Una farsa inutile

parte quarta

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Parte quarta

Attesa

Non ho fatto altro che pensare a lei oggi, alla festa di stasera, al vestito che indosserà, agli sguardi degli uomini che incontrerà. Una festa in suo onore. Per trovarle un compagno “degno” di lei…

Il sole sta tramontando e lei non si decide ad uscire dal suo ufficio. Che cosa succede? Perché stai perdendo tempo, Oscar?. Devo riportarti a casa. C’è bisogno di tempo perché tu possa cambiarti… prepararti per questa maledetta festa.

Ti metteranno un vestito che, a differenza di quelli che metti di solito, e che credi nascondano il tuo corpo, mostrerà a quella gente quanto tu sia bella, e femminile, affinché possano ammirarti. E desiderarti. Ma quel vestito non è per me, e io non potrò né ammirarti, né desiderarti.

Ti metteranno un paio di scarpe per danzare, ma quelle danze non saranno per me, non danzerai con me.

Ti truccheranno il viso, e i tuoi occhi sembreranno ancora più belli e profondi, ma non sarò io a poterli guardare.

Quanti saranno? Che volti avranno? Quali sguardi ti rivolgeranno? Impazzisco all’idea, eppure il “servo fedele” deve compiere il suo dovere, eseguire il suo “compito”… dovrò consegnarti io stesso, per una beffa del destino, nelle mani di chi, probabilmente, ti porterà via da me.

E tu stai lì, chiusa nel tuo ufficio, mentre il tempo passa, e il dolore che sento si fa più profondo.

Avanti, Oscar, esci da quell’ufficio, vai incontro alla tua nuova vita, vai verso il tuo vestito “da donna”, verso pizzi e merletti, verso fiori e lettere d’amore, verso le braccia di un uomo, verso l’amore e il sesso, il matrimonio, una casa tua, figli, nella gioia e nel dolore, e verso una vecchiaia serena…

Vai verso la tua vita senza di me. Vai. Ma fallo ora, adesso, ed esci da quella stanza, perché io non posso più sopportare quest’attesa, quest’attesa di qualcosa, di qualcuno, che mi separerà da te per sempre.

Sto impazzendo, Oscar, di fronte a questa porta chiusa, mentre tutto ciò che vorrei fare è portarti via da questo posto, fuggire via con te, per sempre.

Ti prego, metti fine alla mia sofferenza. Io, da solo, non ci riesco. Liberami, liberami da questo dolore, Oscar, non importa come, ma, ti prego, fallo.

Altro tempo, altro dolore, il sole è quasi del tutto tramontato e tu sei ancora lì. Allora devo mettere fine io a questa situazione. Bene, Oscar, e sia.

 

Il sole sta tramontando, non manca molto ancora, ma per quello che devo fare stasera non ci vuole molto tempo, forse anche solo pochi minuti. E’ che ci vuole invece tanto coraggio, tanto, così tanto che ho paura persino di non riuscire ad averlo. L’ultimo rapporto è firmato. Nessun’altra scusa per non affrontare questa situazione. E’ giunto il momento, Oscar, raduna tutte le tue forze. Pensa alla tua vita, legata ad un uomo che non ami, a fare cose che le altre donne fanno, ma che a te sono profondamente estranee. Ad allevare dei figli che non hai desiderato, ad invecchiare “serenamente” dopo una vita non vissuta; perché non l’avresti vissuta pienamente, liberamente, per tua scelta. Pensa a tutto questo, a quello che potrebbe essere la tua vita da domani… e anche… pensa al dolore di tuo padre quando lo saprà… Pensa a tutto questo e raccogli le tue forze. E soprattutto pensa al suo sguardo, allo sguardo di André, immensamente e silenziosamente triste in questi giorni, e pensa a tutto quello che è lui per te. Il sole sta tramontando, Oscar, e la decisione è presa. Ci vuole solo coraggio, solo tanto coraggio… Sento bussare, è lui, sicuramente. Coraggio, Oscar, è l’ora: si va in scena. Oscar de Jarjayes indossa la sua maschera migliore e sale sul palco. Che la rappresentazione abbia inizio!

