Il ritorno

 Parte V

 

Warning!!! The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.

L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.

 

Quando Oscar ebbe finito di parlare, André rimase in silenzio, con la testa china. Era incredibile…eppure non riusciva ad essere stupito. Sapeva di aver già conosciuto Oscar, di averla già amata, l'aveva sempre saputo. "Non devi piangere", disse infine guardandola. "Non chiedermi come, ma so che lui è stato felice" "No, io sento che è successo qualcosa…di brutto" disse lei scuotendo la testa. Lui si alzò e si avvicinò alla finestra, dandole le spalle. "Le cose che volevi dire…le sapevo già, le ho sempre sapute, le saprò sempre…" disse con voce triste. Oscar sentì il cuore fermarsi nel petto. Non era uno dei suoi sogni, eppure…"André…" mormorò con una voce che non le sembrò la sua "Noi avremmo potuto essere tanto felici insieme…" "Lo siamo stati" rispose lui voltandosi. "Non lo sapevi?" continuò fissandola "Eravamo insieme…tutto il resto non contava". Lei si avvicinò lentamente fino a sfiorarlo "Eri tu la cosa più importante della mia vita…" sussurrò "Non te l'ho mai detto…" "Non ce n'era bisogno. Noi eravamo una cosa sola…ricordi?". Le prese la testa tra le mani e la baciò, ma fu un bacio diverso, pieno di disperazione. Oscar sentiva l'urgenza di unirsi a lui, il tempo sembrava sfuggirle dalle mani, i sogni si stavano spezzando uno dopo l'altro… la notte si avvicinava, forse anche la fine, e l'unica cosa al mondo che desiderava era restare tra le braccia di quell'uomo per sempre, per sempre… Non avrei mai voluto lasciarti sola… pensava André con una parte della sua mente, mentre l'altra si osservava dal di fuori, si osservava stringere Oscar, accarezzarla febbrilmente, mentre lei lo ricambiava con la stessa intensità. La rovesciò sul divano e la baciò nuovamente, lei gli si strinse contro con tutta la sua forza, sentendo l'angoscia afferrarla, l'angoscia profonda che ormai conosceva così bene, l'angoscia che l'aveva accompagnata da allora… da quel giorno. "Non lasciarmi mai" gli mormorò quasi con rabbia all'orecchio, "Mai" disse lui in risposta mentre le sue mani aprivano la camicia di lei… doveva averla, doveva averla subito… sentiva le mani di Oscar attirarlo a sé, il suo corpo premere contro il suo, le sue labbra cercarlo… le afferrò il viso con le mani e la guardò: aveva gli occhi quasi trasparenti, lontani… le pupille dilatate. Sentì le mani di lei armeggiare con i suoi vestiti, febbrilmente… una parte di lui sapeva che doveva fermarla, che c'era qualcosa di sbagliato, la disperazione che sentiva dentro di sé e che percepiva in lei era troppo grande… lei lo stava accarezzando, lo stava stringendo… incapace di fermarsi le baciò le spalle, il collo, il seno… lo stomaco liscio, le sbottonò la fibbia della cintura, lei lo aiutò a spogliarla, lui la coprì con il suo corpo, lei mormorò: "Ti prego" e lui rispose: "Non posso". La strinse a sé con rabbia, baciandole i lunghi capelli. La desiderava più di ogni cosa al mondo, ma non voleva averla così. Forse non era neanche lei, in quel momento. La sentiva respirare affannosamente contro il suo petto, i muscoli tesi come se stesse combattendo una battaglia, e poi lentamente la sentì rilassarsi, ed abbandonarsi dolcemente contro di lui. Avvicinò le labbra all'orecchio di lei e disse: "Ti amo" all'infinito, Oscar per un attimo ebbe l'illusione che davvero fossero diventati una cosa sola, e che niente al mondo li avrebbe più potuti separare, neanche la morte… bastava che continuasse a stringere quell'uomo a sé, che non lo lasciasse andare via… perché, perché quel momento non poteva durare per sempre? Alzò la testa e lo guardò: lo amava talmente tanto che non riusciva a dirglielo.

