Racconti d'osteria

 

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Nelle camerate regnava il brusio sommesso della fame prima di cena. Un soldato entrò, chiuse la porta senza guardarsi attorno.

 

Oscar, perché fai così? Perché ti fai del male?

 

Pensieroso attraversò l'odore di stanchezza e sudore, qualcuno lo salutò stancamente, sorrise appena.

 

Perché fuggi, Oscar? Perché non riesci a fermarti?

 

Il soldato cercò qualcuno, scorse un uomo abbandonato su una branda, ad occhi chiusi. Gli andò incontro.

 

Oscar, perché ti ostini a non voler vedere quello che è chiaro come il sole?

 

Gli interruppe i pensieri.

 

-Alain, come mai non sei con gli altri? -

 

Un grugnito rispose che non stava con gli altri perché non ne aveva voglia. Socchiuse appena gli occhi tanto per accertarsi che il suo interlocutore fosse proprio quello che la voce gli indicava; li richiuse terminato l'esame.

-E come mai il Soldato Innamorato non è con la sua bella? -

-Non c'era. - Non c'era.

Possibile? Alain scattò sui gomiti a quella domanda che gli apparve alla mente. Per più di un attimo si fissarono, sorpresi l'uno dell'altro.

-Magari ha avuto qualcosa di imprevisto. - e rimase piuttosto soddisfatto della sua capacità di riprendersi e fingere indifferenza, ne sapeva una più del diavolo, lui.

-Magari. -

André si appoggiò alla branda nella posa che ormai faceva furore in caserma. La crisi di sospiri non tardò a presentarsi. Alain fissò un punto in alto, davanti a se': ma sarà mai possibile che a trent'anni passati questo qui, dopo che l'amorosa sua non si è presentata a un appuntamento, un appuntamento "segreto", così segreto anche a loro che si svolgeva davanti a tutti (e questo era tutto un dire), non sapesse fare altro che sospirare?

Pensò a come era fatta Oscar, come si era fatta conoscere, pensò a come era fatto André, come lo conosceva; li pensò assieme: ognuno ha quel che si merita.

Pensò che lui voleva bene a tutti e due. Ognuno ha quel che si merita?

Davvero?

Li rivalutò d'improvviso.

-Ohilà, Soldato Innamorato! - lo riscosse con una serie di calci leggeri – che ne dici di andare in un posticino appena voltato l'angolo dove vendono il miglior liquore scacciapensieri di tutta Parigi? -

-Tu conosci sempre un posticino appena voltato l'angolo per ogni evenienza, vero? Sai, se nelle locande si trova spesso scritto che lì ha bevuto un bicchiere d'acqua il duca tale de tali o la contessa tal'altro, e tutti accorrono ad ammirare l'evento e i cimeli, nel tuo caso un giorno da qualche parte apparirà una scritta "Qui Alain de Soisson non ha mai bevuto nulla" e tutti accorreranno a chiedersi per quale motivo ti è sfuggito quel posticino proprio dietro l'angolo. -

Alain sorrise sornione:

-Come se ti dispiacessero i posticini in cui ti porto. E un giorno riuscirò a portarti da certe amiche mie che stanno qui a due passi. Poi magari una notte ti ritrovi da solo col Comandante, hai dei dubbi sulla procedura da attuare, non hai mai provato e non le dai neanche il tempo di accorgersi del "Conquibus". -

André si fece piccolo piccolo e di mille colori. A certe cose, per quanto concerneva la sua persona, preferiva non pensarci: la nostalgia del desiderio gli pungeva l'animo come un cespuglio di rovi, e gli faceva troppo male. Poi, certo, se se ne parlava in gruppo con gli altri soldati, si divertiva anche lui ad ascoltare, anzi, lui forse più di tutti, che a  simili discussioni aveva partecipato più che raramente: un modo divertente per passare le serate senza doversi rimettere troppo in gioco. Però... lei. Se solo ci fosse stata anche lei... Strinse i pugni sulle gambe, forte.

