Capodanno di fine millennio
parte dodicesima
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Parte XII
(Colonna
sonora: New Year’s Day – U2)
“Oscar...
Oscar, svegliati.”
André
le passò delicatamente le dita sul viso e appoggiò la mano alla sua fronte:
scottava.
Per
fortuna aveva perso conoscenza solo per pochi secondi, troppi, comunque, per uno
che aveva già il cuore e lo stomaco sottosopra per tutte le emozioni della
serata; quando si era ripresa, l’aveva aiutata ad andare in bagno a togliersi
i vestiti bagnati e ad asciugarsi ed era rimasto in trepidante attesa fuori
dalla porta, con l’orecchio teso ad ogni suo respiro e la paura che potesse
stare nuovamente male.
Ne
era uscita pochi minuti dopo avvolta in un accappatoio e lo aveva guardato con
aria sconsolata.
“André...
purtroppo ho una brutta notizia.”
Oh,
no... un’altra... Cosa può esserci ancora?
Ma
poi aveva risposto con il tono più tranquillo e spensierato che era riuscito a
simulare.
“Ehi,
cosa può esserci di così brutto?”
Oscar
aveva abbassato lo sguardo ed era arrossita.
“Ecco....
mi sono arrivate le mestruazioni... proprio stasera...”
André
era scoppiato a ridere, una risata liberatoria. Tutto qui?? Poi si era
fatto serio, per paura che lei lo fraintendesse.
“E
allora? Abbiamo tutta la vita davanti. Giorno più, giorno meno non ha alcuna
importanza. Sono altre le cose che mi interessano... Anzi, potresti avere le
mestruazioni per tutta la vita che non me ne importerebbe un accidenti. Io
voglio solo tenerti vicino a me, così.”
E
l’aveva attirata a sé avvolgendola in un abbraccio pieno di tenerezza. Oscar
aveva sorriso.
“Sei
un adorabile bugiardo... Però ti ringrazio. È solo che questa doveva essere la
nostra serata e avrei voluto...”
Non
era riuscita a finire la frase. Un altro giramento di testa. Si era aggrappata a
lui per non cadere e si era sentita sollevare delicatamente e posare sul divano.
Si era resa conto che non riusciva a tenere gli occhi aperti. Doveva avere una
febbre da cavallo, a giudicare da come si sentiva scottare le guance e la
fronte. Aveva chiuso gli occhi e si era addormentata.
“Oscar...
come ti senti?”
La
guardò mentre cercava di svegliarsi.
L’aveva
avvolta in una coperta e le aveva messo una borsa del ghiaccio sulla fronte, per
fare scendere la febbre. Sua nonna diceva che era il sistema migliore. In quel
momento desiderò che fosse lì con loro, a prendersi cura di Oscar, come quando
erano piccoli. Lui non si sentiva votato per la carriera infermieristica. Non
aveva la più pallida idea di cosa fare.
“Ehi...”
Oscar gli sorrise debolmente.
“Ehi...
di' un po’, stai cercando di attirare la mia attenzione? Guarda che ci sei
riuscita! No, dai, seriamente, come ti senti? Vuoi che chiami il dottore? O
Rosalie?”
Oscar
riuscì a sollevare la mano e ad appoggiargliela sul viso. André aveva l’aria
stanca e preoccupata.
“No...
sto meglio. È solo un po’ febbre. Mi sono fatta quasi tre chilometri a piedi,
sotto la neve, con poco o nulla addosso. Non è così strano. Sai cosa
vorrei?”
André
si inginocchiò di fianco a lei, la prese la mano tra le sue e vi posò le
labbra.
“Vorrei
che tu venissi qui, sotto le coperte con me. Non credi che ce lo meritiamo?
Almeno questo...”
Sorrise
debolmente.
“Due
secondi. Dammi due secondi e sono da te. Non ti muovere, eh?”
Schizzò
via come un razzo. Oscar sorrise e appoggiò sulla bocca la mano che André le
aveva tenuto. Le parve di percepire il sapore delle sue labbra.
Si
sentì pervadere da un senso di pace infinita. Non era mai stata così felice in
vita sua. Non avrebbe mai dimenticato quella serata. Nel bene e nel male.
*********************
André
non riusciva a dormire. Era quasi l’alba. Aveva portato Oscar nel sul letto,
quando il camino si era quasi del tutto spento, e l’aveva sentita accoccolarsi
il più possibile accanto a lui, in cerca del calore del suo corpo.
Quel
semplice gesto, così familiare eppure così nuovo per loro, lo aveva commosso.
Aveva pianto in silenzio, nascondendo il viso nei capelli di lei. Tutte le paure
e le angosce accumulate negli anni si erano sciolte come neve sul fuoco in
quell’unico gesto. Gli sembrò che la sua vita fosse stata priva di
significato, fino a quel momento. Tutto stava cambiando. Non riusciva a credere
che lei era lì con lui, abbracciata a lui, e cosa non avevano passato... La
strinse ancora più forte. Aveva bisogno di lei più dell’aria che respirava.
La
sentì muoversi, poi, all’improvviso, si trovò i suoi occhi azzurri puntati
contro.
Senza
parlare, senza chiedergli il perché di quelle lacrime, passò la punta delle
dita sotto i suoi occhi, per asciugargliele, poi, con un tono di voce così
carico di amore da fare male lo attirò a sé:
“Vieni
qui, piccolino.”
Lo
fece scivolare su di sé e posare la testa sul seno; un braccio di lui le
cingeva la vita, l’altro era rannicchiato contro il suo fianco. Cominciò ad
accarezzagli dolcemente i capelli e a ripetergli “ti amo” ancora e ancora
finché non lo sentì rilassarsi e, alla fine, addormentarsi.
Ripensò
a quell’altra volta in cui si era trovata a cullarlo, a consolarlo. Ma non era
un bel ricordo, era quando André era tornato dall’ospedale dopo
l’incidente. Ora, per fortuna, era tutto diverso.
Quando
Oscar si svegliò completamente era mezzogiorno passato.
André
si era già alzato. Le aveva posato un piccolo bacio, lieve, sulle labbra e
aveva mormorato “Buongiorno, amore”, ma pianissimo, per non svegliarla. Ma
lei lo aveva sentito e si era lasciata pervadere dal calore e dalla gioia di
tutta quella meravigliosa situazione. Era scivolata nella parte del letto in cui
sentiva ancora, forte, il calore del corpo di lui ed era rimasta lì, a godersi
quel momento meraviglioso, ascoltando i rumori provenienti dalla cucina.
Si
sentiva meglio. La febbre doveva essere scesa e aveva appetito.
Lo
sentì entrare pochi istanti dopo e appoggiare il vassoio con la colazione sul
comodino.
“Apri
pure le tende.” Mormorò da sotto le coperte. Si sedette sul letto e rimase in
contemplazione del suo amore, con i boxer di Homer Simpson e la maglietta di
Willy Coyote, i capelli arruffati e lo sguardo ancora assonnato. Dovette
trattenersi per non buttargli le braccia al collo col rischio di rovesciare il
vassoio.
“Come
sta la mia rockstar?” Le posò una mano sulla fronte.
“Bene,
molto meglio... ho una fame da lupi. E tu? Non hai dormito molto...”
André
sorrise e la guardò, nonostante la stanchezza gli occhi erano luminosi.