Il mio André… Doveva dirlo. Non l'aveva mai fatto prima, ed ora sapeva perché. Aveva aspettato lui. Lei l'aveva aspettato. Ma qualcosa la frenava, la paura che fosse solo una lucida follia in cui si era ritrovata senza volerlo, un sogno allucinato che aveva invaso la sua vita, un salto nel buio. Perché il desiderio di lui era così disperato? Perché aveva la sensazione che il tempo e la vita le sfuggissero dalle mani? Non c'era una spiegazione… l'aveva pregato, e se André non avesse detto no avrebbe fatto l'amore con lui piena di quella oscura disperazione che sentiva dentro di sé. Ma quando lui l'aveva stretta tra le braccia, poco prima, si era sentita al sicuro come mai nella sua vita, aveva provato una dolcezza struggente, una pace sconosciuta. Lui le scostò delicatamente i capelli dal viso e sorrise quasi con timidezza, poi disse: "E' meglio che tu ti rivesta, Oscar… ". Lei si guardò: era praticamente nuda, ma stranamente di fronte a lui non provava alcuna vergogna. Gli prese la mano e se la portò sul seno, continuando a guardarlo. Dopo un attimo di esitazione lui l'accarezzò dolcemente, mentre capiva che adesso lei era lì davvero, era lì per lui, era davvero lui che voleva in quel momento, e sentiva che il desiderio si mescolava ad una tenerezza mai provata prima, che l'amore era una profonda vertigine e una dolorosa impazienza, una gioia che stringeva il cuore in una morsa brutale, esaltante e dolorosa. Le afferrò il viso con le mani e la baciò, la sentì rispondere, passargli le mani nei capelli, sentì il suo calore contro di sé, si staccò e le baciò il collo e la spalla, il seno, la sentì mormorare: "Ti voglio… ", e stavolta lui rispose: "Sì… ", lei rise e continuò a ripetere: "Sì… ", mentre sentiva le labbra di lui su di sé, e pensava: "Non mi importa… non mi importa di tutte le assurde coincidenze, dei miei sogni, so solo che voglio quest'uomo come non ho voluto mai nessuno… " lui si scostò appena iniziando a spogliarsi, e in quel momento il telefono di lei iniziò a squillare. "Ignoralo" disse lui guardandola. Lei esitò… e se fosse accaduto qualcosa di brutto? E se fosse stata una cosa importante? Gli rivolse uno sguardo di scusa ed allungò una mano per prendere il telefono dalla borsa. "Pronto?". Era Bernard. "No professore, non mi disturba, si figuri… " disse lei cercando di riportare la sua voce ad un tono normale. Restò in ascolto e poi disse: "Va bene, allora d'accordo… attendo sue notizie". Chiuse il telefono ed André disse: "Chi era?", baciandole il collo. "Il professor Chatelet… " ansimò lei in risposta. André si bloccò. "Chatelet?" disse guardandola. "Si, Bernard Chatelet, il professore della Sorbona, forse non ti avevo detto come si chiamava… voleva dirmi che ha anticipato la sua partenza per Arras ad oggi… ". André si mise a sedere. Bernard Chatelet… era sicuro di conoscere quel nome. Assolutamente sicuro. Non volevo farti del male… perciò non ti ho colpito, ma tu… perché, mio Dio, perché? Sentì una fitta improvvisa all'occhio e si coprì il viso con le mani. Un colpo… un colpo improvviso, una lama tagliente… "Aiutami, aiutami Oscar, ti prego… " mormorò senza neanche sapere perché. Lei si sentì gelare. Quell'immagine… era sicura che ora avrebbe visto del sangue filtrare tra le sue mani, che lui l'avrebbe guardata disperato, come in quel maledetto sogno. Non sono riuscita ad aiutarti… ho fallito, perdonami… Si fece coraggio e scostò le mani dal viso di lui. La benda era ancora lì, niente sangue. "Ti fa molto male?" gli chiese teneramente. Lui rispose: "No. Ma per un attimo ho avvertito una fitta lancinante, per un attimo io… ". Si fissarono senza parlare. Non ce n'era bisogno. Lei sospirò e dopo un po’ lui disse: "Oscar, qualunque cosa sia… qualunque cosa accada l'affronteremo insieme, probabilmente è necessario… ". Lei annuì e lo strinse a sé, sentendo che in fondo accanto a lui non aveva paura di nulla… come sempre, del resto…

"Com'eri da bambina?" chiese André all'improvviso, mentre passeggiavano per i viali del Bois de Boulogne. "Una peste… " rispose lei ridendo. Lui la guardò incantato: Oscar rideva raramente, ma in quel momento sembrava davvero una bambina felice, spensierata… da quando era piombata all'improvviso nel suo negozio, due giorni prima, avevano cercato di passare assieme ogni momento libero, senza farsi troppe domande, quasi timorosi di spezzare quella strana magia che sentivano tra di loro, quel miracolo che si ripeteva da sempre per tutti coloro che si amavano, ma che ogni volta sembrava unico, irripetibile, immensamente fragile. "Una peste… " ripeté lui prendendole la mano. Un gesto così semplice, così naturale, eppure così intimo. Era incredibile quanta energia si potesse sprigionare da un semplice tocco… "Avevi qualcuno con cui giocavi spesso, una compagna, un compagno?" chiese André accarezzandole leggermente le dita. Oscar si sentiva senza respiro, e tutto per un semplice tocco sulla mano, era assurdo! Ricambiò la carezza e disse: "No, non mi sembra… ero una bambina piuttosto solitaria, ma a volte… " "A volte?" incalzò lui vedendola esitare, "A volte io… avevo come l'impressione che ci fosse qualcuno con me. Sai, una di quelle fantasie dei bambini troppo soli, immagino… " "Qualcuno chi?" "Un amico… un compagno… non una bambina ma un bambino, e non so spiegarti perché, so solo che io lo sentivo, sentivo la sua presenza accanto a me, quando ero troppo sola… ". Dopo un po’ André disse: "Strano… anche a me accadeva lo stesso… anch'io giocavo spesso da solo, e mi immaginavo di avere una compagna, si, una bambina che… " si fermò cercando di ricordare. La sua compagna immaginaria… era bionda, con grandi occhi azzurri, era scatenata come un maschiaccio; era sempre così che se l'era immaginata. Forse era per quello che la donna del ritratto l'aveva tanto colpito, in fondo assomigliava tantissimo alla compagna delle sue fantasie… ma non poteva dirlo ad Oscar, si rendeva conto che l'avrebbe turbata e non voleva, in quel momento non voleva ricordarle quella storia… Si accorse che lei lo stava fissando con aria interrogativa, e disse: "Non riesco a ricordare, è passato troppo tempo… " e sorrise con aria di scusa. Oscar notò che gli erano cresciuti un po’ i capelli, e che adesso un ciuffo più lungo gli copriva la benda sull'occhio… pregò silenziosamente che lui guarisse, che tutto tornasse come prima, come prima che quell'uomo lo ferisse… no, quello era accaduto all'uomo della storia, non ad André, perlomeno non a questo André. "Questo è il mio André" pensò quasi con rabbia. Una folla inferocita, grida, insulti… Lasciatemi, devo salvare il mio André… il mio André… Gli strinse la mano con forza, provando l'assurdo impulso di proteggerlo; un volo di uccelli fece tremare dei rami, la luce del sole era fredda, troppo fredda… Perché, mio Dio… perché non l'ho capito prima? Era tardi… era troppo tardi…

