Davanti alla porta del destino
parte seconda
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La notte cala spegnendo l’eco violenta che rimbalza dai nostri cuori, la memoria di ciò che eravamo e di quello che avremmo voluto essere, il crepuscolo attenua la sua cortina infuocata proiettando nella volta del cielo scie purpuree di un giorno che avrei voluto diverso.
Seduto su questo letto che dovrà accogliere ciò che residua di me all’incedere della notte, rifletto su ciò che è accaduto.
Da parecchi giorni, ormai, la vista si alza ed abbassa mentre invoco con i miei sguardi il tuo aiuto, Oscar.
Sono giorni che il riverbero del sole si è trasformato in chiazze luminose e frastagliate che orlano i contorni delle cose, l’orizzonte si affievolisce in una macchia informe ed indistinta.
E’una settimana che ti vedo soffrire perché Fersen ha scoperto l’identità della nobildonna intervenuta un mese fa al ballo di corte ,avvolta nella trama setosa di un abito da ballo alla “odalisque” che mia nonna ti ha cucito anni fa trascorrendo notti intere a ricamare sperando nel tuo ingresso in società come ogni dama che si rispetti .
Ma il coronamento del suo sogno è stato straziante per me.
Non riuscivo a non guardarti mentre andavi a Versailles da sola agghindata in quel modo inusuale. Per lui .Non credevo che avresti indossato mai un abito femminile per farti desiderare da un uomo.
Non ho cenato quella sera e, cosa ancora più strana, mia nonna non se ne è meravigliata.
I vecchi intuiscono le cose meglio dei giovani.
Rientrando alticcio l’altra sera, non al punto però
di urlarti il mio amore, ti ho trovato seduta davanti al caminetto immersa nei
tuoi pensieri mentre i bagliori di fiamma si affievolivano in guizzi rossastri e
mi hai chiesto cosa mi succedeva, recitando che mia nonna era preoccupata per me
a causa delle mie uscite serali sempre più frequenti, interrogandomi con la
scintillante, implacabile, superficie delle tue iridi. Lo so che ti sei
preoccupata per me, mi stavi chiedendo tacitamente dove mi recassi con la scusa
che mia nonna era in ansia, perché non lo hai voluto ammettere che il mio
girovagare lontano e solitario ti trasmette sensazioni confuse. Forse è solo
l’abitudine alle nostre conversazioni serali a mancarti .
Mi hai comunicato di voler abbandonare la Guardia
reale e poi con un sospiro flebile, triste, mi hai confidato di voler vivere per
sempre come un uomo dimenticando “questi attimi di debolezza”.
Debolezza.
Per te l’amore è debolezza.
Quale orrenda malìa è stata compiuta su di te,
Oscar, per farti arrivare a disprezzare il tuo cuore? Mia nonna mi raccontava di
una principessa delle favole che aveva dalla vita bellezza, intelligenza,
ricchezza, nobiltà, ma una fata cattiva aveva operato un incantesimo a causa
del quale la fanciulla non sarebbe mai stata felice ed i suoi doni si sarebbero
rivoltati contro di lei cagionandole dolore.
Ora lo so che eri tu.
Ed io ti ho sorretto per anni, oscuro complice della
tua ansia di apparire quello che non sei ma che dovevi sembrare .Ma sembrare per
chi? Per cosa?
Quando sono salito in camera tua su invito della
nonna, che cercando un pretesto perché stessi un po’ con te distraendomi dai
miei pensieri mi ha chiesto di portarti il vassoio col tè, mi hai accolto con
un sorriso radioso.
Troppo radioso.
Ipocritamente radioso, come l’avversario in un
duello che prima della stoccata finale ti sorride.
Ti ho osservato a lungo, cercando di imprimere nella
mente l’immagine di te, adesso, per poterti marchiare nel cuore quando i miei
occhi saranno fioche lanterne, ed ho continuato a farlo per tutto il tempo della
tua sonata al pianoforte i cui tasti hai accarezzato con l’energia soave che
emani da sempre.
Sciogli sempre così la tensione accumulata dalla tua
anima.
Hai posato la tazza sul vassoio e, congedandomi per
la notte, mi hai comunicato di dovermi parlare.