“E
come avrei potuto? Ho aspettato questo momento da una vita... Avevo quasi paura
che se mi addormentavo poi, magari, mi svegliavo e si era trattato di un sogno.
No... è stato tutto molto bello questa notte, Oscar. È stata la notte più
bella della mia vita.”
Oscar
rimase colpita dalla serietà con cui André aveva parlato.
“Anche
per me lo è stata. Beh, diciamo la seconda parte. La prima vorrei
dimenticarla... Sai... ad un certo punto ho pensato che ci fosse una congiura
contro di noi, ma poi mi sono resa conto che gli unici due a congiurare...
eravamo noi due, con i nostri caratteri del cazzo; anzi, ad essere onesta credo
di essere stata io la causa principale di tutti i disastri. Io, il mio maledetto
orgoglio, la mia abitudine a reprimere i sentimenti per evitare di scottarmi...
Insomma..., sono stata un disastro, eh?”
Oscar
si stupì della facilità con cui le erano uscite le parole. Passò ad André un
toast su cui aveva accuratamente spalmato burro e marmellata, così si era
evitata di doverlo guardare negli occhi mentre pronunciava quell’atto di
sincera autoaccusa.
“Sì...
l’idea della congiura è venuta anche a me, per un po’, ma poi ho capito
anch’io che gli unici responsabili dei casini che stavano succedendo eravamo
noi, e nessun altro. E non è stata più colpa tua che mia. Abbiamo contribuito
entrambi, in egual misura. E non penso nemmeno che abbiamo dei caratteri del
cazzo, penso solo che siamo più complicati delle persone normali, e forse
abbiamo avuto qualche sfiga in più nella vita che ci ha reso più... come
dire... cauti, per usare un eufemismo, nell’affrontare le situazioni.”
“Direi
che cauti è proprio un eufemismo.” Oscar abbassò gli occhi, quello che stava
per affrontare era un tema che l’angosciava non poco, ma non poteva non
parlarne. “Sai, io non posso non sentirmi l’unica responsabile per quello
che ti è successo quella notte, sì, insomma, l’incidente... Se solo ti
avessi fermato...”
“Dio,
Oscar, come vorrei dimenticare quella notte. Ci ho pensato a lungo, sai... Sì,
è vero, ero arrabbiato con te, e ho aspettato fino all’ultimo che mi
fermassi, che mi dicessi di non andare via, però poi mi sono reso conto che
tutto era nato da me, dalla freddezza con cui ti ho trattato dopo... dalle cose
terribili che ti ho detto; in fondo tu hai avuto una reazione normale, sono io
che sono partito male...”
Oscar
abbassò lo sguardo. Il ricordo di quella sera le fece ancora male.
“Mi
sono sempre chiesta il perché di quel gelo. Mi sono fatta mille seghe mentali
nell’immaginarmi tutte le possibili risposte...”
“E
perché non lo hai chiesto a me?” André aveva parlato con una dolcezza tale
che ad Oscar si strinse in cuore.
“Perché
avevo paura delle risposte. Avevo paura che mi dicessi che per te si era
trattato di “una botta e via”, oppure, peggio ancora, che ti volevi
vendicare del fatto che quando mi avevi detto di amarmi non ero stata capace di
dire nulla. A ben guardare, non eri poi da biasimare se l’avevi fatto per quel
motivo.”
André
le afferrò le mani e le strinse nelle sue.
“Oscar...
vuoi sapere cosa VERAMENTE mi ha fatto uscire di testa quella sera?”
Oscar
annuì.
“Ero
geloso. Pazzamente geloso di te e di Victor, di quello che mi avevi raccontato.
Sai... mi sento idiota a dirlo... ma ormai ho tolto il tappo... Mentre ero... su
di te, e ti vedevo, così bellissima e sensuale, ed eri lì con me,
all’improvviso mi si è parata davanti l’immagine di te e Victor e mi sono
sentito morire. È assurdo, vero? Da lì è nato tutto. Sono uscito di testa.”
Oscar
lo guardava con occhi sgranati.
“Oh
mio Dio, André, è stato questo? Ma... perché non me lo hai detto?”
“La
fai facile tu... è sempre il solito discorso... perché avevo paura che mi
giudicassi un idiota infantile. In fondo me ne ero andato per un anno e quando
sono tornato non ti ho certo lesinato i particolari sulla mia vita sessuale. E
poi, la sera in cui finalmente sembra che le nostre vite possano avere una
svolta, rovino tutto con un attacco di gelosia da sedicenne impazzito. Ecco, ora
sai tutto.”
“Mi
dispiace André. So cosa sia la gelosia, credimi, in questi giorni l’ho
sperimentata in prima persona e so che può portarti a fare delle cose assurde.
Non posso biasimarti, soprattutto non dopo ieri sera...
Però
devo essere completamente onesta con te: Victor, in un certo senso, mi ha
salvato la vita. Quando te ne sei andato ero così disperata, mi sentivo così
in colpa per non averti fermato, mi sentivo sola e, allo stesso tempo così
stupidamente orgogliosa per chiamarti o scriverti; ho passato un periodo in cui
se non ho pensato al suicidio poco ci è mancato. Victor mi ha aiutato ad uscire
da tutto questo e mi ha insegnato ad avere un po’ più di rispetto per me
stessa e i miei sentimenti. Quando ti ho detto che fra noi era stato solo sesso
ti ho mentito, l’ho fatto perché mi avevi appena detto che non ci saresti
stato il giorno del mio compleanno; insomma... non ho dato grandi segni di
maturità nemmeno io. Però non posso paragonare nemmeno lontanamente quello che
c’è stato fra me e lui con quello che provo per te. Mi rendo conto che Victor
l’ho usato perché non potevo avere te, e credo che, in fondo, lui lo abbia
sempre saputo. E mi dispiace molto di questo. Non se lo merita.”
Oscar
tirò un lungo sospiro: per la prima volta in vita sua era riuscita a dire tutto
quello che aveva dentro; si sentiva immensamente meglio e pregò che André
facesse lo stesso.
“Lo
so. So tutto di te e Victor.”
Oscar
lo guardò allibita.
“Come
sarebbe a dire che sai tutto?”
“No,
aspetta, non fraintendere... È stato Victor a dirmelo, poco dopo che ero
tornato dall’ospedale. Ti ricordi quando è venuto a trovarmi? Beh, non so
come sia successo, ma ad un certo punto ci siamo trovati a parlare di te e lui
mi ha detto “Io credo che ti ami, André, e se sei un uomo intelligente, come
penso, non dovresti lasciartela scappare.” Credo gli sia costato molto dirlo.
Poi mi ha raccontato quello che c’era stato fra di voi, tralasciando,
naturalmente, ogni accenno alla vostra vita sessuale e mi ha fatto capire che
lui per te è stato soprattutto un amico e che, in cuor suo, ha sempre saputo
che non avrebbe mai potuto prendere il mio posto. Non era tenuto a dirmelo. Io
ho sempre rispettato Victor, ma da quella volta ho iniziato a considerarlo un
amico. E non posso che essergli riconoscente a vita per quello che ha fatto e
per come si è comportato nei tuoi confronti.”
Rimasero
in silenzio per un attimo, a metabolizzare il fiume di cose che finalmente si
erano detti. Parlò André, per primo.
