Donna
parte I
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"Solo amicizia... solo amicizia..."
...' Che voi ci crediate o no, questa splendida donna è il mio migliore amico...'
Quelle parole le rimbombavano ancora dentro le orecchie.
Già "amico"...
Se c'era qualcuno, a parte suo padre, al quale era sicuramente riuscita a far dimenticare che era una donna, quella persona era il conte di Fersen, l'unico che, ironia della sorte, aveva invece risvegliato la sua femminilità e dal quale lei avrebbe voluto essere vista come ...
"Amico..." ripeteva fra le lacrime che le rigavano il viso, sciogliendole il trucco che la vecchia nutrice le aveva applicato solo poche ore prima. Ripensava al fervore di quei preparativi che avevano tanto emozionato la vecchietta ... che avevano reso lei stessa piena di aspettative e di inconfessabili fantasie sull'effetto che avrebbe fatto sul conte svedese!...
Si era vista molto diversa dal solito allo specchio, ma si era piaciuta e si era accorta di poter emanare un certo fascino.
Al suo ingresso nella sala da ballo, tutti l'avevano notata e ammirata. Anche lui.
Lui le aveva chiesto di concedergli un ballo ed era cominciato il suo sogno, il suo primo, forse unico sogno di donna...
Ora stava lì, con le mani appoggiate al bordo di quella fontana e la testa china a meditare sulla atroce delusione, sulla amara sconfitta e la tremenda umiliazione.
Per fortuna nessuno passava di lì: erano tutti intenti a divertirsi, nessuno con quel buio avrebbe pensato di andare a passeggiare nel parco. Poteva piangere liberamente, lasciare che il suo sfogo le scuotesse il petto con i singhiozzi che nessuno, anche volendo, avrebbe potuto sentire perché l'acqua scrosciante della fontana bastava da sola a coprire ogni rumore, compreso quello del pianto più disperato.
"Basta, Oscar, coraggio!" si disse a un tratto, prese il vezzoso fazzoletto che la governante le aveva cacciato tra le mani poco prima che uscisse e cercò di asciugare le lacrime. Poi si scosse un po' e da bravo militare fece il punto della situazione. Come era difficile in una circostanza come questa, così insolita per lei!
Tenendo il fazzoletto fra le mani si volse a guardare le finestre illuminate del salone in cui si stava ancora svolgendo il ballo. Si poteva ancora sentire la lontana eco di un minuetto.
Sembrava avere ripreso il dominio di sé: stava in piedi, dritta, con lo sguardo attento anche se un po' spaurito, aveva ancora gli occhi lucidi per il pianto. Una leggera brezza la investì per tutta la persona rinfrescandole il viso e muovendole leggermente i riccioli di capelli sulle tempie. Si decise a muoversi, restare lì non aveva più senso ormai. Era meglio tornare a casa.
Lentamente prese a camminare. Si dimenticò di mandare a chiamare la sua carrozza con un lacchè. Era ancora assorta nei suoi pensieri, impegnata a camminare e tormentata anche da dolori fisici che sembravano volerle ricordare quanto, in fondo, l'universo femminile le fosse estraneo.
I piedi, li sentiva stretti in una morsa da quelle scarpette così belle ma altrettanto diverse dai soliti stivali; il busto lo sentiva oppresso dal corsetto che le stringeva il punto vita fino all'inverosimile, impedendole di respirare, e le sollevava il seno rendendolo più voluminoso e ingombrante. Procedeva a testa bassa, attenta a scrutare eventuali asperità del terreno e le sue mani sollevavano il vestito fino alle caviglie.
Un soldato delle Guardie reali le si avvicinò per chiederle se avesse bisogno di aiuto: era strano vedere una dama aggirarsi da sola a quell'ora nel parco di Versailles. Lei rifiutò l'aiuto con un movimento della testa, non voleva parlare, non voleva che il soldato potesse riconoscere la sua voce, l'imbarazzo sarebbe stato ancora più grande.
Giunse finalmente nel luogo in cui sostavano i cocchieri e le carrozze e al lume incerto delle torce appese alle vetture, cercò di raggiungere la sua dove presumibilmente André attendeva che lei lo mandasse a chiamare.
Quella sera lui non aveva voluto seguirla all'interno della reggia. Era rimasto affascinato dal suo aspetto quando l'aveva vista scendere per le scale, a palazzo Jarjayies. Proprio per questo e perché sapeva che quell'abbigliamento era destinato a suscitare l'ammirazione del conte di Fersen, l'unico uomo che lei avrebbe mai pensato di potere amare, aveva preferito sottrarsi al trionfo di quella bellezza che lui aveva potuto solo contemplare per qualche momento.