Una palla la colpi', un bimbo corse per riprenderla e si fermo', esitante. Una giovane donna molto bella lo raggiunse e disse: "Joseph, chiedi scusa alla signora!". Oscar la guardo': i lineamenti delicati, i lunghi capelli biondi mossi dal vento… "No, si figuri… " rispose incantandosi a guardarla. Chissà chi era quella donna? "Antoinette, che succede?" chiese un uomo attraente dal leggero accento straniero accostandosi a loro. "Niente, Hans… " rispose la donna sorridendo ad Oscar "Nostro figlio ha colpito una bella signora… " "Ah… " esclamò l'uomo sollevando il bambino "sei un vero terremoto, Joseph" ed il piccolo scoppiò a ridere. La donna bionda li guardò con tenerezza, ed Oscar si sentì inspiegabilmente sollevata nel vederli così felici, così spensierati. L'uomo sorrise e disse: "Scusi ancora, signora… ma mio figlio cerca già di agganciare le belle donne, incredibile!" Oscar ricambiò il sorriso ed arrossì. André la fissò sentendo una fitta di gelosia feroce trafiggerlo. Quell'uomo… alto, bello, elegante: lo avrebbe picchiato volentieri. Provò un'antipatia istintiva, irrazionale, mentre lo osservava allontanarsi assieme al bambino. La donna disse: "Arrivederci" e si allontanò, Oscar la seguì con lo sguardo e lei si voltò. Per un attimo rimasero a fissarsi. Il vento che si era alzato muoveva i capelli di entrambe. Oscar sentì un brivido, la donna alzò la mano senza sorridere più, un espressione perplessa sul bel viso, e poi andò via. Oscar…perché piangete come se ci vedessimo per l'ultima volta… io spero di rivedervi… Anch'io… "Una bella famiglia, no?" disse Andrè. "Sono contenta che siano felici… " mormorò Oscar sentendo una strana emozione serrarle la gola. "Non credevo che tu fossi una donna che arrossisce facilmente… " disse lui cercando di fingere indifferenza. Lei lo guardò incuriosita. "Che vuoi dire?" chiese. "Basta o mi rendo ridicolo" pensava lui. Ma il fatto che lei avesse sorriso a quell'uomo, a quell'uomo in particolare, lo aveva reso furioso. Provò l'impulso di ferirla e disse: "Credo che in fondo ci siano ancora tante cose che non so di te, magari sei una di quelle a cui piace attirare l'attenzione, a cui piace provocare… " vedendo il viso di lei si rese conto di avere esagerato, ma stava troppo male per chiedere scusa, voltò le spalle e si allontanò, sentendosi l'uomo più stupido del mondo. Oscar lo osservò incredula: ma che gli stava accadendo? Perché si stava comportando così? Possibile che il fatto che lei avesse sorriso ad un uomo che non avrebbe rivisto mai più lo avesse fatto arrabbiare così tanto? Lo rincorse e lo afferrò per un braccio, lui rimase immobile e lei disse: "André… ma che succede? Perché sei arrabbiato con me?", lui si voltò pensando: "Sono davvero un'imbecille", e poi disse: "Oscar, perdonami… non ce l'ho con te, ma con me stesso… ", lei lo guardò senza capire e lui la strinse in un abbraccio feroce, seppellendo il viso nei capelli di lei. Non aveva mai associato l'amore alla sofferenza, ma adesso sentiva che il solo pensiero che lei potesse interessarsi ad un altro uomo lo uccideva, che se l'avesse persa sarebbe morto, e questo in fondo gli faceva paura… ma non poteva farci nulla. Erano in un punto riparato dagli sguardi, protetti dai lunghi rami che li circondavano, Oscar sentiva il corpo di lui vibrare per la tensione, capiva che qualcosa lo turbava profondamente e ne soffriva, lui mormorò: "Vorrei poter essere sicuro che tu sia sempre con me… forse non riesco a spiegarmi, ma il pensiero di perderti mi fa impazzire… " "Perché dovrebbe succedere?" rispose lei, lui l'afferrò per i capelli e la guardò in viso: così bella, così fiera, perché sentiva che a lei era associato un dolore? Lei non gli aveva fatto nulla, eppure sapeva che lei avrebbe potuto spezzargli il cuore se solo avesse voluto, forse l'aveva già fatto… pezzi di vetro, lacrime, lacrime che non erano per lui, ed un buio che avvolgeva tutto sempre di più… "Dimmi che resterai con me" le chiese all'improvviso. Non aveva alcun diritto di chiederglielo, lo sapeva bene, ma doveva farlo. "Resterò con te… " rispose lei fissandolo, lui la baciò quasi con violenza, lei gli rispose, e nella testa di André risuonavano delle parole: Credo che non avrò più bisogno di te… d'ora in avanti non dovrai più occuparti di me… un dolore lacerante, profondo, ma lei era lì, sentiva le sue labbra, il suo sapore, il suo corpo, e allora perché quel senso di perdita? La strinse più forte ed Oscar pensò che avrebbe voluto essere sua lì, in quel momento, in quel luogo, ma non era possibile, le sue mani accarezzarono la schiena di lui, le braccia, si infilarono sotto la sua camicia, accarezzarono la sua pelle. "Non lasciarmi… " mormorò lui. Mai in vita sua avrebbe creduto di poter dire quelle parole, mai avrebbe pensato di poter pregare qualcuno, ma adesso riusciva a comprendere fino in fondo coloro che pregavano, supplicavano per amore, non c'era umiliazione in questo, c'era solo la ricerca di un'impossibile rassicurazione, un'impossibile conferma. Lei non rispose, e dopo un po’ la sentì dire: "Sei tu che non devi lasciarmi… " con voce diversa, dura. Non avresti dovuto lasciarmi sola… Lui la fissò: di nuovo quello sguardo lontano… "Con chi stai parlando?" le chiese in un sussurro. "Con te" rispose lei mentendo. "Sta mentendo… " pensò André, ma non aveva importanza, niente aveva più importanza… Dopo un po’ lei disse: "André, stamattina mi ha telefonato Bernard Chatelet… mi ha detto di avere trovato dei documenti interessanti nell'archivio di Arras, e vuole incontrarmi domani... ". Lui annuì e disse: "Bene. Vorrei accompagnarti, se non ti dispiace... ". lei sospirò, sollevata. Aveva sperato che lui dicesse così, ancora una volta le aveva letto nel pensiero. André continuò: "Certo che il vecchietto si dà un gran daffare... " "Che vecchietto?" "Il professore... ". Lei lo guardò sorridendo maliziosamente e disse: "Non so come ti sia venuto in mente... Bernard Chatelet avrà più o meno la tua età!" "Ah... " disse lui e lei rincarò: "E' un uomo attraente… assomiglia a qualcuno che conosco… " "A chi?". Lei scrollò le spalle e non rispose, continuando a sorridere. All'improvviso Oscar disse: "La prima volta che sono venuta nel tuo negozio… tu parlavi al telefono con una donna, mi sembra si chiamasse Lucille, chi era?". Lui la guardò sorpreso e disse: "Complimenti, che memoria… non pensavo neanche che stessi ascoltando… ". Lei avrebbe voluto sprofondare, ma doveva sapere assolutamente. "Chi era?" insisté. "La mia fidanzata… "rispose lui con una faccia da schiaffi. Lei deglutì a vuoto e pensò "Ed ora cosa dovrei fare? Picchiarlo? Mostrarmi indifferente? Andarmene?" lui continuò: "Lo era in quel momento, poi la storia è finita. Doveva finire per forza… visto che mi sono innamorato di te dal primo istante in cui ti ho visto… ". Oscar si accorse di stare arrossendo penosamente, e fissò con ostinazione il terreno; avrebbe voluto dirgli: "Per me è stato lo stesso… dal primo momento… ", ma non ci riusciva. Lui la guardava divertito: ogni volta che le diceva di amarla lei aveva la stessa reazione imbarazzata, non riusciva a rispondergli… Tanto lui sapeva benissimo che anche lei lo amava, era così, lo sapeva con assoluta certezza, lo sentiva… Oscar, io questo l'ho saputo da sempre… Eccola lì, con lo sguardo abbassato e quell'aria corrucciata che lui adorava; gli sembrava di conoscere ogni espressione del viso di lei da sempre… afferrò una ciocca dei lunghi capelli di Oscar e se la avvolse attorno ad un dito, e poi disse: "Eri così bella… anche quando ti sei arrabbiata con me perché non volevo darti la spada… " "La spada!" esclamò lei ricordandosene all'improvviso, ma lui le mise un dito sulle labbra e continuò: "La spada è un regalo e basta. E poi ricordi… quando sei tornata io non c'ero, ma ci siamo parlati al telefono e tu mi hai trattato male… ". lei sbarrò gli occhi e fece per rispondere, ma lui spinse la mano contro le sue labbra per farla tacere e disse: "E poi confessa: quando mi hai visto nel tuo maneggio non eri contenta… avevi una faccia… ma poi chissà perché quando ti ho invitato a cena hai detto sì… è stato molto bello, ma poi sei fuggita e mi hai lasciato da solo, mi hai detto che stavamo andando troppo in fretta, ricordi?". Oscar tentò di scostarsi, ma lui aveva ancora la sua ciocca di capelli avvolta attorno al dito, la guardava con una dolcezza infinita, come non aveva fatto mai nessuno, ed improvvisamente pensò, senza alcun motivo, che se l'avesse perso sarebbe morta… gli mise una mano sulla nuca e lo attirò a sé, poggiando le labbra sulle sue. Sentì la mano di lui carezzevole tra i suoi capelli e pensò: "Vorrei solo che tutto questo potesse durare, che non si spezzasse all'improvviso… la nostra felicità è appena incominciata… Dio, è appena incominciata… non è giusto che finisca… no, non è giusto… "