“Non
è stato difficile, vero?”
Oscar
sorrise. “No, per niente.” Lo attirò a sé e lo abbracciò, baciandogli la
fronte e i capelli.
“È
stato un periodo duro, vero? Però ce l’abbiamo fatta. È questo quello che
conta.”
Con
il viso nascosto nella stoffa morbida della camicia da notte di lei, André annuì.
Stava troppo bene in quel momento anche solo per parlare.
Solo
molto tempo, dopo, mentre si accomodava meglio fra le braccia della sua Oscar,
André fu colto da un pensiero improvviso. Si alzò di scatto, facendo
sobbalzare Oscar che si era assopita.
“André,
cosa ti prende??”
“Un’idea,
stupidissima, in verità, quindi mandami pure a quel paese se non sei
d’accordo. Stavo pensando che questo ultimo mese è stato veramente un mese
tosto e sono successe tantissime cose, molte delle quali non particolarmente
piacevoli, per entrambi. Io non sono mai stato particolarmente superstizioso,
del resto mi conosci, tranne forse quella volta in cui...”
Stava
tergiversando.
“André!
Vieni al sodo!”
“Ecco,
sì, dunque... mi chiedevo... e se “ufficializzassimo”... No, accidenti, non
è la parola corretta. E se aspettassimo l’inizio del nuovo anno per...
Insomma, sarebbe il migliore dei modi per iniziare; una specie di nuovo inizio
per un nuovo millennio. In fondo si tratta solo di aspettare pochi giorni, poi,
tanto tu ora non potresti comunque...”
Finalmente
Oscar capì e dovette metterci tutta la buona volontà per non scoppiare a
ridere. Non poteva farlo. André era così serio e convinto di quello che
diceva. Ed era anche una cosa molto bella.
“Vuoi
dire niente sesso fino al 2000?”
“Ehm,
sì.... però, caspita, detto in questo modo... Ma sì, ho detto una gran
cazzata, lascia perdere.”
Si
accorse che stava arrossendo.
“No,
no, niente affatto, è una cosa molto carina e romantica... E, secondo me, non
è nemmeno molto difficile. Che ne dici se invitiamo qui Alain e Marie questa
notte? Festeggiamo la Vigilia insieme, scambiamo i regali e domani facciamo un
degno pranzo di Natale e di compleanno. Poi, comunque, dovremmo fare una
scappata ad Arras, vorrei evitare l’ennesima crisi familiare, e allora lì
stai tranquillo che rischi non ne corriamo, ci metteranno a dormire ai lati
opposti della casa, come da ragazzi...”
André
si illuminò subito.
“Sì,
è un’idea fantastica!!! Ora chiamo Alain e Marie, così oggi mi porto Alain a
fare la spesa per domani, magari cuciniamo noi. Perfetto, e poi ora chiamo mia
nonna e dico che il ventisei arriviamo e rimaniamo lì per tre o quattro
giorni.”
Si
era alzato in piedi e si stava dirigendo deciso verso la porta, sotto lo sguardo
divertito di Oscar. Poi si bloccò di colpo.
“Sì...
ma noi non abbiamo ne’ una stanza per gli ospiti ne’ un divano letto: dove
li mettiamo Marie e Alain a dormire.”
Oscar
lo guardò, maliziosa.
“Beh,
nel tuo letto, direi.”
André
la guardò e all’improvviso si rese conto che quella settimana di amore
platonico sarebbe stata molto più dura di quello che si era immaginato.
***********************
31
dicembre 1999, ore 23.30
“Oh,
manca mezz’ora a Capodanno. Vi rendete conto che sta per finire un millennio e
iniziarne un altro?”
“Ma
va'? Non ti facevo così filosofo, Bernard!” Scoppiarono tutti a ridere alla
battuta di Alain.
“Volevo
solo dire che noi siamo testimoni di un cambio di millennio, non è da tutti.”
Borbottò Bernard, facendo il finto offeso.
“Ohhh,
povero il mio piccolo, tutti ti prendono in giro.” La nuova ragazza di Bernard,
una simpatica studentessa di legge che aveva conosciuto tre sere prima ad una
festa e di cui si era dichiarato innamorato perso, si alzò e fece il giro del
tavolo per abbracciarlo lasciando che lui affondasse la testa nel suo seno
prosperoso.
“Grazie.
Ora sto meglio. Ma ce le avete le mutande rosse?”
“Io
sì!”
“Io
pure!”
Victor
si alzò in piedi.
“Ok,
fuori tutto. Ognuno dichiari e mostri cosa indossa di rosso. Non vogliamo che la
sfiga ci perseguiti per tutto il 2000.”
Marie
lo incitò: “Ok, comincia tu! Noi poi daremo i voti.”
“No
problem.”
Senza
scomporsi, con molta lentezza, si sbottonò i pantaloni, e li abbassò,
rivelando un paio di fantastici boxer rossi, con tanto di neve e pupazzi con la
pipa.
“Me
li ha regalati lei” disse, indicando la sua giovane ragazza che aveva annuito
orgogliosa. Oscar pensò che era veramente incantevole, era una modella, ma era
così diversa da quella... Scacciò l’immagine di Jean dalla testa, il solo
pensarla le dava il voltastomaco. Dopo il concerto nessuno aveva più avuto sue
notizie e nessuno più l’aveva cercata.
Alain ed André, che non volevano essere da meno, seguirono Victor a ruota, il
primo girandosi di spalle e abbassando i pantaloni sul sedere, senza girarsi,
“Non vorrei fare sfigurare gli altri maschietti” si era giustificato, il
secondo calandosi i jeans fino alle ginocchia e mostrando, orgoglioso, un paio
di boxer di maglina rossa, dove, sul davanti, troneggiava la scritta AVANTI
TUTTA, regalo di Alain e Marie.
Ci
fu una risata generale.
“Ohé,
fuori tutto, ho detto!”
Gerard,
rosso come un peperone, disse che si era dimenticato di questa cosa del rosso,
allora, Marie, nel tripudio generale, si sfilò una giarrettiera color vermiglio
e gliela infilò intorno al collo.
“Tanto
ne ho due.”
Bernard
si alzò e con aria solenne, iniziò a sbottonarsi i pantaloni, con Rosalie che
fischiettava la musica di Nove settimane e mezzo. Poi si fermò di colpo,
guardando i presenti.
“Ops!
Mi sa che mi sono dimenticato di mettermi le mutande... PERÒ MI SONO
RICORDATO LE CALZE!!!!” E così
dicendo sollevò i pantaloni mostrando orgoglioso un paio di calzini rosso
fuoco.
Scoppiarono
tutti a ridere e Bernard fu dichiarato vincitore assoluto della gara.
Mancava
poco a mezzanotte.
Quello
sarebbe stato un Capodanno speciale e avevano deciso di festeggiare questa
occasione unica tutti insieme. Perfino Victor e la sua bellissima fidanzata, che
non avevano che l’imbarazzo della scelta dei party esclusivi a cui erano stati
invitati, avevano preferito passare quella notte speciale in compagnia degli
amici.
Oscar
e André avevano deciso di organizzare una cena a casa loro; avrebbero brindato
alla mezzanotte, godendosi lo spettacolo di fuochi d’artificio lungo la Senna
dal piccolo terrazzo di casa loro, poi si sarebbero tutti recati a ballare fino
all’alba in una discoteca molto famosa. Tutti o quasi.
