Donna

parte II

 

Warning!!! The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.

L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.

 

Quel bacio era l'unica concessione che si era fatto. Poi, spente le due o tre candele che stancamente mandavano ancora una debole luce, era uscito dalla stanza di Oscar.

Si era ritrovato nella sua camera. Quasi non sapeva cosa fare.

Che serata strana! Oscar che decide di partecipare a un ballo vestita da donna, che si aggira spaesata tra le carrozze, con gli occhi rossi per il pianto... Oscar che piange, che perde il controllo... per un uomo!

Non avrebbe mai immaginato di vederla in quelle condizioni. Lei sempre così forte e sicura di sé, così brava a nascondere le proprie emozioni. Non avrebbe mai immaginato neanche di vederla innamorata. Non aveva mai preso in considerazione questa possibilità.

Pur amandola e conoscendola meglio di chiunque altro, lui non avrebbe mai creduto che lei si potesse innamorare di qualcuno. Ma già quello sguardo, l'espressione sorpresa e felice che aveva avuto nel rivedere Fersen tornato sano e salvo dall'America, gli avevano detto che si sbagliava. Si sbagliava sì, Oscar era una donna e da donna amava e desiderava. Vedere quella luce nei suoi occhi... che strana sensazione aveva provato...

Vederla correre verso quell'ombra che li sovrastava e rideva... Un gran vuoto nello stomaco... Era innamorata... sì, innamorata...

Innamorata di un sogno, uno splendido sogno che si era costruita fino a quella sera e che evidentemente era ormai svanito, frantumato da qualcosa di cui lui non era a conoscenza.

"Che cosa può essere successo?" si chiedeva. Era certo che aveva subito una delusione... ma come erano andate esattamente le cose?

Lui l'aveva riconosciuta? Come si era comportato con lei?

Per un momento si maledisse:"Se solo fossi andato insieme a lei avrei potuto sapere!" ma ora poteva fare solo illazioni .

"Fersen, che le hai detto ?" si chiedeva tormentandosi.

Non riusciva ad immaginare un possibile dialogo tra Oscar e Fersen in quella serata.

Altre volte avevano conversato, ma gli argomenti erano sempre stati la regina, la corte, le strategie militari... Fersen era decisamente un uomo brillante con cui era piacevole intrattenersi.

Quella sera di cosa avrebbe parlato  con quella donna di cui non avrebbe neanche potuto conoscere il nome?

Doveva averla smascherata, questo l'aveva intuito, anzi, l'aveva previsto, e da quel momento doveva essere iniziato il dolore di Oscar.

"Mi chiedo come mai Dio vi abbia fatto nascere donna…" da queste sole parole lei stessa avrebbe dovuto capire ogni cosa. Invece... aveva fatto quella mascherata per conquistare un uomo che non sarebbe mai stato suo.

André comprendeva benissimo lo stato d'animo in cui lei si trovava adesso. Amare senza essere riamati, sapeva bene cosa significava.  Adesso l'oggetto del suo amore era a conoscenza del sentimento che lei provava nei suoi confronti e questo le avrebbe procurato momenti di notevole imbarazzo se si fossero incontrati nuovamente come era probabile.

Che rabbia! Sapere tutto, prevedere ogni cosa prima che accada  e non potere fare niente, niente!

Era stato sempre così.

Anche da ragazzi, glielo aveva detto che sarebbe stato più giusto che vivesse la sua vita di donna, ma lei no, aveva voluto assecondare i desideri di suo padre.

Quanto avrebbe voluto evitarle quella umiliazione, impedendole di portare a termine quella pagliacciata! Ma non poteva: lui non aveva voce in capitolo. Chi dava gli ordini era lei.

Fersen in lei apprezzava il coraggio, l'onestà, il valore militare, l'intelligenza, forse era anche affascinato dalla sua particolare condizione di "donna-soldato"... ma l'amore era un'altra cosa.

"Già!" pensò disteso sul letto ancora vestito. Avrebbe voluto dormire ma quei pensieri glielo impedivano.

L'aveva baciata. La sua Oscar... l'aveva baciata e poco prima lei gli si era abbandonata fra le braccia cingendogli il collo in un gesto di assoluta confidenza...

Anche questo un po' lo frastornava insieme a tutti i sentimenti contrastanti che aveva provato in quella serata: la rabbia, lo stupore ammirato, il tormento, la pena e la tenerezza....

Quanta dolcezza alla fine di quella serata! Quel buio, quella intimità, quel prendersi cura di lei e poi quel bacio su quella bocca che scottava per la febbre...