Non mi guardavi in viso quando hai pronunciato scarne
parole: ”non avrò più bisogno di te quando lascerò la Guardia reale.“
All’inizio non volevo crederci ma, osservandoti
nell’atto di dirigerti verso la camera da letto con passo piuttosto rapido e
sicuro, un tantino frettoloso a pensarci, ho capito le tue intenzioni: i tuoi
demoni ti impongono un tributo di solitudine eterna che tu ora rivolgi a noi.
Quando ti ho detto che rimarrai una rosa per sempre,
nonostante gli sforzi artificiosi di importi un’identità contraffatta, ti sei
voltata di scatto mentre, furiosa, mi chiedevi cosa intendessi affermare con
tale metafora. La risposta però te la sei data da sola : che rimarrai sempre
una donna.
Il nostro comune tormento, il nostro soggiacere ad
impietose regole finora è stato mitigato dalla consolazione della nostra
vicinanza.
Adesso vuoi restare sola.
E vuoi lasciarmi solo.
Quando mi hai afferrato per il bavero della camicia
con ferocia non hai compreso che questa sfida non avresti dovuto lanciarmela
,Oscar.
Basta con menzogne, piccole commedie.
Non ce la faccio più.
La vita di compromesso che abbiamo pattuito come un
contratto sottoscritto venti anni fa e rinnovato tacitamente di giorno in giorno
non è prorogabile.
Per nessuno dei due.
Il gioco non può continuare.
E’ questo che ho pensato. Questo soltanto.
Non immaginavo che il desiderio mi avrebbe accecato
al punto da farti quello che ti ho fatto.
Eri troppo vicina a me col tuo sguardo adamantino, e
le tue dita sottili serrate sul mio petto mentre mi tenevi per il bavero della
camicia le ho avvertite come carezze che sogno di ricevere da te da tutta una
vita, tanto è forte il desiderio di contatto tra di noi, fosse anche sotto
forma di quegli schiaffi e pugni che tante volte ci siamo elargiti
vicendevolmente.
Non è stato lo schiaffo , è stata la tenue
fragranza di azalea che esala dal tuo seno e che è distillata nel mio cuore a
distruggere i miei buoni propositi, perché non ho potuto permettere che tu
immolassi il nostro legame ai tuoi idoli fasulli, ai tuoi demoni assetati che si
fanno beffe di noi, mentre le tue pupille eccitate di rabbia si soffermavano un
istante di troppo su di me.
Non avresti dovuto toccarmi ,Oscar.
Perché il mio corpo è impazzito al contatto delle
tue mani.
Non lo immaginavi? In passato ho gioito dei nostri
fugaci contatti quando le circostanze lo esigevano, ricordo quando è esploso il
convento di Saverne, oppure quando l’ubriachezza che ci invadeva, sostenendoci
l’uno con l’altro, si stemperava in un tuo abbandono taciturno, culminante
in un abbraccio intriso di tenerezza da parte mia e malinconico da parte tua.
Ma stasera eri viva e palpitante, anche se furibonda,
tra le mie braccia, ed il tuo corpo ha sprigionato scintille incandescenti
contro il mio, adescando i miei sensi turbati dalla nostra inconsueta ma
volontaria vicinanza, accendendoli con la fragranza della tua pelle.
Se non ti conoscessi a fondo oserei pensare che la
tua è stata una provocazione bella e buona verso di me, il tuo fedele amico
André.
Si tratta evidentemente di una folle, strenua, difesa
intrapresa dalla mia ragione nei confronti della mia coscienza per attenuarne
gli spasimi colpevoli, fitti di una colpa greve e bruciante come i tuoi occhi
nei miei.
Il tocco delle tue dita nervose e sensuali ha fatto
tremare di desiderio i miei polsi e nella mia evasione ho realizzato che,
dovendo le nostre strade dividersi, tanto valeva confessarti l’amore custodito
per anni nel mio cuore. Non mi è importato che la tua famiglia mi cacciasse via
o di subire una condanna, in quel momento desideravo solo stringerti, anche se
tu non volevi.
Ti ho afferrato per i polsi con quelle mani di cui
hai conosciuto solo la forza buona, fraterna, persino arrendevole dei nostri
duelli e che sono trasmutate in artigli rapaci, toccandoti con la rabbia che
solo la mia disperazione di uomo ha lasciato emergere dai gorghi del cuore
incatenato in un ruolo improprio.