Loro
due non li avrebbero seguiti: era la loro notte; per loro stava per iniziare una
nuova vita e avrebbero festeggiato l’alba del nuovo millennio a modo loro.
Oscar
guardò André mostrare con orgoglio il nuovo basso a Bernard. Era felice come
non lo aveva mai visto prima. Sentì un impulso fortissimo ad abbracciarlo che
dominò a fatica.
Ripensò
alla settimana appena passata, bellissima e strana.
Alain
e Marie erano arrivati a casa loro nel pomeriggio della Vigilia, carichi di
regali e pacchi per il pranzo di Natale; poi, con l’aiuto di Marie, Oscar era
riuscita a mandare Alain e André fuori casa con la scusa che voleva una torta
degna di quel nome e Champagne di prima qualità per festeggiare il suo
compleanno.
Avevano
tirato fuori il basso di André, lo avevano impacchettato e lo avevano nascosto
nuovamente.
Avevano
passato una serata bellissima. Fra di loro si era creata un’intimità speciale
e lei ed André non erano riusciti a nascondere per più di cinque minuti la
loro felicità agli amici.
Erano
rimasti intorno al fuoco a parlare del concerto appena passato, bevendo zabaione
al marsala e mangiando i dolcetti di Natale che Marie aveva preparato apposta
per l’occasione.
Oscar
si era seduta sul divano, raccogliendo le gambe di lato; André si era messo a
terra, davanti a lei, e, abbracciandole le gambe, aveva appoggiato la testa
sulla sua coscia. Con un gesto spontaneo, lei gli aveva tolto i capelli dalla
fronte e gli aveva fatto una carezza, sulla guancia.
Alain
e Marie erano rimasti colpiti da quel gesto così tenero e Alain non aveva poto
fare a meno di dire:
“Certo
che ce ne avete messo di tempo, voi due. Era ora...”
Non
lo aveva detto con la solita ironia. Era profondamente e sinceramente felice per
i suoi amici.
André
non aveva risposto, ma si era girato verso Oscar e le aveva sorriso, e lei aveva
ricambiato il sorriso, in un modo così dolce e intimo che nessuno aveva sentito
l’esigenza di aggiungere altro.
Quando
era arrivata la mezzanotte e l’ora di aprire i regali, André aveva avvertito
una certa agitazione nell’aria ed era stato trascinato da Alain in cucina con
la scusa che doveva aiutarlo ad aprire lo Champagne per il brindisi natalizio.
Guarda tu! Grande e grosso com’è non sa aprire una bottiglia di vino!
Ma
poi, quando erano tornati di là, e aveva visto lo sguardo di Oscar illuminarsi
e aveva fatto scorrere lo sguardo sotto l’albero e aveva visto l’enorme
pacco e aveva capito, dagli sguardi degli altri che era per lui, si era sentito
scoppiare per la felicità e aveva dovuto fare uno sforzo non da ridere per non
commuoversi.
Aveva
scartato il pacco le mani che tremavano e quando si era reso conto di cosa
conteneva non era riuscito a trattenere un grido di stupore. Poi era corso ad
abbracciare Oscar e l’aveva baciata, davanti ai suoi amici, e aveva sentito le
sue labbra morbide aprirsi nelle sue e il suo corpo stringersi al suo e si era
maledetto per quella dannata idea di aspettare il nuovo anno...
Si
erano divertiti come bambini a scartare pacchi e aprire regali. Libri, cd,
videocassette, e poi un libro di ricette erotiche da Marie per Alain, un gatto
di peluche grande come un Sanbernardo per Marie, occhiali da sole e Nike nuove
per Oscar, un casco nuovo per Alain e uno anche per Marie che era rimasta senza
parole perché proprio non se lo aspettava, un paio di anfibi Doc Martens
originali e un libro bellissimo, introvabile sull’architettura d’ombre d
Isozaki per André.
La
stanza era sommersa dalla carta e dalle risa di stupore e di divertimento dei
quattro.
Poi,
ad un certo punto, André si era alzato e, in modo solenne, aveva estratto dalla
tasca una piccola busta rossa, con il disegno di una bellissima rosa bianca,
sicuramente fatto da lui, Oscar ne aveva riconosciuto lo stile, e il suo nome
scritto sopra.
“Questo
è per te... BUON COMPLEANNO.”
Era
rimasto a studiare con occhi attenti ogni sua reazione mentre lei, con estrema
attenzione per non rovinare il bellissimo disegno, apriva la busta.
“Mio
Dio... ma come hai fatto... Sono praticamente introvabili.” Lo guardava con
occhi sgranati, ancora incredula che fosse riuscito in un’impresa del genere.
Quella
piccola busta conteneva quello che era il suo sogno di sempre: assistere,
all’Opéra di Parigi, alla prima di un’opera lirica, e, quell’anno, il
trenta di gennaio, ci sarebbe stata la prima della Traviata, l’opera da lei
preferita. E loro avevano un posto nella posizione migliore e più ambita.
“Avrai
speso un sacco di soldi...” Oscar spostava lo sguardo dai biglietti ad André.
“Oh,
ho i miei giri...” di certo non le avrebbe rivelato che “i suoi giri”
erano niente meno che il padre di Oscar, il quale, patito dell’opera, si era
rivelato felicissimo di aiutarlo in un’impresa così nobile.
“Ah,
ricordati che è di rigore l’abito da sera, quindi, niente completi da donna
manager o cose del genere altrimenti non ti ci porto. Abito lungo, tacchi alti e
scollatura abbondante.” Aveva fatto l’occhiolino ad Alain ed erano scoppiati
tutti a ridere.
Avevano
finito la serata cantando canzoni di Natale intorno al camino e se ne erano
andati a dormire tardissimo, tutti un po’ brilli.
Avevano
passato il giorno di Natale cucinando e mangiando e facendo brindisi ad Oscar;
il telefono aveva squillato in continuazione per gli auguri e, nel pomeriggio
tardi, come ogni anno, la sua amica Mare Antoinette, era passata a farle gli
auguri e a portarle il regalo di compleanno, accompagnata dal noiosissimo marito
e dai figli pestiferi.
Oscar
aveva letto nel suo sguardo perennemente triste lo sconforto e la rassegnazione
ad una vita che non le apparteneva. Aveva pensato con stupore ad Hans, l’uomo
per cui Marie Antoinette stava per lasciare la famiglia e di cui anche lei si
era innamorata. Ora non si ricordava nemmeno più il suo volto.
“Sei
felice, vero, Oscar?” Marie Antoinette le aveva sorriso in quel suo modo
malinconico e aveva girato la testa in direzione di André.
“Sì,
molto.”
“L’avevo
capito nel momento stesso in cui hai aperto la porta che qualcosa era finalmente
cambiato. Sei una donna fortunata.”
“Non
è mai tardi per cambiare.” Oscar sapeva che quelle parole si sarebbero spente
nel cuore rassegnato della sua amica.
Se
ne erano andati poco tempo dopo e Oscar aveva sentito una strana malinconia
avvolgerla e aveva supplicato André di tenerla stretta fino a toglierle il
respiro.