 

“Oscar, continui domani, dobbiamo andare.”

“E’ ancora presto, c’è tempo.”

“No, non ce n’è, dal momento che dobbiamo tornare a casa perché tu possa cambiarti d’abito.”

“Senti, non è necessario che tu venga con me.”

“E’ un impegno che ho preso con tuo padre e lo voglio mantenere.”

“No, posso andarci anche da sola.”

 

“André, io… io sono convinta che non mi sposerò tanto presto.”

 

Cosa? Cosa succede? Perché? Perché mi hai detto quelle parole? Perché non vuoi che io venga con te? Avevi una gran fretta di liquidarmi… cosa mi nascondi?

“Non mi sposerò tanto presto…” Oscar… non dipende da te… tuo padre… Oscar, che cosa succede… sono giorni ormai che non riesco a capire il tuo comportamento. In certi momenti sei la ragazza che conosco da sempre, forte, testarda, e anche dura, molto dura, e in altri momenti sembri incredibilmente… dolce… E questo alternarsi di momenti di durezza e di dolcezza, è rivolto soprattutto verso di me. Perché, Oscar, perché?

“Non mi sposerò tanto presto…” Cosa vuol dire? Sembra che tu mi chieda di aspettare. Ma aspettare cosa? E quanto? Aspettare. Ma tu sai quant’è duro, e doloroso, aspettare, Oscar?

 

Come sembra lungo questo viaggio, come sembra lontana la casa del generale Bouillet… Perdonami, André, se sono stata dura con te, prima, ma dovevo evitare a tutti i costi di coinvolgerti in questa brutta storia, non ci devono essere altri testimoni. Devono poter credere che è stata una mia idea. Un mio colpo di testa. Devi rimanerne fuori, il più possibile. Ancora poco, André, ancora poco tempo, e tutto sarà finito, e tutto sarà come sempre. Ma non posso guardarti negli occhi prima di farlo. Devo farlo da sola. Devo affrontare questa prova da sola. Aspettami, André, tornerò presto a casa… tornerò presto da te.

Ecco, le luci dei candelabri illuminano il salone delle feste in fondo al corridoio. Posso già sentire le voci delle persone venute alla festa. Quante saranno?

Ancora un istante, ho bisogno ancora di un istante, prima di farmi annunciare, prima di entrare in scena. Ancora un momento, chiudo gli occhi, ho bisogno di pensare a qualcosa di bello, a qualcosa che non mi faccia pensare allo scandalo che darò, alla vergogna, qualcosa che mi dia coraggio per finire questa commedia, ed essere di nuovo libera, libera di scegliere, libera di sbagliare, o di continuare ad essere quella che sono. Ma libera. Libera comunque. A qualsiasi costo.

Eccolo. L’ho trovato. Il ricordo della tua risata quando eri bambino…

Si va, Oscar, si va ad incominciare!

 

“Madamigella Oscar François de Jarjayes!"

 

Ecco, la festa è finita, almeno per me, ma ricomincia, invece, la mia vita. Stanno parlando di me ora, stanno dicendo cose irripetibili e, chissà, forse le stesse che di me hanno sempre detto.

Eppure, è stato difficile all’inizio entrare in quel salone con la mia uniforme da comandante, mentre tutti si aspettavano una damina incipriata vestita da gran parata, come la confezione di un pacco messo in una vetrina, che più colpisce gli occhi e la curiosità dei passanti, maggiori possibilità ha di trovare il suo acquirente. Ho dato scandalo stasera, danzando con le dame, con tutte le donne che potevo trovare nel salone. Belle e meno belle, che importanza poteva avere? Ho ballato con loro, le ho baciate, alcune, persino, di fronte agli sguardi attoniti dei presenti.[1] Dei miei “acquirenti.” Cosa volete comprare ora? Non certo una mela marcia come me. E così ora sono libera. Il pacco non è più in vetrina, perché nessuno lo vorrà più.