Tre giorni dopo Oscar e André camminavano velocemente per i viali della Sorbona, ansiosi di incontrare Bernard Chatelet. Oscar gli aveva telefonato, troppo impaziente per attendere oltre, e lui le aveva detto di avere trovato quello che cercava. Mentre si avvicinavano al luogo dell'appuntamento, Oscar sentiva la sua inquietudine aumentare. Strinse la mano di André più forte. "Oscar…" mormorò lui. "Non avere paura…". Lei annuì. La mano di lui nella sua le dava coraggio, oltre ad un senso di completezza mai provato prima. Lo guardò e disse: "André…forse è meglio non dire al professore come ti chiami…" "Perché?" "Potrebbe pensare che lo stiamo prendendo in giro, non trovi?" "Hai ragione…" disse lui sorridendo. Quel sorriso…"Com'era la mia vita prima di incontrarti?" si sorprese a pensare Oscar. Un pallido ricordo…o forse una lunga attesa…Arrivarono davanti alla porta dello studio e lei disse: "Ah, un'ultima cosa…ti assomiglia moltissimo!" e bussò. Bernard aprì e li fece accomodare. "Salve professore" disse Oscar "Vorrei presentarle un mio amico, il signor… De Fazio" disse pensando ad un suo amico italiano. Le sopracciglia di André si alzarono impercettibilmente, mentre porgeva la mano al professore. Bernard la strinse e poi, guardando la benda che ancora gli ricopriva l'occhio, disse: "Ha avuto un incidente?" "Sì", rispose André sorpreso "Uno stupido incidente…". Bernard restò a fissarlo e poi mormorò:" Io…mi dispiace. Non avrei mai voluto…" "Cosa?". "Mi scusi…non so neanche cosa dico…confesso che questa storia mi ha fatto uno strano effetto…" "No… non si scusi" mormorò André "anche a me… ". Bernard lo fissava ancora e lui aggiunse: "Comunque pare che non sia nulla di grave… probabilmente guarirò completamente" Bernard sorrise e mormorò: "Mi fa piacere", "Volete che vi lasci soli?" pensò Oscar irrazionalmente. Avrebbe giurato che André avrebbe provato antipatia per Bernard, ed invece… li fece accomodare e poi disse: "Il documento è rimasto ad Arras, ma adesso conosco il finale della storia". Da come lo aveva detto Oscar capì che non era un bel finale. Cercò con lo sguardo André, e lui annuì leggermente dicendo: "Ci dica, la prego…". Bernard li fissò: erano belli, insieme… e gli ricordavano qualcuno. Chissà, forse degli attori… guardò di nuovo l'uomo con i capelli scuri e chissà perché gli tornò in mente una scena di un film che aveva visto tempo prima, un duello… almeno credeva che fosse in quel film… che strani scherzi faceva la mente, a volte. 