Erano
partiti per Arras il giorno seguente e avevano passato quattro giorni in balia
della nonna di André, dei genitori e delle sorelle di Oscar e dei loro figli
chiassosi e di parenti e cugini di lei cui nemmeno ricordava l’esistenza. Ma
nessuno era riuscito a turbare la loro felicità, i loro sguardi rubati, le
carezze e i baci di nascosto, come adolescenti ad una festa di adulti.
Quando
la casa dormiva, Oscar sgattaiolava dalla sua camera e raggiungeva André nel
suo letto, che era grande come quelli di casa loro messi insieme, e restavano
abbracciati a parlare oppure solo a sentire il battito dei loro cuori; poi lei
iniziava a baciarlo lentamente sul collo, sul petto, e lui le diceva di fermarsi
e allora lei risaliva e lo guardava morire di desiderio e lo stuzzicava in
quella specie di sfida alla resistenza che, sapeva, lui avrebbe vinto comunque,
perché, in fondo, lo volevano tutti e due e non avrebbero rovinato tutto certo
rubando un attimo in un letto della casa dei suoi genitori.
“Mi
vuoi fare morire?” Le mormorava, tenendo gli occhi chiusi, quando Oscar si
sdraiava su di lui e cominciava a muoversi lentamente, lasciando che la stoffa
dei vestiti fosse l’unica barriera fra di loro.
Poi,
all’improvviso, si staccava e lo guardava con un’aria molto maliziosa.
“Certo
che sei un osso duro, tu!” Gli diceva, fingendo di essere imbronciata.
“Oh,
ti garantisco che c’è ben altro di duro qua...” E scioglievano il desiderio
in una risata.
Erano
tornati a Parigi il trenta dicembre per la prima all’Opéra.
Oscar
non avrebbe mai dimenticato lo sguardo sbalordito di André, anche lui
meraviglioso nel suo smoking nero, quando aveva fatto in suo ingresso nella
saletta della loro mansarda con un vestito di chiffon color avorio, lungo fino
ai piedi, i guanti di raso che le arrivavano ai gomiti, i capelli raccolti e la
piccola collana di acquamarina che le aveva regalato la madre.
“Mio
Dio, Oscar, sei... divina. Non ho mai visto niente e nessuno di più bello e
desiderabile.”
E
non era stato l’unico a pensarla così, a giudicare dagli sguardi di
ammirazione che le avevano rivolto tutti i presenti al suo ingresso nel foyer.
“Devi
abituarti ad essere guardata, mia cara, e pure io mi devo abituare... mi sa.”
L’opera
era stata meravigliosa e André, guardandola, si era ricordato la scena di quel
film, Pretty Woman, in cui Julia Roberts, assistendo ad un’opera, si
lascia coinvolgere così tanto da non accorgersi più del resto. Oscar era così:
totalmente rapita dalla musica e dal canto, il busto sporto in avanti, come se
la bellezza di quelle note la stesse risucchiando, mentre, con un movimento
impercettibile delle labbra, seguiva le parole che conosceva a memoria.
André
non seguì molto dell’opera: passò quasi tutto il tempo a guardarla e ha
pensare che quella donna meravigliosa, finalmente, era sua.
Quella
notte erano stati più vicini del solito a rompere la loro promessa. La musica,
lo sfavillare delle luci, lo champagne e le ostriche dopo lo spettacolo, li
avevano gettati in uno stato di euforia e di desiderio quasi insopportabile.
Oscar
si era tolta le scarpe e poi avevano ballato alla luce del caminetto del loro
piccolo soggiorno, cercando di evitare tavolini, divano ed albero di Natale, e
lei aveva riso buttando indietro la testa e lui non era riuscito a resistere e
l’aveva baciata su collo, poi era sceso sul decolté, fino all’attaccatura
del seno, che si intravedeva, bianco e morbido dalla scollatura.
Oscar
gli aveva trattenuto la testa impedendogli di staccarsi ed erano finiti sul
divano e lui aveva cominciato baciarla con passione crescente e le spalline del
suo abito erano scivolate e si era trovato con le labbra a sfiorarle la pelle
del seno e le mani di lei che lo
tiravano sempre di più contro il suo corpo e il loro respiro sempre più
affannoso e Oscar che aveva iniziato ad accarezzarlo lentamente e gli aveva
sfilato la camicia e gli aveva sfiorato il ventre ed era scesa ancora più in
basso, insinuando la mano nei pantaloni e sfiorandolo delicatamente con la punta
delle dita e lui aveva soffocato un gemito sulla sua pelle.
Il
fischio del bollitore, fortissimo nel silenzio della notte, li aveva fatti
sobbalzare entrambi.
“Oddio,
nooo...” André aveva gridato, ridendo, con il respiro corto e il viso
accaldato ancora nascosto contro la stoffa del vestito di Oscar.
Si
erano guardati per un istante e poi avevano lasciato che una risata
interrompesse la magia di quel momento.
André,
scarmigliato, con una traccia di rossetto sul collo la camicia fuori dai
pantaloni e i pantaloni stessi slacciati si era messo in ginocchio e, con la
testa fra le mani, aveva continuato a ridere.
Oscar
si era alzata e, mentre si incamminava verso la camera, aveva indirizzato uno
sguardo al bollitore.
“La
prossima volta ne prendo uno con il silenziatore, giuro.”
Quando
André era ritornato con le tazze del tè, si era trovato di fronte ad una Oscar
completamente trasformata nel suo pigiama di felpa azzurra che tutto ispirava
fuorché sesso.
“Manca
un giorno. Così evitiamo di cadere in tentazione.” aveva detto, categorica.
Quella
notte avevano dormito tenendosi per mano.
E
finalmente era arrivato l’ultimo giorno del vecchio millennio e fra un po’
un esplodere di tappi e fuochi d’artificio avrebbe salutato l’arrivo del
nuovo.
Erano
usciti tutti sul terrazzino della mansarda, le bottiglie di champagne pronte per
essere stappate, e aspettavano il conto alla rovescia seguendolo dalla
televisione. In lontananza, i primi fuochi salutavano con anticipo il nuovo
anno.
“Ok,
ragazzi, ci siamo... dieci...”
Un
coro di voci si unì a quella di Alain.
“Nove...
otto... sette... sei... cinque... quattro... tre... due... uno... eeee BUONA ANNO A TUTTI.”
I
tappi partirono in contemporanea, volando dal balcone, seguiti da migliaia di
altri tappi dalle case vicine.
Lo
champagne fu versato, metà nei calici e metà per terra e, nell’euforia
generale, cominciò lo scambio di brindisi ed auguri.
André
si trovò fra le braccia di Alain che, in un evidente stato di commozione,
continuava a ripetergli “Ti voglio bene, amico.”
Per
fortuna intervenne Marie a salvarlo dal suo emotivissimo socio.
Oscar
era stretta in un abbraccio fra Bernard e Gerard; poi fu la volta di Alain che
la stritolò in una morsa piena di affetto.
Baci,
abbracci e risate si perdevano nel frastuono dei fuochi e dei clacson di una
Parigi che sembrava impazzita.
Oscar
raggiunse Victor e lo abbracciò, sfiorandogli le labbra con un bacio leggero.
“Ti
voglio bene, Colonnello, lo sai, vero?”
Un
loro vecchio gioco. Victor rise e ricambiò il bacio, erano anni che non lo
chiamava più così, da quando si erano lasciati.
