Il giorno dopo
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La notte trascorse senza intoppi e la caserma, all'alba, si risvegliò. I rumori tornarono a riempire l'aria, sbadigli, scherzi, imprecazioni. C'è sempre troppo lavoro: troppo lavoro, troppa fretta; troppa fretta, troppo poco tempo; troppo poco tempo... bah! Alain non aveva voglia di fare ragionamenti esistenziali a quell'ora della mattina. Sbadigliando rumorosamente controllò se aveva conservato, nella notte scomoda e insonne, tutte le funzioni del suo corpo, da quelle muscolari a quelle gastrointestinali. Sistemato che s'ebbe, entrò nella scuderie. I soliti ronzini. La solita puzza. Bah, non si sarebbe certo fatto venire il cattivo umore per tanto poco. Si avviò verso il suo, di ronzino. Non c'era ancora nessuno: e poi lo prendevano per uno sfaticato. No, anzi, qualcuno c'era: qualcuno dalla voce radiosa.
-Buongiorno Alain. Dormito bene? -
Vide avvicinarsi André che sembrava entusiasta di dover trasportare una sellaccia consunta per poter iniziare la giornata di lavoro alle sei e mezza della mattina. Lo vide anche, tutto felice, iniziare a preparare il ronzino.
Niente di meglio da fare, eh, povero il mio André!
Improvvisamente gli si presentò alla mente un'immagine: fece due più due, sbalordito lo osservò, mentre anche lui si metteva al lavoro. Poi ghignò: ci sarebbe stato da divertirsi.
-Allora, Uomo Innamorato! Come è andata la seratina intima col Comandante? - chiese con una voce dal tono di chi crede di aver capito tutto.
André interruppe il suo lavoro e si voltò costernato:
-Eh?! - ma si riprese subito e e tornò a stringere, calmo, la cinghia della sella.
-Non so proprio di cosa tu stia parlando. -
Alain si avvicinò:
-Su su su su! Non fare la verginella, adesso. Vi ho visti sai, ieri notte, sulle mura. Lei accoccolata e bisognosa di protezione, tu che le prendevi la mano, amore mio, tesoro mio, vita mia, farei di tutto per te, morirei per te, cara, dolce... -
Alain disse tutto questo con le mani giunte al petto, un'aria così sognante e un tale sbattimento di ciglia che André non trattenne un sorriso.
-Allora? Non t'ho mai visto una faccia così distesa. Sputa il rospo. -
André lo fissò seriamente divertito:
-Alain, non fare la comare. - e, nascondendo con i capelli una smorfia allegra mentre trascinava fuori il cavallo, superò l'amico lasciandolo basito.
-Ehi tu! Comare a chi? -
-A te. E se non la smetti ho paura che lassù in alto saranno costretti a prendere dei seri provvedimenti. -
Alain gli si avvicinò piuttosto rissoso fino a trovarselo a pochi centimetri dalla faccia, la sua ombra scura lo coprì:
-Di' un po', mi pigli per il culo? -
-Mio Dio che schifo! Non ho simili gusti, io. Certe cose le lascio alle tue ammiratrici. Ammesso e non concesso che un bruto come te ne possa avere, ovvio... - gli ribatté André con le labbra increspate dalla smorfia più soddisfatta del mondo.
-Ma sentilo, l'Adone! Guarda che le femmine fanno la fila per il mio sedere. - e stava per aggiungere che lui si che ne sapeva approfittare quando fu distratto da qualcosa in lontananza.
-Toh! - diede una gomitata all'amico -ecco lo stuzzicadenti biondo con la divisa blu che si avvicina di carriera. -
-Non è affatto uno stuzzicadenti. - quasi lo compativa quando dava quei giudizi affrettati.
-Sarà... -
-Invidia? -
-Ma va'! -
Iniziarono a fissarla da lontano, a grandi falcate lei passò loro accanto senza che avessero distolto lo sguardo, continuarono a fissarla anche mentre la salutarono e si fecero venire quasi il torcicollo pur di continuare a fissarla anche quando li superò, indaffarata, decisa e nervosa.
E' troppo!
Alt!
Dietro front!
-Tu guarda! Ecco che torna con passo da battaglia. Ma che le avrai mai combinato ieri sera?-
-Ma cosa vuoi che le abbia... -
-Cosa diavolo avete da fissare? - la sentirono scandire con ira selvatica e mal trattenuta.
Merda c'ha tanati; sobbalzarono sgranando gli occhi.
