L'attesa
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Il
filo dei pensieri di André delinea una teoria ben precisa, ma si sa che anche
il cuore lascia indizi ben visibili, sta a noi saperli riconoscere. Le
contraddizioni sono le parti più interessanti dell’animo umano!
Costernata,
la
luce della candela
non
ti fa più bella.
Le
sembianze sbiadite
Ingabbiano
l’ultima traccia
di
quel che fu
l’aspro
sguardo
di
ghiaccio liquefatto.
Porta
con te, nell’aldilà,
-se
puoi- questo mio cuore
tumefatto,
divoralo
-altrimenti-
durante
il cammino,
mia
cacciatrice stanca.
Sei
già tornata a casa.
Troppo
presto, almeno per oggi.
Avrei
voluto godermi un altro poco la tua presenza incorporea in queste stanze:
annusare nell’aria il profumo lieve di cuoio e sapone, ricordare il ritmo
irregolare dei passi per le scale , il lieve fruscio dei pantaloni di seta
quando ti siedi al piano… il dolce mormorio del respiro quando crolli
addormentata in salotto per il troppo bere.
Ci
sono volte in cui questi suoni così domestici, quotidiani assumono alle mie
orecchie cadenze cacofoniche… stridono tra loro in una terrificante sinfonia
lasciandomi sfinito.
Pare
così strano che tu sia diventata rumore, semplice rumore e nulla più.
La
cecità riempie la successione dei giorni di nuovi mondi mentre mi sottrae
quello delle forme e dei colori.
Quale
saggezza è giungere a comprendere attraverso l’esperienza quanto tenace sia
la capacità di adattamento dell’uomo? Quanto disperatamente ci si aggrappi
alla vita, graffiandola, insultandola, piangendola proprio nel momento in cui
obiettivamente si riconosce di aver sempre meno speranze.
La
sapienza dei disperati.
Devo
imparare nuovamente a muovermi nel mondo, come un fanciullo riscopro
l’esistenza in un’altra forma ed in essa, come al solito, cerco te.
Toccarti
è diventata un’ossessione.
*Attendo
di bere
la
sfrontatezza dalle labbra.*
Vivere,
una sfida senza precedenti.
Ci
sono giorni, la maggior parte dei giorni, in cui evito accuratamente di
riflettere: il terrore che mi incute anche il solo concepire la vita senza luce
mi impedirebbe di agire.
Ed
io non posso arrendermi.
Proprio
non posso.
Sei
già tornata.
Sei
qui… una notte ho immaginato di rinascer cane, quanto dolore mi sarei
risparmiato! E avrei potuto amarti tutta la vita senza sentir mai parlare
d’illegittimità.
Mi
sfugge un sorriso e te ne accorgi.
Pieghi
la testa verso di me e riesco ad indovinare con la mente il tuo sguardo
interrogativo.
“Buonasera,
sei tornata presto. Come ti senti?”
“In
verità ancora pesta.”
Non
mi chiedi “e tu?”… il mio viso mostra ancora senza equivoco i segni delle
botte prese a Saint Antoine.
Cerco
di metterti a fuoco mentre ti sfili la giacca e ti distendi sul divanetto
incrociando le mani dietro il capo.
*Attendo
di cogliere
l’asprezza
del rimorso
sulla
piega del collo.*
Ti
è sempre piaciuto stiracchiarti come un gatto allungando le braccia oltre il
capo e stendendo i muscoli delle gambe fino a scuotere la stanchezza da ogni
fibra… probabilmente ti piace tanto quanto piace a me guardarti.
Qualche
anno fa, distesa su un prato, stirandoti in tutta la tua lunghezza, come ora, ti
eri rotolata con soddisfazione sulla terra umida, i capelli pieni di foglie.
Allora sorridevi ancora, di un sorriso pieno di promesse. ù
Ora,
distratta, ti passi una mano tra i capelli, ti stropicci gli occhi e scuoti la
testa con convinzione come per allontanare un pensiero molesto.
Sei
invecchiata ed hai venduto a caro prezzo la tua intimità.
Non
ti sei concessa nulla. La sola volta in cui hai lasciato il fianco scoperto hai
ricevuto una cicatrice che ancora brucia.
Mi
chiedo spesso quanta solitudine gravi sulla tua anima e come tu riesca a
sopportarla.
Abbiamo
gli stessi ricordi per nostra sfortuna. E lo stesso grado di solitudine.
