In loving memory

Warning!!!

 

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20 giugno 1810

 

Una pietra gli sfiora il volto.

Il primo colpo sferrato. Improvviso. Inaspettato. Tra il boato della folla inferocita.

Non ha tempo per capire, e un’ombra di sgomento passa sui suoi occhi sgranati.

Poi, pare di sentire un gran silenzio intorno. E tutto sembra fermarsi. Ma è solo un attimo, perché subito dopo, altri colpi gli arrivano addosso con inspiegabile violenza.

Una forza mostruosa di corpi, braccia, piedi, mani, lo spingono, lo strattonano, lo schiacciano, sputandogli addosso e urlandogli contro parole feroci.

Perché tanto odio?

È questa l’angoscia che hai provato davanti al popolo, amore mio? Si chiede in un lampo di dolorosa consapevolezza.

Fersen tenta di proteggersi nascondendo la testa tra le braccia piegate, mentre grida di dolore fino a perdere la voce.

Ora è ferito a morte e si accascia a terra, in ginocchio, nella polvere, sfinito. Come una resa, una muta richiesta al cielo.

Quando riapre gli occhi, piano, è il tramonto. Non sa quanto tempo è passato, un’ora o tutta la vita.

Emette un rantolo, non riesce a respirare. È coperto di sangue rappreso, è livido in volto e ogni ferita gli strappa un gemito di dolore.

Intorno non c’è più rumore ora. La folla si è dispersa, come un vampiro sazio del suo sangue che torna a nascondersi nell’oscurità.

Sente dei passi e pensa che adesso presto tutto sarà finito, finalmente.

Prima è, meglio è. Sospira.

Un vecchio un po'curvo si avvicina, si inginocchia accanto a lui e lo scruta in silenzio.

Potrebbe essere suo figlio, pensa. Quel figlio morto in guerra anni prima. Prova pietà e si commuove.

Lo vede annaspare. Immagina abbia sete. Si alza e prende una borraccia dal cavallo. Gli mette un braccio dietro al collo, gli sostiene la testa e lascia che beva lentamente. Fersen tossisce, e un rivolo di acqua e sangue scivola dalla bocca asciutta.

D’improvviso, un uomo, un marinaio*, arriva da dietro, raccoglie la spada del conte e la solleva in alto come in segno di vittoria.

Quando si china su di lui e gli posa un piede sul torace, Fersen sente la sua ombra fredda su di sé, come se le ali spiegate di un corvo lo avvolgessero crudelmente.

E un brivido gelido gli attraversa il corpo.

“Cane bastardo di un nobile” ringhia. E gli sputa addosso.

Ma il vecchio si volta di colpo, lo ferma con il gesto di una mano e grida:

“NO! Adesso basta.” 

Non è così che deve morire un uomo.

L’altro mormora qualcosa e lascia cadere a terra la spada, con un clangore che squarcia l’aria.

Poi si allontana torvo, senza il suo trofeo di morte.

Restano soli adesso. Il nobile e il povero.

Tra le nuvole rosa, volteggia una colomba bianca. Si abbassa, poi risale.

E porta in alto lo sguardo di Fersen.

Si sente così stanco, così stanco… ma non c’è quasi più dolore adesso,

solo un senso di conclusione, di serena compiutezza.

Stende a fatica i muscoli del collo e solleva lentamente la testa. Muove piano le labbra. Vuole dire qualcosa. Sussurra un nome, forse. Il suo ultimo respiro.

Il vecchio non capisce e si fa più vicino. Accosta l’orecchio alla sua bocca. Ma la sua voce è solo un esile sospiro.

Poi le labbra rimangono schiuse e ferme sulla sua ultima parola senza suono.

Tutto il sangue che gli è rimasto dentro devia, e si ferma al centro del cuore che si fa più lento, adesso.

Gli posa la testa al suolo e gli chiude dolcemente gli occhi ancora aperti al cielo.

Gli lascia per qualche istante la mano stanca e tremante, sporca del suo sangue, sulle palpebre livide e gonfie. Come una segreta benedizione.

Là nella terra dove è nato e ora muore il conte Hans Axel von Fersen.

Dove sei ora? Tra le rose fragranti nei giardini di Versailles?

O dentro l’abbraccio della donna che ami, tra le note di una melodia che non avete, un giorno, potuto danzare?

Il vecchio non ha capito cosa ha detto il conte. Non sa quale è stato il suo ultimo pensiero, l’ultima immagine della sua avventurosa vita, l’ultima parola sgorgata a fatica dalla gola che brucia. Ma dal sorriso che aveva dipinto sulle labbra doveva essere un pensiero bello e lieve, d’amore e certa speranza.

                                                           ***

 

 

*Fersen, in verità, morì per “schiacciamento” della cassa toracica, quando un marinaio gli saltò con entrambi i piedi sul petto.

Io ho voluto risparmiargli quella morte atroce e regalargli una fine un po' più lieve e dignitosa.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Hans_Axel_von_Fersen

 

Pubblicazione del sito Little corner novembre 2019

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