Con licenza

 

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INTERVALLO

 

Sottofondo d'arpa

 

Cosa c'è mio dolce amore che turba la tua anima e i tuoi pensieri, nei tuoi occhi smarriti e timorosi. Cosa guardi? Dove sei?

E io che ti vorrei qui accanto a me.

Guarda me, guarda me e non fuggire, in questa estate che odora d'autunno. Cadi e ti rialzi, amore mio. Cosa ti ha fatto crollare stavolta? Cosa ti ha fatto fuggire ancora da me?

Ti voglio. Ti voglio qui, accanto a me, nel latrare assillante di cani parigini affamati. Che tacciano. Tacciano! Mi lascino di nuovo udire la tua voce che mi canta che ti piaccio, amore, che mi vuoi bene, amore.

Lascia fuggire le tue paure. Ti amo. Ti voglio. In questa notte calda rinfrescami...

Sì, rinfrescami: con un tuffo nella Senna putrida! André, sveglia. Svegliati dai tuoi "inutili assilli". Con un amico ora silente che accanto ti cammina distante. E una donna distante... vicina... desiderata... Sicuro. Voleva parlarle. Voleva parlarle.

Corse.

Corse abbandonando il mondo.

Corse nella notte afosa di giugno cittadino.

Corse nei suoi pensieri sconvolti.

Corse sfinito fino a lei.

A chiedere spiegazioni.

Ti piaccio?

Mi vuoi bene?

E allora? Allora cosa c'è di difficile?

Basta assilli, basta inutili sospiri.

Basta!

Entrò come un pazzo nella sua stanza sbattendo forte la porta contro il muro in un rimbombo notturno.

Nel buio della stanza lame di luna fendevano l'aria in spicchi impenetrabili.

Mugolii.

Gemiti.

Scricchiolii ritmici

Oscar...

di assi di letto.

Amore...

Lenzuola.

Oscar… ma...

Fruscio pesante di membra

Oscar... cosa...

insonni.

Con chi... perché...

Mani tese

Oscar... no…

nel buio

Mio Dio no... mio Dio no...

d'odore di donna.

No, Oscar, non puoi farmi questo...

 

Russare.

 

Cadde in ginocchio

di folle sorpresa.

Un riso gentile

di splendido errore.

Amore mio amore

tu sogni, io tremo:

ma quanto son scemo.

 

Il sottofondo d’arpa s’ode ancora per qualche secondo poi sfuma lentamente verso il silenzio.

 

 

 

Ed ora, cari i miei venticinque web-readers, torniamo pure giudiziosamente alla nostra storia.

 

 

 

Con licenza

 

Alla fine il giorno della licenza giunse presto, senza che ci fossero novità di rilievo, salvo un diffuso e generalizzato malcontento per l'interruzione delle pause al sole del Comandante.

-Capo, ma che le hai combinato? -

-E' vero, capo: l'ultimo a parlarci come ad una persona normale sei stato tu. -

-Capo, se le hai fatto qualche sgarbo non ti ubbidiremo mai più. -

Al che Alain a quel punto si allontanava con uno sprezzante "ma andate al diavolo", e andava a rifugiarsi da André, l'unico in tutta la caserma che sembrava non avere intenzione di commentare in alcun modo l'avvenimento. In silenzio, rivolgendosi la parola solo per le comunicazioni indispensabili al vivere comune, i due svolgevano il lavoro e trascorrevano i momenti di riposo sempre, costantemente, insieme. Il giorno della licenza per entrambi arrivò appena in tempo perché dal nomignolo di Inseparabili non si passasse a qualcosa di più esplicito.

Quella sera il tramonto si annunciava tanto rosso e acquoso da far male e nubi lunghe e strette lo striavano in pennellate di tempere.