Si rese conto che lo stavano guardando ansiosamente e disse: "Dunque… vi spiego perché questa storia mi ha colpito… " ed iniziò a raccontare.

Mentre Bernard parlava Oscar provava una sensazione curiosa, come quella che si prova a rivedere un film che si è visto da bambini e che si è dimenticato… spezzoni che tornano improvvisamente alla memoria, sensazioni legate ad alcune scene… e quando Bernard disse: "La mattina del 13 luglio 1789… " provò un'angoscia insopportabile, alzò la mano e disse: "Aspetti… non vada avanti, la prego… ". Bernard la fissò con sorpresa, ma André le sorrise con tristezza e disse: "Oscar… non ha senso non voler sapere… ". Lei provò l'impulso di fuggire. Come faceva a non comprendere che lei sapeva benissimo cos'era accaduto? Lo sapeva, l'aveva sempre saputo. Era forse un peccato non voler ricordare un dolore troppo grande? Tentare di dimenticarlo? André si alzò, le andò vicino e disse: "Lui morì quel giorno, immagino". Bernard li fissò con sorpresa e disse: "Infatti… ma come fate a saperlo?" "L'ho immaginato" rispose André senza staccare gli occhi dal viso di lei, mortalmente pallido. "Pare che il Comandante Oscar fosse distrutto dal dolore… " continuò Bernard, "e che dopo una notte passata vagando disperatamente per le strade di Parigi, abbia deciso di guidare i suoi uomini all'assalto della Bastiglia, il 14 luglio… " "E quel giorno lei morì…" continuò Oscar fissando André. Come potevi pensare che avrei potuto vivere senza di te… non avresti dovuto lasciarmi sola… André ricambiava il suo sguardo in silenzio. Non ti ho mai lasciata… ti ho fatto una promessa… ricordi?. Qualcuno bussò alla porta, Bernard disse: "Avanti!", ed una ragazza dai lunghi capelli castani entrò esitante. "Vedo che sei occupato… " mormorò guardando Oscar e André. Bernard si alzò e dicendo: "Si, ti presento Oscar François de Jarjayes e André Grandier… oh, mi scusi, volevo dire De Fazio, vero? Lei è una mia amica, Rosalie Lamorlière… ". La ragazza tese la mano verso Oscar e poi disse: "Ma noi… non ci siamo già viste, per caso?" "Si" disse Oscar sorridendo con tristezza "a Place de la Bastille… lei fu così gentile da aiutarmi in una circostanza spiacevole… " "Ora ricordo… " disse Rosalie continuando a fissarla. Oscar tese la mano vero il collo della ragazza e disse inaspettatamente: "Che bella collana… è un ricordo?". Rosalie annuì lentamente, come persa in un sogno, e disse: "Si… questo crocifisso appartiene alla mia famiglia da tanto tempo, non so nemmeno da quanto, e mi è molto caro". Oscar tacque, Bernard si avvicinò a Rosalie ed André mise le sue mani sulla spalle di Oscar. Restarono tutti e quattro a fissarsi in silenzio, mentre dalla finestra aperta entrava un vento leggero che pareva accarezzarli, un vento che portava un'eco di qualcosa, qualcosa di perduto… All'improvviso Rosalie disse, con un filo di voce: "Qual è… qual è il suo colore preferito?". Nessuno sembrò stupirsi, ed Oscar mormorò: "Bianco…". André sorrise e disse: "Come i tuoi fiori preferiti, le rose bianche… "

Allora… allora la lascerò così…

Quando Oscar e André si furono congedati, Rosalie restò a guardarli dalla finestra mentre si allontanavano. Bernard le si avvicinò e disse: "cos'hai, Rosalie? Sembri molto triste". "Oscar e André" mormorò lei osservandoli mentre scomparivano, "Io… io spero che trovino la felicità, spero che lei… possa essere felice, deve essere una donna straordinaria… ". Bernard l'abbracciò e lei disse: "Ti sei mai sentito inspiegabilmente triste, triste per qualcosa a cui non sai dare un nome?" "Si" rispose lui lentamente, "Proprio in questi giorni, ho provato un senso di tristezza, di… di rimorso… " "Rimorso?" "Si, assurdo, vero? Forse sarà stata l'influenza di quel vecchio manoscritto sul quale sto lavorando, che racconta una storia molto triste… " "Che manoscritto?". Bernard si bloccò: non le aveva detto che nella storia si faceva cenno di una ragazza chiamata Rosalie Lamorlière, una ragazza sposata con Bernard Chatelet, che aveva vissuto per molti anni con Oscar François de Jarjayes… "Non è in mio possesso" le disse "E' rimasto nell'archivio di Arras, ma se vuoi stasera ti racconterò la storia… " Lei annuì sorridendo e Bernard pensò in quel momento che non le avrebbe detto nulla della Rosalie del manoscritto, forse su certe cose era meglio non interrogarsi troppo…

