Capodanno di fine millennio
parte ottava
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Parte VIII
(Colonna
sonora: U2: Faraway, So Close)
“Dioooo...
no... ma perché sono così COGLIONE!”
André
affondò la testa nel cuscino per non sentire il ticchettio della sveglia che
gli rimbombava nelle orecchie.
Pensò
che quel giorno non ce l’avrebbe proprio fatta ad alzarsi. Proprio no. Sentiva
lo stomaco contrarsi e la testa ondeggiare ad ogni movimento. Per non parlare
del sapore disgustoso che si sentiva in bocca. Chiuse gli occhi sperando di
riuscire ad addormentarsi.
Era
il primo giorno in cui non si svegliava con l’assillo dell’occhio, non se lo
sarebbe fatto certo rovinare da un po’ di postumi della sbornia. Cercò di
reprimere l’ondata di nausea che solo il vago ricordo di quello che aveva
bevuto la sera precedente gli aveva provocato.
...
che figura da vera testa di cazzo che ho fatto... non mi ricordo nemmeno come
sono finito a letto... poteva essere la nostra serata e invece... meno male che
Oscar è fuori tutto il giorno. Chissà cosa deve aver pensato ieri sera...
Vaghi
ricordi cominciarono a riaffiorare nella sua testa dolorante. Il tavolino nel
quale era inciampato. Lei che rideva. Lui che vomitava nella tazza del water,
sentendosi incredibilmente stupido. Lei che lo aiutava ad andare a letto.
Quest’ultimo pensiero lo fece sorridere. Poi, improvviso come un fulmine, un
altro ricordo gli balenò per la mente. Si tirò a sedere di scatto sul letto,
dimenticandosi il mal di testa, la nausea e lo schifo in bocca.
“Porca
miseria!”
Rimase
seduto cercando di capire se non si fosse trattato di un sogno da coma etilico.
Ma non era così. L’aveva vista veramente. Sentì la schiena percorsa da un
brivido.
Si
ricordò che si era alzato per andare a bere dell’acqua e per chiedere ad
Oscar come mai non lo raggiungeva nel suo letto. Era ancora abbastanza ubriaco
da permettersi una cosa del genere.
Era
stato fermato vicino alla porta della sua camera da un gemito soffocato. Troppo
stordito per capire cosa fosse, si era avvicinato alla porta socchiusa e aveva
guardato dentro.
La
scena che gli si era parata davanti lo aveva svegliato di colpo, meglio di
qualsiasi doccia fredda.
Oscar
era sdraiata sul letto, completamente abbandonata, l’accappatoio aperto, le
sue mani che accarezzavano il suo corpo in un modo così erotico e sensuale da
togliere il fiato. E infatti, ad André, il fiato era mancato.
Per
un attimo aveva avuto il dubbio che stesse sognando, ma i movimenti del suo
corpo, delle sue mani, erano troppo consapevoli per essere casuali.
Sapeva
che la stava spiando, ma non era riuscito ad andarsene. Anche perché
quell’immagine lo aveva eccitato a tal punto che aveva capito che, quella
volta, non sarebbe riuscito a controllarsi. Allora si era appoggiato allo
stipite della porta, aveva chiuso gli occhi e aveva sentito la sua mano
scendere, immaginando di essere con lei, sopra di lei, dentro di lei,
immaginando che quelle fossero le sue carezze.
Era
venuto quasi subito, incapace di qualsiasi controllo. Ricordava
di essersi persino morso il pugno, per non farsi sentire.
Era
rimasto appoggiato alla parete per un tempo che gli era
sembrato lunghissimo, con i sensi di
colpa di un ragazzino e il terrore e la speranza che lei si accorgesse della sua
presenza.
Ma,
non appena aveva avuto il coraggio di aprire
gli occhi, si era reso conto che lei si era addormentata. Allora, con una forza
di volontà ammirevole, si era staccato dalla parete e si era diretto in bagno,
buttandosi sotto la doccia gelata.
“Porca
miseria!”
Il
ricordo improvviso, fortissimo, reale della notte precedente aveva avuto
l’effetto di svegliarlo completamente. Provò un misto di eccitazione e di
vergogna per quello che era successo.
...
hai 35 anni...
Decise
di alzarsi, tanto ormai era inutile provare a dormire, sicuramente non dopo
quello che si era ricordato.
