Il viaggio degli inganni

parte decima

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Quando André aprì gli occhi, Oscar dormiva profondamente accanto a lui, i tratti distesi e sereni, così sereni che nemmeno lui riusciva a ricordare se l’aveva mai veramente vista così, in tutta la sua vita. E anche lui si sentiva pervaso da un senso di serenità, forse mai provato prima.

Oscar lo amava, oramai lo sapeva con certezza. Lo aveva capito attraverso i suoi occhi, durante la passione. Lo aveva capito attraverso le sue mani che lo accarezzavano ormai senza incertezze, lo aveva capito dall’improvviso modificarsi del tono della sua voce, che diventava sorprendentemente dolce, dopo la passione. Tutto di lei dichiarava, gridava… seppure sottovoce… il suo amore per lui, E André ne era felice. Profondamente felice. Con un piccolo neo. Durante quelle notti con lui, come in una estrema difesa, da lui, da se stessa, dai propri sentimenti, come in un pudore quasi infantile e sciocco continuava ad amarlo senza mai dirgli le due parole che invece lui le ripeteva continuamente.

Nonostante ciò e nonostante il ritorno a casa fosse ormai imminente, André si sentiva felice.

C’era un mondo intero da affrontare, per poter restare con lei, per poter amare lei. Per poterla amare alla luce del sole, per poterla prendere per mano di fronte agli altri.

L’aveva sempre amata in fondo, seppure di nascosto, e ora che anche lei ricambiava i suoi sentimenti diventava tutto più difficile e rischioso. Eppure, André si sentiva felice, e pronto a sfidare il mondo per lei, perfino lei stessa, i suoi pudori, le sue paure, le sue difese.

Oscar aprì gli occhi mentre lui le spostava delicatamente una ciocca di capelli dal viso.

“Buongiorno Marianne…” disse lui sorridendole. Lei ricambiò il sorriso, accennando una sorta di sonoro e buffo stiracchiamento.

“Buongiorno, imperatore dei miei stivali!” André ricambiò il gioco dandole all’improvviso le spalle e fingendo malamente un’espressione imbronciata sul viso. Oscar vide attraverso il riflesso dello specchio il gioco che André stava facendo con lei e gli si avvicinò, fingendo a sua volta un’aria tristemente afflitta. “Oh, imperatore… ho offeso la vostra profonda sensibilità e nobiltà… come potrete mai perdonarmi…” Al tono di finta supplica, André si girò sorridendo e la trascinò con sé dall’altra parte del letto in un abbraccio.

“André… dobbiamo alzarci… lo sai…” protestava debolmente lei, piacevolmente avvolta nell’abbraccio, mentre lui cominciava a baciarla con  passione sul collo.

“Io non voglio alzarmi”, le disse, “rimani qui… con me… io… voglio fare di nuovo l’amore con te…”

Oscar accarezzò dolcemente i capelli di André, mentre lui continuava a baciarla. Lei sospirò. “Lo vedi che non vuoi alzarti nemmeno tu…” le disse lui sollevandosi sulle braccia per guardarla negli occhi.

“Sì, può darsi”, disse con malizia lei, “ma dobbiamo veramente alzarci… o vuoi che Girodel in persona venga a svegliarci?”

“Ah no no… quello di svegliarti al mattino è un mio privilegio…” Saltò giù dal letto e afferrata la spada la sguainò. “Girodel! Osi disturbare i sogni della più bella dama della terra?  Vile Marrano!  Ti sfido in duello!!!” e cominciò a saltellare fingendo un assurdo duello contro il nulla.

Oscar rise di gusto e i suoi occhi incontrarono quelli felici di André, che continuava a fingere di duellare, esibendosi  quasi come un giullare più che come un raffinato spadaccino.

Amore mio, pensò Oscar, non ti avevo visto mai così felice, così straordinariamente felice. Sono io la causa della tua felicità? Davvero? Sono queste braccia, è questo corpo, è questo cuore a renderti felice? Io, che potrei in un attimo solo renderti profondamente infelice? E come potrei renderti infelice ora, se la sola idea di lasciarti, di vivere senza di te mi rende paurosamente infelice a mia volta ? Come faremo quando saremo a casa? André, come faremo…

André vide all’improvviso gli occhi di Oscar divenire tristi. Intuì quasi i suoi pensieri. La prese tra le braccia, la strinse nell’abbraccio spingendola a danzare quasi con lui.

“Non pensare… ti prego… per un attimo solo non pensare… non pensare a nient’altro che a me e a te, in questa stanza, in questo momento.”

“Ma… noi… non siamo molto vestiti…” accennò Oscar, guardando le loro improvvisate e non troppo decenti tenute da notte, soprattutto, con un senso di vergogna, la propria tenuta da notte.