Parleranno di me per giorni, per mesi. Gli uomini additandomi come una pervertita, le donne come un giocattolo originale. L’alternativa seducente e proibita ai loro noiosi e incipriati mariti, compagni, fidanzati. E allora sia il pettegolezzo, sia lo sberleffo, sia lo scandalo e la vergogna. Sia tutto, perché questa storia ora è finita.

Guardatemi, dunque, idioti imbalsamati e imbellettati, guardatemi tutti. Sono Oscar de Jarjayes. Né uomo né donna. Né maschio né femmina. Che balla con le dame e le bacia sulla bocca, come se fosse un uomo, ma di un uomo non ha neanche le palle perché non sa affrontare lo sguardo di un uomo innamorato, lo sguardo del mio André. Che ride dei suoi spasimanti, come farebbe una donna esperta e calcolatrice, ma si lascia quasi sedurre da un uomo come Girodel, dalle sue promesse, dalle sue labbra. Guardatemi tutti, uomini e donne di Versailles, guardate quella che sono, e quella che non sono. E ridete di me. 

Parlatene a corte, nascoste dietro ai ventagli, donne. E parlatene anche voi, uomini, chiusi nelle camere piene di fumo e di intrighi. Fino allo sfinimento. Fino a che non vi verrà noia a parlare di me. E dimenticatemi. Perché non mi vedrete mai più.

Rido, non posso fare a meno di ridere, alla fine di questa farsa. Voglio andare a casa…

C’è qualcuno in fondo al corridoio… Victor? Cosa vuoi ancora da me? Non è abbastanza quello che hai visto? Quali altre prove devo darti perché tu smetta di interessarti a me?…

 

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Che cos’è questo calore che mi prende all’improvviso, la sensazione di non riuscire quasi a respirare, e di avere sempre desiderato di provare tutto questo? Girodel ha tentato di baciarmi. La mia mente si confondeva, mentre lentamente mi prendeva tra le braccia, mentre mi avvolgeva con il suo sguardo. Le sue parole erano così seducenti, sembravano così sincere, accoglienti, protettive. Ho abbassato le mie difese praticamente senza che me ne accorgessi. Che potessi fermarlo. Che volessi fermarlo. Eppure quando le sue labbra hanno toccato le mie… come la luce di un lampo… mi sei apparso tu, tu che mi davi quello stesso bacio. No, non lo stesso. Non era così. Era incredibilmente più dolce, e incredibilmente più tenero, e passionale e… ma tu, André, non mi hai mai baciato così. L’unico bacio che c’è stato tra noi era solo all’inizio dolce, e io, sorpresa per quel gesto improvviso, per quel contatto imprevisto, non riuscivo a capire, a sentirle quelle labbra sulle mie, sentivo solo la sorpresa, lo stupore, poi, pochissimi istanti dopo, quando avevo appena cominciato a sentirle, quelle labbra, era già diventato violento, e disperato, legato più all’urgenza della tua passione che al tuo amore per me. Eppure, ho la sensazione che altro ci sia stato tra noi, come se la sensazione che sento ora non fosse una mia fantasia, un mio… desiderio, ma che mi appartenesse, che appartenesse al mio passato, al nostro passato. Mi hai davvero baciato soltanto quella notte, André? Comunque sia, sento questo calore così forte dentro di me ora, ed è il pensiero di te che me lo fa sentire. Possibile veramente che il solo evocarti nella mia mente, nei miei pensieri, nella mia fantasia mi faccia desiderare di baciarti, di cercare dalle tue labbra la memoria, il ricordo di un bacio che non c’è stato mai? Possibile che io mi stia innamorando… di te? No, non è possibile. Sto solamente aggrappandomi alla persona che più mi è cara al mondo, al mio amico, al mio fratello, per sfuggire ad una realtà che non voglio, che non desidero. E mi aggrappo persino alle tue labbra, al tuo corpo… Ma non è giusto, non è giusto verso di te, André. E allora… che cos’è questo calore, questa sensazione quasi di dolore che sento?