"Ti prego Oscar, guarisci! Guarisci per te... e un po' anche per me..." disse pensando a quanto l'aveva vista stare male.

 

La mattina era chiara.

Si era alzato di  buon'ora e guardava fuori dalla finestra. Malgrado avesse dormito davvero poco sembrava non risentirne più di tanto. Aveva tante cose da fare e doveva sbrigarsi.

Entrò in cucina, sua nonna era affaccendata a rimestare qualcosa in una grossa pentola.

Si avvicinò : "Buongiorno nonna, che prepari?" chiese incuriosito guardando dentro la pentola.

"Una crema di cioccolato, André: sto facendo una torta per Oscar" rispose la nonna continuando a mescolare energicamente . "Ancora cioccolato? Non è che la vizi troppo, nonna? Con tutto quel cioccolato prima o poi finirà col sentirsi male!" disse ridendo lui.

"Sta' zitto tu! Fatti gli affari tuoi, quella bambina sgobba dalla mattina alla sera e se mangia un po' di cioccolato in più non ci trovo niente di male!" rispose lei guardandolo male.

"Va bene, nonna, come dici tu" concluse lui rabbonendola.

"Ma Oscar non si è ancora alzata?" chiese poi.

"Che io sappia no”, disse la nonna, “ma tu dovresti saperne più di me, non l'hai vista in giro?"

"No, non l'ho ancora vista da ieri sera", disse André.

"Allora?" chiese a sua volta la nonna.

"Allora cosa?" fece finta di non capire André.

"Allora, com'è andata? Raccontami !" esclamò spazientita la vecchietta.

"Non saprei."rispose lui svogliatamente, stiracchiandosi sulla sedia su cui si era seduto.

"Ma come 'non saprei'? Possibile che lei non ti abbia detto niente?"

"Niente."

"Andiamo, André, neanche un piccolo commento?"

Commento? Altro che commento! Ma lui non se la sentiva di dire a sua nonna che la serata doveva aver preso una piega diversa rispetto a quella prevista. Non gli andava di affrontare quell'argomento.

"No." Rispose semplicemente.

"Che razza di..." non trovava l'aggettivo giusto per definire il nipote. Stava per arrabbiarsi ma, passati pochi istanti continuò: "Come era bella ieri sera! Temevo proprio che quell'abito da sera non lo avrebbe mai indossato... eppure io lo sapevo che prima o poi l'avrebbe fatto! Suo padre! Mi diceva che era inutile cucirle un abito da sera che lei non avrebbe mai dovuto neanche vedere!" Si era accalorata dicendo queste parole. "Sembrava una dea! E che grazia aveva nei movimenti, non si sarebbe detto che era la prima volta che indossava un vestito da donna. Chissà  come l'avranno guardata gli uomini presenti al ballo! Chissà con chi avrà danzato! Come mi sarebbe piaciuto vederla volteggiare nelle sala da ballo, doveva sembrare un cigno!", continuava a dire con l' aria sognante e gli occhi rivolti verso l'alto, commossa.

André non poté resistere, mentre stava ancora pronunciando quelle parole le si avvicinò piano piano e "Bum!" le fece all'orecchio quando ebbe terminato il suo sogno ad occhi aperti.

"Screanzato!" gli urlò lei saltando in aria. "Mi vuoi fare morire? Fare prendere un simile spavento a una povera vecchia!"

"Povera vecchia tu? Ma se sei peggio del Generale!" rise lui.

"Peggio del Generale? Ti faccio vedere io se sono peggio del Generale, prendi questo!" e afferrato uno strofinaccio cominciò a colpirlo.

André cercava di schivare i colpi ma sua nonna era diventata molto abile in quel tipo di "duello".

"Dai nonna, basta, stavo scherzando" implorava.

"E me lo chiami scherzare farmi rischiare l'infarto?" l'incalzava l'energica vecchietta inseguendolo per la cucina. Sembrava che la nonna ci avesse preso gusto e con che foga continuava a "frustarlo" con quello strofinaccio, sempre più rossa in viso! Quell'inseguimento li aveva portati fuori dalla cucina e senza che se ne rendessero conto erano arrivati fino al salone di ingresso. André ora indietreggiava con cautela, guardando attentamente sua nonna per prevederne le mosse e tendendo le braccia davanti a sé per parare gli eventuali colpi che gli avrebbe sferrato. Anche la nonna era più cauta adesso, ma non meno minacciosa. A un tratto lei fece uno scatto repentino e lui si slanciò all'indietro.