Inoltre
si ricordò che doveva mettere la benda sull’occhio e la sera prima si era
dimenticato di mettere il collirio.. o forse andava alla mattina.
Dio,
Oscar, sei via da poche ore e mi sento già perso.
Ingoiò
due aspirine e si diresse verso la cucina; l’idea di mangiare gli dava la
nausea, però sapeva che era il metodo migliore per sistemare un po’ lo
stomaco.
Guardò
con aria incerta la fetta biscottata che si era messo sul piatto. Era una sfida
fra loro due.
“Perché
mi fissi? Non ti ho fatto nulla.”
Si
fece forza e addentò la fetta. Con uno sforzo sovrumano riuscì a deglutire il
primo boccone, poi il secondo. Decise che sarebbe rimasta nello stomaco e si
decise a mangiarne un’altra.
Dopo
mezz’ora, gli effetti positivi delle aspirine e della colazione si stavano
facendo sentire sulla testa e sullo stomaco.
Si
sedette sul divano in preda ad una strana agitazione.
E
ora che si fa???
Era
da solo per la prima volta dopo due settimane, era felice per il suo occhio,
sicuramente, ma era da solo.
Avrebbe
voluto condividere quel momento con Oscar. Si sentiva un po’ inutile.
Decise
di sentire Alain; avrebbe potuto fare anche un salto in officina per vedere le
nuove moto di cui gli aveva parlato. Pareva che fossero qualcosa da sogno, veri
pezzi d’antiquariato che avevano bisogno di essere riportati alla vita.
E
lui era un mago con queste cose.
Alain
rispose al primo squillo, con voce sveglia e allegra.
“Ehi,
socio...”
“André!!!
Ma che cavolo ci fai in piedi? E' solo mezzogiorno. Dovresti essere a letto, a
goderti... ehm... la tua prima giornata da uomo sano.”
André
colse al volo l’ironia e il doppio senso. Tipico di Alain...
“Mi
stai prendendo per il culo? Così di primo mattino?”
“Non
mi permetterei mai... E che ieri sera mi sembravi un po’... come dire...
fatto? Ho pensato che nemmeno le bombe ti avrebbero tirato giù dal letto questa
mattina.”
Altro
che bombe...
“Senti,
piantala di dire stronzate. Mi sono stancato di stare in casa: pensavo di fare
un salto in officina per vedere le nuove moto, e poi magari parliamo un po’
del concerto. Dobbiamo organizzare per bene le prove
perché ormai mancano due settimane...”
“Ho
capito, Oscar è andata al lavoro... Senti, sono in giro in macchina, ti vengo a
prendere così “il mio ciccino non prende freddo”.” Lo disse cercando di
imitare la voce di Oscar e scoppiò a ridere.
“Fottiti,
Alain.” Ma nemmeno André riuscì a reprimere una risata.
André
si vestì e suonò un po’ il basso mentre aspettava Alain. Non riusciva a
credere di essere lì, a suonare, come se nulla fosse successo. Tutto
l’accaduto era incredibile... I suoi pensieri tornarono inevitabilmente ad
Oscar...
Io
e te dobbiamo parlare, ragazza mia, ci stiamo
veramente comportando come i re dei coglioni. Questa sera niente amici, niente
lavoro, niente di niente. Solo tu ed io. Sfida all’Ok Corall.
Cercò
di metterla sul ridere, ma dovette ammettere che quella prospettiva lo
terrorizzava.
Suonò
il citofono; André rimandò a dopo le perplessità e raggiunse Alain.
“Ed
eccolo il nostro uomo dall’occhio solo! Però! Che aria da strafigo hai, così
tutto vestito di nero, con gli occhiali da sole e il ciuffo sull’occhio. Altro
che officina. Ora andiamo a farci un giro e tu mi fai da apripista, poi ti metti
buonino in un angolo e io concludo. Tanto tu non puoi fare nulla.”
André
fissava l’amico a bocca aperta.
“Alain,
cosa cavolo ti prende? Hai gli ormoni impazziti?”
Alain
si accasciò sul sedile dell’auto e lo guardò con aria sconsolata.
“André.
Sai quanto tempo è che non faccio una sana scopata?”
...
Ci mancava anche questo.
André
si ricordava bene cosa aveva portato due settimane fa l’utilizzo improprio di
quel loro modo di dire.