-Scusa, amico, non volevo offenderti. - Sussurrò Alain. Decisamente oggi sto chiedendo troppe volte scusa. André scosse nervosamente la testa incassata nelle spalle: nulla nulla, so che non volevi infierire.

Alain tornò a stendersi, guardando dritto davanti a sé:

-Senti, ma almeno sei sicuro che ne valga la pena? -

-Sì. - Decisamente. Attese qualche commento che non arrivò.

-Tu non credi che lei valga tutto questo, vero? -

-Non lo so. - ci pensò -Non lo so, davvero. -

Stettero un po'in silenzio finché non venne ora di cena, e allora si spersero nel brusio e nelle spinte dei commilitoni affamati.

 

 

Si ritrovarono dopo cena, davanti all'ingresso della caserma, in un crepuscolo azzurro di stridere di rondini. E da lì, si avviarono insieme, e mentre l'uno commentava incessantemente faceto la situazione politica, la puzza della città e le donne che frettolose rincasavano, l'altro ascoltava rilassato con un riso leggero negli occhi volutamente nascosti dalle ciocche scure. E in effetti erano un strana coppia: tanto l'uno era ciarliero e rumoroso, tanto l'altro era riservato e composto. André si accorse delle occhiate strane che venivano loro rivolte: quasi quasi gli sembrava di camminare per Versailles con Oscar. Oscar... Cercò di togliersela dalla mente, almeno quella sera. Da quella sera di maggio, da quando la trovava ogni giorno, come per caso, disposta, anzi, quasi desiderosa di parlare un po' con lui, gli sembrava che il suo cuore avesse ricominciato a battere. Ma batteva solo nei brevi momenti in cui udiva la sua voce e la ricordava sua, e spesso era il dubbio, che picchiava più forte; nel resto del tempo invece si smarriva in una nebbiosa attesa d’inerme sollecitudine. Sentì, come da lontano, Alain che gli metteva un braccio sulle spalle per decantargli il maggior incanto del posticino appena voltato l'angolo, l'angolo dall'altra parte della città, s'intende: le deliziose, fresche, a suo dire, rotondità della figlia sedicenne del proprietario, la quale, sempre a suo dire, era disponibile se il padre era lontano. A suo dire, Alain ci aveva provato con tutte le donne libere e non di Parigi, e, sempre a suo dire, la maggior parte aveva acconsentito.  E se gli si faceva notare che le sue prede più ambite avevano più o meno la stessa età di sua sorella saltava su inferocito ché sua sorella non era come le altre e guai a chi si azzardava a darle fastidio. André sorrise scopertamente al pensiero e un po'invidiò la capacità di Alain di sdrammatizzare e chiamare le cose col proprio nome, ma soprattutto avrebbe voluto riavere, da tanto, troppo, ne aveva paura, quella stessa  capacità di esternare i sentimenti e i pensieri, se lo riteneva necessario, anche quelli scomodi o dolorosi. E se sulle prime l'aveva quasi odiato, l'ammirava invece molto per essere stato sincero con lui riguardo ad Oscar, e gliene era grato. E si chiese se era arrivato anche a proporle qualcosa scopertamente; si immaginò la faccia di Oscar e quello che avrebbe potuto pensare a una tale proposta: andare a letto assieme, perché lo chiede a me? Ah, già, io sono una femminuccia e lui è un maschietto. E si sarebbe offesa solo per averle riportato alla mente quel particolare. Rise sommessamente un po', poi smise: ma era cambiata, Oscar, e una parte del cambiamento era di sicuro opera sua. Chissà se lei stava meglio, se era riuscita davvero ad accettare quello che lui le aveva urlato. Se tutto quel dolore fosse servito a qualcosa... Non volle davvero pensarci più, almeno non quella sera: voleva credere che fosse una storia passata e finita su cui sarebbe potuto tornare con Oscar ridendone assieme. Come sarebbe stato tutto... bello, semplicemente bello, allora; ma cercava di non sperarci troppo. Si dedicò ad Alain e gioì per averlo trovato proprio nel momento in cui ne aveva più bisogno e proprio lui, e lo ringraziò mentalmente per la sua discrezione misurata e la sua voglia di resistere alla vita, per le volte che lo faceva ridere e per la vicinanza che con lui sentiva.