Il Comandante era al centro della piazza d'armi, in sella, pronta a partire. Il primo a scorgerla fu Alain all'uscita delle camerate. Con un cenno intimò ad André di avvicinarlesi, questi smise di osservarsi la punta delle scarpe, sobbalzò e corse da lei; lui li osservò per un po' parlare e poi iniziò a sellargli il cavallo.

 

A cavallo, insieme, lontano da Parigi, dal lavoro, procedevano lenti nella campagna, sperando che il cielo, o almeno le rondini, parlassero per loro; anche se il cielo e le rondini avevano ben altro da fare che aiutarli nell'impresa.

André sembrava immerso nel trascolorare di quel tramonto caldo:

-Farà bel tempo, domani. -

-Mmmm... -rispose Oscar con lo sguardo fisso sulla criniera del cavallo.

Niente: il tradizionale rompighiaccio ha fallito. André si guardò un po' attorno in cerca d'ispirazione. Nulla. Il tempo non attacca. I problemi agricoli... mi sembra poco carino. La moda... perso in partenza. Pettegolezzi… repellente. La caserma! Siamo in licenza… Si agitava, André, in sella, senza riuscire a stare comodo. Ad un tratto il punto di fuga del rettilineo che stavano percorrendo lo illuminò e lo fece acquietare.

Sparò.

-Senti un po', Alain ti ha fatto qualche proposta, come dire, intima? -

Sconcerto e confusione: oh cielo!

Oh cielo l'ha saputo! Che penserà di me? Dopo quello che gli ho detto? Dirà che sono poco seria. Sì, questo penserà. Che dovrebbe pensare? Mi sono fatta adescare come un baccalà. Ecco, non si fiderà più di me. Come potrebbe? Prima lo tormento, poi lo faccio aspettare e per finire mi faccio corteggiare dal suo migliore amico. E io che voglio bene a lui. Oh cielo! Oh cielo! Oh...

-Oscar, devo interpretare come un silenzio-assenso? -

Sì... sì...

-No! - scuotendo velocemente il capo - No no! -

-No non ti ha fatto proposte o no silenzio-assenso? - voce calma e piana, l'andatura cullante dei cavalli al passo sembrava dargli il tempo.

-No, no... cioè, sì. - Un trottare scomposto: Oscar sentiva su di sé lo sguardo di André curioso e preoccupato che la puntava come se fosse il fucile di un cecchino.

-Sì… cosa? - E Oscar, che camminava alla sua sinistra, avrebbe dato qualunque cosa perché il vento gli togliesse i capelli dal viso.

-Sì... Cioè: mi ha paragonata ad una cipolla. - Una cipolla rossa, pensò, dal caldo che sentiva in viso.

-Una cipolla?! - una cipolla. -Una cipolla di quella che si mangiano? - Quel senza pudore: e poi pretendeva di insegnare a lui come si conquistano le donne!

-No, André, una di quelle che si... Va bene, lasciamo stare. Sì, una cipolla cipolla, solo che non puzzo e mi si può riutilizzare. -

-Una cipolla. -

-Gli piaccio come una cipolla. -

Una cipolla, ad Oscar, ed è ancora vivo; Alain, decisamente meriti una medaglia al valore e ringrazia il cielo che non sia alla memoria. Una cipolla da riutilizzare... e ne sei uscito incolume! Notevole, veramente notevole. Complimenti! Forse non si vantava a vuoto della sua abilità con le donne. 

André sghignazzò.

-Beh, il tuo Inseparabile mi viene a fare una sottospecie di dichiarazione e tu ridi? -

-Cosa dovrei fare? Anzi, pensavo di farmi dare qualche lezione, visto che è riuscito a non farsi infilzare. - Sbirciò fugacemente nella sua direzione: solo che ora sarebbe più corretto paragonarti ad un pomodoro, sai, mia cara Oscar? Sorrise.