Alain
non aspettò la risposta dell’amico.
“Due
mesi! Sai cosa vogliono dire due mesi? Per uno come me. Sono all’osso.”
Qualcosa
nel tono della sua voce, fece capire ad André che stava camuffando dietro alla
sua solita sfacciataggine qualcosa di più profondo. Si conoscevano troppo bene
ormai.
“Di'
un po’, è il sesso che ti manca o Nicole?” Era un colpo basso,
André lo sapeva, ma voleva scuoterlo. La fine di quella storia durata
quasi cinque anni aveva gettato Alain in uno
stato di sconforto al quale aveva reagito con il rifiuto totale di impegnarsi in
qualsiasi relazione “seria”, anche se un’eccezione l’avrebbe fatta
volentieri... Ma André aveva capito perfettamente che era il suo modo di
mascherare il dolore e la delusione. In fondo, poi, non era molto diverso da
Oscar.
“Sei
un pezzo di merda, Grandier. E poi, senti chi parla! Tu e madame siete ancora lì
che non sapete cosa fare della vostra vita e fai la morale a me.”
André
non raccolse la provocazione. Era la tipica reazione di Alain: attaccava per
difendersi. Se lo conosceva bene, fra non molto gli avrebbe chiesto scusa.
Passarono
cinque minuti senza parlare.
“Ehi,
senti André... mi dispiace. Sai che è mio solito dire stronzate che non penso
quando sono nervoso. In realtà ti invidio. Ormai mi sa che te e Oscar vi
perdiamo...” guardò l’amico di sottecchi per vedere se era offeso. André
scoppiò a ridere.
“Sì,
come no! Dai piantala. Per oggi hai esaurito il bonus per le cazzate. Andiamo a
mangiare in qualche posto carino che ti presento qualche fanciulla.”
Passarono
delle ore piacevoli. Soprattutto per André: tutto gli sembrava più bello.
Parigi, la Senna, il cielo, la gente. Non provò il minimo fastidio per il caos
che trovarono al ristorante in Montmartre e elargì perfino uno dei suoi più
meravigliosi sorrisi a un gruppetto di ragazze che li fissavano sghignazzando da
un tavolo vicino.
“Forza
Alain! Io ti ho aperto la pista, ora tocca a te.”
“Ma
piantala!”
Scoppiarono
a ridere.
Non
lo ammisero, ma entrambi avevano sentito la mancanza l’uno dell’altro.
Recuperarono un po’ il tempo parlando di una valanga di cose, la musica, il
lavoro, l’incidente di André, la nostalgia di Alain per Nicole, gli amici. I
discorsi si accavallavano. Ricordi mescolati a progetti, risate e battute.
André
si sentiva tremendamente felice. Il suo amico Alain. Oscar. La loro musica.
Cominciò a pensare che quello che era successo avesse avuto, alla fine, dei
risvolti positivi sulla sua vita.
Alain
riportò André a casa che erano le cinque passate.
“Sali,
ti do il cd degli Iron, così vedi se possiamo mettere in scaletta un paio di
pezzi.”
“Ma...
non vorrei disturbare. Credo che tu e Oscar abbiate voglia di stare un
po’ da soli.” Lo disse senza ironia.
“Sì...
Oscar non arriva mai prima dello otto. Oggi, poi, che ha ripreso a
lavorare... mi sa che non la molleranno prima delle dieci.”
Ma
Oscar era già arrivata. Lo capirono dal cappotto buttato sul divano.
“Oscar!”
Alain
sorrise nel vedere come si era illuminato André quando si era accorto che lei
era in casa.
Lo
invidiò nuovamente.
Oscar
uscì dalla stanza. Ad André si spense il sorriso e Alain la guardò
preoccupato.
Aveva
l’aria molto stanca, tirata, era pallida e sembrava dimagrita parecchio.
Perfino i suoi occhi, sempre luminosi, sembravano spenti.
Possibile
che sia stato così preso dai miei problemi da non accorgermi di come si stava
riducendo lei?
André
si sentì tremendamente egoista.
“Oscar?
Ti senti bene? È successo qualcosa...”
“No,
non sto bene. E sì, è successo qualcosa. Mi mandano a Londra. Per una
settimana.”
André
impallidì. Non poteva essere vero.
“Q...
quando parti?” Cercò di dissimulare la delusione profonda che quella notizia
gli aveva dato.
