Capodanno di fine millennio
parte terza
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Parte III
(Colonna Sonora per la giornata: Faith No More, Epic: Red Hot Chili Peppers, Scar Tissue; Billie Holiday, I’m a fool to want you)
Oscar si svegliò intorno alle undici. Sentiva in lontananza i rumori del traffico e una radio da qualche parte che trasmetteva i Faith No More.
Riemerse a fatica dai cuscini e guardò la sveglia.
“LE UNDICI?????? Dio, non è possibile... non ho nemmeno sentito la sveglia”
Si buttò fuori dal letto come un
razzo. Sicuramente André se ne era già andato. Lei aveva dormito e lui, che in
genere alle sette del mattino era già sveglio e pieno di energie, aveva preso
la sua moto e aveva iniziato la loro “giornata insieme” da solo. Proprio un
bell’inizio.
“Idiota,
idiota cogliona...”
La piccola sala che divideva le due
camere era deserta e le persiane erano aperte. Il casco però era al suo posto.
Magari era uscito a piedi.
“André...” Nessuna risposta.
Si avvicinò alla porta della sua camera e capì da dove proveniva la musica. André era l’unica persona che conosceva che ascoltava heavy metal per addormentarsi. Bussò. Nessuna risposta.
Aprì la porta lentamente, infilò la testa.
Dormiva ancora. Lo stereo era acceso. Oscar sentì un brivido lungo la schiena: non riusciva a non guardarlo. Giaceva a pancia in giù, con le gambe leggermente divaricate, un braccio sotto il cuscino e l’altro appoggiato vicino al viso.
Indossava solo un paio di boxer, non che Oscar non l’avesse mai visto in boxer... ma quella posizione serena, gli occhi chiusi con le ciglia lunghissime in parte nascoste dai capelli, la bocca leggermente aperta e il fisico perfetto, scolpito da anni di kick boxing che gli avevano dato la classica struttura muscolosa ma longilinea le avevano risvegliato un misto di sensazioni che non provava da tempo.
Avrebbe voluto toccarlo, accarezzargli la schiena, le braccia, il viso e....
Ma che ti prende??? Tieni a bada gli
ormoni.
Scacciò subito quei pensieri, non era da lei.
Decise che avrebbe preparato la colazione per entrambi. Non era un gran che come cuoca, ma un caffè decente lo sapeva ancora fare!
Dopo circa un quarto d’ora, svegliato dal profumo del caffè André fece la sua comparsa nel soggiorno.
“Buongiorno... scusa... non ho sentito la sveglia.
“Allora siamo in due” rispose Oscar con un gran sorriso. André la guardava con un’espressione dolce e assonnata, sembrava un ragazzino, lei, ricambiava lo sguardo illuminandosi di sole.
“Che c’è Oscar, perché mi guardi così? Sono così brutto appena alzato?”
“Per niente, pensavo che sei molto carino appena sveglio.”
André non riuscì a mascherare uno sguardo di sorpresa. Oscar non faceva mai complimenti, soprattutto appena alzata.
“Allora non mi lavo e non mi vesto, rimango così tutto il giorno così mi riempi di complimenti che fanno tanto bene al mio ego”.
Oscar arrossì, stava diventando sdolcinata: era una cosa che detestava negli altri e ora vi stava indulgendo lei stessa. Eppure non riusciva a farne a meno. In un certo senso era come se vedesse VERAMENTE André e ne sentisse la vicinanza per la prima volta. Questa cosa la sconcertava e, al contempo, le dava una sensazione strana, piacevole.
Sarà il ciclo che si avvicina...
“Palle: mi hai promesso una giornata di vacanza, e vacanza voglio.”
Fecero colazione ridendo e sentendo musica. Si vestirono, indossarono i caschi e a bordo della potente Harley si diressero a Versailles
Era una delle loro mete preferite, fino a quando i rispettivi impegni di lavoro, la partenza di André e la musica avevano a poco a poco reso quasi impossibili le gite.
Tornarci dopo tanto tempo fece loro un certo effetto: era una giornata splendida e tiepida per essere fine novembre, a dispetto delle previsioni che davano pioggia e freddo.
