamente tenera. Gelosa di lui? Ma lui non l’avrebbe mai tradita! Ebbe una
gran voglia di abbracciarla. Lo fece. Oscar respinse l’abbraccio.
“Davvero,
non devi essere gelosa, cosa vuoi che mi importi di quelle ragazze. Non mi
ricordo nemmeno come erano vestite! Vieni qui, ti prego…”
Una
spiegazione inconsistente… ancora più ridicola… guardando gli occhi di lui
dal silenzio in cui si era arroccata, dalla sua difesa, Oscar riuscì a vedere
solo amore per lei. Questione di attimi, e avrebbe potuto essere tra le sue
braccia. Un solo gesto, un solo sguardo, e avrebbe potuto essere di nuovo felice
tra le sue braccia. Ma non poteva. Così, lo attaccò.
“Non
voglio avere a che fare con te. Non più.”
“Ma
perché?”, un altro tentativo di avvicinarsi a lei. Respinto.
“Io
e te non siamo… non siamo uguali… tu sei…”
“Il
tuo servo? E’ questo
che vorresti dire, eh?”
“Sì,
tu sei il mio servo, non lo dimenticare!”
“Ah,
bene, io non lo devo dimenticare eh?
Eh Oscar? E tu? Tu l’avevi
dimenticato ieri notte? E l’altro ieri? E stamattina? Lo avevi dimenticato,
che sono il tuo servo? E cosa te l’ha fatto ricordare? Eh? Che cosa?”
“Io
non devo dirti altro!”, fece lei.
Lui
l’afferrò, spingendola verso la porta. La abbracciò con forza, baciandole le
labbra. André la sentì prima immobile, poi la sentì rispondere al suo bacio.
Perché Oscar… perché?…
“Anche
questo avevi dimenticato?”, riprese lui, baciandola sul collo, “Anche questo
vuoi dimenticare?”
Oscar
sentiva di non poter più resistere
a lungo, senza abbracciarlo a sua volta, senza amarlo a sua volta…
Riuscì
a dargli uno schiaffo, e André si separò di scatto da lei. La guardò, la mano
ancora sulla guancia. Una ferita, molto più grave che lo schiaffo in sé.
“Ti
amo, Oscar, ti amo anche se sono un servo! E allora?”
“Tu
non puoi”, disse lei, il volto tornato serio.
“E
chi decide cosa posso o non
posso? Dio? Gli uomini? Tu?
Io posso sellarti il cavallo, pulire le stalle, stare al tuo fianco, mangiare
gli avanzi della tua tavola. Tutto questo lo posso fare, certamente. E posso
amarti, da lontano, in silenzio, senza mai pensare di sfiorarti. E’ questo che
vuoi dirmi? Sono il tuo servo, e lo ero anche ieri, lo ero anche quando mi
chiedevi di fare l’amore con te! Ero il tuo servo anche quando tu mi baciavi.
Lo sai questo, no? Cosa vuoi da me? Spiegamelo, Oscar, spiegamelo che non
capisco! Cosa c’è di veramente differente tra me e un nobile? Eh? Tu lo sai,
Oscar? Che cosa distingue i nobili dai servi, tu lo sai? Quando ti baciavo mi
sembrava che per te non facesse differenza, anzi, mi sembrava che ti piacesse,
anche se sei nobile e io il tuo servo…”
“Noi,
noi non possiamo…”
“Ah,
bene!, adesso siamo NOI a non
potere!. Di’ piuttosto che sei tu che
non puoi, e non vuoi. Sei tu che
non puoi abbassarti ad amare me.
Puoi fare l’amore con me. Ma amarmi no, è un’altra cosa! A chi? A chi è
riservato questo privilegio? Al primo che si presenterà da tuo padre pronto a
prenderti in moglie? Al primo che vanterà una contea o un baronato? Sarà a lui
che dirai ti amo? Chi è il servo,
Oscar, chi è? Sei tu, sei tu,
Oscar, che non puoi, sei tu che per fare l’amore con me fingi di essere
un’altra donna. Sei tu che sei giunta a mascherarti per potermi amare!”
La
rabbia di André era ormai svanita, ma aveva lasciato il posto ad una sofferenza
profonda.
Oscar
si avvicinò a lui. Una carezza, una carezza leggera sulla guancia
schiaffeggiata poco prima, una carezza per lenire un dolore molto più grande,
molto più grande di quello che lei potesse immaginare. Molto più grande. Cercò
il suo sguardo. Lo trovò. Triste. Disperato. Si avvicinò fino a toccare con le
sue labbra quelle di lui. André vide l’amore di lei per lui, in quel preciso
momento. Ricambiò il suo bacio, stringendola a sé, rendendo il suo bacio più
profondo, il suo respiro più veloce, i suoi movimenti più frenetici. La spogliò,
per fare l’amore con lei lì, si spogliò, per entrare dentro di lei. Una
smorfia quasi di dolore, sul viso di lei. “Ti prego, più piano…”
“Perdonami…
perdonami amore…” Lui rallentò il ritmo, e lei lo seguì. Mentre la
stringeva, le parlava, sussurrava al suo orecchio “Non capisci che ti amo? Io
ti amo, ti amo, Oscar.” Lei lo spinse ad aumentare il suo ritmo. “Ho bisogno
di te”, le ripeteva quasi ossessivamente. Quando quell’atto d’amore
improvviso ebbe termine, André si accorse delle lacrime sul volto di lei.
“Perché?, amore mio, perché piangi?”
“Quell’uomo…
quell’uomo, al villaggio, l’hanno ucciso, lo hanno impiccato perché amava
una come me, ed era il suo servo”. La spiegazione di tutto.
André
le accarezzò il volto, dolcemente. Poi si separò da lei.
“Oscar,
la vita non mi ha dato nulla, nulla di quello che ha dato a uno come Girodel, ad
esempio.
Né
un titolo, né soldi, né potere. Nessun diritto. Doveri, quelli sì. Non voglio
perdere l’unica cosa bella della mia vita, l’unica cosa per cui valga la
pena di vivere. Perché non posso amarti? In tutta coscienza, Oscar, esiste una
spiegazione, una qualsiasi spiegazione che dia un senso a questo? Che dia un
senso al mio dolore, quando non ti posso pensare come la mia compagna? Che dia
un senso alle tue lacrime, quando hai paura che mi possa succedere qualcosa?
Qualcosa che spieghi perché non possiamo amarci? Esiste una spiegazione a tutto
questo? Oscar, in tutta sincerità, non mi importa di morire, non mi importa. Io
non ho altro che questo. Io non ho altro che il mio amore per te. Non mi importa
di morire”.
Si
rivestirono, in silenzio. André si voltò. Seguì con lo sguardo lei che andava
verso la porta. Oscar guardava la
porta, senza più guardarlo né cercare il suo sguardo:
“Importa
a me, André. Marianne de Perpignac non è destinata ad avere lunga vita. Io lo
so, tu lo sai. E’ il suo destino.”
André
non vide le lacrime di lei scorrere sul suo viso, mentre abbassava la maniglia.
“Io
voglio che Marianne viva, perché io la amo.”
“No, André, continuerà a vivere nei miei ricordi, nei tuoi ricordi, ma non può vivere in questo mondo, non per molto tempo, almeno”, aprì la porta senza voltarsi e uscì dalla stanza.
Continua...
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