Un altro avrebbe danzato con lei, avrebbe preso le sue le mani nelle proprie, l'avrebbe guardata negli occhi, l'avrebbe forse fatta arrossire di piacere. Tuttavia, ne era sicuro, non l'avrebbe guardata con occhi innamorati e non l'avrebbe vista in tutto il suo reale fulgore... come la vedeva lui... come l'aveva sempre vista lui...
Non aveva mai nutrito speranze nei confronti di Oscar: lo sapeva bene, lui era il suo attendente, se ne era diventato amico e fedele compagno d'avventure, lo doveva paradossalmente al Generale e al suo stupido capriccio. Molto probabilmente se Oscar avesse ricevuto un'educazione femminile, lui non avrebbe mai potuto starle così vicino e anche la differenza di rango tra loro sarebbe stata più evidente. Proprio quella follia nei confronti della quale aveva manifestato apertamente il proprio dissenso, gli aveva permesso di vivere al fianco di quella donna forte e volitiva che doveva essere un uomo, ma che ai suoi occhi non riusciva mai ad apparire virile e che, le piacesse o no, aveva sempre bisogno di lui.
Non aveva mai nutrito speranze nei suoi confronti, ma la confidenza che si era stabilita negli anni fra loro, la consapevolezza che lui aveva del proprio ruolo al fianco di lei e quel suo sentimento che si faceva sempre più forte, lo avevano portato a desiderare che lei, che lei... potesse ricambiare in qualche modo quello che lui provava per lei?
Come chi ama silenziosamente e da lontano André si limitava ad osservarla e a starle accanto, unica sua gioia e suo grande tormento.
Pensava queste cose quando vide un'ombra vagabondare tra le carrozze. Non capiva di chi potesse trattarsi, pensò che magari era un soldato in perlustrazione, ma quando fu un po' più vicina intuì che doveva essere una dama."Da sola qui?" si chiese, ma subito un presentimento e un nome gli balenarono in mente:
"Oscar!", disse come fra sé balzando sul sedile e afferrando le redini. Spronò i cavalli e giunse proprio davanti a lei che intanto aveva cominciato ad andare un po' qua un po' là tra le carrozze con aria incerta e afflitta.
André vedendo la delusione dipinta sul suo volto intuì quello che doveva essere accaduto, ma preferì non dire niente.
Vedendola così provata e sentendo che quella brezza che si era alzate qualche minuto prima diventava sempre più forte e fresca, immaginò che Oscar fosse infreddolita. Si tolse il mantello e glielo pose sulle spalle.
"Grazie André ", rispose lei con voce tremante, "andiamo a casa "continuò montando dentro la carrozza.
Chiuso lo sportello, salì sul suo posto di cocchiere.
Lei aveva pianto. Lui non sapeva che sentimenti provare. Una grande tenerezza, nel vederla sconfitta. Per la prima volta nella sua vita Oscar non era riuscita a fronteggiare una situazione che doveva esserle sfuggita dalle mani. Dolore, tanto dolore nel vederla così afflitta per quell'amore che Fersen non avrebbe mai corrisposto .E lui, André, non poteva fare niente. Doveva tacere come al solito. La conosceva bene lui, se solo avesse provato a dirle qualcosa lei si sarebbe sentita ferita nel suo orgoglio e avrebbe frapposto una barriera invalicabile fra loro due.
Giunsero a casa. André l'aiutò a scendere dalla carrozza e la vide avviarsi lenta e triste, la testa china, verso l'ingresso principale. Non era abituata a camminare con delle scarpe da donna, così poggiò male un piede, la caviglia si storse e cadde proprio mentre saliva i gradini che conducevano al portone. Rimase lì, seduta per terra, con la caviglia dolorante. Si sentiva ridicola e patetica.
"Anche questa poi! " si disse.
Nuove lacrime tornarono a inondare il suo viso, nuovi singhiozzi cominciarono a scuoterla.
"Ti sei fatta male?" chiese André con sollecitudine chinandosi verso di lei.
"No..." rispose lei tra le lacrime, non ammettendo di provare un dolore così fastidioso da non riuscire a muoversi né a parlare. André si inginocchiò per vedere in che condizioni fosse la sua caviglia. Scostò la mano di lei che la stringeva e cominciò ad esaminarla. Sembrava che non fosse successo nulla di grave.
La costrinse allora a distendere per intero la gamba, le sfilò la scarpina e iniziò a farle roteare leggermente il piede con una mano, mentre con l'altra massaggiava la caviglia dolorante. Concentrandosi sul dolore fisico e sulle cure che André le stava prestando, Oscar riuscì a distrarsi. Che caro amico che era André! Sempre presente quando ne aveva bisogno.