 

C’è una luce ancora accesa in casa. Qualcuno mi aspetta? Che non sia mio padre… Girodel sicuramente lo informerà domani di quanto è successo stasera… Chi è ancora sveglio?

Se entro in silenzio nessuno mi vedrà, nessuno mi sentirà…

 

Ora lo sa. Ora lei sa tutto. Ora conosce la mia disperazione. Ora conosce la mia paura. Ha visto con i suoi occhi, sani, bellissimi, quello che non avrei mai voluto che vedesse. Ha sentito quello che non volevo che sentisse. Mi dispiace Oscar, mi dispiace se ti ho dato un dolore. Non ho il coraggio di bussare alla tua porta. Non ho il coraggio di dirti che non è vero. Non ho il coraggio di dirti che non sarà così. Potrei dirti che ti sei sbagliata. Che è tutto un equivoco. Ma non ho il coraggio di mentirti. E nemmeno quello di entrare nella tua stanza, abbracciarti, consolarti. Consolare il mio dolore che adesso, probabilmente, è anche un poco il tuo. Amore mio, perdonami. Non avrei mai e poi mai, voluto che tu lo venissi a sapere. Eppure, mi accorgo in questo momento che una parte di me avrebbe voluto che lo sapessi. E perché? Perché tu soffrissi con me e per me? Perché condividessi con me questo dolore? Il terrore di diventare, ogni giorno di più, cieco? Perché? Perché fossi tu a consolarmi, a tenermi stretto tra le tue braccia. Perché fossi tu a darmi la forza di andare avanti? Perdonami, amore, perdonami se ti ho fatto del male. Sembra che io non possa fare a meno di fartene. E pensare che dovevo proteggerti, che dovevo proteggerti da ogni male, da chiunque avesse voluto causarti un dolore. Lo scopo della mia vita, che si frantumava ogni giorno di più nei miei occhi che vedono sempre meno e che si è frantumato completamente di fronte al tuo sguardo prima sorpreso, poi smarrito, poi disperato che mi hai rivolto stanotte, quando hai capito che non vedo più, che sto cercando di abituarmi a muovermi in un mondo dove luce non ce n’è e non ci sarà mai più. Dove la luce non ci sarà più nemmeno per sentire il tuo sguardo su di me. Qualunque esso sia. Perdonami, amore, perdona la mia vigliaccheria. Qualunque cosa ti dicessi ora, non servirebbe. Ti prego solo di una cosa: non piangere… non piangere per me stanotte. Ti prego. Sposati. E dimenticami. Quale diritto ho io di coinvolgerti in un dolore che è solo mio?. Anche se un giorno tu mi amassi, che vita sarebbe la tua con un uomo come me?. Che vita sarebbe la mia sapendoti legata a me in queste condizioni? No, amore mio. No. Non devo neanche immaginarlo. Sposati, e dimenticami. La porta della tua stanza è chiusa, ma posso sentire il tuo pianto. Sommesso, nascosto, segreto. Come è sempre stato, amore. Perdonami. Posso solo piangere con te, come te. Di fronte a questa porta. Chiusa.

 

 

Continua...

mail to: f.camelio@libero.it

 

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[1] La situazione a cui faccio riferimento non è quella della serie televisiva dove Oscar si presenta alla festa in uniforme creando confusione rispetto al suo essere uomo o donna. Nel manga della Ikeda, alla festa sono presenti anche delle donne e Oscar dà scandalo facendo pensare ad una sua presunta omosessualità. Ho scelto di elaborare quella scena non per le implicazioni legate a quest’ultima tematica, ma per l’idea dello “scandalo” che implicava e della scelta fatta “ad ogni costo”. Non riuscendo realmente a dire di no al padre che la vuole sposata, Oscar sceglie un sistema drastico per risolvere il problema e mantenere, contemporaneamente, il legame con André, di cui lei prende consapevolezza in questa parte del racconto della Ikeda - pur non essendo, ancora, un legame di coppia con tutte le sue implicazioni.- Mi piaceva lavorare su questo processo di consapevolezza, ben descritto dalla Ikeda nel fumetto.