-Ma sei diventato anche checca oltre che Innamorato Senza Speranza ché mi guardi negli occhi con quell'aria da triglia? –

André si accorse che Alain ancora lo abbracciava per le spalle e che lui invece gli si era fatto più vicino, troppo vicino, e inorridì del passaggio dallo stupito al nauseato sulla faccia dell'amico. Oh Cielo!

-Scusa, pensavo ad altro. - Si giustificò torcendosi le mani.

Alain si staccò da lui dandogli uno spintone:

-Non ho mica i capelli biondi, gli occhi azzurri e l'aria da Amazzone, sai. -

Accidenti stavolta l'ho fatta grossa. Rimase fermo e interdetto: Alain aveva continuato ad avanzare col suo passo più scomposto e irritato e le mani sui fianchi. Visto da dietro era veramente impressionante e André ebbe la forte tentazione di chiedergli "Scusa, come fai a non schiacciare le donne quando ti trovi in certe situazioni?", poi pensò che non era nella condizione di porre una domanda del genere e si tenne il dubbio, rimandando la soluzione ad un'altra occasione.

-Mammoletta, ti sei bloccato? - l'apostrofò senza degnarlo di uno sguardo.

André ritornò sul suolo e se avesse avuto una vanga in mano avrebbe di sicuro cominciato a scavare alacremente. Alain si voltò, gli si avvicinò, lo squadrò dall'alto in basso e dal basso in alto e constatò, con un radioso, irritante sorriso:

-Abbiamo davvero fame qui, eh? -

André si inalberò; avrebbe voluto arringare che non era di certo a quello che stava pensando che lui a certe cose non ci pensava proprio che stava bene così che era tutto un equivoco uno sbaglio e non doveva pensare certe cose di lui perché lui era innamorato di una donna. Non ne ebbe il tempo: la serie di botte cameratesche che Alain gli assestò gli fecero andare di traverso il discorso, credette per un attimo di soffocare.

-Su su su, Uomo Innamorato, so io quello che ci vuole per te. - e con le braccia tese iniziò a spingerlo da dietro la schiena. E le incerte proteste di André nulla poterono contro quella decisione taurina. Così, con l'ausilio di qualche spinta d'incoraggiamento, diverse botte cameratesche e una serie di "Lasciami Alain so camminare anche da solo" i due arrivarono come poterono al posticino appena voltato l'angolo dall'altra parte di Parigi. E già le rondini erano andate a dormire.

 

Il posto odorava di alcool e fritto, di cibo vecchio e di stanchezze sempre nuove. Pochi tavoli intagliati dai ricordi degli avventori e gli avventori stessi appesantivano il resto dell'aria, il brusio sommesso la rendeva quasi irrespirabile. Alain cercò l'incanto di quel posto ed effettivamente non lo trovò: si rivolse all'amico con una faccia da "Che vuoi, non si può avere tutto dalla vita". L'altro annuì "E che ci vuoi fare?". Trovarono un posto da sedersi e si sedettero. Da qualche parte del muro sbucò un leprotto moro e vispo di circa dieci anni che schivò gli altri avventori che lo reclamavano a urli e tirate di camicia riuscendo miracolosamente a giungere sano e salvo dai due.

-Allora soldati? Che vi porto? - col fare professionale del futuro mâitre.

-Quello che c'è. - rispose André.

-Purché sia tanto e buono, capito rospetto? - aggiunse Alain cercando ancora l'incanto del posto.

Il rospetto si ingrugnì vistosamente con le mani sui fianchi.

-Beh, che c'è, sei ancora qui? - come se il mondo andasse alla rovescia.

-Dai, Alain, perché lo devi trattare così? - non cambierà mai.