“Cosa importa? Balla con me, ti prego…” disse lui, sorridendole.

Oscar ricambiò il sorriso di André, e si lasciò trascinare nella danza da lui, dai suoi passi, dai suoi occhi, dal suo amore per lei.

La voce di Girodel dal piano di sotto che impartiva le prime direttive per la giornata pose fine a quel momento tra loro.

“Adesso vado e lo sfido, quello stoccafisso di Girodel! Vieni avanti!!” disse André come a riprendere il gioco abbandonato solo pochi minuti prima.

“Lascia stare, Girodel lo sfiderai un’altra volta, adesso dobbiamo veramente rivestirci, ti prego”, disse Oscar sorridendo ironicamente, mentre André recuperava la spada rimettendosi in posizione di sfida.

“Vestiti amore ti prego!” quasi lo implorò, ridendo, “ma che ti avrà fatto mai di male il povero Girodel?”.

André appoggiò la spada. Aveva colto con gioia quell’amore lanciato lì, buttato tra le sue risa, senza quasi che lei se ne fosse accorta, ma lo tenne per sé, senza sottolinearlo, “In generale Girodel ti è sempre stato fin troppo vicino…”

“Sei geloso?” disse Oscar, stupita.

“Vuoi scherzare, spero! Io sono gelosissimo di te… e poi… a pensarci bene… anche tu sei gelosa di me!”

“Io gelosa? Non dire sciocchezze!”

“Ah sì, e la Baronessa di Monteuil a Besançon te la sei dimenticata?”

“No, e soprattutto vedo che tu non te la sei dimenticata, la baldracca in nero!”

“Baldracca… diciamo, piuttosto una donna interessata alle mie qualità interiori.“

Oscar lo guardò con sguardo quasi adirato e cominciò ad avvicinarsi lentamente alla sua spada.

“No, no, no, ti prego… stavo scherzando… io… non potrei mai amare una donna che non fossi tu…”

Oscar abbassò gli occhi per un istante, faceva fatica a guardarlo, quell’André così innamorato di lei, così fragile e forte allo stesso tempo. Fragile e forte quanto lei. Innamorato quanto lei, e per questo, desiderato e temuto allo stesso tempo.

“Dobbiamo vestirci”, disse lei prendendo il corsetto, “aiutami, ti prego.”

“Veramente quello lì preferisco togliertelo…”

Risero entrambi e si vestirono insieme, preparandosi ad affrontare la parte del viaggio che restava per arrivare alla  cittadina di Orléans.

Intanto a Versailles, la regina Maria Antonietta, inquieta ed estremamente preoccupata dalla piega che stavano per prendere gli eventi, continuava a rimproverare il re di aver preso una decisione avventata.

“Perché, perché proprio lui a capo della guarnigione, perché non me lo avete detto prima?” continuava a ripetere.

“Ma mia signora, io non capisco, è un uomo di provato valore e fedeltà alla casa reale, lo sapete, in più è uno dei pochi a conoscere la faccenda della finta spedizione, e a conoscere sia Girodel sia il finto imperatore, quindi è la persona migliore per portare l’ordine di scioglimento della finta spedizione e controllare che tutto si concluda per il meglio, non credete?”

Maria Antonietta si morse le labbra. Amica mia, mi dispiace moltissimo… proprio lui… pensò.

Oramai erano già passati due giorni da quando una guarnigione di soldati, incaricati di portare l’ordine del re di sciogliere il convoglio era partita da Versailles alla volta di Orléans. Sarebbero arrivati non più tardi di quella sera nella cittadina.

Il finto convoglio intanto si preparava a riprendere il suo viaggio verso la città. Una giornata di sole caldo accompagnò il lento procedere delle carrozze.

Girodel frattanto era sempre più nervoso. Cominciava a sentire uno strano senso di colpa dei confronti di Oscar. Era pentito di aver mandato de La Priere il giorno prima a consegnare la lettera di Oscar nelle mani del padre di lei.

Forse… io ho sbagliato… Oscar… ho sbagliato… che diritto ho io di rovinarvi la vita… sono un vigliacco… sono un vigliacco… devo assolutamente dirvelo… almeno quello… devo mettervi in guardia… state correndo un rischio troppo grande… per colpa della mia gelosia, della mia codardia…

Attese che Oscar, portato il cesto con il pranzo ad André, ridiscendesse dalla carrozza per avvicinarsi a lei.

“Madame de Perpignac, ho assoluta necessità di parlarvi!” le disse, sottovoce.

André vide dalla carrozza i due allontanarsi a piedi per una decina di metri, mentre il resto dei soldati consumava nella breve sosta il pranzo.