Alain si riprese in fretta, mani ai fianchi, occhiata da intenditore:
-Vedete, Comandante, nonostante tutto rimanete una grande... -la squadrò da capo a piedi- bella donna. - Sorriso compiaciuto.
Uno sguardo: t'ammazzo.
Altro sguardo, altro oggetto: allora?
-Dunque, Os... Comandante, ecco, io, -tormentava con un piede una pietra sconnessa del pavimento, non resse a lungo lo sguardo, arrossì- volevo sapere, sì, se siete stata bene ieri notte. -
Alain strabuzzò gli occhi: roba grossa, allora! Pregustò il divertimento con un ghigno.
Altri occhi, stupiti, si incontrarono, due anime si riconobbero.
-Cioè, volevo sapere se avete riposato bene, davvero. -
Che amico melenso m'è capitato. Alain scosse la testa, rassegnato.
Ciocche bionde ondeggiarono nello stesso gesto e una mano si batté la fronte. Non è possibile. Uno sguardo e Oscar si allontanò mormorando qualcosa con gli occhi al cielo.
-Oh, Uomo Innamorato! -
-Sì, che c'è? - l'avrebbe osservata finché avrebbe potuto.
-M'è passata vicino e... -
-Ho visto. - sembrava rapito dall'architettura dell'alloggio per gli ufficiali.
Alain guardò lui, l'alloggio, lui, l'alloggio, lui. Lo scrollò per bene:
-Oh! Mi ascolti? L'ho sentita mormorare "Che ci devo fare io con uno così?". -
André lo fissò in bilico tra il curioso e l'indifferente.
-E quindi? -
-Come "e quindi?"! Ma l'hai vista? -
-Sì. -
-E... Dai, dimmi che è successo; tanto lo so che qualcosa è successo. -
-Alain, non fare la pettegola. -
-Io non faccio "la pettegola", sono solo curioso come una scimmia. -
-Uno scimmione. - precisò André mentre saliva a cavallo.
Alain lo imitò a malincuore: bisognava pur iniziare a lavorare.
Osservò André molto attentamente per tutto il turno: era ricolmo di una serenità quieta eppur traboccante, immensa, come se facesse fatica contenerla. Si sarebbe detta felicità però, no, Alain ci pensò bene, era immensa serenità; strano, ma vero. E poi quel silenzio, un silenzio di parole e gesti che gli ribollivano dentro, che non trovavano ancora posto, si vedeva. Strano, davvero strano. Concordava col Comandante: che bisognava farci con uno così! Però gli piaceva, specie oggi: anche se non era di compagnia era bello avere accanto un amico in quelle condizioni. Beato lui, si disse; e beato anche se stesso che gli era capitato quell'amico e se lo sapeva godere. Decise di mettere da parte la curiosità: non voleva rovinare a lui quello stato d'animo tanto raro e non voleva rovinare a se stesso il divertimento che si stava preparando, lo sentiva. E poi conosceva i suoi polli: figuriamoci se prima o poi ad André non scappava qualche accenno, troppo intima la breve scena che aveva intravisto perché non fosse successo nulla di nulla.
-Ah, è strana la vita! -disse a gran voce dandogli una botta cameratesca sulla schiena.
-E' strana, già, è strana. - André gli sorrise grato e timido, poi, esitando, tornò al suo raccoglimento, disteso.
Ah, quanto si divertiva con quei due pazzi!
Era arrivata anche la fine del turno. Una brezza primaverile li accompagnò in caserma. Saluti, ciao, come è andata, mah così così, sono distrutto, eh a chi lo dici, ciao vado; ciao.
Condussero i cavalli nelle scuderie e smontarono. Li raggiunse Charles:
-Ragazzi, avete visto che spettacolo? - e indicò loro il muro che separava la piazza d'armi dagli alloggi.
Il Comandante era appoggiata al muro, le braccia conserte, le lunghe gambe appena accavallate e gli occhi chiusi. Rilassata, lasciava che l'aria le corresse sul corpo e sul volto, sfiorandole appena i capelli.
-Questa poi! -
-Già. E' stata tutto il giorno nevrotica e intrattabile, non si sapeva come prenderla: cambiava umore ogni cinque minuti. Impossibile, davvero impossibile; ragazzi, beati voi che eravate fuori. Poi, all'improvviso, si è messa in bella mostra davanti a tutti, così: come la vedete è rimasta. Mai vista una cosa del genere da quando sono nella Guardia. Ci capite qualcosa voi? -
-Avrà le sue cose. -
-Buona questa! Probabile, probabile... - e li salutò ridendo.