"Oh!" sentì dietro di sé: aveva urtato contro qualcuno che si trovava alle sue spalle. Si voltò.

"Oscar! Scusami non mi ero accorto che eri qui!" disse sorpreso. Mentre lui e la nonna duellavano avvicinandosi sempre di più alla scalinata, Oscar ne stava scendendo i gradini.

Era assorta nei propri pensieri e non si era accorta di loro, così, una volta giunta ai piedi della scala si era scontrata con André.

"Lo vedo" rispose semplicemente.

Aveva un'espressione stanca sembrava che non avesse dormito bene, aveva le occhiaie, era pallida e doveva ancora avere la febbre.

"Perdonami", le disse ancora André ricomponendosi, poi le chiese: "Come sta la tua caviglia?"

"Bene", rispose lei senza cambiare espressione, "bene grazie, posso camminare come vedi." Disse queste parole cercando di assumere un tono gentile.

"Sono contento". Non seppe dirle altro, erano tante le cose che avrebbe voluto dire ma rimase muto.

"Sì, scusa devo andare" concluse lei sospirando e lasciandolo solo ai piedi della scalinata.

Si diresse verso la cucina, dove la nonna era tornata dopo che lo scontro fra lei e suo nipote aveva posto fine alla loro lotta.

Era mortificata: farsi sorprendere da Oscar a litigare in quel modo con suo nipote e in una delle stanze di rappresentanza dei padroni di casa! Per fortuna non era capitato in presenza del Generale!

Quando la vide entrare le disse: "Scusami, Oscar, André mi ha fatta innervosire e io mi sono dimenticata di chiederti cosa vuoi che ti serva per colazione" parlava con gli occhi bassi.

"Niente, non ti preoccupare" rispose lei stancamente.

"Come niente?" insistette lei.

"Davvero, niente", confermò gentilmente Oscar.

In effetti vedendola arrivare in cucina, c'era da pensare che volesse fare colazione, ma in realtà neanche lei sapeva perché era andata fino a lì...

Uscì nel giardino. C'era una bella aria, un bel sole.

"Che bella giornata!" disse ironicamente. Proprio una bella giornata, dopo la notte che aveva trascorso.

Prima quel ballo che la aveva riservato quella beffa tremenda, poi il ritorno a casa in lacrime, la caduta e infine quel sonno agitato dagli incubi e dalla febbre.

Fersen la teneva fra le braccia, le sorrideva e le diceva "Siete il mio migliore amico!" Un fuoco sottile allora cominciava a percorrerle tutto il corpo e poi la nausea, sentiva una grande nausea. Voleva vomitare ma non ci riusciva. Voleva scappare via ma si sentiva imprigionata. Nodi invisibili le si attorcigliavano intorno alla vita e alle braccia. Era costretta a sentire su di sé tutta la vergogna che le piombava addosso senza pietà. Lei continuava a vedere Fersen davanti a sé. Aveva un'espressione indecifrabile, non le diceva niente. Provava a liberarsi da quei lacci invisibili ma più si agitava più aumentava la loro stretta e con essa la nausea...

Al suo risveglio aveva sentito un grande senso di pesantezza. Era tutta intorpidita e non riusciva a muoversi. Era rimasta ferma per un po'. Poi, pian piano, aveva mosso prima la testa, poi le braccia, le gambe.

Toccandosi la testa con le mani si era accorta che i suoi capelli erano sciolti. Non aveva neanche le scarpe ai piedi. Tuttavia aveva ancora indosso l'abito da sera. Malgrado la pesantezza, la nausea e l'intorpidimento riuscì a tirarsi sù e a sedersi sul letto reggendosi sulle braccia. Poi mosse anche le gambe e girandosi su se stessa poggiò i piedi per terra.

Si ricordò della storta e notò che la caviglia non le faceva male. Le girava un po' la testa, ma poteva alzarsi e lo fece.

Vide la sua immagine riflessa sullo specchio e fece un gesto con la mano come per allontanarla da sé. Ne aveva avuto abbastanza!

Riuscì a liberarsi del vestito, del busto, della sottogonne e della crinolina. Se li era strappati quasi di dosso, aveva lasciato che si afflosciassero per terra, senza alcuna cura. Poi, finalmente libera, aveva indossato i tanto più rassicuranti abiti maschili, quelli che conosceva da una vita, con i quali era cresciuta. Poi era uscita dalla sua stanza e aveva sceso le scale scontrandosi infine con André.

