Apri gli occhi

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Disclaimer: I personaggi appartengono a Riyoko Ikeda

 

Mi vergogno, mi vergogno di me stesso. Mi vergogno di non averti creduto. Mi vergogno di aver pensato che tu non mi volessi bene. Mi vergogno di non aver creduto alle tue parole. Mi vergogno di non aver creduto ai tuoi occhi, sinceri, sinceramente preoccupati per me. Mi vergogno, amore mio, mi vergogno con tutto il cuore…  ti prego, ora… apri gli occhi!

 

Apri gli occhi

 

L’ombra della notte scende lentamente su questa stanza. Le candele non rischiarano ormai che il tuo volto, e pochi dettagli inutili di questa stanza. L’angolo di un comodino, il collo di una bottiglia vuota,  le pagine sfogliate di un libro che hai lasciato aperto.

Le rose che hanno mandato da Versailles per te, in gran corsa, appassiscono lentamente, in un vaso lontano, in un angolo buio. Nessuno ha pensato di dare loro dell’acqua, e ora perdono lentamente i petali, nell’ombra.

Io non ho dato l’acqua a quei fiori.

Ed ora anche il tuo corpo scivola nell’ombra, e il tuo viso è sempre più pallido. Nessuno ha pensato che un giorno l’avresti potuta mettere veramente a rischio, la tua vita.

Io non ti ho protetto come avrei dovuto.

Ed ora potresti non svegliarti più. Io dovrei essere al posto tuo. Io, solo io, il colpevole di tutto: di un capriccio assurdo e incosciente di una ragazzina che diventerà regina, di un cavallo imbizzarrito, di una redine spezzata, della tua caduta, della tua ferita, di un sopruso di un sovrano, del tempo che hai perso a non farti curare, del sangue che hai perso, per venirmi a salvare. Io sono colpevole. Di tutto, e, più di ogni altra cosa, sono colpevole di non averti creduto.

Per mia colpa. Mia colpa. Mia grandissima colpa.

Oscar,  apri gli occhi….

Il buio oscura, in lenta progressione, ogni ruga del viso stanco e angosciato di mia nonna. Addormentata, ormai, dopo tanto pregare. Ha cantato ogni litania, percorso con le sue mani stanche ogni grano del suo rosario. Ha pregato Dio, ha pregato il suo Dio. Chissà se nel sogno sta ancora pregando, quel Dio. Affinché Lui ti salvi, Oscar. 

Beata lei che riesce a farlo. Io non ci riesco. Continuo a guardare i tuoi occhi chiusi, senza riuscire nemmeno a pregare per te. Perché ogni volta che tento di formulare un pensiero coerente, qualcosa che almeno assomigli ad una preghiera ad un Dio, mi perdo, guardando il tuo volto; guardando, disperato, i occhi chiusi. Un Dio qualsiasi mi andrebbe bene ora, se potesse aprirteli lui, quegli occhi. Un Dio qualsiasi andrebbe bene ora, se potesse restituirti a me, Oscar. Ma Dio non c’è in questa stanza, io non lo vedo, io non lo sento. Oppure è qui, ma si è addormentato, come mia nonna. O forse aspetta, come me, in un angolo di questo buio, che tu ti risvegli.

Oscar apri gli occhi…

“Se supera la notte ci sono speranze”. Se lei supera la notte, così ha detto il dottore, prima di dichiararsi impotente. Impotente, di fronte al sangue che è scivolato via dal tuo corpo. Impotente, di fronte alla tua ferita aperta. Impotente, come me, di fronte al tuo coraggio. Il coraggio di una ragazza saltata in corsa da un cavallo, ferita per salvare la futura regina di Francia. Il coraggio della mia Oscar che chiedeva, implorava, che mi venisse risparmiata la vita. E ora, in questa casa, in questa stanza buia tutti ti chiedono di superare anche questo ostacolo, tutti chiedono a te altro coraggio. Tuo padre, mia nonna, il medico - persino Dio, probabilmente.

Quanto coraggio ancora dovrai dimostrare perché tu possa finalmente accontentarli? Quanto coraggio ancora dovrai dimostrare, per continuare a vivere? Quanto coraggio ci vuole, Oscar, per aprire di nuovo i tuoi occhi?

Oscar apri gli occhi… ti scongiuro...

Addormentata. Sembri anche tu addormentata. Come quando eri bambina, distesa, quasi sommersa da fili d’erba incolti, lunghi, troppo lunghi. Quell’erba che ti macchiava i vestiti, la tua camicetta bianca, candida come la tua anima, ogni volta che, nei nostri pomeriggi al sole, ti addormentavi. Ogni volta che chiudevi i tuoi occhi, lentamente, continuando a guardare i miei occhi, lasciandoti vincere, giovane, impavida, capitana coraggiosa, solo da quel sonno che ti prendeva, dopo ore di duelli, di allenamenti tra di noi, delle battaglie contro tuo padre, per dimostrargli che potevi veramente diventare come lui voleva che tu fossi. Per dimostrargli che potevi veramente diventare un uomo. Addormentata come allora, ma ogni giorno un po’ più grande.

Poi, mi accorsi anche che ogni giorno eri un po’ più bella, come tu sei. Da bambino non pensavo che tu fossi bella… eri Oscar e basta. Eri tutto. Sei tutto.

Oscar… apri gli occhi… non ce la faccio…

Ti ho guardata dormire, come ora, per anni, mentre anch’io diventavo ogni giorno un po’ più grande, mentre anche il mio affetto per te diventava ogni giorno un po’ più grande.