Oscar frenò bruscamente il cavallo, lo fece voltare, passare dietro a quello di André e si mise alla sua destra: qui gatta ci cova. Lo osservò sospettosa, piegando leggermente la testa di lato per migliorare la visuale, senza che lui ne fosse turbato o le ricambiasse lo sguardo; non riuscì a risolvere l'arcano. Tentò l'attacco diretto:

-Non sei geloso? -

-Eh?! Geloso? Perché dovrei essere geloso? Tu sei la mia donna? - Sant'Alain, patrono dei filibustieri, aiutami tu.

Domanda complessa. Risposta altrettanto complessa. Troppo complessa.

Un tuffo al cuore.

Era d'uopo circostanziare ulteriormente il problema.

-In che senso, scusa? - Non può mica pretendere che io risponda ad una domanda del genere così su due piedi!

-Come in che senso! Ma  se è notorio che la perpetua che si prende cura di un povero curato solitario è da tutti considerata "la sua donna"! Ma se lo sanno anche i bambini! - E André la guardò con palese commiserazione: scappi, eh!

Oscar tirò fuori di scatto il Comandante, tornando a guardare dritto davanti a sé, schiarendosi la voce e raddrizzando le spalle oltremisura:

-In ogni caso, André Grandier, io ti ho posto una domanda, e gradirei ricevere una risposta. -

-E io, Eccellentissima, non risponderò alla Vostra domanda finché Voi non risponderete prima alla mia. - Appoggiò la mano destra sul fianco e si sporse verso di lei col sorriso più spavaldo che Oscar gli avesse mai visto.

Se piglio Alain gli faccio vedere i sorci verdi. Prima mi crea un problema dietro l'altro, poi le cipolle, e poi ancora mi travia l'amico! E che... L'amico.

L'amico l'amico l'amico l'amico.

La sua donna.

-No, non sono la tua donna. - e di nuovo quel ronzio alla testa e quell'assurdo vuoto, quel pazzo bisogno.

-E allora con quale diritto potrei essere geloso di te? - La voce di André era tornata pacata ma Oscar la percepì come distante e gelata. E si strinse nella spalle per scacciare quel freddo.

 

Continuarono a cavalcare, silenziosi. Il rumore degli zoccoli sulla strada rimbombava nel vuoto che Oscar sentiva sul cuore in colpi sonori; qualcosa, intrappolato, cozzava violento contro le pareti sigillate della sua anima senza poterne uscire e, tuttavia, non ancora arreso. Doveva fare assolutamente qualcosa per farlo smettere: che la smettesse! Che la smettesse di bussare, picchiare, battere, ronzare, chiamare, urlare; piangere. Basta. Sarebbe impazzita.

Attese che il freddo tra loro si stemperasse un po', per quanto possibile, nel colore dell'aria. Parlò solo quando percepì il rosso diventare azzurro sopra la sua testa, prima che arrivasse il buio a toglierle quel lampo fugace di coraggio. Doveva sapere, in un modo o nell'altro:

-Ma, mettiamo il caso che io fossi la tua donna... -

-Caso molto improbabile, no? - Il buio sembrava aver già preso possesso della voce di André, nella risposta brusca, nello sguardo rientrato che escludeva il mondo. Oscar scacciò quell'ombra e continuò:

-Improbabile ma mettiamo pure. -

-Come mai ci tieni tanto a far finta di essere la mia donna? -

L'ombra di André le fece paura, come il suo amore per lei, come il labirinto in cui le sembrava di vagare, smarrita e impotente, come impazzita, spaurita, senza trovarne la soluzione, la fine, il limite, il centro, confusa dai "se solo" della sua vita, vagando disorientata fra le mille strade e sentieri che avrebbe potuto imboccare, da sempre, in tutti quelli in cui si perdeva costantemente distratta da considerazioni e doveri, attratta e sviata da sprazzi di luce e strette radure di rari sorrisi. Doveva pur avere una regola quel labirinto in cui si era ficcata; doveva averne una. E André la conosceva; André conosceva la regola, il limite e il centro di quel luogo e lei gli avrebbe carpito quel segreto. Doveva farlo.