Versailles era bella come sempre. Fecero un giro per gli immensi giardini e si guardarono lo spettacolo di giochi d’acqua accompagnati da musica.
A Oscar sembrò di tornare indietro di secoli. Com’erano diverse le cose allora. Più semplici, senza complicazioni, senza...
Si rabbuiò all’improvviso. Si era
ricordata tutto d’un tratto che André l’avrebbe lasciata sola il giorno del
suo compleanno per vedersi con quegli amici americani e, soprattutto con quella
Jean con di cui aveva parlato a lungo dopo il suo ritorno.
Che
ci sia ancora una storia fra di loro?
Cercò di convincersi che non era così.
In fondo, non si erano più sentiti e, dopo un po’, non l’aveva nemmeno più
nominata.
Già, però esistono i ritorni di
fiamma...
“Oscar! Mi stai ascoltando???”
Era talmente presa dai suoi pensieri che non aveva sentito nemmeno una parola di quello che aveva detto André. Si impose, almeno per quel giorno, di non pensare al viaggio, a Jean e ai suoi stronzissimi amici americani: in fondo era una maestra della dissimulazione e dell’autocontrollo.
Con uno sguardo colpevole e un sorriso timido si rivolse ad André: “Scusa... mi ero persa nei ricordi..”
Se speri che faccia pianti o scene
perché te ne vai il giorno del mio compleanno te lo puoi scordare...
Ma la cosa le bruciava, e quanto le bruciava...
Trascorsero il resto della giornata girovagando in moto, cercando nuovi cd da Fnac, si scaldarono con cioccolata e panna in uno dei bistrot più caratteristici di Parigi e, nel tardo pomeriggio decisero di fare la spesa per la cena della serata.
André
aveva proposto lumache alla bourguignonne,
ostriche, petto d’anatra al calvados e champagne, ma, dal momento che nessuno
dei due aveva la più pallida idea di come si preparasse quella roba, optarono
per farsi portare la cena a casa da un ottimo servizio di catering
e si limitarono a comprare il vino, sul quale entrambi avevano una
discreta conoscenza: Sauternes
Chateaux D'Yquem per
l’antipasto a base di foie gras e un Bourgone Chorej
Cote De Beaune Rosso per il
resto.
Entrarono in casa infreddoliti e
sorridenti.
Il tempo stava rapidamente cambiando, nuvole scure e cariche di pioggia si stavano ammassando sopra Parigi. Da lì a poco si sarebbe scatenato il diluvio.
“Fra quanto ci consegnano la cena?” chiese Oscar mentre si spogliava del pesante giaccone in pelle.
“Uh, non prima di 2 ore... è sabato, e poi, guarda il cielo... Però abbiamo il vino, possiamo farci un aperitivo.”
“Ok, faccio una doccia veloce. Sono congelata e ho i capelli che puzzano di smog.”
André sorrise: Oscar, così disinteressata alle mode e alle cose frivole, aveva un’unica debolezza: i suoi capelli.
Li curava con attenzione, scegliendo i prodotti più costosi e spazzolandoli a lungo tutte le sere.
A volte, quando erano ragazzini, era lui che le spazzolava i capelli. facendo molta attenzione a non farle male, mentre chiacchieravano di musica, di amici, di libri e della scuola.
Poi,
quando si era reso conto che quel gesto creava, almeno per lui, un’intimità
che andava ben al di là dell’amicizia, aveva smesso. E Oscar, naturalmente,
non aveva fatto domande.
“André, il bagno è tutto tuo” gridò Oscar, dopo una ventina di minuti, spostandosi nella sua camera.
“Ok. Ho aperto il Bourgogne, per farlo respirare. Ti ho preparato un bicchiere di Sauternes. Occhio che è forte a digiuno!”
André entrò nel minuscolo bagno e fu subito avvolto da una sensazione strana: nell’umidità dell’ambiente sentiva più forte che mai, la presenza di Oscar. La sentiva, morbida e bianca, nel profumo del suo docciaschiuma al latte, forte e intensa nello shampoo che aveva scelto con cura per i suoi bellissimi capelli, liscia come seta nella crema idratante che usava per il corpo.