“Ho
l’aereo fra quattro ore.” Oscar era sconsolata. Senza pensarci due volte,
André si diresse verso di lei e la strinse in un abbraccio pieno di calore e
tenerezza. Oscar affondò la testa nella sua spalla, cercando di non piangere.
Non avrebbe voluto staccarsi mai da quell’abbraccio.
“Mi
dispiace tanto. Ma non possono mandarci la tua assistente? Ma cos’è? Si
stanno vendicando perché, per la prima volta,
ti sei presa un permesso a cui peraltro
avevi tutti i diritti?”
André
si stava alterando. Oscar riprese il controllo e si staccò da lui, guardandolo.
“No,
nessuno si sta vendicando. È solo che viene presentato il nuovo programma di
gestione reti della più grande software house del mondo, e non posso non
esserci. E la mia assistente, per fortuna, viene con me.”
La
delusione sul viso di André la commosse. Gli accarezzò una guancia, con
dolcezza.
“Dai,
non te la prendere. È solo una settimana, passa in fretta. Poi avete le prove,
dovete portarvi avanti. Io i miei pezzi li so!” Cercò di scherzare.
Alain
cominciava a sentirsi di troppo.
“Ehm...
io andrei, vi lascio. Dovrai preparare le valigie.”
“Oh no, Alain.. scusami,
non ti ho quasi salutato.” Oscar
si diresse verso di lui e gli stampò un bacio sulla guancia, lasciandolo senza
parole. “E poi mi fa piacere se resti, fra un po’ me ne devo andare, almeno
fai tu compagnia ad André.”
Lo
disse quasi con un tono di supplica. Alain la trovò meravigliosa e dolcissima.
“Certo,
ok. Allora, lascia almeno che ti accompagni in macchina all’aeroporto.”
Oscar
accettò con gratitudine e si diresse in camera a fare i bagagli.
Alain
capì che André era combattuto dal desiderio di precipitarsi da lei e dal
profondo senso di educazione che gli impediva di abbandonarlo da solo in
soggiorno.
“Va'
da lei, scemo.”
André
sorrise e schizzò in camera.
Rimase
stupito; Oscar, così efficiente ed organizzata, in grado di preparare i bagagli
per un viaggio intorno al mondo in quindici minuti scarsi, si aggirava con aria
assente e distratta per la camera, aprendo e chiudendo i cassetti, fissando i
vestiti che aveva buttato sul letto.
“Oscar...”
“Comincio
ad essere stanca, sai, André? Sono sette anni che mi massacro per questa società.
Ma questa non è vita. Non voglio arrivare all’età della pensione e rendermi
conto che ho passato la mia vita a farmi un culo così per non si sa bene che
cosa.”
André
si rese conto che parlava più a se stessa che a lui.
“Ti
aiuto a fare i bagagli.”
***************
Arrivarono
all’aeroporto in anticipo. Una ragazza con i lunghi capelli biondi, lisci,
li salutò sventolando un braccio.
“Chi
diavolo è quella? Ti assomiglia un casino.” Chiese Alain con un tono di vivo
interesse.
“E'
la mia assistente. Molla il colpo, è troppo giovane per te.”
“E
chi lo dice...” Alain non aspettò che Oscar ribattesse, allungò il passo e
si diresse verso quella che gli sembrava la più bella creatura del mondo.
Oscar
lanciò ad André uno sguardo sconsolato.
“Oscar!
Ciao.”
“Ciao,
Marie. Ti presento due miei amici: Alain ed André .”
André
provò una punta di delusione.
Amici...
E già. Cosa doveva dire? “Ti presento il mio amico Alain e il mio
“coinquilno- quasi amante - molto
più che amico ma niente di ufficiale” André”?
Oscar
notò gli sguardi decisamente ammirati di André ed Alain e provò un po’ di
gelosia. Marie era decisamente bella e decisamente giovane. Aveva otto anni meno
di lei. Per un momento fu sfiorata dallo spiacevole pensiero che, probabilmente,
Marie, la vedeva come una signora, anche se le dava del tu.
“Ciao
Marie, sono André.” Lei gli rivolse uno sguardo cortese e lo salutò
gentilmente, ma la sua attenzione tornò immediatamente su quel gigante dai
capelli neri e gli occhi profondi, con un’adorabile fossetta sul mento e un
sorriso da sciogliersi.