Ti ho guardata dormire, anche quel pomeriggio che mi accorsi che stavi diventando donna, che mi accorsi che eri già diventata una donna. Ti ho guardata dormire, mentre con un fiore azzurro sfioravo lentamente, delicatamente i lineamenti del tuo volto. E ricordo come l’azzurro di quel fiore, all’improvviso tremò,  quando arrivò a sfiorare la curva del tuo piccolo seno.

Oscar… apri gli occhi…

Io non te l’ho mai detto, quando mi sono innamorato di te. Non te l’ho mai detto, che mi sono innamorato di te.

Non te l’ho mai detto perché… non so nemmeno io quando è successo… forse quella volta che  faceva freddo, fuori, e noi due stavamo soli, seduti vicini di fronte al camino acceso, e ti vidi ridere, a mangiar castagne mal cotte e bere vino, proibito a quell’età per noi, preso di nascosto dalla credenza.

Il rossore del tuo volto, e del mio, quando ti avvolsi nella mia stessa coperta calda. Forse mi innamorai quando sentii, con mia grande sorpresa, la tua testa appoggiarsi lentamente alla mia spalla a cercare un rifugio, una tenerezza improvvisa. Forse allora… o forse un altro giorno, o mille altri giorni. Ma, da allora, guardarti dormire è stato fonte di tormento, per me.

Oscar… apri gli occhi… amore mio…

E ancora guardarti dormire, di nascosto, quando venivo a riprendere la cioccolatiera vuota, di sera tardi.

Guardarti dormire, tutte le volte che, da allora, avrei voluto, invece, accarezzare il tuo volto con le mie mani. Tutte le volte che avrei voluto, invece, sfiorare le tue labbra con le mie. Tutte le volte che avrei voluto, invece, abbracciarti e confondere il mio corpo con il tuo, tra le lenzuola bianche.

Nessuno sa del mio amore, ma tutti mi dicono che alla mia età non può durare, che il mio non è vero amore, che è solo la mia prima passione. Che incontrerò altre donne, e altre passioni. Ma che ne sanno loro? Che ne sanno del mio amore per te? Perché ho soltanto diciannove anni… io so che si sbagliano, io so che non amerò mai un’altra come amo te.

E darei la vita per te, darò la vita per te se sarà necessario.

Come tu l’hai offerta per me oggi.

Non l’avrei mai pensato, dubitavo di te, apparentemente lontana, sempre con la Regina. Il suo nome sempre sulle tue labbra. E quello di Fersen. Che non capisce niente di te. Che dà giudizi, che entra in questa casa come se ne facesse parte da sempre. E  non si accorge che assomiglia tanto ad un soprammobile. Ad uno stupido, ma elegante soprammobile.

Svegliati, Oscar, voglio dirti che non devi guardarlo come l’hai guardato oggi, quando si è proposto per il patibolo. Svegliati, Oscar, voglio dirti che non devi guardarlo affatto.

Svegliati… e ti giuro che non ti dirò niente di tutto questo… mi basta che tu apra gli occhi…

Geloso, ero mortalmente geloso, ridicolmente geloso di un mondo che ti portava via da me. Ma tu, hai messo in gioco tutto. Per me. Il tuo onore, il tuo nome, sfidando persino un Re, ricordandogli il suo posto nel mondo, e il mio, accanto a te. Al posto mio, sacrificarti al posto mio. Non dovevi… non dovevi… Ti restituirò il favore, te lo giuro. Ma ora… apri gli occhi…

Quanto coraggio serve ora, a me, per non prendere le tue braccia nelle mie, e riscuoterti con la forza da questo sonno assurdo?.

Quanto coraggio mi serve ora per non gridare che ho paura che tu non apra più i tuoi occhi?

Quanto coraggio mi serve ora per non urlare al mondo quello che sento per te?

Apri gli occhi amore mio, io non posso stare senza di te.

Apri gli occhi amore mio, io non posso vivere senza di te.

Non mi rimangono che i ricordi, mentre la notte declina verso il giorno, mentre il sudore, come gocce di rugiada su un fiore appena sbocciato, imperla il tuo viso. Il ricordo di noi bambini, quando tutto questo non ci riguardava. Di quella volta che mi regalasti una spada di famiglia. Che non mi spettava, ma che mi desti come se non potesse altro che essere mia, come se non potesse esserci altro posto nel tuo cuore che per me. Il ricordo delle nostre corse, delle nostre risate, del tuo sguardo innocente... Quella Oscar mi apparterrà per sempre, qualunque cosa ci succeda. A quella Oscar apparterrò per sempre, qualunque cosa mi succeda. Oscar… Oscar… Oscar…

 

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Sveglia, ora sei sveglia. Ora sorridi, e ridi, e ti prendi gioco di me. Felice, io ora sono felice, e non me ne frega niente se ti prendi gioco di me. Non me ne frega niente, perché sei con me. Perché non mi hai lasciato, perché eri con me, anche quando i tuoi occhi erano chiusi. Sì, ti chiamavo, era la mia la voce triste che sentivi nel tuo sonno. Era la mia. Ma tu mi hai risposto, tu sei tornata. Non lascerò che tu vada via, mai più. E’ un impegno solenne quello che prendo con te, amore mio. Un giorno, se Dio lo vorrà, darò la mia vita per te. Te lo giuro.

Ridi, ridi pure Oscar, ridi di me, perché ora i tuoi occhi sono aperti. E non sono mai stati così belli.

 

 

Fine

mail to: f.camelio@libero.it

 

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