“Lo
so, Capitano, anch’io te ne voglio.”
Poi
fu rapito da Rosalie e Marie.
Oscar
sentì una mano posarsi sulla sua spalla, si girò e incontrò lo sguardo di
André.
“Ehi,
e a me non li fai gli auguri.”
Oscar
sorrise e, incurante della presenza degli altri prese il volto di André fra le
mani e lo attirò a sé e lo baciò. Non sentirono le grida e gli applausi degli
amici.
In
una notte di inizio millennio illuminata da mille fuochi.
*******************
Appoggiata
al parapetto del terrazzino Oscar guardava la fiumana di persone e macchine che
aveva inondato le strade.
Se
ne erano andati tutti, fra allusioni e occhiolini, li avevano lasciati soli.
“Tieni,
si muore di freddo, qui.”
André
l’avvolse in una coperta, abbracciandola di spalle, e nascose il viso fra i
suoi capelli. Aveva ripreso a nevicare.
Dallo
stereo arrivarono le note di New Year’s Day degli U2. Oscar ebbe un
piccolo brivido e si strinse ancora di più a lui.
“Hai
freddo?”
“No...
è questa canzone... è bellissima, e sembra fatta apposta per questo
momento.”
Si
girò, allargò le braccia e le passò intorno al collo di André, accogliendolo
sotto la coperta. Appoggiò il viso al suo petto e sorrise: sentiva i battiti
del suo cuore, velocissimi.
“Vieni,
André, entriamo.”
Il
tepore della stanza riscaldata dal fuoco del camino li accolse piacevolmente.
Oscar chiuse la porta-finestra che dava sul terrazzino e vi appoggiò la
schiena.
André
la guardò, nonostante l’aria stanca, era bellissima, e molto sexy, con il
semplice tubino nero senza maniche e le scarpe col tacco. Si chiese se lei si
rendesse conto della sua femminilità.
“Sei
bellissima.”
“No,
tu sei bellissimo.”
“Vieni,
balliamo.”
La
strinse fra le braccia e sentì che posava le testa su suo petto, abbandonandosi
completamente a lui.
Rimasero
così a lungo, muovendosi appena, cullati dalle note dolcissime di Everybody
Hurts dei REM, tenendo gli occhi chiusi, senza quasi respirare per paura di
rovinare la magia di quel momento.
Quanto
tempo sprecato, Oscar, in parole inutili, in pensieri sbagliati, in gesti di
rabbia. Guarda come sembra tutto così semplice e perfetto ora. Eppure, che
fatica abbiamo fatto. Niente dovrà più rovinare la nostra felicità. Non ti
lascerò mai. Sei tutta la mia vita.
Siamo
stati due pazzi, André, due pazzi. Avevamo la felicità a portata di mano e non
ce ne accorgevamo. Ma non è troppo tardi, vero? Dimmi che non è troppo tardi.
Dimmi che non mi lascerai mai, André.
“Dimmi
che non mi lascerai mai, André.” Quasi un bisbiglio, una supplica mormorata
contro il suo cuore.
“No,
Oscar, mai, Non ti lascerò mai.”
“Ti
amo.”
Non
riuscì a risponderle, si sarebbe accorta che gli tremava la voce. La strinse
ancora più forte.
La
sollevò fra le braccia, senza fatica. Si diresse verso la sua camera e la fece
sdraiare sul letto. Si sdraiò a sua volta dietro di lei, facendola appoggiare
contro il suo petto; la circondò con le braccia e le baciò i capelli.
La
sentì protestare debolmente.
“Ma..
André... così finiremo per addormentarci...”
“Solo
un momento, ho voglia di abbracciarti, ti prego.”
Non
protestò più. Si accoccolò contro di lui e chiuse gli occhi.
***************
Sentiva
una voce in lontananza. Qualcuno che la chiamava. Aprì gli occhi di colpo: era
la voce di André. Si girò e rimase rapita dall’immagine che vide. Con la
testa reclinata di lato, André mormorava il suo nome, schiudendo appena le
labbra. Ma non sembrava un incubo... Notò la mano che stringeva il lenzuolo.
Che cosa stava sognando? All’improvviso lo sentì gemere, un gemito soffocato,
e lo vide mordersi il labbro e ripetere ancora il suo nome. Abbassò lo sguardo
e comprese. Stava sognando lei... di fare l’amore con lei, forse.
Ormai
era completamente sveglia; non riusciva a smettere di guardarlo.
Si
ricordò quando, non molto tempo prima, aveva fatto anche lei un sogno così, e
si era svegliata, sudata ed eccitata e non aveva saputo fermarsi e aveva
raggiunto il piacere da sola, chiudendo gli occhi e immaginando che fossero le
carezze di André.
Arrossì
al ricordo e sentì un brivido percorrerle il corpo.
Avrebbe
voluto svegliarlo, ma quell’immagine, così inconsciamente sensuale,
nell’abbandono del sogno, la stava eccitando.
Si
piegò piano su di lui e gli sfiorò appena le labbra. Erano calde e umide.
Desiderò baciarlo con tutta se stessa, e che lui la baciasse, in quel suo modo
così avvolgente.
Un’ondata
di calore in mezzo alle gambe.
Non
poteva rimanere a guardare e basta. Era la loro notte, era il suo uomo e lo
desiderava da impazzire.
Appoggiò
ancora la bocca sulla sua e premette leggermente le labbra contro quelle di André.
Sentì la sua bocca dischiudersi; la accarezzò con la punta della lingua. Un
altro gemito, sospirato.
Vide
che apriva un poco gli occhi.
“O...
Oscar...” appena un mormorio.
“Shhhh...
chiudi gli occhi.” Lo zittì con un altro bacio, più profondo. Sentì la
lingua di André cercare la sua e rispondere al bacio con dolcezza infinita.
Allora
non era uno sogno... Il suo calore, la sua lingua che lo sfiorava, la bocca
aperta sulla sua.
Poi
le labbra di Oscar lasciarono le sue e cominciarono a scendere, sempre
sfiorandolo, lungo la linea del collo, per risalire dietro l’orecchio e poi
ancora, per posarsi lievemente sugli occhi, prima uno, poi l’altro, in un
bacio pieno di tenerezza.
Sollevò
le mani per afferrarla e baciarla ancora ma lei, rapida, gliele bloccò,
inchiodandole sul letto. Aprì gli occhi per guardarla, per capire se stava
sognando o no.
Oscar,
inginocchiata sopra di lui, lo sovrastava, guardandolo in un modo che non
avrebbe mai dimenticato.
La
vide mentre si chinava su di lui e gli accostava la bocca ad un orecchio.
“Chiudi
gli occhi, André. Vedrai, sarà bellissimo.” E lui, obbediente, chiuse gli
occhi, incapace di protestare.
La
sentì scivolare sopra di lui e percepì, attraverso la stoffa sottile del
vestito, la punta del seno sfiorargli il petto. Trattenne il fiato e, quasi
senza controllo, alzò il bacino alla ricerca di un contatto con lei.
“Oddio
Oscar... cosa vuoi fare....” soffocò le parole nella bocca di lei.
“Voglio
farti morire.”