Alcune ore dopo André e Oscar stavano camminando nei giardini del parco Luxenbourg. Era rimasta in silenzio, immersa nei suoi pensieri. Quando Bernard aveva terminato il suo racconto lei aveva desiderato solo andarsene. Non voleva che la vedesse piangere. Dopo, aveva dato sfogo a tutte le sue lacrime, mentre André l'abbracciava in silenzio, profondamente scosso anche lui. Dopo un po’ che camminavano, lei disse: "Lei l'ha visto morire…per questo se ne è andata soffrendo" Dopo un po’ André disse: "Oscar…io so che in qualche modo loro sono stati felici, sia pure per poco" "troppo poco" rispose lei "io so, sento che lei…non riusciva a perdonarsi per questo…" Dio, fammi morire…e se non puoi fammi impazzire…"La chiesetta…" mormorò André "cosa?" "Il professore ha detto che il corpo di lui fu trasportato in una chiesetta vicino Place de la Concorde…e che lei restò tutta la notte lì davanti…credo che fosse la stessa dove noi ci siamo fermati quella sera". Oscar chiuse gli occhi. Una lunga notte piena di un dolore troppo grande da sopportare…le sembrava di riviverla in quel momento, tra gli alberi del parco e le risate dei bambini che si rincorrevano. Ti ho amato…se l'avessi capito prima…è questo che mi fa soffrire più di tutto…"Deve essere stato terribile" mormorò mentre le sembrava di stringere una mano nella sua…una mano che si faceva sempre più fredda. Afferrò la mano di lui, calda, viva, e la strinse. Lui l'abbracciò forte e lei pensò: "Sei qui, qui con me…questo forse è un miracolo, o forse così doveva essere da sempre". Eppure…una parte di lei non voleva arrendersi all'irrazionale. Lo guardò e disse: "André…tu non sembri per niente meravigliato da tutta questa storia…". Lui la guardò in silenzio. Era vero…ma da quando lei era entrata nella sua vita aveva cominciato a credere nei miracoli. Tutta la vita si era sentito come se fosse alla ricerca di qualcosa. E dal primo momento in cui l'aveva vista aveva saputo di averlo trovato. Straordinariamente semplice…nessuna grande impresa da compiere, nessuna cima da scalare, solo poter continuare ad essere accanto a quella donna per sempre. "No" disse dopo un po’ "Probabilmente dovrei, lo so. Ma io…io mi sento come l'uomo con il mio nome, quando sono con te. E' un dato di fatto". Lei si prese la testa tra le mani. "Non so…" mormorò "Per me non è facile da accettare, cerca di capirmi" "Accettare che? Che forse io e te abbiamo condiviso qualcosa in un altro tempo e in un altro luogo? E perché?" "Perché è completamente irrazionale…" "E allora? Qualcuno ha detto: ciò che è reale è razionale. All'incirca. E quello che c'è tra te e me è reale o no?". Lei non rispose, e lui l'afferrò per le braccia e disse: "Ti prego, rispondimi. E' reale o no?". "Ho paura" disse lei all'improvviso. "Di cosa?" .Come poteva rispondergli? Come poteva dirgli che tutto quello che stava accadendo stava compromettendo il suo mondo, il suo equilibrio? La forte, razionale Oscar…cercava di aggrapparsi a quell'immagine di sé ma le sfuggiva, non la trovava più. "Voglio andare a casa" disse all'improvviso. "Non seguirmi, ti prego" e con uno strattone si liberò della sua stretta. Lui rimase immobile, e quando lei si fu allontanata appoggiò la schiena al tronco di un albero. I raggi del sole gli ferivano dolorosamente l'occhio destro, aveva come l'impressione che gli stesse calando la vista. L'uomo con il suo nome aveva perso la vista. Pensò a quell'eventualità…per il suo tipo di lavoro sarebbe stata la rovina più completa. Ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che non avrebbe più potuto rivedere il viso di lei. Riusciva a comprendere i sentimenti di quell'uomo lontano come se fossero i suoi. Forse erano i suoi. Sentiva una calma profonda dentro di sé. Aveva mai realmente desiderato qualcosa nella sua vita? Aveva atteso…cosa? "Voglio lei" pensò, "L'unica cosa che voglio dalla vita è lei". "Non seguirmi…" aveva detto Oscar. Obbedire a certi ordini poteva essere molto doloroso…ma per fortuna lui almeno non era tenuto a farlo, pensò avviandosi verso l'uscita.

 