-André, sto parlando sul serio. Se... -

-Anche io sto parlando sul serio! - la sua voce aguzza la sfregiò impietosa e Oscar si ritrasse con un gemito lieve, quasi un sussulto. Vide sopra di sé l'azzurro diffondersi e il rosso annacquarsi nel rosa e nel lilla, la notte avanzare. Caro, caro André! Lo so che sei da qualche parte nascosto nel labirinto. Lo so che sei lì anche tu, lo so che sei fermo da qualche parte ad aspettare. Non so come io lo sappia ma ne sono certa. Se solo riuscissi a trovarti. Se solo sapessi dove sei, se solo riuscissi a vederti. Allora potrei riposarmi, potrei chiederti... se solo riuscissi a trovarti, come raggiungerti. Tu potresti farmi uscire, tu potresti indicarmi la strada... se solo riuscissi... Dove sei? Se solo... tu mi sentissi... Ascoltami, ascoltami, ti prego. Guidami. Io da sola non trovo la via... per uscire... Come vorrei che qualcuno mi trovasse, mi portasse via, mi portasse da te. Ma ci siamo solo noi due e tu sei fermo e immobile, e io non ti vedo; e devo raggiungerti. Dove sei. Dove sei. Dove sei. Impantanata nei doveri che ho sempre svolto ed ora non riesco più, in scelte che non riesco a fare. Guidami, ti prego: ho bisogno di qualcuno che mi indichi la strada. Lo so, lo so, che poi la strada devo percorrerla io, ma ti prego, una luce, anche solo un debole bagliore, che mi dica dove sei. Dove sei tu. La via, il centro, l'uscita... il limite. André...

-Scusa, Oscar. Sono stato brusco. -

Lei si riscosse, e solo allora si rese davvero conto  di che grumo di parole le ristagnasse in gola e le battesse in cuore, senza che riuscisse a trovare aria e respiro, ed espressione coerente d'aiuto. Tacque, cercando di sistemare quel grumo in modo da sentirne di meno le punte.

-Non sono discorsi facili per me. Puoi capirmi, vero, Oscar? -

Come se fossero facili per lei, invece, quei discorsi.

Sentì quel gomitolo intricato e annodato di parole che le si muoveva dentro e le faceva male. E non riuscire a liberarsene!

Il cielo era acqua d'azzurro ovunque e la luce calda, ormai, era sparita. Da lontano iniziavano a scorgersi le candele alle finestre del palazzo. Di stelle, ancora, neanche una.

Oscar strinse forte le briglie, a lungo, come se fosse stata l'unica cosa che le fosse rimasta da fare. Se solo avesse potuto parlare; se solo avesse potuto almeno piangere, che so, guardarlo. Se solo... Se solo... André...

Si sentì carezzare il braccio con la punta delle dita, lieve, piccola carezza. Attese. "Ehi" si sentì dire, piano, velluto. Voltò poco la testa, giusto per guardarlo, abbozzando un sorriso che sembrava più un broncio. "Ehi", rispose; e il broncio scivolò in un sorriso timido, quasi non voluto, non cercato. Distolse lo sguardo. Sentì due dita che le carezzavano, col dorso, la guancia; rispose alla carezza con un breve cenno del collo. Le dita le scesero sul mento e lo sollevarono, verso di lui. Riuscì a guardarlo, con quel sostegno: sorrideva dolce, le sembrò splendido. Sorrise anche lei, senza accorgersene, senza volerlo, necessariamente. I cavalli continuarono lenti ad avanzare, indifferenti.

-Siamo ormai a casa, André. -

I grilli avevano già iniziato ancora il loro richiamo.

-Già. - Ancora.

Fece cadere quelle due dita di carezza dal mento alla spalla; lì, cercò di indugiare; Oscar tornò a guardare la criniera del cavallo, fu costretto a separarsi.

Una luce, in alto, tremolava nello studio del Generale.

 

 

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