Fino ad ora.
Stasera non sono il tuo amico.
Sono un uomo che vuole una donna a costo di
rinunciare ad un passato comune che improvvisamente scompare cancellato dal mio
corpo steso sul tuo.
In quel momento ti avrei fatto qualsiasi cosa, avrei
voluto immergermi nel tuo corpo scuotendolo di piacere mentre ti gettavo sul
letto e mi stendevo su di te.
Hai reagito minacciandomi di chiamare aiuto, tu che
di aiuto dici di non volerne, e ti ho strappato la camicetta con gesto brutale
per contemplare avidamente le curve tenere già violate dal tocco delle mie
dita, mentre dallo squarcio della stoffa si è rivelato ai miei occhi il tuo
seno dolcissimo,di giglio candido.
Dio, Oscar, non immaginavo che fossi così bella, così
superbamente donna sotto la stoffa della camicia, ignoravo che le tue forme
fossero così dolci e perfette.
Quel seno che vorrei ricoprire di baci e carezze.
Come farò a vivere senza te ?
Come sopravviverò al ricordo di questa notte che
scorre implacabile?
Come riuscirò a dirigere il mio sguardo sul tuo viso
?
Mi sembra di morire adesso.
Voglio morire con l’immagine del tuo corpo stupendo
devastato dalle mie mani.
Hai sollevato incredula lo sguardo indirizzando le
tue pupille, come fuochi gemelli, verso di me, catturando il mio sguardo, in
attesa che io decidessi cosa fare di te, di me,di noi.
Mi hai guardato negli occhi.
Il desiderio crudele, pungente, di qualche attimo
prima si è dissolto come spuma sugli scogli della tua paura e tu , inerme,
pronta a subire la mia violenza.
Non ti sei neppure coperta il seno nudo.
E’ questo che mi ha sconvolto più di tutto , anche
più delle tue lacrime.
Perché Oscar ? Avresti ucciso chiunque per questo
affronto.
Perché non hai reagito a schiaffi e pugni e calci,
perché non mi hai chiamato bastardo, vigliacco, perché non mi hai insultato?
Ti sei arresa senza combattere, questa volta, perché
eri vinta in partenza, avvertendo il mio corpo sul tuo hai compreso che nulla
potevi contro la mia forza, la mia sconosciuta arroganza diretta ad annientare
la teatrale virilità da te ostentata pochi minuti prima. Pochi istanti per
cambiare le nostre vite: compagni di giochi, complici, amici, fratelli, compagni
d’avventura prima. Ora che cosa? Avrei voluto poter dire amanti ma non posso,
a meno che questa parola non abbia un significato unilaterale, giacché per me
si tratterebbe di fare l’amore con la donna che amo, mentre per te assumerebbe
l’atroce significato di una violenza ad opera del tuo più caro amico,
doppiamente brutale perché operata da chi doveva proteggerti.
Bella
protezione ti ho offerto !
Amante è parola riduttiva evocante segreti,
appassionati amplessi tra un uomo e una donna.
Mentre io non trovo parole che abbiano il potere di
definire il nostro legame, o per lo meno ciò che lo era.
Siamo circondati dalle tenebre della notte, il
bagliore del fuoco langue morente nel camino lambendone le pareti in un ultimo,
fugace , riverbero.
Io stesso sono tenebra per te.
Ma il cuore ha le sue ragioni che la ragione ignora.
* 1
Cosa avresti fatto se al mio posto ci fosse stato
Fersen?
Come avresti reagito? Forse accogliendolo nel tuo
letto ?
Ma non posso pensare adesso a questo.
Il conte non lo sa che un servo può sfiorarti con
mani amorose anche se avvezze ad umili lavori, mani ritenute dai nobili troppo
vigorose per pelli delicate cosparse di unguenti preziosi.
Non lo immagina perché la tua essenza femminile, il
profumo della tua pelle non lo hanno mai turbato, o forse spero che sia così.
Non ha avvertito l’eccitazione che accompagna i tuoi movimenti felini durante
gli assalti con la spada?
Non ha ammirato i bagliori sanguigni che saettano
come fulmini dal tuo sguardo rovente quando ti accorgi che il tuo avversario sta
per crollare? Non immagina cosa ha significato per me toccarti? No, non lo sa
cosa è sfiorare la tua pelle.