Gli
aprì la camicia e cominciò a baciarlo, strofinando appena le labbra contro la
sua pelle, sfiorando i capezzoli con la lingua. Vedeva il torace salire a
abbassarsi sempre più velocemente al ritmo del suo respiro, le sue mani serrare
i pugni. Lo guardò ancora e ancora sentì quella sensazione di calore,
fortissima, diffondersi per tutto il corpo e convergere nel ventre. Chiuse gli
occhi e si morse un labbro. Voleva che lui la toccasse.
Si
allungò in avanti, sopra di lui, e lasciò che il suo seno lo sfiorasse sulle
labbra; André trasalì a quel tocco e sentì il capezzolo indurirsi al contatto
della sua bocca; ne seguì il contorno con la lingua attraverso la stoffa e
cominciò a succhiarlo, lentamente. La sfiorò con la punta delle dita e percepì
la pelle nuda sotto la seta.
Chiuse
gli occhi, inebriato da quella sensazione incredibile.
Le
accarezzò le gambe con la punta delle dita e risalì piano piano seguendo la
linea morbida dei glutei. Poi, cogliendola di sorpresa e strappandole un sospiro
spezzato, si sollevò a sedere, tenendola con forza per i fianchi, appena un
po’ più sopra di lui. Continuò a stuzzicarle i capezzoli, ormai
sensibilissimi, prima uno, poi l’altro, lentamente, ora con la lingua, ora con
le labbra. Oscar desiderò che non si fermasse: il solo contatto della sua
bocca, la stoffa bagnata del vestito che sfregava sempre più intensamente
contro la punta del seno le stavano facendo perdere il controllo.
Chiuse
gli occhi e lasciò che un sospiro di piacere le affiorasse dalle labbra.
Non
si rese conto che André le aveva abbassato la cerniera del vestito. Sentì le
sue mani accarezzarle la schiena, le cosce e risalire verso i fianchi, infilarsi
sotto la gonna e sollevarla. Le sfilò il vestito con un gesto rapido.
Rimase
nuda, in ginocchio, di fronte a lui, solo un paio di slip di velo rosso
trasparente.
Lo
guardò mentre l’ammirava, rapito, con uno sguardo pieno di amore e desiderio.
“Ti
prego, amore, dimmi che non sto sognando.” La strinse a sé per sentire ancora
il contatto del suo corpo morbido e caldo.
Oscar
lo amò da morire. Sentì le sue mani chiudersi intorno al seno, accarezzandolo,
e vi posò sopra le proprie.
I
loro sospiri si erano fatti più forti e rochi.
Gli
scivolò in grembo. Avvertì la sua eccitazione contro la sua pelle nuda
premere, fortissima, attraverso la stoffa ruvida dei jeans e si strinse ancora
di più al suo corpo, trattenendo un sospiro. Cominciò a muoversi lentamente e
ad accarezzarlo con la punta delle dita: le spalle, il petto, il ventre. Lo vide
sussultare e soffocare quasi un grido contro la sua spalla. Accelerò il
movimento e lo sentì gemere più forte e supplicarla.
“N...
no, ti prego Oscar, fermati... così...non ce la faccio... oddio...”
La
sollevò leggermente e la strinse, cercando di controllare il respiro, con la
testa affondata nel suo seno. Piccole gocce di sudore gli
imperlavano le fronte.
Oscar
si piegò su di lui e lo baciò di nuovo, lasciandosi trasportare.
Lo
guardò per un istante, perdendosi nei suoi occhi verdi. No, non aveva bisogno
di parole, questa volta. Lesse tutto l’amore e il desiderio e la passione che
provava per lei in quello sguardo e si sentì travolgere.
Sentì
le sue mani sfiorarle dolcemente l’interno delle cosce e risalire piano, e poi
scendere e poi ancora risalire e accarezzarla attraverso il velo umido degli
slip.
“Dimmi
che mi vuoi, Oscar.” Quasi una supplica.
“Ti
voglio André, ti voglio da impazzire.”
Lo
baciò nuovamente, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui.
André
continuò ad accarezzarla e sentì i suoi gemiti farsi più forti, le sue labbra
mormorare il suo nome. Insinuò un dito sotto l’elastico sottile degli slip e
cominciò a sfiorarla delicatamente.
Sentì
il corpo di lei contrarsi, percorso da brividi, il bacino muoversi alla ricerca
del suo tocco.
Incapace
di aspettare ancora, Oscar posò la mano sulla sua, guidandola in un carezza più
intensa.
André
alzò il viso e la contemplò, bellissima ed eccitata, gli occhi come un cielo
in fiamme, le guance arrossate e la bocca umida che lo supplicava di non
fermarsi.
Allora,
con un gesto deciso, le abbassò gli slip e cominciò a toccarla, sempre più
intensamente, sentendola gemere e tremare e lasciando che gli portasse via il
controllo. Continuò quelle carezze dimenticandosi di ogni cosa, sentendo il
ritmo di lei che diventava suo e abbandonandosi ad esso con prepotenza quasi
commossa, senza vergogna. Le sue dita su di lei, in lei, i baci, il piacere
che le dava, che sentiva nei suoi lamenti, sulla sua pelle. La sensazione
che non si sarebbe fermato nemmeno se qualcuno l’avesse ucciso, e nemmeno lei.
La
sentì venire all’improvviso, gridando, scossa da un brivido violento, la
schiena inarcata e la testa gettata all’indietro mentre spingeva il suo corpo
verso di lui, ancora e ancora.
Per
un momento credette che sarebbe venuto anche lui. Dovette chiudere gli occhi per
non guardarla.
La
sentì accasciarsi sulle sue spalle, il respiro affannoso contro i suoi capelli.
Rimasero così per un tempo indefinito.
Era
scossa da tremiti leggeri e si offriva al suo abbraccio, completamente, cercava
il contatto col suo corpo cercando di controllare il respiro, con gli occhi
chiusi. Stringeva le dita intrecciate alle sue e tremava, il respiro caldo sul
suo viso, tra le sue labbra.
Infine
si staccò, scivolando ancora su di lui, e cominciò a muovere il suo corpo nudo
contro quello di André, ancora intrappolato nei pantaloni.
André
sentì la propria eccitazione crescere, dolorosa.
Oscar
lo sentì premere contro il proprio corpo e le sue mani stringerle
spasmodicamente i fianchi e spingerla ancora di più contro sé, per aumentare
quel movimento e quella pressione che lo facevano morire.
Le
labbra di Oscar si posarono sulle sue in un bacio morbido e sensuale.
Lo
spinse nuovamente indietro sui cuscini, continuando a muoversi pianissimo su di
lui. Capì dai suoi gemiti che era quasi al limite.
Con
mani delicate sbottonò i jeans e glieli sfilò. André sentì che stava per
scoppiare. La voleva, voleva entrare in lei, fare l’amore con lei.
Cominciò
ad accarezzarlo, pianissimo, quasi con la paura di fargli male.
André
era ormai totalmente incapace di controllarsi e aveva cominciato a muovere il
bacino seguendo il ritmo di quelle carezze sempre più profonde e i suoi gemiti
si erano fatti sempre più rochi e forti.
“No,
dai... fermati... ti prego, Oscar,
non ce la faccio...”
Oscar
lo guardò, seria.
“Non
voglio fermarmi.”
E
allora André capì che lei avrebbe continuato, che non si sarebbe fermata.