Se lo stesso incidente fosse accaduto in un momento in cui lei fosse stata lucida, lo avrebbe sgridato dicendogliene di tutti i colori, ma in quel momento non le andava proprio.

Si era seduta sul bordo di una fontana con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani che sostenevano la testa.

I suoi occhi erano fissi a terra. Era confusa, tanto confusa.

Una mano le si pose sulla spalla e una voce amica le chiese "Come va?"

"Bah..." fece lei sconcertata.

André si sedette accanto a lei e assunse la sua stessa posizione, senza guardare per terra però, lui guardava gli alberi del boschetto davanti a loro.

L'atmosfera era quasi sospesa, senza tempo, erano tutti e due immobili, zitti, lei chiusa nel turbinio dei suoi pensieri, lui incapace di interrompere quel silenzio di piombo.

Che dirle? Chiederle come avesse trascorso la serata? Che razza di domanda sarebbe stata?!

Si sentiva in imbarazzo, ma qualcosa doveva pur farla. Alla fine lasciò ondeggiare un ginocchio e col braccio che vi era appoggiato colpì leggermente un ginocchio di lei. Voleva suscitare una reazione da parte sua e se non aveva trovato le parole per farlo, provava coi gesti.

"Che c'è?" gli chiese colta un po' di sorpresa.

"Niente," rispose lui "volevo assicurarmi che fossi ancora viva: sembri una statua di sale!".

Prenderla in giro era l'unico modo per avere un approccio con lei in quella circostanza.

"Per favore, André, lasciami in pace, risparmiami il tuo umorismo, ti prego" disse lei lamentandosi, senza voltarsi.

"D'accordo, ma spero che questo stato non duri a lungo, mia cara: hai un pessimo aspetto" rincarò la dose.

Lei per tutta risposta sbuffò.

"Dai! Un altro segno di vita!" disse André.

"Basta André, mi hai stufata adesso!" lo sgridò lei voltandosi a guardarlo.

Cominciava a reagire alle sue provocazioni.

"Ma insomma, possibile che oggi ve la prendiate tutti con me? Prima mia nonna, ora tu. Ci manca solo che venga tuo padre e ci si metta pure lui!" esclamò André .

"Certo, André, perché sei insopportabile!" controbatté Oscar.

"Eh no! Non sono io insopportabile, siete permalose voi!" precisò puntandole contro l'indice della mano destra.

"Così sarei permalosa?" sbalordì Oscar sgranando gli occhi.

"Certo!" affermò lui semiserio.

"Io?!" fece lei incredula.

"Permalosissima!" rise lui.

"Io t'ammazzo!" gridò lei slanciandosi contro di lui con i pugni chiusi, pronta a colpirlo.

"Ah no, bella mia! Già sono stato picchiato da mia nonna  stamattina e non ho intenzione di farmi picchiare anche da te", le disse afferrandole i polsi.

"Invece è proprio quello che succederà: te lo meriti!" diceva lei con la voce alterata per lo sforzo che faceva nell'opporgli resistenza. "Lasciami!" gli intimava.

"Non ci penso neanche! Se ti lascio libera mi prendi a pugni, credi che non lo sappia?" disse lui divertito.

Oscar allora smise di resistergli, era stanca e ancora indolenzita, ma quel battibecco con André le aveva restituito un po' di buon umore. Lo vedeva sorridere davanti a sé con un'espressione bonariamente stizzosa e dolce. Lo guardò negli occhi e gli si gettò fra le braccia. Lui l'abbracciò istintivamente e lei provò di nuovo la stessa sensazione di pace e di sicurezza che aveva provato quando l'aveva presa in braccio quella notte.

"Che c'è, non mi vuoi picchiare più?" le chiese piano. Lei fece segno di no con la testa, non parlava, piangeva sommessamente. Lui continuava a stringerla. Ancora una volta non sapeva cosa dire. Lei si era sentita tanto a suo agio con lui, che si stava concedendo quello sfogo inaspettato.

"Io volevo... io volevo..." cominciò poi a dire fra i singhiozzi che si facevano sempre più forti, ma non riuscì a terminare la frase. André aveva capito benissimo cosa volesse dire: 'volevo solo sapere cosa pensava di me, se poteva provare qualcosa per me'.

Lui taceva e nuovamente era solo con i gesti che poteva trovare un contatto con lei.

 

 

Continua...

Mail to evapicciotto@iperattivo.it

Back to the Mainpage

Back to the Fanfic's Mainpage