Oscar guardava nel grigio cortile, dalla finestra del suo appartamento. Grigio…odiava quel colore. Ed odiava anche fuggire. Ultimamente le sembrava di non avere fatto altro. Era fuggita da lui ancora una volta. Non ho più bisogno di te…Non aveva mai avuto tanto bisogno di qualcuno in vita sua. Lo amava. Era folle, era irrazionale, ma lo amava. Abbiamo già vissuto questo in un altro tempo…aveva detto lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ma cos'era l'amore in fondo, se non la ripetizione di qualcosa di antico e nuovo, ogni volta? Ti amo…quante persone avevano ripetuto quelle parole in ogni tempo, in ogni luogo, nelle stanze del mondo? Squillò il campanello. Credeva di sapere chi fosse. Guardò dallo spioncino ed aprì. André la guardava in silenzio. "Ti avevo detto di non seguirmi" disse gelida. Lui entrò senza rispondere. "Và via" disse lei cominciando ad arrabbiarsi. "Cos'era, un ordine?" disse lui muovendosi nella stanza "Mi dispiace, ma io…non sono tenuto ad ubbidire. Non più". Non capiva che aveva bisogno di restare sola? Lui sembrò non averla udita, e si guardò intorno. "Carino…" disse osservando il pianoforte "1935 o '36" disse. "1935" rispose lei ora davvero arrabbiata. Lui si avvicinò al tavolo e guardò la spada. La prese in mano e disse: "Bellissima, vero?" "Sì" rispose lei "Ma non posso tenerla. Te la restituisco". Lui gliela porse e disse: "E perché? E' tua" "Che vuoi dire?" disse lei prendendola suo malgrado. "Lo sai. Appartiene a te" "Apparteneva alla mia antenata" "E' lo stesso" "Smettila!" "Neanche per sogno" "Smettila o io…" disse lei accecata dalla rabbia mentre gli puntava la spada contro il petto. Lui si avvicinò un po’ di più alla punta della spada e la guardò senza parlare. L'eco di un tuono risuonò nella sua testa. Capì che sarebbe stato disposto a morire per lei…Uccidete prima me…altrimenti sarei costretto ad assistere alla morte della donna che io amo. Gli sembrò di udire la sua stessa voce pronunciare quelle parole, in qualche attimo perduto nel tempo. Ora la punta era poggiata sul suo cuore. Ancora un po’…Ho mantenuto la mia promessa, ho dato la mia vita per te…Lei abbassò la spada e mormorò: "Mi dispiace…non so cosa mi sia preso…". Le tremavano le mani. Avrebbe potuto fargli del male…doveva essere impazzita. "Sai" disse lui con voce calma "Ho fatto un'offerta per il quadro al signor Picard" "Sei pazzo? Vale moltissimo" "Non è un problema" disse lui sorridendo "Posso farlo" "Sei molto ricco, allora" disse lei in tono beffardo "Diciamo…" disse lui sorridendo. "Io invece no". Lui allargò le braccia e disse: "Corsi e ricorsi…". Lei provò l'impulso di picchiarlo. Come poteva scherzare in un momento come quello? Lui aggiunse: "Non ha accettato. Non mi resta che aumentare l'offerta" "Ma perché?" "Non lo sai? Per avere sempre il tuo viso davanti a me". Lei si accorse di stare arrossendo e si voltò, troppo emozionata per rispondere. Sentì le mani di lui afferrarla, e costringerla a voltarsi. "Lasciami…" mormorò, ma lui le accarezzò il viso con la punta delle dita, come un cieco. "Se non potessi più rivederti…" disse. Lei chiuse gli occhi mentre le mani di lui seguivano i contorni del suo viso lentamente. Dopo un po’ lui disse: "Oscar…perdonami per essere venuto qui. Ma dovevo dirti che ti capisco. Capisco le tue paure…ma io credo che quello che ci è capitato sia una cosa molto bella. Solo da quando ti conosco ho capito cos'è l'amore, cosa significa vivere. E se davvero noi ci siamo già amati in qualche modo, la cosa può rendermi solo felice. Significa che eravamo destinati l'uno all'altra, che lo siamo sempre stati. E che forse abbiamo un'altra occasione". Si avviò verso la porta dicendo: "Ti lascio sola, se è quello che vuoi. Ma vorrei che pensassi a quello che ti ho detto". Uno, due…ancora pochi passi e sarebbe uscito…"Forse, forse se non lo vedessi più potrei pensare a tutto questo come ad un sogno folle…" Tre, quattro. Quanto può durare un attimo? Anche per sempre, può ripetersi in eterno, può restare per sempre sospeso con il suo carico di dolore impossibile da sopportare. No, non è giusto André, non avresti dovuto lasciarmi sola…Cinque. André, aspetta" disse lei all'improvviso. Lui la guardò: gli dava le spalle, ed era scossa da un leggero tremito. "Ti prego…non andartene" sussurrò. Lui chiuse la porta e rimase immobile. "Non posso lasciarlo andare…" pensava lei. Non poteva pensare di non vederlo più. Ormai non vedeva altro che lui. Si voltò e gli tese la mano. Lui la prese, e le loro dita si intrecciarono. Si sedettero sul divano abbracciati, senza parlare. Un'altra occasione… aveva detto lui. Avremmo potuto vivere tanti momenti d'amore intenso e travolgente…Il rimpianto…la più dolorosa delle ferite. Sentì le labbra di lui sulla fronte e disse: "Credi…credi che lui l'abbia perdonata?" "Oscar…lui l'ha amata più della sua vita…e l'amerà per sempre. Io ti amerò per sempre" aggiunse stringendola. Oh André…anch'io ti amo…ti amo . Doveva dirlo. Avvicinò le labbra alle sue e mormorò: "Anch'io ti amo". Lui le accarezzò le labbra e disse sorridendo: "Lo sapevo" L'ho saputo da sempre… Le sfiorò le labbra con le sue, seguendone i contorni. Il cuore aveva accelerato furiosamente i suoi battiti, a quel semplice contatto. Gli mise una mano nei capelli scuri e lo attirò a sé. Il bacio divenne più profondo, più intenso. Dopo, gli sfiorò con le dita la benda che gli ricopriva l'occhio e mormorò: "Ti fa male?" "Un po’…" disse lui sorridendo. "Mi dispiace…" disse lei e lo baciò sulla tempia, e poi sull'occhio destro, con dolcezza. Lui la ricambiò, baciando delicatamente i suoi occhi chiusi, la sua guancia liscia, l'orecchio, l'angolo della bocca. Oscar non riusciva più a pensare. L'intensità di quelle sensazioni non assomigliava a niente che avesse mai provato. O forse no. Una notte…un uomo, tante luci che danzavano, e la speranza che potesse durare per sempre…ma non era stato così. Era mai possibile che il destino li avesse fatti incontrare per…"André" mormorò nell'orecchio di lui "Sento come se…come se tra loro fosse rimasto qualcosa in sospeso…una promessa" "Sì, anch'io ho la stessa impressione" disse lui. Certo…non desidero altro nella vita. "Ricordi cosa ci ha detto Bernard Chatelet?" aggiunse "Cosa?" "Che sono stati sepolti insieme, su una piccola collina ad Arras. Non dovrebbe essere difficile trovare quel posto" "Sì" mormorò lei accarezzandolo, sopraffatta da una commozione che non aveva mai provato nella sua vita. Quell'uomo che la stringeva in quel momento…la sua voce…erano dentro di lei da sempre, adesso lo sapeva.