“Piacere Marie, Alain de Soisson.” Ci
mancò poco che si inchinasse a baciarle la mano.
André
dovette stringere le labbra per non ridere. Oscar non credeva alle proprie
orecchie, e, tanto meno, ai propri occhi.
Gran
faccia di merda che hai, Alain.
Sembrava
che quei due non riuscissero a distogliere lo sguardo l’uno dall’altro.
“E
così lavori con Oscar, Marie. Dimmi, com’è la nostra bellissima dirigente?
Cattiva?”
Marie
scoppiò a ridere. André si voltò verso Oscar e vide che stava per massacrare
Alain. Decise di distrarla, tanto, quei due non si sarebbero nemmeno accorti se
fosse sprofondato l’aeroporto con tutti i viaggiatori annessi.
Si
allontanò un po’ dai due cingendo Oscar per le spalle e obbligandola a
seguirlo.
“Oscar,
con tutto quello che è successo, non credo di averti ringraziato per quello che
hai fatto per me. A dire il vero non credo che riuscirò mai a ringraziarti
abbastanza. Senza di te non ce l’avrei fatta.”
Mentre
parlava, si era messo di fronte a lei, e le aveva fatto passare entrambe le
braccia intorno alla vita; i loro corpi attaccati, i loro visi a pochi
centimetri di distanza.
Oscar
si sentiva a disagio; le effusioni pubbliche la imbarazzavano. Ma allo stesso
tempo, le piaceva da impazzire come la teneva stretta in quel momento. Pensò
che quelli che passavano dovevano vederli come due molto innamorati. Si sforzò
di guardarlo negli occhi e di controllare l’imbarazzo.
“Non
ti preoccupare, mi ringrazierai quando torno.”
Senza
rispondere, André le sfiorò le labbra con un bacio.
“Contaci.”
Oscar
rimase di pietra. Era la prima volta in vita sua che si lasciava andare ad
effusioni in pubblico. Nemmeno con Victor...
Già,
ma André non è Victor.
La
sensazione fisica di essere osservata la riportò sulla terra. Si liberò
gentilmente ma con decisione da André e si voltò verso Alain e Marie che li
stavano guardando sogghignando.
Io
quello lo ammazzo.
“Andiamo,
Marie. Vorrei evitare di perdere l’aereo.”
Sentì
Alain che sussurrava alla sua assistente: “Sono il mio caso disperato....”
riferendosi, evidentemente a lei ed André.
Se
ne andarono, Marie girandosi più volte per sorridere ad Alain e Oscar quasi
senza salutare, bella e maestosa, nel suo cappotto nero, lungo quasi fino ai
piedi, i capelli biondi ondeggianti e il passo sicuro.
“Cristo
santo, André! Ma l’hai vista??? E ce l’ha tenuta nascosta fino ad adesso,
la signora. Ma è troppo bella...”
“Alain,
non metterti in testa strane idee... è praticamente una bambina.”
“Bambina
un corno! Ha 26 anni, è maggiorenne e vaccinata; e poi è single e vive da
sola.”
“Ma
che le hai fatto?? Il terzo grado?” André guardò Alain con ammirazione.
“Siete
voi che pensate che io sia un animale che tratta le donne come oggetti sessuali
e non come persone.”
“Eh!
Chissà come ci è venuta questa idea...”
“Però
quando mi impegno so essere assolutamente affascinante e galante. Mi rendo conto
che questa non è certo una delle ragazzine fanatiche che ci piombano addosso
alla fine dei concerti; e mi rendo conto che Oscar mi farà un ostruzionismo
mortale. Ma sento che devo tentare il mille per mille. Mi piace troppo.”
André
lo guardò perplesso, e, per un attimo, si chiese se si sentisse bene.
“Ma
la conosci appena!”
“E
allora? La conoscerò meglio. L’ho già invitata al nostro concerto e ha
accettato con entusiasmo. Lo sai che le piacciono i Metallica?”
André
scosse la testa, fra il divertito e il preoccupato.
“Oscar
ti stritolerà le palle, puoi scommetterci.”
Ma Alain non lo stava più ascoltando. Guardava fuori dal grande vetro della sala di attesa cercando di individuare l’aereo della Air France che avrebbe portato la donna della sua vita lontano da lui.
Continua
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