André non aveva spiccicato parola: l'aveva guardata, serio.
-L'amour, c'est... l'amour. - gli sussurrò Alain all'orecchio con tono languido e, senza dargli il tempo di riscuotersi, si diresse dritto dritto verso il Comandante. André lo seguì in silenzio.
-Comandante! - le urlò quando le fu vicino -V'è passata allora la furia di stamattina, eh? Che fate di bello? -
Il Comandante aprì gli occhi e si voltò quel tanto che bastava per guardarlo fisso. Gelida, articolò lettera per lettera:
-Smamma. Vorrei riposare. -
-Scusate! E che... -
Da dietro sopraggiunse André. Col volto immobile, Oscar lo squadrò dal basso in alto e, sempre con la stessa maschera, gli piantò gli occhi negli occhi. Fu lo sguardo che si scambiarono che ammazzò lo scherzo dalla bocca di Alain: profondo, freddo e intimo, come un tesoro a lungo cercato trovato nel fondo di un abisso. Non riusciva a capacitarsene.
-Ciao... -
-Ciao. - André tornò lentamente al suo sorriso, solo, più tenero.
-Vi riposate, Comandante? -
-Pare. -
-Bene... -
Ci fu una pausa: Alain guardava alternativamente l'uno e l'altra ed ebbe l'assurda sensazione di sentirsi di troppo in un dialogo assolutamente banale.
-Come è andata oggi? -
-Solito. Tutto scritto nei rapporti, Comandante. -
Oscar strinse impercettibilmente lo sguardo.
-I rapporti... Sì, certo, i rapporti. - terminò sottovoce guardandosi insistentemente la punta degli stivali.
-Ah, mi sono ricordato che devo sistemare un rapporto! Vado. Io e te ci vediamo dopo... per quello che tu sai, eh? - e strizzando l'occhio ad André, Alain si dileguò. Ma come m'è venuto in mente di sapere quello che è successo! Mai più mai più! Quei due: bravi solo a complicarsi la vita. Scappò.
"Quei due" lo seguirono un po' con lo sguardo, poi Oscar si rivolse ad André con aria furba, inquisitoria e decisamente divertita:
-Quello che tu sai e che io non dovrei sapere, vero, soldato Grandier? -
-Già, tu non dovresti sapere. - imbarazzato guardava per terra, sorridendo come un bambino scoperto a fare una marachella a fin di bene.
Oscar si chinò per incontrare i suoi occhi:
-Non saprò nulla, tranquillo soldato Grandier. - Rise di sé: ma chi se ne frega!
Si sorrisero rasserenati e lieti di riuscire per un po' a isolare il mondo. Lei fece aderire la schiena e la testa al muro e tornò per un istante a farsi accarezzare dal vento.
-André... -
-Dimmi, Oscar. -
-Ma quante sono le cose che tu sai, e che io invece non so? -
Quante risposte avrebbe voluto dare André: so che ti amo, so che accoglierei la tua paura e l'ammansirei, so che batterei il tuo disinganno e l'accecherei, so che troverei per te la tua speranza e te ne farei dono, so che scalderei la tua tristezza fino a bruciarla; e so anche che tu sai le stesse cose che so io, ma non lo vuoi ammettere, e che ancora cerchi le risposte chissà dove mentre non le vedi solo perché ti sono troppo vicine, amore mio.
Tacque; non gli sembrava molto carino infilarsi in una seconda dichiarazione d'amore sudato, sporco, stanco e nell'affollata piazza d'armi di una caserma dove a parecchi si scombinavano gli attributi semplicemente a vederla riposare. E poi, c'era un'altra cosa: non aveva molto da offrirle, parole d'amore, quelle sì, ne aveva anche troppe forse, se ne era accorto quando si era trovato ad usarle, ma poi, in concreto? Lavoro, denaro, famiglia, salute, l'occhio che vedeva sempre più appannato... e forse lei che se ne era accorta nonostante i suoi tentativi di nasconderglielo. Le aveva detto che l'avrebbe aspettata e così avrebbe fatto. Se Oscar faceva una scelta, fosse anche quella di scappare, la portava fino in fondo: e se avesse deciso di donarsi a lui l'avrebbe fatto responsabilmente. Ne era certo. Sperò. Che poteva fare? Gli sembrava già tanto quello che si era sentito dire ieri sera.
Sentì una mano gentile che gli si posò sulla spalla:
-André, sei ancora su questa terra? - un sorriso dolcemente ironico e premuroso.
-Sì, Oscar, sì, dai... - Grazie.