-Solo perché sono piccolo non vuol dire che tu mi possa chiamare rospo. E anche se sei grande grosso e spaccone non hai nessun diritto di fare il superiore e trattarmi come se fossi davvero un animale al tuo servizio. - lo guardò con disprezzo:

-Capito... Eccellenza? -

E Alain si ritrovò a ricevere l'inchino, il primo, cerimonioso, inchino della sua vita, come se fosse stato, lui, un duca. Il mondo ritornò immediatamente quello che era.

-Scusa piccolo, non volevo offenderti. - si rilassarono un po'e si osservarono a vicenda, e in un attimo si riconobbero.

-Hai fegato, benché tu sia ancora alto quanto un fagiolo. Farai grandi cose quando avrai racimolato qualche centimetro in più, fattelo dire da uno che certe cose le capisce al volo.-

Gli tese la mano  e il leprotto la strinse energicamente con tutte e due le sue, scuotendosi tutto per la soddisfazione della vittoria e la forza che ci mise.

André respirò: ci mancava solo che si mettesse ad attaccar briga con dei bambini.

Respirò per poco.

-Senti un po' pupo: quella bella figliuola che gira spesso da queste parti dove me l'avete nascosta? - Non l'avesse mai detto.

-Quella è mia sorella e tu la lasci stare. - le sue intenzioni bellicose erano serissime, per quando alte come un fagiolo.

Alain strabuzzò gli occhi e allargò le narici: chi è costui?

E André quasi sputò cercando di non scoppiare davanti al suo amico in difficoltà con un soldo di cacio sui suoi capisaldi di discussione; col gomito sul tavolo appoggiò la testa tra il pollice e l'indice, tentando disperatamente di trattenersi per non peggiorare la situazione. Cercò di far finta di nulla provando a non guardare e a non pensare a rospi, diritti umani e sorelle da difendere. Ma non ci riuscì e brevi sussulti lo tradirono.

-Vai, vai. E sbrigati a portarci da bere. - con gesti veloci delle mani Alain sollecitò il leprotto a togliersi di torno: voleva recuperare la sua dignità. -Per favore. - poi aggiunse.

E i sussulti di André si fecero più ampi e il loro ritmo trattenuto esplose, facendogli inarcare al testa all'indietro, con una mano sulla fronte e l'altra sul ventre. E allora rise tentando di articolare uno "Scusalo, il mio amico è fatto così" e forse ci riuscì perché il ragazzino rientrò nel muro senza ribattere. E rise con le lacrime agli occhi e il male alla pancia, cercando di respirare quanto più possibile; rise scivolando sulla sedia, abbandonando le braccia e le gambe, a lungo, del riso prezioso e desiderato di chi se lo regala di rado; e la sua risata si diffuse nell'aria.

Alain si appoggiò alla sedia col fondoschiena in avanti, le gambe accavallate, le braccia conserte, in attesa. Attese. Attese ancora.

-Ne hai ancora per molto, Uomo Innamorato? -

André si placò un po', si ricompose sulla sedia, cercò ovunque qualcosa d'interessante da guardare che non fosse la faccia impassibile del suo amico.

-No no, ho finito. - soffocò i singulti, cercò ancora intorno. Quando si sentì sicuro tentò di guardarlo seriamente. Lui, impassibile.

-Possibile che tu debba sempre cercare di attaccare briga? - Un sorriso quasi felice sul volto. Dall'altra parte del tavolo, nulla.

-E poi, la sorella, avanti, Alain; possibile che tu ci debba provare anche con le sacre sorelle degli altri? - Un sorriso sereno, rilassato.

Un sorriso finto gli rispose:

-Possibile che tu non ci debba provare con nessuna, neanche con quella per cui ti fai cecare e che non aspetta altro? -

 

Un macigno piombò dall'alto sul cuore di André. Impallidì, guardò in basso e strinse forte i pugni sulle gambe. Serrò la mascella tremando. Poi guardò Alain in uno stupore muto che chiedeva pietà:

-Perché? - vana richiesta. Tornò a guardarsi i pugni e lì cercò di nascondere lo stupore del tradimento, e vi trovò la rabbia.