Eppure
sono stato più felice di te: ti sono stato accanto ogni giorno, ti ho cullato
senza che tu lo sapessi, ti ho guardato ogni attimo per vent’anni, ho dovuto
solo tacere. Con il passare del tempo diventa sempre più facile, abituarsi a
tacere.
Semplicemente
ho smesso di aspettare che una favilla nel tuo sguardo mi ricambiasse.
Attendevo
il giorno dopo e quello dopo ancora per averti al mio fianco ma ho smesso di
attendere la felicità.
*Aspetto
di saggiare
la
tenacia della morsa
attorno
alle mie braccia.*
Tu
invece sei sempre stata più istintiva di me ed il giorno che l’hai fiutata
nell’aria non hai mai smesso di desiderarla.
La
felicità.
Questa
è stata la tua colpa: da sotto la divisa il tuo cuore forte e caldo non ha
smesso di aspettarla.
Sei
sempre stata in lotta con te stessa, hai dovuto riconoscere i sentimenti,
giudicarli e giustiziarli.
Ma
essi sono sempre rinati e la tua battaglia non si è mai conclusa..
Ti
slacci qualche bottone della camicia ed emetti un sospiro roco. Sei stanca.
Mille
e mille volte gli stessi gesti eppure mi sembra di vederti per la prima volta.
Come
un padre che non si accorge della crescita graduale del figlio finché non lo
osserva uscire dalla sua casa per sempre, desideroso di affrontare il mondo, così
ti guardo nel tuo corpo di donna adulta senza che l’immagine nitida di te
bambina e adolescente si sovrapponga al viso magro e severo che mi si pone
dinnanzi.
*Attendo
di sfiorare
gli
spigoli del coraggio
sulla
sponda del fianco.*
Ti
guardo come ti guarderebbe un estraneo, come un mistero chiuso dentro sé, come
un rifugio inviolato tra le nevi perenni.
Sei
bianca, pallida, smagrita, consumata.
Fai
finta di niente mentre il destino combatte la sua campagna in fondo agli occhi.
Ti
guardo forse per l’ultima volta.
Il
mio cuore manca un battito mentre un velo di nero ti sottrae a me.
Non
mi resta che ascoltare: ti agiti sul divano, ti giri… cerchi una posizione più
comoda.
E’
sorprendente come anche da adulti, nonostante il peso delle parole dette e di
quelle mai pronunciate ed i muri eretti a
difesa di noi stessi, non si riesca
a perdere certe abitudini… come quella che hai tu… di addormentarti in mia
presenza.
Come
puoi dare le spalle ad un uomo che una notte perso nel suo delirio ti ha toccata
nell’animo e nel corpo come mai avresti voluto?
Come
posso, Oscar, stare qui fermo nel buio ad ascoltarti respirare senza che il
cuore mi si spezzi di schianto sotto il peso del nostro tormento?
*Aspetto
di udire
l’urlo
inghiottito
dalla
gola delicata.*
L’amore
ha molte vie.
Anche
quella che ho scelto mi condurrà ad una fine, una delle tante possibili, le
stesse che vedono le zingare nei palmi delle mani o nei fondi di caffè.
Questo
pensiero riesce a darmi pace, l’idea di un destino, di un porto dove
approdare, infine.
Chi
può sapere in che forme la pace raggiunge un uomo?
In
fondo anche ora posso dirmi in pace.
Il
silenzio del crepuscolo tutto intorno a me, il tramestio sommesso di sotto,
nelle cucine, misto al lieve odore di brodo, il soffio regolare del vento che si
fa sempre più caldo correndo verso l’estate, il battito sommesso del mio
cuore confuso con il suono del tuo respiro morbido e quieto a pochi passi da me.
E
questa luce che ritorna, a schiarirmi l’anima, a restituirmi il mare biondo
dei capelli abbandonati sulle spalle minute, il profilo affilato del naso,
l’umida conca delle labbra, le tue labbra.
*Aspetto
solamente
attendo
di
indurre il tuo cuore
a
correre nella notte.*
Un
dono, ogni novembre senza nuvole, ogni goccia di rugiada sul fogliame , ogni
attimo accanto a te è un dono inatteso: non importa se non riesco proprio a
ricordarmi quando ho iniziato ad amarti perché rammento perfettamente il
momento in cui ho smesso di soffrire, questo istante, Oscar, mentre socchiudi
assonnata gli occhi e sussurri:
“André”.
Fine
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