“Ditemi maggiore Girodel, volevate parlarmi? “, disse Oscar.

“Sì…”

“Ebbene?”

Girodel cadde in ginocchio di fronte a lei, stringendo le braccia intorno alla gonna, come a volerle abbracciare le gambe.

“Perdonatemi!”

Oscar guardò Girodel. Come infastidita da quell’improvvisato, quanto indesiderato abbraccio si chinò per sollevarlo da quella posizione.

Oscar allora si accorse che lui era sul punto di piangere.

Girodel si alzò. “Perdonatemi, perdonatemi, madamigella Oscar, perdonatemi se vi ho recato danno.”

Oscar lo guardò, stupita, senza riuscire a dire niente.

“Sì, madamigella, ora so che siete voi, e io sono stato un vero stupido a non capirlo prima. E soprattutto sono un vigliacco della peggior specie!”

“E perché sareste un vigliacco, Girodel?”, disse André, che nel frattempo, infastidito dall’improvvisa confidenza di Girodel verso Oscar si era avvicinato ai due.

Girodel tacque per qualche istante, poi disse, ritrovato il coraggio, guardandoli entrambi, l’uno vicino all’altra: “Io vi ho tradito, madamigella Oscar, la vostra lettera potrebbe arrivare da un momento all’altro nelle mani di vostro padre.”

Oscar, cercando di mantenere almeno di fronte a Girodel e André un’apparente calma, mentre, nella mente cercava disperatamente di trovare una soluzione, chiese “Quale lettera?”

“Quella che avete scritto due notti fa, e che pensavate di aver chiuso per sempre in un cassetto.”

Oscar allora cercò gli occhi di André.

E André, guardandola, guardando la paura negli occhi di lei, si rese conto della situazione.

Una lettera… forse… forse… in quella lettera… in quella lettera che ora sembrava spaventarla tanto… lei, forse, aveva pensato, di dire a qualcuno… al padre… quelle stesse parole che a lui, per paradosso, non aveva ancora detto. Lo sguardo di lei, ammutolita, glielo confermò.

Dunque erano stati scoperti. E nel modo peggiore, prima ancora di tornare a casa.

Tanto vale non tornare più a casa, pensò André, se fuggissimo via lontano da tutti… cominceremmo una nuova vita, lontana da tutto questo, lontana da tutti…

La voce di Oscar pose un momentaneo termine ai suoi pensieri convulsi.

“Girodel, avete commesso una azione profondamente sleale, e non avevate nessun motivo per farlo. Io vi credevo un buon amico. Solo il tempo potrà dire se sarò in grado di perdonarvi.” 

Oscar si allontanò velocemente dai due, senza guardarli. Rientrò nella sua carrozza e, per la prima volta nella sua vita, si prese il volto tra le mani, disperata. 

André voltò le spalle senza dire una parola a Girodel, e andò verso la carrozza di lei. Ma quando la vide, al finestrino,  quasi come rannicchiata, con il volto coperto, racchiuso dalle sue stesse mani, non ebbe il coraggio di entrare nella carrozza, e si allontanò tristemente, per salire sulla carrozza destinata all’imperatore.

Girodel rimase come immobile per qualche minuto. “Un buon amico”, le parole di lei continuavano a rimanere, a danzare quasi nei suoi pensieri, senza che potessero allontanarsi un momento da lui, senza dargli tregua.

No, Oscar, io davvero non sono “un buon amico” per voi. E me ne dispiace, immensamente, pensò, mentre una lacrima scendeva dai suoi occhi.

Intanto ad Orleans, tutto era pronto ad accogliere per quella sera l’arrivo dell’imperatore d’Austria. Le autorità del paese, con il duca in testa, tutta la nobiltà e il clero della cittadina, musicisti, saltimbanchi, una folla di curiosi, di donne e di uomini venuti lì dalle città e dalle campagne. Tutti riuniti lì per conoscere l’imperatore d’Austria e per partecipare alla festa in suo onore che si sarebbe svolta nella piazza principale quella sera.

Una folla di curiosi, di uomini, di donne, di bambini. Preparavano con cura le decorazioni, le vettovaglie, la musica, i canti, i fuochi d’artificio di quella che si preannunciava come una serata indimenticabile. E c’era un gruppo di uomini, briganti e assassini, nella stessa città, nelle stesse ore. Preparavano i loro vestiti scuri, le maschere, e le armi necessarie per portare a termine la loro missione. Un delitto. Uccidere una donna. Trafiggere il suo corpo, fino a toglierle per sempre il respiro, ogni forma di vita. Fino a toglierle anche l’anima.

 

 

Continua...

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