"Va meglio?", chiese lui a un tratto, alzando il viso verso di lei.
"Sì", rispose lei cercando di sorridergli.
"Bene”, continuò lui “allora dobbiamo cercare di alzarci, ce la fai?"
"Credo di sì."
Con l'aiuto di André riuscì a rimettersi in piedi ma il suo equilibrio era instabile, la caviglia le faceva ancora male e l'altro piede, ancora dentro la calzatura, non se la passava meglio.
André l'intuì: "Forse è meglio togliere anche l'altra,non credi?"
"Sì, è meglio" disse lei abbozzando un sorriso.
Si chinò lui stesso e gliela sfilò dal piede, poi fece appoggiare Oscar alla sua spalla cingendole istintivamente la vita con un braccio. A poco a poco salirono i gradini ed entrarono in casa. Attraversarono l'ingresso appena illuminato da qualche candela ancora accesa e cominciarono a salire le scale che portavano al piano superiore. Altre volte gli era capitato di soccorrere Oscar e in situazioni peggiori di questa. A volte se l'era dovuta caricare sulle spalle svenuta o ferita o ubriaca. Ma questa volta era diverso. Il suo massaggio sulla caviglia di lei era stato un gesto familiare, quasi intimo, e ora erano quasi abbracciati e poi... sentiva attraverso il mantello non il rigido tessuto dell'uniforme, ma il suo vitino sottile.
A un tratto lei però sembrò non riuscire più a salire le scale. Allora André la sollevò tra le sue braccia. Si sentiva protetta lei, confortata dall'abbraccio del suo fedele e caro amico: fu naturale per lei cingergli il collo con le braccia e abbandonargli la testa su una spalla. Gli fece tenerezza tanto era vulnerabile in quel momento!
Quando furono giunti nella sua stanza, André la scosse leggermente alzando la spalla sulla quale lei aveva poggiato la testa.
"Oscar, siamo arrivati", disse piano.
Lei non rispose.
"Ti sei addormentata!", sospirò guardandola appena con la coda dell'occhio.
"Ho capito, pure questo mi tocca fare: la balia!" e si mise a ridere sdrammatizzando quella situazione così particolare. La adagiò sul letto e cercò di accomodarla come meglio poteva.
Svestirla e metterle la camicia da notte? Avrebbe desiderato di poterlo fare, ma la rispettava troppo per approfittare sia pur minimamente del fatto che stesse dormendo, per potere scoprire quel corpo che pure avrebbe tanto voluto vedere. E poi, se lei si fosse svegliata mentre lo faceva? No, non se ne parlava nemmeno.
Mentre pensava queste cose la guardava dormire, pensò che le forcine dell'acconciatura potessero darle fastidio, così cominciò a sfilargliele delicatamente, lasciando che i suoi capelli si spargessero sul cuscino. Cos'altro avrebbe potuto darle fastidio?... Gli orecchini! Via anche quelli e la collana. Li ripose sulla toletta e tornò a guardare la sua opera.
C'era qualcos'altro da fare?...
Stava dritto, con le braccia conserte e un'espressione attenta... cos'era che ancora non andava?...
Il suo viso, aveva ancora il viso imbrattato del trucco sciolto! Non era importante, ma prese un fazzoletto che trovò sul comodino, lo bagnò con l'acqua della brocca che si trovava lì vicino e cominciò a pulire il viso di Oscar come se stesse ripulendo una ferita, con cura e delicatezza.
"Adesso è tutto a posto", disse infine contemplandola e carezzando quel viso che scottava per una febbre che l'aveva colta improvvisamente.
Seduto sulla sponda del letto la guardava. Era strano vederla vestita da donna e forse non avrebbe più avuto l'occasione di poterla osservare così a lungo.
Tutto di quell'abbigliamento era nuovo, le braccia nude, la vita resa ancora più sottile dal busto, le spalle candide... il seno prepotentemente spinto verso l'alto dal corsetto... sì , era questa la cosa più insolita e più attraente per lui. Lei lo aveva sempre nascosto e mortificato il suo seno e ora lui si ergeva contro la scollatura dell'abito fiero e orgoglioso di esserci e di farsi notare, per una volta in tutto il suo volume. Sfiorarlo, che tentazione! Ma non voleva profanare quel corpo addormentato. Si scosse un po', si alzò e chinandosi sul suo viso sussurrò"buona notte Oscar" e, unica concessione, poggiò morbidamente le sue labbra su quelle roventi di lei.
Continua...
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