Si
abbandonò completamente al tocco sensuale e forte delle sue mani e quando sentì
la sua bocca avvolgerlo, la sua lingua sfiorarlo e le sue labbra succhiarlo
fino a farlo impazzire rispose aumentando l’intensità dei
suoi gemiti e con i movimenti sempre più accelerati del corpo.
E
quando la sentì fermarsi e chiedergli con tono di sfida divertita se voleva
ancora che si fermasse la supplicò, scosso dai brividi del piacere che stava
per arrivare, di continuare.
“No,
no, ti prego, non fermarti... continua... continua così, così...”
Si
abbandonò sui cuscini, completamente preso da lei, dalla sua bocca, dalle sue
mani.
Sentì
l’orgasmo arrivare, fortissimo, violento, e il suo corpo esplodere sconvolto
da un piacere che non aveva mai provato. Non riuscì a soffocare un grido.
Rimase
immobile, incapace perfino di parlare, e quando la sentì appoggiarsi sul suo
ventre, l’attirò a sé, stringendola in un abbraccio forte e riuscì a
mormorarle “Ti amo, Oscar, ti amo da morire.”
Rimasero
stretti, abbracciati, ad aspettare che i battiti del cuore si calmassero.
André
si girò su un fianco e attirandola con sé. La guardò negli occhi, perdendosi
in quello sguardo.
“Piccola
strega... ma cosa mi hai combinato? Non erano questi i patti.”
Le
prese una mano e la portò alla bocca, baciandole il palmo, poi la posò sul
cuore.
Oscar
lo guardò, il viso ancora stravolto appoggiato sul cuscino.
“Credi
che se fosse successo tanto tempo fa sarebbe stato diverso?”
“Non
lo so, Oscar. Ho imparato a non guardarmi mai indietro, soprattutto adesso:
tutto quello che mi interessa è qui, di fronte a me.”
La
baciò, accarezzandole i capelli, e sentì la sua mano scorrere lungo la schiena
e scivolare ancora sulla sua pelle.
Lo
attraversò un brivido, e chiuse gli occhi abbandonando il capo un istante. Si
lasciò avvolgere dalle sensazioni che quella carezza gli dava. Il suo seno
morbido, il suo corpo nudo, che ora lei gli offriva… e sembrava quasi
incredibile, nonostante tutto, che fosse sua, ora… i suoi capelli dal profumo
inconfondibile, i sospiri, la pelle liscia e delicata, il ricordo della sua
bocca, della sua lingua che lo avvolgeva, e quel giorno, sì, quel giorno, sul
tavolo, su di lei, dentro lei… La voleva ancora. Non avrebbe mai smessi di
desiderarla. La sentì muoversi contro di lui, e sospirare fra le sue labbra.
Lasciò che le sue mani si muovessero sul suo corpo, sfiorandola,
accarezzandola. La sentì gemere, e chiamarlo.
“Facciamo
l’amore, André, ti prego...”
Non
aspettò che le rispondesse. Si mosse su di lui e lo guidò con la mano,
facendolo entrare lentamente dentro di sé. Provò un piacere inteso, diverso,
che le tolse il fiato.
Cominciò
a muoversi, lentamente, sospendendo il ritmo di tanto in tanto, perdendosi
nell’espressione stravolta di André, che la guardava, incapace perfino di
parlare tanto era forte il desiderio che provava in quel momento.
“No...
non ti fermare... ti prego...”
Allora
lei riprese a muoversi, sentendo le sue mani posarsi sul seno, accarezzarlo,
toccarlo. Sentì il corpo di lui rispondere ai suoi movimenti con un’intensità
che la lasciò senza fiato, capì quanto la desiderava in quel momento.
André
si rese conto che non poteva più aspettare.
Cercando
di controllarsi, la staccò appena da sé e la fece sdraiare sui cuscini, senza
uscire da lei.
Le
fu sopra; intrecciò le mani con le sue e riprese a muoversi, lentamente, per
non perdere neanche un istante di quel momento, senza smettere di guardarla. La
vide socchiudere gli occhi. Un tremito appena accennato sulle labbra.
Le
gambe di lei si strinsero contro i suoi fianchi e le sue braccia lo avvolsero in
un abbraccio pieno di desiderio.
La
sentì inarcare la schiena e tirarlo ancora dentro di sé.
Il
modo lento con cui lui si muoveva la stava facendo impazzire.
Poi
i movimenti diventarono più veloci, e il respiro di André di fece più
affannoso. Lo guidò, con le mani sui suoi fianchi, ad aumentare il
ritmo e lo vide sollevarsi sulle braccia, per guardarla e vide il desiderio,
quasi disperato, nei suoi occhi.
Si
sentì bruciare e un’ondata di piacere travolgerla, improvvisa; non riuscì a
controllarsi e si strinse ancora di più contro di lui, chiamandolo,
supplicandolo di non fermarsi.
Lo
sentì gemere e vide i suoi occhi chiudersi, e i movimenti farsi ancora più
veloci.
Fu
quasi una scossa elettrica quella che lo percorse: sentì che stava per venire.
Allora rallentò il ritmo e si spinse, lentamente, con forza dentro di lei, per
prolungare il più possibile quel piacere sconvolgente a cui stava arrivando, e
quando la sentì gridare e sentì la sua schiena inarcarsi e il suo corpo
sussultare capì che non avrebbe potuto aspettare un secondo di più; cercò di
uscire da lei.
“No,
André, non farlo... resta... ti prego...”
Non
riuscì a opporsi. Le gambe avvinghiate intorno ai suoi fianchi, le sue mani che
lo spingevano dentro lei. Non poteva più resistere. Lo stava trattenendo e non
sarebbe riuscito a fermarsi in tempo.
“Oddio...
sì, sì...”
Si
morse un labbro, poi, una scossa violenta, e un’altra e un’altra ancora e il
suo corpo che sussultava in un orgasmo fortissimo, travolgente, dentro di lei,
insieme a lei e le loro voci che si perdevano l’una nell’altra, nei loro
gemiti, nelle loro grida, nei loro nomi ripetuti all’infinito. Si sentì quasi
venire meno per l’intensità del piacere e per quello di lei che ancora si
muoveva contro di lui.
****************
Era
l’alba di un nuovo inizio.
Incapaci
di prendere sonno, giacevano, abbandonati, l’uno nelle braccia dell’altra.
Il
viso di André appoggiato sul seno di lei, la mano di Oscar che non smetteva di
accarezzargli i capelli, in un gesto pieno di tenerezza.
André
aveva posato una mano sul ventre di Oscar e lo sfiorava dolcemente con il
pollice, in un piccolo movimento.
Sapeva
bene quello che aveva fatto. Lo sapevano tutti e due.
André
chiuse gli occhi e, per un attimo, si chiese come sarebbe stato avere un figlio.
La
sentì sospirare e si sollevò per guardarla. Rimase ancora sconvolto e si
commosse di fronte alla sua bellezza, dolcissima, e un po’ arruffata per la
notte appena passata.
Gli
stava sorridendo, in un modo che gli fece quasi male al cuore.
E
allora capì che c’era una sola cosa che voleva ancora. Si sdraiò di fianco a
lei e la girò dolcemente, per guardarla negli occhi. Le prese le mani e la
guardò, serissimo.
“Oscar,
vuoi sposarmi?”
Continua
mail to: francesca_v@email.it