-Perché? - esigeva un risposta -Perché? Cosa interessa, a te, di come mi comporto io con lei? E cosa ne sai, tu, di quello che aspetta lei? - Scandì le domande una per una, con voce bassa e profonda, mentre si guardavano negli occhi con le atroci decisioni degli inquisitori.

Alain sollevò appena un labbro in una lieve smorfia che increspò, solo allora, la sua imperturbabilità. Con un lungo respiro si raddrizzò sulla sedia e appoggiò le braccia sul tavolo; guardò il tavolo, guardò André. Ed era serio, ora. Ma non durò per molto e il labbro si increspò di nuovo:

-Ma tu guardalo, l'Uomo Innamorato. Mi fai pena, sai? Il fiorellino, il sorrisino, la manina, il gioco di sguardi... e poi non sei capace di prenderla; di prenderla e urlarle quanto la ami e farglielo capire, ma farglielo capire sul serio. Di’, André, gliel'hai mai detto, esplicitamente, che la ami? Hai mai avuto il coraggio di farle una dichiarazione come si deve? Hai mai avuto abbastanza palle per farle aprire quei benedettissimi occhi e, che ne so, provare a baciarla? Dimmi, Uomo Innamorato, dimmi, cosa hai fatto per ottenerla, a parte farle da cicisbeo di scorta per una vita e restarci quasi cieco. -

Il rumore di una sedia rovesciata rimbalzò nelle orecchie dei presenti, e in quelle di Alain si aggiunse lo stridore di denti e il pianto teso dell'uomo davanti a lui, in piedi, chinato sui suoi pugni appoggiati al tavolo.

Alain arretrò, spaventato. In quel momento arrivò il padre del rospetto e dell'incanto con due boccali di birra schiumosa e l'aria bellicosa, udì il pianto, posò la birra e si allontanò, confuso e imbarazzato.

Perché quel pianto nulla chiedeva se non essere ascoltato e rispettato.

Alain ascoltò, guardandosi inutilmente le mani.

-Scusa, amico. Perdonami. Non so cosa mi sia preso. - Davvero, cosa mi è preso, oggi, cosa mi è saltato in testa? Ho perso la ragione? Di’, Alain, hai perso completamente i lumi della ragione? Chi sei, Alain, chi sei davvero, per fare cose così? Cosa vuoi? Cos'è che vuoi? Ma nelle sue mani non trovava le risposte.

-Non so davvero cosa mi sia preso. - osò guardarlo -Mi puoi perdonare? -

André tese tutti i muscoli, respirando; si asciugò gli occhi trascinandoci sopra la manica della giacca; si voltò, chinandosi; raccolse la sedia e si sedette, con entrambi i gomiti sul tavolo e il volto tra le mani. E lasciò attendere Alain in minuti di eterna tortura. Poi si scoprì, col miglior sorriso rassicurante che gli riuscì di rimediare sul momento; e iniziò a raccontare.

Raccontò di due cuori che amavano senza speranza, e di due cuori che si capivano; raccontò di gelosia e di una vita trascorsa insieme; raccontò di desiderio e di paura, di parole seminate nel cuore, di abbracci e di baci, e di nuovo di gelosia, di violenza, orrore, rassegnazione, rimorso, lacerante rimorso; raccontò di un giuramento; raccontò di un amore troppo grande che sembrava di morire e del buio che gli aveva procurato; e terminò raccontando di una notte di maggio senza lucciole. Raccontò, André, lasciando che le birre svaporassero, che il macigno sul suo cuore rotolasse un po' più a valle, dove Alain, ascoltando, lo raccolse.

-Adesso ho capito tutto. -

-Beato te! Io da un po' di tempo a questa parte non ci capisco più niente. - sorrise rassegnato: le donne!