Avrebbe saputo riconoscerli fra migliaia, quei profumi.
Si infilò sotto il getto dell’acqua calda cercando di arginare la marea dei suoi pensieri.
Ma era impossibile: mai, come in quel momento sentiva la sua presenza, la percepiva in ogni cosa, perfino nelle goccioline di condensa che erano rimaste sul vetro della doccia.
Lei era stata lì, prima di lui, nello stesso bagno, nella stessa doccia, il suo accappatoio era appeso di fianco al suo...
Ma cosa accidenti ti sta passando per
la testa......
Aveva combattuto per una vita, fra il
desiderio di dirle cosa provava realmente per lei e la paura che una rivelazione
del genere potesse rovinare tutto. Poi, quando era riuscito a dirle che
l’amava, aveva ricevuto l’unica reazione a cui non era preparato:
l’indifferenza.
Ci aveva messo 3 anni a costruire la spessa barriera di filo spinato che gli consentiva di tenere sotto controllo i suoi sentimenti, non poteva certo abbatterla così...
Oscar sta con me perché sono il suo
alibi: fino a che ci sarò io potrà nascondersi dietro la parvenza di vita
normale che stiamo facendo. Ma questa vita è tutto tranne che normale: viviamo
sotto lo stesso tetto come quando eravamo all’Università, ma siamo cresciuti,
le cose sono cambiate.
E
allora perché non ho il coraggio di andarmene? Di fare io la prima mossa?
André conosceva benissimo la risposta:
semplicemente non voleva più perderla. Quel distacco di 3 anni prima lo aveva
portato sull’orlo della disperazione, ne era uscito a fatica ed era quasi
sicuro che non ce l’avrebbe fatta un’altra volta.
Uscì dalla doccia e si frizionò i
capelli davanti allo specchio.
Devo tagliarli... fra un po’ farò
concorrenza ad Oscar.
All’improvviso un pensiero lo prese
come una rivelazione.
Per quella sera, decise, avrebbe messo
da parte ogni elucubrazione, ogni pensiero triste e l’idea di quel viaggio di
Natale che si era imposto di fare (e che, a quanto pareva, Oscar aveva raccolto
senza troppi problemi) e si sarebbe goduto la compagnia di Oscar, il buon vino e
l’ottima cena.
Un sorriso lo illuminò.
Si infilò un paio di short della
Champions, la sua T-Shirt preferita dei Red Hot Chili Peppers e raggiunse Oscar
in salotto.
Ma la scena che vide lo
lasciò senza fiato.
Oscar era seduta, sulla poltrona di
fronte al caminetto. La testa reclinata all’indietro, un gamba leggermente
piegata e l’altra distesa; una mano reggeva il bicchiere pieno a metà di vino
e con l’altra si attorcigliava distrattamente
i capelli.
Le labbra si muovevano appena, seguendo
la voce di Billie Holiday che cantava “I’m a fool to want you”.
Sembrava molto rilassata e quasi persa
in un sogno.
Ma la cosa che lo lasciava senza
parole, impedendogli quasi di respirare era il semplice vestito di maglina
bianca, sorretto da due
sottilissime spalline, che la fasciava morbidamente.
Oscar, ma cosa stai facendo? Ti stai
prendendo gioco di me? O ti stai vendicando per qualcosa?
“Ciao” disse Oscar senza aprire gli
occhi e continuando ad ondeggiare le gambe al ritmo della musica.
“Come hai fatto a sentirmi?” si sorprese André
“Il tuo shampoo è inconfondibile.”
André sorrise pensando alla coincidenza di quel pensiero. Nulla, quella sera, l’avrebbe più stupito.
Sono un pazzo ad amarti ancora, Oscar,
ma non posso farne a meno.
Il primo fulmine, carico di elettricità, spezzò il cielo in due, seguito a breve da un tuono così forte che fece tremare i vetri.
Continua
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