-Beh, la mia pausa è finita. Vado. Ciao ciao. -
Fece per allontanarsi, poi, come se avesse dimenticato qualcosa d'importantissimo disse:
-André, tu lo sai, vero, che ho sempre nicchiato per svegliarmi al mattino ma che non sono arrivata mai una volta in ritardo al lavoro? -
-Ma... sì. - E... quindi?
-Anche questo sai! Che uomo! Un uomo da sposare! -
E lo lasciò attonito ad ascoltare l'eco della sua risata dalle pareti della piazza d'armi. E io, con una come te cosa ci dovrei fare, eh, Oscar? Sorrise, pensando alla risposta che gli avrebbe potuto dare Alain.
A cena, il solito chiasso di uomini vigorosi ancora ma stanchi. Soliti discorsi: donne, politica, donne, cibo, donne, lavoro, donne. Ma l'argomento della serata, quello che serpeggiava sottovoce da un tavolo all'altro, che si rincorreva tra gli sguardi ammiccanti d'intesa era uno solo e biondo: il Comandante e le sue cose, come mai s'erano manifestate prima d'allora. La spiegazione di Alain aveva fatto fortuna e in effetti sembrava loro l'unica plausibile per il bizzarro comportamento del loro Comandante in quella giornata, terminato con la disarmante visione di lei appoggiata al muro, rilassata e inerme come non si era mai mostrata.
-Certo che è bella. -
-Porca vacca! Anche coi pantaloni. Ma avete visto che gambe? E che capelli? Chissà quanto profumano: è nobile, si laverà. -
-Sarà, ma con una come quella io non c'andrei manco morto. -
-Perché lei non ci starebbe mai, vero? Ah ah ah! -
-Macché. E' matta, ve lo dico io. Ma avete visto che scatti d'ira che è capace di fare? E' gelida e io non la vorrei mai una che fa un sorriso una volta al mese. Ha tutto il mio rispetto come Comandante, ma come donna... ce n'è di migliori, lasciatemelo dire. -
-Ha parlato l'esperto di donne! -
-A me qualche pensierino lo fa venire. -
-E sarà bene che i pensierini sul Comandante ve li togliate dalla testa. - si intromise Alain beffardo -Ci vogliono denti buoni per mandar giù un bocconcino del genere e nessuno di noi ha mai mangiato a sufficienza per potersela permettere. -
-Ma capo, si faceva per discutere! -
Sì sì, fece cenno Alain, e si allontanò con la sua razione in direzione del tavolo dove era seduto, da solo, André.
-Sembra che si siano accorti solo oggi che è realmente una donna, come se prima lo sapessero solo per sentito dire. -
Alain non rispose subito: troppo impegnato a mangiare la magra sbobba serale.
-Oggi per la prima volta si è fatta notare al di fuori delle incombenze di lavoro: ovvio che gli altri si accorgessero di quanto è bella. -
-La trovi bella anche tu, vero, Alain? -
Nessuna risposta.
-Te ne sei innamorato anche tu, vero? - la voce come un soffio, rassegnata.
Attimi di silenzio, per raccogliere le forze.
-Me la porterei a letto volentieri. - Continuava a mangiare. Con la coda dell'occhio si accorse che André stringeva i pugni convulsamente.
-Vedi, il problema non è se ne sono innamorato o meno: qualunque uomo che vede una bella donna vorrebbe scoparsela. -
-Vorrebbe fare all'amore con lei. - corresse André.
-Sei patetico quando fai così, verginella. Ma stasera vada per "fare all'amore con lei". Comunque il concetto rimane uguale: è una bellissima donna ed è naturale che faccia venire qualche voglia. Ma da questo ad esserne innamorato... Te l'ho già detto: è una donna da ammirare, non da amare. E' troppo diversa, superiore... Non so cos'abbia di preciso, quale strano potere d'attrazione... -
-Sembra un po'il discorso della volpe con l'uva. -
Alain lo fissò negli occhi irritato e brusco:
-Sia quel che sia due fatti non si possono negare: che lei potrebbe essere felice solo con te e tu solo con lei. E questo è tutto. -
Tacquero: Alain riprese metodicamente a mangiare, André fissava il cucchiaio senza più appetito con le mani sulle ginocchia.
-Ehi, Uomo Innamorato, ma tu, sei felice? -
André fece spallucce:
-Forse. -
Alain gli assestò una serie delle sue famose botte cameratesche: André finì col naso nella minestra.
-Ecco perché non sono innamorato! Ehi gente! Ci sono dei posti liberi in questo tavolo. -
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