-Beh, non occorre mica aver fatto le scuole alte per capire quello che sta succedendo adesso, sai? -

-Dici? -

-Dico. Affermo e confermo. Lei è lì, innamorata come una pera cotta, aspetta solo te. Cosa credi, che quelle dolci pause che si prende, poco prima che tu torni dalla ronda, al sole, coi capelli al vento, il corpo languidamente abbandonato, gli occhi persi nell'attesa, se le prenda per il gusto di scurirsi la pelle del viso? Andiamo... -

-Mah, non so, potrebbero essere tante cose. Potrebbe essere davvero solo stanca. In fondo, certezze non me le ha mica date. -

-Sentimi bene: adesso non venirmi a fare l'Innamorato Scettico. Lei è lì e aspetta solo che tu la vada a prendere. Ne sono convinto. -

-Ma non si può dire, scusa, come si fa a saperlo con certezza? Mica mi posso presentare da lei e dirle "ehi, Oscar, mi è parrebbe di capire che anche tu adesso sei innamorata di me e siccome anche io sono innamorato di te, forse si potrebbe combinare qualche cosa insieme". Dai, Alain, come faccio! - si incupì -E poi ho giurato.-

-Ma che giuramento e giuramento! Quello è un giuramento che aspetta solo di essere violato e che non comporta affatto che tu non ci possa riprovare in modo più urbano. -

-Ma... -

-Senti, poche storie. - Alain stava incominciando a scaldarsi. -Lei ti piace? -

-Ma... sì... -

-La vuoi? -

-Sì. -

-La ami? -

-Sì! Morir... -

-Lascia perdere queste cazzate!-

Alain stava iniziando a bollire.

-Se vuoi una donna te la devi prendere, hai capito? Devi andare da lei e chiederglielo: chiederglielo nel modo con cui se lo vuole sentire chiedere. Se nulla chiedi, nulla ottieni e questo è un fatto. Con le donne come con chiunque. Se quella che vuoi fa la smorfiosa... Sì, rilassati, lo so da solo che il comandante non fa la civetta. Dicevo, se quella che vuoi fa la ritrosa: ma... non so... ci devo pensare... mi sento confusa... devo stare un po' da sola... tu fregatene: quasi sempre è solo una scusa, perché se devono dirti no sul serio, eccome se sono capaci di dirtelo! Ho ragione? -

-... -

-Ho ragione. Quindi, tu vai dal Comandante, la corteggi come si deve, e ti posso assicurare che non scapperà a lungo. Perché quella, aspetta solo di essere acchiappata! E acchiappata da te! E se non ti spicci finisce che si stufa di aspettare che tu la raggiunga. Quindi muoviti! Smetti di perdere tempo in inutili assilli e agisci! Dimostrale che tu sei l'uomo e, dannazione, tira fuori quello che lei desidera da te!-

Batté il pugno sul tavolo e nell'enfasi della perorazione si alzò in piedi:

-Perché le donne vogliono essere conquistate! Perché le donne vogliono essere inseguite! Perché le donne vogliono credere di essere desiderate! E se scappano è solo per farsi inseguire! E se si fanno inseguire è solo per essere prese con più soddisfazione! Quindi tu adesso vai da lei, la prendi e la fai felice! -

Scrosci di applausi ravvivarono l'aria del locale come un acquazzone inatteso: il rospetto, sbucato dal muro ammirava incredulo, l'incanto, rossa in viso aveva dischiuso il suo splendido bocciolo di rosa per lo stupore; gli uomini osannavano. L'oratore inchinò la testa a più riprese: sapeva di essere stato incompreso fino ad allora.

-Hai capito? E' così che devi fare! -

André si rincantucciò nelle spalle con una smorfia e azzardò un:

-Non ne sarei così convinto. - Ma che hai mangiato di avariato?

-E' per questo che ancora non te l'ha data! -

Afferrò il boccale ormai tiepido, e, ancora in piedi, tracannò giù senza prendere fiato.

 

Oscar, André... come mi avete ridotto...

 

 

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