 

Era notte, nel piccolo albergo di Arras. Dalla finestra la luce della luna illuminava due figure strettamente abbracciate. "Domani…" mormorò Oscar "Ci andremo domani" "Sì" rispose André baciandole il collo con dolcezza. Oscar chiuse gli occhi e si abbandonò alla sensazione delle mani di lui su di sé. La stavano sfiorando delicatamente, con una sorta di muta preghiera. Tese le mani e rispose al suo tocco con la stessa intensità. Passarono lunghi minuti in cui il mondo cessò di esistere, in cui ognuno riscoprì il corpo dell'altro, come una poesia mandata a memoria e poi dimenticata. Oscar sentiva il respiro di lui, vedeva l'intensità del suo sguardo, e la colpì il pensiero che fosse un altro dei suoi sogni disperati. No, lui era reale, era lì con lei, stava sussurrando il suo nome con passione, eppure…Si strinse a lui con forza, seppellendo il viso nel suo petto, sentendo lacrime scenderle sulle guance. "Oscar…" mormorò lui con voce rotta dall'emozione, "Ti prego…non devi più piangere". "Devo tenerti stretto…" pensava lei incapace di fermarsi, "Devo…o ti perderò…" André asciugò le sue lacrime con le labbra, e la baciò con tenerezza. Lei gli rispose, ed il bacio divenne improvvisamente appassionato, era come se una febbre bruciasse nelle loro vene, l'ansia di divenire una cosa sola era divenuta insostenibile. André chiuse gli occhi e percorse i tratti del viso di lei con la punta delle dita, gentilmente, con il cuore che gli batteva all'impazzata. Quel viso era dentro di lui, lo sarebbe stato per sempre, qualunque cosa fosse accaduta, anche se adesso riaprendo gli occhi avesse visto solo il buio… serrò gli occhi ancora di più e percorse il corpo di lei delicatamente, imparandolo, ricordandolo, imprimendolo nella mente. Sentì le mani di lei toccarlo, sfiorarlo, sentì il suo respiro farsi affannoso, la sentì mormorare: "Ti amo…". Aprì gli occhi e la vide di fronte a sé, gli sembrò di udire un vento tra gli alberi… un rumore lontano, molto lontano. Era stata sempre lei… sempre lei, in tutti i suoi sogni, in tutti i suoi giorni perduti, in ogni tempo ed in ogni luogo… Lui le strinse le mani attorno alla vita, e pensò a lei per un attimo come ad una clessidra, contenente il tempo, che era racchiuso in lei come un filo di sabbia, di frammenti di vita, di cose che avevano e avrebbero vissuto. Lei racchiudeva il suo tempo, il suo passato e il suo futuro, entrambi ora compressi insieme, in quella piccola circonferenza. "Questo è il mio centro" pensò poggiando le labbra dove prima c'erano le sue mani. "qui, in questo luogo, in questo tempo, in lei, dove il mio desiderio ha fine". Unire i loro corpi era necessario, doveva essere così da sempre, sentiva che loro erano nati per unirsi… per essere una cosa sola… la fissò negli occhi e lentamente lo fece, lei ricambiò il suo sguardo e per un attimo a lui parve di vedere il cielo stellato riflettersi nei suoi occhi, forse era davvero il cielo, chissà… forse adesso erano in un altro tempo ed in un altro luogo, quel tempo e quel luogo che conoscono solo gli amanti, ma non importava… l'unica cosa al mondo che avesse un significato era poterla stringere tra le sue braccia. "E' questo" pensò André sentendo una felicità così intensa da assomigliare ad un dolore, "E' questo che ho cercato sempre, per tutta la vita…le sue braccia attorno a me, il suo corpo unito al mio…". Qui, qui, qui, la sua testa pulsava, tutta la sua vita lo aveva portato qui, tutto tendeva a quest'atto, a questo luogo, a questa donna, bianca nel buio, a questo silenzio mobile e inafferrabile, a questa conclusione viva. Il corpo di lui era quello di lei, ora, i suoi movimenti quelli di lei, il suo respiro quello di lei, la sua anima quella di lei…Oscar cercò disperatamente le sue labbra, mentre sentiva che stava per abbandonarsi, per perdersi in quell'abbraccio. Una piccola luce danzò davanti ad i suoi occhi chiusi…tante piccole luci. Anche allora, anche allora mi stringevi forte, ma poi…Lo strinse con tutta la sua forza e mormorò "Non te ne andrai, vero? Dimmi che non te ne andrai…" "Mai" rispose lui guardandola, con lacrime di gioia e dolore negli occhi Non sono mai andato via…E mentre la loro unione si faceva completa, l'ultima cosa che Oscar riuscì a mormorare fu: "Vicino a te sento di vivere…sento di vivere…".

Il mattino dopo Oscar e André erano fermi in un punto preciso di una piccola collina. C'erano due lapidi bianche, seminascoste dall'erba che era cresciuta avvolgendole. Si tenevano per mano. "Insieme…per sempre" mormorò lei. Non sentiva più il profondo dolore che l'aveva accompagnata, al suo posto c'era una dolce tristezza, ed un senso di attesa. Insieme…non ho mai voluto altro nella vita…Sapevo che non mi avresti mai lasciato…André le sfiorò i capelli e disse: "Oscar…lo so che sembra una follia, ma tanto ormai…" "Dimmi" "Tu…mi sposeresti? Vuoi sposarmi, anche domani, anche ora se fosse possibile?". "Lei chiuse gli occhi e mormorò: "Una piccola chiesa, dove ci sarà una semplice cerimonia…" "Sì, è così che l'ho immaginato…" disse lui sentendo un nodo in gola. Lei aprì gli occhi che in quel momento avevano il colore del cielo, e disse: "Certo. Forse sono più folle di te, dopotutto…ma sì. Sì, voglio sposarti". Un raggio di sole danzò sulle lapidi vicine, gli occhi di lei sorrisero, mentre una gioia sconosciuta la invadeva. Mille ricordi, mille immagini, mille sogni perduti e poi ritrovati, mille giorni, una vita…Lui premette la guancia di lei contro la sua e disse: "Oscar…com'è bello vederti sorridere. Non devi più piangere, mai più". Lei gli toccò il viso e disse: "Ma sei tu che piangi, ora…" tentò di staccarsi ma lui la trattenne e sussurrò: Ti ho aspettata tanto…" "Sono qui, adesso" mormorò lei stringendolo. La nostra felicità è appena cominciata…

 

Mail to  danielin@tin.it

 

Back to the Mainpage

Back to the Fanfic's Mainpage