Perché se avesse immaginato cosa significa toccarti
non credo che avrebbe spinto il suo cuore a non riconoscere la dama in bianco.
Non capisci che ha rifiutato di riconoscerti perché non riconosce la donna che
sei?
Ma chi ha decretato che le mani di un servo sarebbero
inadatte a toccare una donna nobile? Non hai notato gli sguardi cupidi e
crudelmente sensuali, fintamente benevoli, rivoltimi da dame altolocate,
eccitate da lussuriose fantasie di amplessi proibiti all’ombra di siepi
complici?*2
Sono queste mani di servo invece, Oscar, che ti hanno
bramato, che hanno offuscato il lucente alone che emani, non le mani di un conte
che, dopo averti rivolto frettolose carezze si dedicheranno ad altre più
impegnative ed importanti attività.
L’amore per i nobili è una gustosa frivolezza, un
gioco alla moda di seduzione da ostentare in gare dove vince il più abile o il
più cinico, qualità che si equivalgono nel bel mondo.
Per gli altri è l’unica cosa vera che ci sia nella
vita. Per gli altri come me che vivono per servire altri privilegiati, i pochi
fortunati.
La tua camicetta è dilaniata come noi.
Ci accomuna adesso la memoria di una notte che poteva
riscattare due vite consacrate ad apparenze secolari cristallizzate in un codice
che non muta mai.
E’il nostro legame che è terminato, forse per
sempre a causa della mia incapacità di trattenermi.
Hai pianto lacrime brucianti come gocce di cera
bollente sul guanciale di seta, quando attendevi la mia sentenza di condanna
verso di te, su quello stesso letto dove da piccoli ci rifugiavamo nelle notti
tempestose di pioggia e vento ululante, insidia suprema per ogni bambino. Quel
letto dove io avrei voluto congiungere i nostri corpi in un abbraccio
ristoratore, risarcitorio, per affrancare le nostre esistenze dalla schiavitù
di regole inderogabili.
Hai creduto che volessi trattarti come si trattano le
puttane di Parigi, sbattute su letti occasionali in squallide taverne dai loro
clienti per soddisfarsi dei loro corpi, perché devi aver interpretato i miei
gesti come lussuria prepotente, altrimenti non avresti deposto le armi.
Le tue armi vere, la spada e la pistola, erano a
portata di mano, alla tua sinistra accanto al letto.
Ma ti avrei disarmato con le mie braccia.
Hai dispiegato la tua arma più potente, il tuo
pianto rassegnato nell’attesa di una violenza.
Che però non è arrivata.
Amore, voltati a guardarmi adesso . Negli occhi.
Guardami e dimmi che mi perdoni, consola questo povero peccatore che ai tuoi occhi ha assunto le sembianze di un vizioso seguace di Venere. Il lembo della tua camicia strappato dal tuo corpo fragile, prezioso involucro scosso da tremolii impalpabili intessuti ora di lacrime, volteggia verso il marmo del pavimento da cui si riflette grottesca la mia persona. La pelle nuda del tuo seno dilegua in un alone struggente la tua insolente bellezza di poco fa, e sembra aggiungere colore al tuo volto pallido.
Chi sei , una creatura celeste o infernale?
Mirabile sintesi di candore ed oscurità, congegno di estasi e dolore attivato per mettere in moto la mia esistenza.
Il fuoco del desiderio si spegne nei solchi glaciali dei tuoi occhi disciolti in lacrime affilate come punteruoli, il mio rimorso trasforma gli artigli in mani che delicatamente risalgono a riunire i lembi della tua camicia, come un velo il lenzuolo carezzevole sale a riavvolgerti pietosamente.
Il tuo pianto gronda un tormento inesprimibile nel mio cuore, per porvi fine devo spalancarne le porte affinché l’immagine dell’uomo che ti ama ottenebri il nemico.
La sfrontatezza del mio “ti amo“ si disperde nelle volte affrescate della stanza, nel fluttuare delle ombre che hanno preso possesso delle pareti, luogo maestoso ma troppo piccolo per contenere le parole che abbiamo gridato e quelle che avremmo voluto urlare.
Continua
mail to: modcarusio@libero.it
1-
la frase è di Blaise Pascal .